lunedì 30 dicembre 2013
domenica 29 dicembre: il segno grafico di Escher
Non potevamo assolutamente perderci Escher! Reggio Emilia presenta un'importante antologica dedicata al segno grafico di Maurits Cornelis Escher, l'artista che con le sue visioni impossibili sapeva giocare con lo spazio, la figure e le leggi matematiche della fisica. Nelle belle sale di Palazzo Magnani la mostra propone ben 130 fra le sue più importanti opere provenienti da musei e collezioni private in cui si riesce a cogliere il senso dello sviluppo sperimentale attraverso la concezione spaziale e l'esplorazione dell'infinito, rivoltando quasi in termini giocosi forme e piani che sfuggono alla fisica e alla prospettiva. "...i miei soggetti sono spesso giocosi: non posso esimermi dallo scherzare con le nostre inconfutabili certezze. E' assai piacevole mescolare sapientemente la bidimensionalità con la tridimensionalità, la superficie piana con lo spazio, e divertirsi con la gravità...". Ci immergiamo immediatamente nel percorso espositivo. Dalle prime ricerche sperimentali degli ex libri (1922) ci si imbatte nelle suggestioni paesaggistiche di certi paesini del sud , come Pentedattilo, bellissimo borgo calabro oggi abbandonato, frutto di un lungo soggiorno in Italia da dove si allontanerà con la famiglia quando la pressione del regime fascista diventerà intollerante. E poi le opere della maturità artistica, della ricerca prospettica delle forme e delle figure, dell'inconsapevole inganno della visuale. L'approccio creativo delle sue litografie e mezzetinte seduce e conquista, stuzzica la mente, incalza la curiosità... In una delle sale è esposta Metamorfosi II (1940): occupa un'intera parete ed è una delle più lunghe xilografie mai realizzata a quattro colori, in cui le diverse scene sono complementari e insieme risultanti di un evoluzione di figure soggette alle leggi delle trasformazioni geometriche. Le strutture che ingabbiano le forme sono spesso spirali, sfere, cerchi o il famoso nastro di Moebius, strutture che evocano il senso dell'infinito. I rimandi alla folle concezione spaziale le osserviamo in capolavori grafici come Cascata e Salita e discesa, in cui è rappresentato un moto continuo senza fine e principio, dove i paradossi visivi si intersecano in modo genialmente irreale! Nulla è lasciato al caso, ogni visione è frutto di un'analisi approfondita della figura geometrica. Lo stesso Escher riconosceva che "per me rimane una questione aperta se il mio lavoro appartiene al regno della matematica o a quello dell'arte". Escher è un genio, su questo non si discute. La sua arte è uscita dal torchio del suo studio per riproporsi in ogni settore della comunicazione, ed è attualissima. Ha influenzato artisti moderni come Victor Vasarely, principale esponente della Optical Art e persino il dirompente artista americano Keith Haring. Diverse sono le chiavi di lettura per comprendere l'universo creativo di un artista che attraverso il linguaggio grafico, attinto anche dalle opere del grande incisore rinascimentale Albrecht Durer e dai maestri olandesi, continua ad emozionare e a interrogare con i suoi pesci e le sue scale impossibili...
lunedì 23 dicembre 2013
L'aria sospesa del Palon...(15-16 dicembre)
Trovarsi in Trentino, ma in quella parte meno conosciuta, meno avvezza ai grandi clamori, talvolta snobbata dalle grandi masse che vanno a perdersi nelle varie Cortine e Madonne campigliesi. Trovarsi ad un pugno di chilometri dal cuore di Trento, città con la miglior qualità della vita a detta del quotidiano il Sole 24 Ore, ma è già lontana mentre stai salendo e i rumori si assopiscono e già senti la montagna. Impegni la salita accarezzando i rotondi tornanti, frange di bosco affondano nei prati imbiancati, fronde di abeti resi pesanti dalla neve solleticano la terra candida. Affronti le anse d'asfalto e s'avvicina il passo del Vason. Nel frattempo lo spettacolo va in scena. Sulle piste librano come giovani aquilotti gli atleti delle Universiadi, una curiosa varietà di razze, uniformi e sorrisi che bizzarramente s'incrociano sotto lo sguardo distaccato del Palon, una delle quattro cime del gruppo montuoso del Bondone, la vetta caposaldo della città di Trento che si proietta sulla Valle dell'Adige. Le seggiovie, già attive dal 1934 e primo impianto di risalita costruito in Europa, portano al cucuzzolo del Palon in modo blando. Teorizzi su questa cima mentre ciondoli sulla teleferica, memore delle escursioni dei mesi più caldi, ma è l'inverno a restituire la percezione del Tutto e il massiccio, ideale di purezza insita nel suo stesso status morfologico, ne è il miglior interlocutore. Non è certo un Ottomila di himalayana memoria il Monte Palon, ma appena arrivi in vetta e getti lo sguardo, là dove il gruppo del Brenta si staglia nell'azzurro di una giornata dicembrina e sull'altro versante vedi campeggiare le tre Belle, il Cornetto, il Doss d'Abramo e la Cima Verde, ecco accendersi onde emozionali. Sotto, il mondo impazza ma quassù tocchi davvero il cielo con un dito...
