lunedì 20 dicembre 2021

Domenica 19 dicembre: ottimo secondo "pranzo itinerante" delle marmotte, questa volta in terra veronese. L'Hosteria La Corte di Bussolengo si conferma per qualità e professionalità
GRAZIE A TUTTE LE MARMOTTE PRESENTI!!

domenica 5 dicembre 2021

Ottimo primo "pranzo itinerante" del PROGRAMMA 2022 della nostra associazione al Ristorante "Corte delle Rose" di Castiglione delle Stiviere (MN). Grazie a tutte le marmotte presenti!!

Secondo appuntamento con il "pranzo itinerante" in Veneto alla Hosteria La Corte di Bussolengo (VR) domenica 19 dicembre ore 12.30

mercoledì 24 novembre 2021

Torino, la Reggia di Veneria e la Sacra di San Michele - (21-23 novembre)

Tra il Cinquecento e il Settecento Torino e il Piemonte registrano il fiorire di una straordinaria stagione di sviluppo artistico. Sono anni in cui nasce quel circuito di sontuose dimore signorili che oggi fanno parte le Residenze sabaude riconosciute dall'Unesco come Patrimonio mondiale dell'umanità il 7 dicembre 1997, splendidi tesori come la Reggia di Venaria Reale dove inizia il nostro breve tour.
Domenica 21 novembre - La reggia di Venaria Reale è l’imponente palazzo barocco che, con i suoi vasti Giardini, rappresenta uno dei più significativi esempi della magnificenza dell’architettura sei-settecentesca. Le origini della Venaria Reale risalgono alla metà del Seicento, quando il duca Carlo Emanuele II di Savoia decide di edificare una nuova residenza “di piacere e di caccia” per la corte ai piedi delle Valli di Lanzo favorita dalla vicinanza degli estesi boschi detti del Gran Paese, ricchissimi di selvaggina, un territorio che si estende per un centinaio di chilometri fino alle montagne alpine. Da quella decisione prese le mosse una complessa ed imponente operazione urbanistica destinata a rimodellare totalmente il sito preesistente, Altessano Superiore, che di fatto scomparve per far posto alla nuova città. I progetti per la sua realizzazione furono commissionati all'architetto di corte Amedeo di Castellamonte che plasmò il borgo, il palazzo con i suoi servizi, i giardini e i boschi di caccia (oggi è il Parco La Mandria) in un unicum di scenografie architettoniche in modo da creare un grandioso complesso monumentale governato da un solo asse di simmetria, ancor oggi ben identificabile nella Via Maestra dell’abitato. Il fulcro di tutto era rappresentato dalla cosiddetta Reggia di Diana, edificata fra il 1660 e il 1671, e destinata a vivere due secoli di ininterrotte modifiche, rimaneggiamenti e vicende che di riflesso influirono sulla vita sociale ed economica della città. Già nel 1693 le truppe francesi del maresciallo Catinat saccheggiarono il complesso e toccò all'architetto Michelangelo Garove idearne un rifacimento a partire dal 1699, anche per rispondere alle rinnovate esigenze del gusto dell’epoca. Del resto, con l’avvento del futuro primo re sabaudo Vittorio Amedeo II, la dinastia perseguì ambizioni regali che dovevano celebrarsi nella grandiosità delle proprie residenze e fu così che Garove ideò un’immagine più imponente per il palazzo della Venaria: grandi padiglioni uniti da gallerie e tetti mansardati. I lavori di ingrandimento furono poi ripresi nel 1716 da Filippo Juvarra. La reggia vide avvicendarsi guerre e saccheggi e durante la dominazione napoleonica i giardini vennero distrutti per farne una piazza d'armi. Inevitabile il declino. Nel 1978 la Reggia viene ceduta alla Soprintendenza ma è solo grazie ad una  vibrante esortazione del grande storico dell'arte Federico Zeri che nella trasmissione Arte negata su Rai Uno (luglio 1996) mostrò al grande pubblico lo stato di intollerabile degrado in cui versava il sito. Nel gennaio ’97 l’annuncio del restauro in A come arte su Rai Due. Dal bellissimo palazzo sabaudo torniamo verso il nostro b&b, un ex convento di Avigliana, mentre in lontananza la Sacra risplende nel blu della notte.