domenica 8 dicembre 2013
Lo scaffale: NEL SILENZIO DELL'AQUILA

Per trovare una risposta a questi interrogativi Mirna Fornasier, bellunese e appassionata di trekking, a fine giugno del 2008 parte zaino in spalla alla volta del Padjelanta National Park, nella Lapponia svedese, Patrimonio Naturale dell'Umanità da parte dell'Unesco. Centosessanta chilometri fra ghiacci e terra dura da percorrere in una decina di giorni seguendo una meticolosa tabella di marcia attraverso gli spazi infiniti del popolo dei Sami, il vero nome dei lapponi. Andature solitarie tra un bivacco e l'altro, il rinnovo suggestivo delle albe e dei tramonti del Circolo Polare Artico ma anche le improvvise perturbazioni. "Andare da soli amplifica i problemi, ma allo stesso tempo amplifica le emozioni" scrive nel suo diario di viaggio che, una volta ritornata in Italia, si è trasformato in un libro. "Nel silenzio dell'aquila" è un racconto viscerale dove le voci del Nord sono come spiriti guida nella ricerca consapevole della propria energia vitale, la stessa di una persona normale come tante altre, capace di infrangere ogni barriera mentale e fisica costruite nel corso della propria esistenza. La solitudine di quei lunghi chilometri mettono in ascolto la viaggiatrice con il cuore antico della grande Madre Terra, riportando l'animo alle sinergie primordiali delle origini della vita.
MIRNA FORNASIER
Nel silenzio dell'Aquila
Editore: Gingko Edizioni, 2010
Pagine: 120
mercoledì 6 novembre 2013
Fine ottobre in Tirolo!
La suggestione si rinnova narrante sulle tracce degli antichi signori del Tirolo. Ancora qua, ancora una volta. Poche leghe dividono Innsbruck da Reith im Alpbachtal, delizioso paesino affacciato sulla valle Inntal autentico paradiso per gli appassionati dello sci nordico, e poco più in alto il profilo di Castel Metzen domina la vallata sottostante. Imponente e solido ma architettonicamente sinuoso con l'alto mastio circolare di sei piani, il castello edificato per volontà dei nobili ministeriali von Freundsberg viene citato in antichi documenti risalenti al 1167. Intorno si apre l'immenso e meraviglioso parco, tra i più belli di questa regione. Un sole d'autunno inatteso fa pace con gli sbiaditi ricordi del verde, gli alberi fiammeggiano di mille colori e un brivido scuote sommessamente la terra mentre percorriamo i sentieri della nobile tenuta. Il fruscio secco e lieve dei nostri passi sul suolo rivestito di foglie rosse e gialle pronte a dover morire da un momento all'altro, è l'ultimo splendido sussulto prima della stanca stagione invernale. I numerosi sentieri profilano il Lowenteich e il Karpfenteich, due laghetti artificiali, mentre abbracciamo curiose l'intera area naturale del castello, da tempo trasformato in un hotel a cinque stelle e quindi area privata. E mentre la tiepida sfera solare declina dolcemente, si va a omaggiare la buona cucina tirolese!
(Anna)
(Anna)
mercoledì 2 ottobre 2013
Marmotte "tirolesi" (27-29 settembre)
Gli ultimi scampoli di un'estate restia a lasciare il passo al primo freddo autunnale, ci trovano in Tirolo, terra del patriota Andreas Hofer...e dei preziosi cristalli Swarovski che hanno sede nella piccola città di Wattens, non molto lontana da Innsbruck, dove decidiamo di alloggiare. Se la serata si perde onorando la robusta cucina austriaca, il mattino ci porta sull'autobahn in direzione dell'Achensee, il più grande e profondo lago tirolese. Superiamo Jenbach, incrociando il trenino a vapore più antico d'Europa, inaugurato da Francesco Giuseppe nel 1889, e arriviamo a Pertisau accolti da un cielo bigio che fa da contralto alla colorazione intensamente smeraldo del lago mentre nuvole basse abbracciano il massiccio del Karwendel, bellissima riserva naturale frequentata in passato anche dagli Asburgo.
Dal parcheggio Achenseeschiffahrt inforchiamo una forestale ciottolosa che lambisce per un lungo tratto la riva del lago. Poi d'improvviso la strada si restringe infilandosi nella boscaglia, le radici delle conifere s'intrecciano contorte affiorando superbamente dal terreno e lo strapiombo regala una visione emozionale dello specchio d'acqua dolce.
Dal parcheggio Achenseeschiffahrt inforchiamo una forestale ciottolosa che lambisce per un lungo tratto la riva del lago. Poi d'improvviso la strada si restringe infilandosi nella boscaglia, le radici delle conifere s'intrecciano contorte affiorando superbamente dal terreno e lo strapiombo regala una visione emozionale dello specchio d'acqua dolce.
...in direzione Innsbruck (27-29 settembre)
L'aria percettibilmente austera del mattino tirolese rivisita sensazioni tipiche di questa stagione di mezzo. Nella piazzetta di Wattens, la forneria è un affollato sciame di persone, nonostante siano le 7.30 della domenica. Il pane e i dolci, punti di forza della tradizione austriaca, rappresentano l'apoteosi della golosità: il Bertzel, saporito pane di origine alsaziana, o l'Osterreichisches brot mit Kummel pane di segale con cumino, i fantastici Krapfen o la Linzer torte una specie di crostata ma dal sapore molto più intenso. Come lasciarsi scappare una simile ghiotta occasione? Il grigiore del cielo fa da contrappunto a splendidi profili di roccia, superiamo il fiume Inn e in prossimità di Terfens ci imbattiamo in una villetta capovolta. E' la Haus Steht Kopf e la sensazione è che la povera casa sia stata vittima di un autentico tornado! L'idea, davvero originale, è di due architetti, Irek Glowask e Marek Rozanski. Tutto è sottosopra nel senso letterale della parola, ogni stanza è interamente arredata con i mobili "appesi" al pavimento, oltrepassi la porta e ti ritrovi disorientata. La surreale trovata trova l'apice della bizzarria nel garage dove si trova parcheggiato un vero Maggiolino Volkswagen a gomme all'aria! Si prosegue. Sulla strada che porta a Jenbach, volgendo in alto lo sguardo ecco apparire il Castello di Tratzberg. Il bosco abbraccia l'elegante maniero, antica residenza di caccia dell'imperatore Massimiliano I, mentre il trenino sbuffa lungo il sentiero carico di turisti. Gioiello del XVI secolo, il castello domina sulla bassa valle dell' Inn. La visita è divertente perchè l'audioguida non è assolutamente convenzionale ma ti parla attraverso i suoi lontani protagonisti. Gli affreschi e gli arredi coevi sono splendidi testimoni di antiche tenzoni e remote scene domestiche. La stessa voce di Massimiliano I presenta la Habsburgersaal sulle cui pareti perimetrali viene narrata la genealogia della casata degli Asburgo. Ricordandoci che qui il cappuccino è delizioso magari in coppia con una fetta di sacher, sosta d'obbligo allo Schlosswirt con i camerieri vestiti in abiti tirolesi. E ora Innsbruck! Oltrepassiamo il Triumphpforte e la città capoluogo del Tirolo settentrionale apre il suo cuore più antico. Sulla celebre Maria-Theresien Strasse, riportata all'antica bellezza, si aprono gli splendidi edifici medievali e gli eleganti cafè, brulicanti di persone nonostante soffi davvero forte il Fohn, un fenomeno ventoso tipico di queste latitudini. In fondo il Tettuccio d'oro con le sue 2657 tegole a scaglie di rame dorate, e poi la splendida Torre Civica alta 51 metri da cui si domina un panorama mozzafiato e su cui svettano le alte cime della Nordkette. L'immancabile appuntamento con la buona cucina austriaca conclude il nostro viaggio. Auf Wiedersehen!!
mercoledì 25 settembre 2013
Il giro del Sorasass (24 settembre)
Le tracce sopite della Grande Guerra si intrecciano con le pagine ingiallite della storia tra le rocce superbe delle montagne trentine. Testimonianze forti certamente. Il Giro del Sorasass ha una valenza mnemonica fra le più significative oltre ad essere una bella escursione nei boschi a due passi da Cadine sulle prime alture di Trento. Il percorso ad anello è lungo 7 chilometri e lo impegnamo in questo caldo martedi settembrino partendo dal versante orientale. Dal parcheggio sito in località Fer de Caval ci si muove leggere nella boscaglia seguendo un breve strappo che porta a fianco di una calcara, ossia un'antica fornace in cui si poneva il calcare per ottenere la calce, poi una nuova alzata di quota e il tracciato si apre sulla Poza de la Casara, un'ampia distesa verde macchiata da pini silvestri e attrezzata per le feste campestri. Ma la nostra curiosità è nella ricerca delle testimonianze storiche. Il bosco sussurrato dal vento viaggia in salita e finalmente fra le fronde compare il Pontesel (poggiolo in dialetto trentino) a 807 metri il luogo più emozionante e ricco del Sorasass. Qui si trovano le piattaformi circolari che fungevano da basi all'artiglieria antiaerea, torrette di guardia e numerose stoll (caverne), una con la volta crollata che abbiamo visitato munite di torce, adibite a deposito di materiale bellico ma anche utilizzate da ricovero dalla guarnigione austriaca. Una stoll è stata arredata con stufa e brande di legno per far rivivere le condizioni di vita dei soldati. E' passato quasi un secolo dagli eventi della Grande Guerra e il campo di Sorasass, costruito fra il '14 e il '15, si poneva idealmente come baluardo di difesa delle pendici del Monte Bondone lungo la cosidetta "fortezza" di Trento ma in realtà non fu mai coinvolto in operazioni di guerra. Spostandoci di qualche metro il sentiero cade a strapiombo sulla valle dell'Adige e una corona di montagne, che racchiude ad est la valle della Vigolana sino al Dossone di Cembra, abbraccia la città brulicante. Riprendendo il sentiero principale percorriamo in discesa la strada militare asburgica che lambisce le pareti rocciose della vallata incontrando poco dopo una secca deviazione che ci porta direttamente alla Fuciliera austriaca, costruita nel 1915 e restaurata nel 2006, esempio di efficienza del genio militare austriaco.
E' una galleria lunga circa 40 metri che sfocia in un ampio locale che ospitava il posto di guardia, proseguendo nell'esplorazione si incontrano le undici postazioni per i fucilieri in un lavoro di repristino storico davvero eccellente. Ci riallacciamo al percorso principale, attraverso un sentierino ciottoloso, sino ad intersecare il sentiero 627 che mette in comunicazione La Vela, sobborgo del capoluogo trentino, e i laghi di Lamar. Davanti a noi la Pozza dei Pini un gibboso pianoro di pino, orniello e carpino nero con importanti tracce dell'insediamento austriaco. Superata località Quattro strade un breve slalom ci riporta al punto iniziale dell'escursione.