Lunedì 22 novembre - All'imbocco della val di Susa, avvolta dalla nebbia novembrina e arroccata sulla vetta del monte Pirchiriano a 962 metri, magnificente appare la Sacra di San Michele. Dal 569 d.C. i Longobardi occuparono le Alpi Cozie ed è in questo periodo che furono erette le famose “Chiuse dei Longobardi”. Questi innalzarono muraglie e torri attraverso la valle e lì si ammassarono per resistere all'entrata in Italia di Carlo Magno, Re dei Franchi. A metà dell'Undicesimo secolo l'abbazia venne affidata ai Benedettini. In questo periodo venne costruito l'edificio della foresteria, staccato dal monastero, in grado di accogliere i numerosi pellegrini che, percorrendo la via Francigena passante per il Moncenisio, vi salivano per trovare ristoro fisico e spirituale. La Valle di Susa, e anche la Sacra, subirono il passaggio devastante delle truppe francesi del generale Nicolas Catinat nel 1690 in seguito alla sconfitta dell’esercito piemontese di Vittorio Amedeo II di Savoia nella battaglia di Staffarda nel cuneese. Poi la Sacra di San Michele rimane quasi abbandonata per oltre due secoli fin quando nel 1836 Re Carlo Alberto di Savoia offre il sito ad Antonio Rosmini, giovane fondatore dell’Istituto della Carità, che la accetta trovandola conforme allo spirito della sua congregazione. Sul lato settentrionale, isolata dal resto del complesso, svetta la torre della "Bell'Alda". La leggenda narra di giovane fanciulla inseguita da una marmaglia di soldati che piuttosto che cadere nelle loro mani preferì la morte gettandosi dalla torre. Durante la caduta nel vuoto fu salvata da due angeli che la posarono delicatamente a terra sana e salva. Questo fatto inorgoglì la bella fanciulla, la quale raccontava a tutti il fatto miracoloso senza esser creduta. Così la giovane un giorno si arrampicò nuovamente sulla torre del monastero e senza pensarci un attimo si gettò di sotto, ma questa volta nessun angelo accorse a salvarla e la bell'Alda morì a causa della sua superbia. La leggenda racconta che tutto ciò che rimase di lei fu un misero pezzetto di orecchio: ’L toc pi gross rimast a l’era l’ouria (il pezzo più grosso rimasto era l’orecchio). Nel 1980 lo scrittore Umberto Eco si ispirò a questa abbazia per ambientare il suo più celebre romanzo Il nome della rosa. Inizialmente, fu anche proposto di girarvi le scene dell'omonimo film di Jean-Jacques Annaud del 1985, scelta poi scartata dai produttori cinematografici a causa degli elevati costi da sostenere. Lasciamo la Sacra mentre inizia a piovigginare che impone un cambio di programma per cui si procede per Torino e il suo Museo del Cinema. Fortemente voluto negli anni Quaranta da Maria Adriana Prolo, studiosa di storia e di cinema, col sostegno artistico di alcuni pionieri del cinema, tra cui il regista Giovanni Pastrone, che nel lontano 1914 diresse Cabiria il più grande kolossal del cinema muto italiano, è ospitato dal 1995 nella Mole Antonelliana, monumento simbolo di