PARTENZA: Fer de Caval (mt 520)
RITORNO: Fer de Caval (mt 520)
SEGNAVIA: Sorasass e sentiero 627
DIFFICOLTA': E
E' una galleria lunga circa 40 metri che sfocia in un ampio locale che ospitava il posto di guardia, proseguendo nell'esplorazione si incontrano le undici postazioni per i fucilieri in un lavoro di repristino storico davvero eccellente. Ci riallacciamo al percorso principale, attraverso un sentierino ciottoloso, sino ad intersecare il sentiero 627 che mette in comunicazione La Vela, sobborgo del capoluogo trentino, e i laghi di Lamar. Davanti a noi la Pozza dei Pini un gibboso pianoro di pino, orniello e carpino nero con importanti tracce dell'insediamento austriaco. Superata località Quattro strade un breve slalom ci riporta al punto iniziale dell'escursione.
PARTENZA: Fer de Caval (mt 520)
RITORNO: Fer de Caval (mt 520)
SEGNAVIA: Sorasass e sentiero 627
DIFFICOLTA': E
LUNGHEZZA: km 7
domenica 15 settembre 2013
Lo scaffale: PELLEGRINA DELLE ALPI
Bisogna dar merito al CAI di aver tirato fuori dalla naftalina piccoli capolavori del cosidetto alpinismo "eroico" e, a maggior ragione, quando la penna è affidata ai pensieri di una grande scalatrice. Ninì Pietrasanta si può considerare a tutti gli effetti una delle protagoniste dell'alpinismo femminile degli anni ' 30 e nel suo libro "Pellegrina delle Alpi" si può ritrovare tutto l'amore verso la natura e la montagna. Nata in un sobborgo di Parigi nel 1909, Ninì sin da giovanissima si dedica alle scalate, alzando la qualità delle sue ascensioni e sostenendo con forza la posizione delle donne in un ambiente fortemente maschilista. Compagna di cordata e di vita di Gabriele Boccalatte, considerato al pari di Giusto Gervasutti e Renato Chabod tra i più forti rocciatori a cavallo delle due guerre, traccerà nuove vie lungo i versanti del Monte Bianco. Pioniera della cinepresa in montagna, durante le salite si portava dietro la sua 16 mm con la quale filmava tutto, lasciandoci in eredità una corposa documentazione storica. "Ora che stiamo per toccare la meta, sarebbe troppo doloroso essere ricacciati indietro. E su, sempre a fatica, cauti e prudenti; ogni passo è una vittoria che ci avvicina al premio che crediamo oramai di meritare...Mancano pochi metri per arrivare su terreno a noi noto e siamo tutti tesi nello sforzo delle ultime ricerche. Ancora alla destra un esposto passaggio su una liscia placca, ed eccoci nel breve canalino che termina al piccolo intaglio, sotto l'ultimo passaggio della cresta Sud. La parete Ovest della Noire è vinta; la montagna ha ceduto, si è offerta al vigile amore che la cercava" scrive nel suo libro. "Chi salirà dopo di noi, non avrà più la preoccupazione di cercarsi la via tra le rocce infide, ma non avrà la gioia profonda di quello che l'artista, vinta la natura sorda e ribelle, chiama creazione"
Il percorso con le grandi imprese di Ninì è racchiuso in una manciata di anni, tra il '32 e il '37, anno della sua maternità. Famoso è l'attacco vincente all'Aiguille Noire de Peuterey del massiccio del Bianco conquistato il primo agosto 1935 con il marito dopo svariati e infruttuosi tentativi nei giorni precedenti. La difficilissima parete ovest sarà violata esattamente 35 anni dopo la loro prima ascensione. Poi nell'agosto del 1938 durante una salita sull'Aiguelle de Triolet, Gabriele Boccalatte e il compagno di cordata Mario Piolti muoiono travolti da una frana e a quel punto Ninì decide di troncare nettamente l'attività alpinistica. Si è spenta agli albori del duemila.
Ninì Pietrasanta
PELLEGRINA DELLE ALPI
Editore: Club Alpino Italiano, 2011
(copia anastatica della prima edizione 1934)
Pagine: 186
Il percorso con le grandi imprese di Ninì è racchiuso in una manciata di anni, tra il '32 e il '37, anno della sua maternità. Famoso è l'attacco vincente all'Aiguille Noire de Peuterey del massiccio del Bianco conquistato il primo agosto 1935 con il marito dopo svariati e infruttuosi tentativi nei giorni precedenti. La difficilissima parete ovest sarà violata esattamente 35 anni dopo la loro prima ascensione. Poi nell'agosto del 1938 durante una salita sull'Aiguelle de Triolet, Gabriele Boccalatte e il compagno di cordata Mario Piolti muoiono travolti da una frana e a quel punto Ninì decide di troncare nettamente l'attività alpinistica. Si è spenta agli albori del duemila.
Ninì Pietrasanta
PELLEGRINA DELLE ALPI
Editore: Club Alpino Italiano, 2011
(copia anastatica della prima edizione 1934)
Pagine: 186
mercoledì 31 luglio 2013
Metti una sera con Irene Grandi...(domenica 28 luglio)
Nell'insostenibile afa serale che va simpaticamente a braccetto con il nuovo ritrovarsi delle marmotte, si tiene a bada l'arsura con abbondanza d'acqua minerale e qualche accenno di birra, e tra le mille chiacchiere aspettiamo che l'intensità vocale di Irene Grandi conquisti la ribalta di questa serata.
Il polo fieristico di Padova, divenuto ormai da qualche estate centro di interscambio tra spettacolo e impegno sociale, domenica 28 luglio si è gremito per la presenza di una delle più belle voci italiane. Irene Grandi, in gran spolvero, si è presentata con questo nuovo prospetto musicale "Come non mi hai visto mai" dove rilegge, in chiave rock, il suo repertorio di hits e lo fa portandosi dietro un gruppo di musicisti jazz d'eccezione come Saverio Lanza alla chitarra e alle tastiere, Pietro Spitilli al basso e contrabbasso, Fabrizio Morganti magico batterista e ancora alle tastiere Tiziano Borghi. Il progetto sposa la grinta della cantante fiorentina e i nuovi arrangiamenti hanno una versatilità nuova, ci prendono per mano accompagnandoci lungo una carriera ventennale firmata anche dai grandi nomi del panorama musicale italiano. E' una Irene ironica quanto sensuale quella che si muove sul proscenio coinvolgendo il pubblico presente. La cometa di Halley, con cui dà il via al concerto passa la mano a Buon compleanno, calamitando subito dopo l'attenzione sulla geniale impronta di Bruci la città targata Baustelle, poi ecco le popolarissime Bum bum e La tua ragazza sempre in un carosello musicale incessante anche di brani meno conosciuti come Nuvola bianca con un'inedita Grandi con la chitarra, e nel mezzo Irene ci mette una poetica struggente come "Costruire" di Nicolò Fabi da lei riletto con vena densamente melodica. Il concerto scivola via leggero e festoso, quasi due ore di performance andando sempre più a ritroso nel tempo con i brani degli esordi, accompagnata dalla sei corde di Saverio Lanza e all'unisono dalle voci degli spettatori.
Il polo fieristico di Padova, divenuto ormai da qualche estate centro di interscambio tra spettacolo e impegno sociale, domenica 28 luglio si è gremito per la presenza di una delle più belle voci italiane. Irene Grandi, in gran spolvero, si è presentata con questo nuovo prospetto musicale "Come non mi hai visto mai" dove rilegge, in chiave rock, il suo repertorio di hits e lo fa portandosi dietro un gruppo di musicisti jazz d'eccezione come Saverio Lanza alla chitarra e alle tastiere, Pietro Spitilli al basso e contrabbasso, Fabrizio Morganti magico batterista e ancora alle tastiere Tiziano Borghi. Il progetto sposa la grinta della cantante fiorentina e i nuovi arrangiamenti hanno una versatilità nuova, ci prendono per mano accompagnandoci lungo una carriera ventennale firmata anche dai grandi nomi del panorama musicale italiano. E' una Irene ironica quanto sensuale quella che si muove sul proscenio coinvolgendo il pubblico presente. La cometa di Halley, con cui dà il via al concerto passa la mano a Buon compleanno, calamitando subito dopo l'attenzione sulla geniale impronta di Bruci la città targata Baustelle, poi ecco le popolarissime Bum bum e La tua ragazza sempre in un carosello musicale incessante anche di brani meno conosciuti come Nuvola bianca con un'inedita Grandi con la chitarra, e nel mezzo Irene ci mette una poetica struggente come "Costruire" di Nicolò Fabi da lei riletto con vena densamente melodica. Il concerto scivola via leggero e festoso, quasi due ore di performance andando sempre più a ritroso nel tempo con i brani degli esordi, accompagnata dalla sei corde di Saverio Lanza e all'unisono dalle voci degli spettatori.
domenica 21 luglio 2013
MITICI DEPECHE MODE!!


mercoledì 17 luglio 2013
13 e 14 luglio sul Bondone (Trento)
PARTENZA: Viote (mt. 1554)
SEGNAVIA: 630 (per Cima Verde)
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt. 200
ALTITUDINE: Acque del Mandret (mt. 1780)
CARTA "Progetto Monte Bondone" (provincia di Trento)
mercoledì 26 giugno 2013
Al rifugio San Pietro! - domenica 23 giugno
Calino. Raggiunta Favrio, un delizioso pugnetto di case sulle pendici del Misone, si sale verso malga Lomasona e da qui imbocchiamo il sentiero 410 che muove verso l'alto tagliando il bosco. Il sole filtra dolcemente tra le fronde di faggi e castagni, le parole scorrono leggere nel rispetto della quiete boschiva. Poi il tratto sale sulla cresta e i muscoli delle gambe cambiano ritmo sul fruscio sommesso delle foglie al nostro passare. Improvviso lo sterrato sfocia su una breve strada forestale che discende sulla piana verdeggiante del rifugio.
Sul leggero crinale alla nostra sinistra ecco apparire una chiesetta, datata 1683 ma con diversi riscontri strutturali di epoca medievale, a cui è appoggiato il rifugio, antica dimora che fino alla metà del Settecento era un eremitaggio, poi acquistato nel 1930 dalla sezione SAT di Riva del Garda e successivamente trasformato in punto di ritrovo per i viaggiatori della montagna. Appena dietro al rifugio si può visitare la casa del poeta Giacomo Floriani famoso in zona per le sue rime in dialetto trentino.