Torino. Il Museo si sviluppa a spirale verso l’alto, su più livelli espositivi, dando vita a una presentazione spettacolare delle sue straordinarie collezioni, dal teatro d'ombre e le prime affascinanti lanterne magiche ai più spettacolari effetti speciali dei nostri giorni, in una cornice di scenografie, proiezioni e giochi di luce che coinvolge attivamente il visitatore. Cuore spettacolare del Museo è l'Aula del Tempio da cui si raggiunge la rampa elicoidale che, come una pellicola cinematografica, si srotola a salire verso la cupola.
Martedì 23 novembre - Cielo grigio e pioggia battente non fanno presagire nulla di buono quindi ennesimo cambio di programma. Si ritorna a Torino e al suo Museo dell'Automobile. Giuseppe Acutis, presidente dell'Associazione dei Costruttori di Autoveicoli, incarica Carlo Biscaretti di Ruffia di organizzare una mostra retrospettiva al 26º Salone dell'Automobile di Milano del 1933. Sostenuto dal padre e da Cesare Goria Gatti, presenta il suo progetto a Mussolini, giunto nel capoluogo piemontese per l'inaugurazione dell'autostrada Torino-Milano, che ne rimase entusiasta ma fra un tira e molla il museo apre al pubblico solo nel 1939. Negli anni Sessanta la nuova sede viene costruita sulla sponda sinistra del Po a poca distanza dal Lingotto. Tra i più importanti musei a tema d'Europa documenta l'evoluzione dell'automobile dai primordi agli anni ottanta con l'esposizione di oltre 150 vetture originali, a cui vanno aggiunti modelli, stampe, manifesti e disegni d'epoca. Il Museo si snoda lungo le trenta sale integrate da ambientazioni e installazioni interattive, presenta molti pezzi unici o rarissimi e una sezione dedicata alle auto da corsa. Usciamo entusiaste dal museo mentre fa capolino uno sprazzo di sole e Torino si presenta con geometrie insolite. Belle le arcate che permettono di passeggiare "al coperto", belle le piazze e buonissima la fantasia culinaria della città. Ultima tappa la Basilica di Superga che sorge sull'omonimo colle di Torino a 672 metri. Il progetto è dell'architetto abate Filippo Juvarra, che ne ha fatto un capolavoro. La storia della sua costruzione risale al 2 settembre 1706, quando il duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, e il principe di Carignano, Eugenio di Savoia, salirono sul colle per osservare Torino assediata dalle truppe di Luigi XIV. Vittorio Amedeo fece un voto, in caso di vittoria avrebbe edificato un monumento alla Madonna. E così avvenne. Il 7 settembre le armate si scontrarono nei pressi del castello di Lucento e alla fine la vittoria arrise ai sabaudi. Ma Superga è legata anche alla tragedia del grande Torino. Di ritorno da un amichevole a Lisbona con il Benfica di Ferreira il 4 maggio 1949, il trimotore FIAT G. 212 delle Avio Linee Italiane trovò una fitta nebbia che avvolgeva Torino e le colline circostanti. Alle ore 17:05, fuori rotta per l'assenza di visibilità ma soprattutto per il malfunzionamento dell'altimetro, l'aeroplano si schiantò contro i muraglioni di sostegno del giardino posto sul retro della Basilica di Superga. L'impatto causò la morte istantanea di tutte le trentuno persone di bordo, fra calciatori, staff tecnico, giornalisti ed equipaggio. La tragedia ebbe una grande risonanza sulla stampa mondiale, come il film Ora e per sempre ha ben documentato. Il giorno dei funerali quasi un milione di persone scese in piazza a Torino per dare l'ultimo saluto alla squadra.