Il panorama che si gode dalla balconata è da mozzare il fiato, l'occhio si perde sulla sottostante Valle dei Laghi e sul lago di Garda, i superlativi esprimono al meglio l'incanto di questa parte di Trentino. Altrettanto interessante l'ampio pergolato con i lunghi tavolacci di legno pronto ad accogliere il gruppetto delle marmotte con meravigliosi piatti in cui la polenta ne è l'incontrastata regina. Fumante e calda, arriva in tavola attorniata da carni e intingoli saporiti andando a nozze con le nostre papille gustative.
A ritroso ripercorriamo brevi sentieri paralleli a quello principale fermando la nostra attenzione sulla flora che si avvicenda lungo il cammino. Rimaniamo immerse in quel silenzio, attrici del bosco ed insieme beneficiarie di attimi universali di bellezza. Primule, sambuchi, margherite silvestri, orchidee montane, muschi su tronchi immobili offrono in dono la magnifica percezione delle Giudicarie.
PARTENZA: Lago di Tenno (mt. 570)
ARRIVO: rifugio San Pietro (mt. 974)
SEGNAVIA: 410
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt. 400
CARTA KOMPASS 71
Sul leggero crinale alla nostra sinistra ecco apparire una chiesetta, datata 1683 ma con diversi riscontri strutturali di epoca medievale, a cui è appoggiato il rifugio, antica dimora che fino alla metà del Settecento era un eremitaggio, poi acquistato nel 1930 dalla sezione SAT di Riva del Garda e successivamente trasformato in punto di ritrovo per i viaggiatori della montagna. Appena dietro al rifugio si può visitare la casa del poeta Giacomo Floriani famoso in zona per le sue rime in dialetto trentino.
Il panorama che si gode dalla balconata è da mozzare il fiato, l'occhio si perde sulla sottostante Valle dei Laghi e sul lago di Garda, i superlativi esprimono al meglio l'incanto di questa parte di Trentino. Altrettanto interessante l'ampio pergolato con i lunghi tavolacci di legno pronto ad accogliere il gruppetto delle marmotte con meravigliosi piatti in cui la polenta ne è l'incontrastata regina. Fumante e calda, arriva in tavola attorniata da carni e intingoli saporiti andando a nozze con le nostre papille gustative.
A ritroso ripercorriamo brevi sentieri paralleli a quello principale fermando la nostra attenzione sulla flora che si avvicenda lungo il cammino. Rimaniamo immerse in quel silenzio, attrici del bosco ed insieme beneficiarie di attimi universali di bellezza. Primule, sambuchi, margherite silvestri, orchidee montane, muschi su tronchi immobili offrono in dono la magnifica percezione delle Giudicarie.
PARTENZA: Lago di Tenno (mt. 570)
ARRIVO: rifugio San Pietro (mt. 974)
SEGNAVIA: 410
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt. 400
CARTA KOMPASS 71
Ubicazione:Nord Italia
Lago di Tenno, 38060 Tenno TN, Italia
giovedì 13 giugno 2013
Lo scaffale: CORDE RIBELLI
Il rapporto che lega il mondo delle donne alla montagna è ancora adesso poco appariscente legato al falso pregiudizio di una mancante predisposizione naturale affiancata alla minor forza muscolare che ha reso limitato lo spazio alla conquista delle vette da parte del cosiddetto gentil sesso, ritenendolo terreno esclusivo del mondo maschile. Il rapporto donna e montagna ha spesso fatto storcere il naso ai puristi della roccia ma, sin dagli albori, non è mai stato di ostacolo per le intrepide che con incredibili gonnelloni nel bel mezzo dell'Ottocento si sono avventurate così in alto.
Corde ribelli colma una lacuna e in un viaggio attraverso il tempo ci offre l'occasione di rivivere le avventure delle prime ascensioni sulle Alpi di dame dell'alta società, delle signore vittoriane che legavano le ampie gonne alla cintola, delle prime spedizioni al femminile, dell'arrampicata moderna negli ultimi decenni. Nove storie di donne che ben prima di essere alpiniste sono state antesignane nel superamento di stereotipi e pregiudizi dell'epoca, donne che inseguivano con tenacia i loro sogni e il loro desiderio di libertà. Si inizia con la leggendaria storia della nobildonna francese Henriette d'Angeville, la fidanzata del Monte Bianco, che nel 1838 conquista la cima più alta d'Europa e ne fa ritorno riportando la sua incredibile avventura in un libro che fece scalpore. E poi via via tutte le altre grandi signore della montagna, dall'americana Annie Peck che alla veneranda età di 58 anni, nel 1908, tenta un Settemila sudamericano, il Huascaran in Perù. Il tentativo non le riuscirà ma avrà un'eco enorme. E poi Miriam O'Brien prima donna capocordata a salire sul Cervino e via via fino ad Allison Hargreaves prima donna a raggiungere la vetta dell'Everest in solitaria e senza ossigeno.
Nove storie fissate in una sorta di "fermo immagine", nove donne che hanno aperto percorsi importanti sui sentieri irti delle montagne, ne hanno pagato anche un prezzo alto in termini di vite umane ma che non si sono tirate indietro di fronte alla voglia di vetta.
"Corde ribelli" è il primo libro di Arantza Lopez Marugan e con questo libro ha vinto il Premio Desnivel di Letteratura di Montagna, Viaggi e Avventura nel 2001
Arantza Lopez Marugan
CORDE RIBELLI
Editore: Vivalda, 2003
Pagine: 146

Nove storie fissate in una sorta di "fermo immagine", nove donne che hanno aperto percorsi importanti sui sentieri irti delle montagne, ne hanno pagato anche un prezzo alto in termini di vite umane ma che non si sono tirate indietro di fronte alla voglia di vetta.
"Corde ribelli" è il primo libro di Arantza Lopez Marugan e con questo libro ha vinto il Premio Desnivel di Letteratura di Montagna, Viaggi e Avventura nel 2001
Arantza Lopez Marugan
CORDE RIBELLI
Editore: Vivalda, 2003
Pagine: 146
martedì 11 giugno 2013
Il due giugno a Passo Nota (BS)
PARTENZA: passo Nota
(mt. 1206)
ARRIVO: val di Pur (mt. 669)
SEGNAVIA: 421 - 457
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt. 530
CARTA KOMPASS 102
mercoledì 15 maggio 2013
Eremo di San Valentino (12 maggio)
L'interno è un pò spoglio, di pregevole fattura la pala dell'altare ma è girandosi che lo sguardo incontra l'immensa macchia blu gardesana in tutta la sua bellezza! Un motoscafo flutta veloce fra spume bianche in mezzo al lago dominato sull'altra riva dal Monte Baldo.
Quattro gradini e il grande tavolaccio di legno a fianco dell'eremo è nostro! E' lo stillicidio di panini!! Lungo la via del ritorno il sentiero incrocia la deviazione verso il monte Comer. Non è tardi quindi si decide di proseguire. Ma il sole non ci sta e grigi nuovoloni si avventano su di noi. Il tracciato non è proibitivo, si sale lungo brevi costoni e il cuculo risponde ai nostri richiami. L'incognita meteo è sempre più in agguato. Meglio optare per il rifugio degli alpini situato sull'altopiano di Briano. Il bosco diventa via via più cupo e la comitiva lentamente si dirama, in lontananza tuoni e fulmini che non fanno presagire nulla di buono. E' sul finire del bosco che arriva la pioggia. Seguendo la sede stradale ci riportiamo verso Sasso. Il tempo di giungere in paese e il sole torna a fare capolino sbeffeggiandoci allegramente. Chiusura di serata in un ottimo ristorantino a Gargnano, a due passi dalle acque del lago.
PARTENZA: Sasso (mt. 555)
SEGNAVIA: 31
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt. 200
ALTITUDINE: Eremo di San Valentino
(mt. 772)
CARTA KOMPASS 102
mercoledì 8 maggio 2013
La salita all'Eremo di San Giorgio in Val Trompia (BS) - domenica 5 maggio
PARTENZA: Madonna delle Fontane (mt. 535)
ARRIVO: Eremo di S. Giorgio (mt. 1125)
SEGNAVIA: 381
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt. 590
Carta Kompass Valtrompia 0106
venerdì 3 maggio 2013
Primo maggio al ponte di Veja
Lo scarponcino scappa veloce, le mani mulinano nell'aria, qualcuna s'impone i bastoncini da trekking e si scende giù dove la natura ci regala un'architrave di roccia! Le note dei piovaschi precedenti rendono scivolosa la risalita del costone opposto, infiliamo un sentiero e ben presto ci ritroviamo in una fitta radura. L'aria boschiva è impregnante d'umidità, i tronchi arborei riportano muschi verdissimi, le fronde si abbassano e l'immaginazione cavalca veloce. Siamo nel cuore di chissà quale foresta misteriosa popolata da elfi e folletti, fate e creature fantastiche ma la realtà è ben diversa, il sentiero sfocia desolatamente su un manto stradale e non ci resta che tornare sui nostri passi sconsolate. Conquistiamo la prima distesa verde. Il sole è alto nel cielo e piacevolmente caldo: s'impongono le vettovaglie! Spostandoci su un altro sentiero, riprendiamo la sgambata ma anche qui finisce ben presto la boscaglia. In lontananza s'intravede la presenza di un caseificio storico, quello dei Benedetti, tre generazioni di casari che hanno coniugato la tradizione dell'antica malga con l'ospitalità della Lessinia. E' un tripudio di profumi e odori, i generosi assaggi di marmellate, formaggi e insaccati esaltano il nostro palato. E di ritorno, sosta obbligata alla trattoria Ponte di Veja a conclusione di un primo maggio divertente e festaiolo.
martedì 30 aprile 2013
I dieci capitelli di Soave (25 aprile)
Dopo la canonica sosta caffè, ripartendo da piazza Venturi, ci addentriamo nella stradina che collega la Val Ponsara con la Valle dell'Acqua. Limitando le curve dei colli veneti il gruppo schiamazza variamente, poi il falsiopiano s'impenna e ora la salita si fa dura. Su su sempre più su, andando in debito d'ossigeno e offrendo le spalle ad una palla di fuoco incredibilmente rovente, sino a raggiungere il Capitel del Foscarin ai piedi di un costone brullo, il più elevato della zona (mt. 201) mitigato solo dalle fronde vivaci dei numerosi ulivi. Le gambe segnano i ritmi, qualcuna ti guarda supplicante, altre testa bassa avanzano imperiose, arriva velatamente qualche "non c'è la faccio più". Lo strappo c'è e si sente ma al suo culmine finalmente scema leggero, lasciamo il quarto capitello Regina Coeli e imboccando l'ultimo tratto del percorso cogliamo in lontananza il profilo dominante del castello di Soave e sul litorale una linea di ciliegi che fiancheggiano la mulattiera. Il gruppo ritrova forza, una foto di gruppo quasi obbligata ma ahimè non composta nell'agitazione delle partecipanti. La monumentale opera fortificata che segna il cielo azzurro merita un piccolo sforzo! Entrando dal ponte levatoio protetto da una torre possente detta di San Giorgio respiriamo l'aria della Storia. Il castello, uno dei migliori esempi di struttura castellana del Medioevo, è stato per secoli teatro di aspri scontri e battaglie ed ora è di proprietà della famiglia Camuzzoni che lo ha riportato, dopo un periodo di abbandono, all'antico splendore. Dal bellissimo mastio si gode il più bel panorama dei Monti Lessini. I click sfuggono al controllo, le gambe magari scricchiolano paurosamente ma in tutte le marmotte la fatica ha lasciato il posto al sorriso. E dopo un'indovinatissima puntatina in un'enoteca dove "il vino è la poesia della terra" a detta della penna arguta di Mario Soldati, tutte alla trattoria "Alla Rocca" famosa per i suoi bigoli casalinghi e la squisita cordialità!