sabato 13 novembre 2021

Un grazie alle marmotte presenti venerdì 12 novembre alla Trattoria Santa Maria di Castiglione delle Stiviere (MN). Cibo genuino, servizio curato e tante belle risate!

martedì 9 novembre 2021

Il Monte Zebio e le sue trincee - domenica 7 novembre

Immersi in un silenzio quasi irreale raccontiamo dell'anello del Monte Zebio, u
na delle escursioni più classiche dell’Altopiano di Asiago (Vicenza), e soprattutto museo a cielo aperto con la fitta rete di sentieri e camminamenti segni della Grande Guerra. Frutto del complesso sistema viario militare dove le truppe italiane ed austriache si muovevano per raggiungere la linea del fronte, hanno spinto il Comune di Asiago ad avviare il primo intervento di recupero e valorizzazione delle trincee, dove la vegetazione non ha ancora scalzato i segni del conflitto, che ancor oggi caratterizzano il paesaggio dell'alta montagna.
Crocetta di Zebio (mt 1708) era il tratto centrale della prima linea di arroccamento austroungarica, tra l'Ortigara, il Colombara, l'Interrotto e la profonda incisione della Val d'Assa. Il 16 giugno, esaurita la spinta offensiva della Strafexpedition, il comando austroungarico decise di ritirarsi su posizioni più facilmente difendibili. Il settore Monte Colombara - Monte Zebio era di enorme importanza. Dietro queste linee passava l'unica strada facilmente percorribile che attraverso Casera Zingarella e Galmarara scendeva in Val d'Assa per raggiungere il passo Vezzena e le retrovie attestate a Levico e Caldonazzo, dove i rifornimenti potevano arrivare con la ferrovia. Per tutto l'autunno gli italiani tentarono lo sfondamento con l'obiettivo di conquistare il vero nodo strategico dell'altipiano: il Portule. Il rigidissimo inverno 1916 paralizzò qualsiasi idea di azione e l'iniziativa fu programmata per fine primavera. In preparazione di uno di questi attacchi la cima della montagna fu massicciamente minata. L’esplosione avrebbe dovuto cogliere di sorpresa gli austriaci il 10 giugno 1917 e stanarli. Ma la mina scoppiò due giorni prima, forse a causa di un fulmine, spazzando via l’intero presidio della Brigata Catania. Dal dicembre 1917 il fronte venne accorciato ed il fulcro della guerra si spostò sul Grappa.
Ma torniamo all'escursione. Da Asiago si raggiunge il piccolo aeroporto "Romeo Sartori" e 
al bivio Rigoni di Sotto si trova l'indicazione monte Zebio. Lo si prende percorrendo una strada un po’ dissestata fino a raggiungere la casa di Sant'Antonio a 1236 metri dove si può parcheggiare. Da qui si procede sulla sterrata per circa tre chilometri fino a raggiungere la croce di Sant'Antonio a 1395 metri. La segnaletica indica il sentiero 832. Lo si percorre per intero camminando dentro a un bosco di faggi e abeti fino a raggiungere le prime trincee del monte Zebio dove il bosco di dirama. Si procede ancora fino ai 1674 metri della Lunetta di Zebio, dove è posta una stele commemorativa della brigata Catania, e da dove si ammira una splendida veduta su Asiago e Gallio. Da qui si percorre la dorsale del monte Zebio facendo un’anello fino scendere a Malga Zebio e al bivacco dell’Angelo. Raggiunto il bivacco si seguono le indicazioni per la Croce di Sant'Antonio che attraverso un faggeto riporta al primo bivio.
Raggiunto la diramazione si percorre a ritroso la strada sterrata ritornando 
alla casa di Sant'Antonio.

PARTENZA: Casa di Sant'Antonio (mt 1236)
SEGNAVIA: Cai 832
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 438
ALTITUDINE: mt 1634
LUNGHEZZA: km 13

lunedì 25 ottobre 2021

L'autunno policromo della Val Grande (Val Camonica- BS) - 23-24 ottobre

La Val Grande è certamente una delle più affascinanti vallate di tutta la Val Camonica e in autunno si trasforma in gioco di riflessi policromi. Sopravvissuta al turismo di massa e ricca di acque e boschi si sviluppa verso nord con un importante dislivello che va dai 1080 metri del paese ai 2722 del massiccio del Sasso Maurone posto tra il Passo di Dombastone ed il Corno dei Becchi, della lunga dorsale che va dal Passo del Mortirolo alla Valle del Gavia. L'Alta Via Camuna (sentiero nº 2) ne costituisce la spina dorsale che si snoda da Vezza d'Oglio, naturale porta d’acceso alla valle. 
Da Vezza si sale alla soleggiata frazione di Tù (mt 1205) per poi procedere a piedi su una comoda e piacevole carrareccia che entra, tra prati dalle colorite fioriture e fitti boschi, nel primo tratto della lunga valle. In circa tre quarti d’ora si raggiunge il Ponte dell’Acqua Calda (mt 1370), di fatto nel Parco Nazionale dello Stelvio, si trova un trivio da prendere a destra su una ripida mulattiera che si inoltra tra betulle, ontani bianchi e larici fiancheggiando il tumultuoso torrente Grande. Superiamo diverse cascine intrattenendoci con una pastora che conduce alla stalla i suoi armenti. Si prosegue in falsopiano, il lariceto si illumina a Put di Brofà (mt 1660) oltre un ponticello che permette di riportarsi sulla riva opposta del torrente. La strada sale ripida nel bosco per poi tornare pianeggiante in località Cappella di Caret (mt 1726). Poco lontano, sulla destra si nota una piccola chiesa alpina. Da qui la vallata cambia aspetto, gli alberi diventano più radi lasciando spazio alla roccia e alla prateria in una visione d'insieme spettacolare.
Inoltrandosi nel bel pianoro in lontananza appare Malga Val Grande (mt 1785) con una piccola area da picnic. Proseguendo si arrivebbe al Rifugio Saverio Occhi al "Plas de l'Asen" a 2047 metri dedicato alla memoria dell’alpinista di Vezza d’Oglio tragicamente caduto il 17 maggio 1992 mentre saliva in solitaria la parete nord del Lyskamm occidentale (vetta di 4417 metri del massiccio del Monte Rosa), ma si preferisce 
la via del ritorno, aguzzando inutilmente la vista nella speranza di ammirare i cervi e ascoltare gli impressionanti bramiti dei maschi in amore.