martedì 16 aprile 2013
Sui Monti Berici! (14 aprile)
Domenica 14 aprile ci siamo ritrovate con le ragazze di "Pianetacuore", organizzatrici della camminata, in Val Liona (Monti Berici) nel vicentino per condividere la prima vera sgambata primaverile. Zaini e scarponcini in bella mostra, sorrisi smaglianti e il calore di un sole per nulla avaro nel dispensare i propri raggi e siamo subito in marcia. Dalla bella piazzetta di Villa del Ferro il festoso gruppetto di donne s'inerpica sulla stradina incontrando gioiellini architettonici quale Villa Custozza-Lazzarini, pregevole esempio seicentesco, e ancor più in alto l'attenzione si posa su Villa Giacometti, struttura di gusto tardo gotico. Seguendo la direttiva che porta verso Fontana della Villa, importante sorgente che alimenta tutta la borgata e le corti circostanti ecco sul limitare della curva la segnaletica bianco-rossa del sentiero 51, un anello tracciato tra prati e boschi, lungo poco più di 6 chilometri e con un dislivello di oltre 200 metri. Il paesaggio della piana è emozionante e lo sguardo va a perdersi nella vastità dei filari vitigni che si estendono a macchia d'olio. La camminata procede fra qualche sosta (le case rurali sono un'incredibile scoperta!) e tante chiacchiere, poi d'improvviso il sentiero sfora in un bel tratto pianeggiante in cui troneggia imponente una antica pianta di rovere, e mentre polmoni e piedi di alcune donzelle ringraziano festanti, ecco apparire la chiesetta di San Lorenzo, nota come la Cesòla, che nonostante il massiccio intervento di restauro mantiene i tratti tipici degli antichi oratori romanici, molto presenti sui Berici.
Il percorso snocciola via via il gruppetto con pause obbligate come quella all'antica edicola sulla Via Carbonarola, con una pregevole Madonna col bambino iscrivibile al Cinquecento, per poi impegnare seccamente una parabola a sinistra abbandonando così la sede stradale e impegnando una campestre con cui si guadagna quota. E' il bosco a farla da padrone inframmentizzato da prati verdeggianti invasi da una esplosione di colori! Il sole brilla alto nel cielo e lo stomaco comincia a protestare, e la vivace supplica delle partecipanti porta saggezza nonchè senso pratico alle capicordata di Pianetacuore pronte a far virare tutto il gruppo verso la locanda Botteghino Risorto, locale ricavato da un vecchio cascinale e già meta di villeggianti sin dai primi del Novecento. Al fresco delle sue salette facciamo festa ai sapori dei piatti tradizionali della cucina vicentina (fantastico il risotto agli asparagi selvatici). E' l'ora del ritorno. Nuovamente immerse nel cuore del bosco, e con qualche breve affanno da crampi e acido lattico, il baldo gruppo di esploratrici riprende il cammino che ci riporta al punto di partenza. E come per incanto l'apparizione di salumi e formaggi riesce a strappare risate a tutte le presenti.
Il percorso snocciola via via il gruppetto con pause obbligate come quella all'antica edicola sulla Via Carbonarola, con una pregevole Madonna col bambino iscrivibile al Cinquecento, per poi impegnare seccamente una parabola a sinistra abbandonando così la sede stradale e impegnando una campestre con cui si guadagna quota. E' il bosco a farla da padrone inframmentizzato da prati verdeggianti invasi da una esplosione di colori! Il sole brilla alto nel cielo e lo stomaco comincia a protestare, e la vivace supplica delle partecipanti porta saggezza nonchè senso pratico alle capicordata di Pianetacuore pronte a far virare tutto il gruppo verso la locanda Botteghino Risorto, locale ricavato da un vecchio cascinale e già meta di villeggianti sin dai primi del Novecento. Al fresco delle sue salette facciamo festa ai sapori dei piatti tradizionali della cucina vicentina (fantastico il risotto agli asparagi selvatici). E' l'ora del ritorno. Nuovamente immerse nel cuore del bosco, e con qualche breve affanno da crampi e acido lattico, il baldo gruppo di esploratrici riprende il cammino che ci riporta al punto di partenza. E come per incanto l'apparizione di salumi e formaggi riesce a strappare risate a tutte le presenti.
venerdì 12 aprile 2013
Tete à tete: passioni stonate

lunedì 8 aprile 2013
Giuseppe De Nittis a Padova - 7 aprile


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