PARTENZA: Vezza d'Oglio (mt 1080)
SEGNAVIA: Alta Via Camuna (n°2)
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 580
ALTITUDINE: mt 1785
LUNGHEZZA: km 14

sabato 23 ottobre 2021

Un grazie alle tante marmotte presenti ieri sera all'apericena di Vicenza! Ci voleva forse un pò più di caldo...



martedì 12 ottobre 2021

La Marca Trevigiana, splendido esempio di enoturismo!


E' di scena la Marca Trevigiana ovvero “Marca gioiosa et amorosa” bella definizione del Duecento in un periodo florido e vivace dal punto di vista politico che si legge in un verso leonino Monti, Musoni, Ponto Dominorque Naoni. In termini geografici dai monti del bellunese alle lagune venete e dal fiume Musone,nei pressi di Castelfranco Veneto, con il territorio esteso fino al fiume Noncello nei pressi di Pordenone ed indissolubilmente legata a quella della Repubblica di Venezia, che in queste terre si procurava il legname necessario per la costruzione della potente flotta che per secoli ha dominato il Mediterraneo. Ma è anche stata scenario della Grande Guerra: la cima del Grappa, il Montello e le rive del Piave. 
Sabato 9 ottobre - Cittadella, meraviglioso borgo fortificato padovano, immersa nella pianura veneta ma vicinissima ai primi rilievi collinari dell'Altopiano dei Sette Comuni e del massiccio del Grappa. La sua fondazione risale al tredicesimo secolo ma con alcune tracce che lasciano pensare a radici romane. Questi infatti occuparono il Veneto sul finire del III a.C. per poi cedere il dominio ai Longobardi. La realizzazione di Cittadella fortificata risale all'anno 1220 quando Padova decide di rispondere a Treviso che aveva dato vita all'avamposto militare di Castelfranco Veneto. Arrivate a Porta Bassano ci si lascia catturare dall'imponente cinta muraria di Cittadella, uno dei pochi esempi di sistema difensivo con camminamento di ronda interamente percorribile, con muraglioni alti quasi 14 metri e le torri svettanti, e lunga quasi un chilometro e mezzo. Si parte seguendo il percorso in senso anti orario dalla Casa del Capitano (porta nord) sede di una bella mostra di armi e armature, e le rappresentazioni di alcuni personaggi illustri della storia di Cittadella, come il condottiero Roberto da Sanseverino.
Cittadella
Il primo quadrante della cinta muraria si collega con la porta ovest, porta Vicenza, e successivamente, lungo il secondo quadrante, a porta Padova. Poco prima di raggiungere la Torre di Malta il camminamento scorre adiacente al tetto della chiesa del Torresino. All'interno della Torre di Malta, famosa nei secoli perché ricordata da Dante nel IX canto del Paradiso, ci sono due spazi museali, il Museo dell’Assedio del 1318 e il piccolo Museo Civico Archeologico. Da qui si raggiunge porta Treviso per poi arrivare alla torre di partenza. Scendiamo dalle mura sul piano stradale per quattro passi nel piccolo centro. Subito il Duomo la cui realizzazione è avvenuta tra il 1774 e il 1826. Al suo interno è possibile ammirare
"La Cena in Emmaus" di Jacopo da Ponte. A Porta Treviso di grande interesse è la Chiesa di Santa Maria del Torresino, posta di fianco alla cinta muraria. Porta Padova è l’ingresso principale e sulle pareti esterne giganteggiano gli affreschi con il carro dei Carraresi e lo stemma di Padova, la croce rossa in campo bianco. A Porta Vicenza, ingresso occidentale, quasi nulla è rimasto dei settori più esterni e dei ponti levatoi ma la parte interna è affrescata con l’immagine della Crocifissione. Dopo una piacevole sosta al "Carraresi Bistrot" vicino a Porta Treviso, si raggiunge Nervesa della Battaglia e la sua Abbazia di Sant'Eustachio, salendo poi al vicino Sacrario Militare della Grande Guerra. Alle 17 scocca l'appuntamento con le meravigliose cantine di Villa Sandi, splendido edificio di stile palladiano risalente al 1622 e oggi sede dell’azienda omonima, fin dalle sue origini connotata in un paesaggio di vigne e strutture agricole, "vibrante palcoscenico in cui natura ed architettura vivono in un rapporto dialettico e funzionale" come declama la nostra guida. Il tour inizia dall'antica barricaia e si snoda lungo secolari cantine sotterranee dove matura il Metodo Classico Opere Trevigiane, sfiorate da migliaia di bottiglie "a riposo".
Villa Sandi
L'emozione continua con la degustazione di ottimi prosecchi e il successivo raggiungimento della villa adornata di stucchi e bassorilievi e illuminata da spettacolari lampadari seicenteschi di Murano. 
Domenica 10 ottobre - Entriamo ad Asolo dal portello di Castelfranco (detto anche Loreggia) dove troviamo una bella fontana dall'acqua fresca e purissima costruita nel 1571 dalla Famiglia Zen. Proseguiamo poi su Via Browning e raggiungiamo il Duomo. Al suo interno si trova la celebre "Assunta" di Lorenzo Lotto (1506), capolavoro della giovanile fase trevigiana dell'artista. Di fronte al Duomo si trova il Palazzo della Ragione, che ospita il museo civico. Saliamo lungo Via Cornaro ed arriviamo al Castello che nel 1489 fu la residenza di Caterina Cornaro, Regina di Cipro. Saliamo sulla torre mozza detta Reata e ammiriamo splendidi panorami sul centro di Asolo ed in lontananza il Monte Grappa. L’interno del Castello è sede del Teatro Duse ed è possibile accedervi solo in occasione di eventi teatrali. Passiamo davanti a Palazzo Beltramini, dove si trovano gli uffici comunali, e imbocchiamo Via Canova. In corrispondenza della Porta di Santa Caterina, che interrompe l’allungata prospettiva della via, si incontra Casa Duse.
Asolo
Questo palazzo, già nel Cinquecento residenza di Francesco Nursio Timideo da Verona, segretario personale della regina Cornaro, è posto sulla cinta muraria medievale
. Una lunga scalinata e arriviamo alla Rocca situata sulla cima del Monte Ricco (mt 310) che sovrasta il borgo. Edificata tra la fine del XII e l’inizio del XIII ebbe funzioni di presidio per la città. Inizialmente possesso del Vescovo di Treviso, seguendo le sorti della Marca trevigiana nel 1388 la Rocca passò definitivamente alla Repubblica di Venezia. Prima di lasciare Asolo visitiamo Villa Freya, dove abitò la celebre viaggiatrice e scrittrice inglese e poi una veloce fermata a Villa Maser solo per una serie di bellissimi scatti fotografici.

mercoledì 29 settembre 2021

Tour della Tuscia (parte prima)

GIOVEDI' 23 SETTEMBRE Orvieto "la città alta e strana" ed è facile capire perché osservando dal basso la cittadina umbra sopra la rupe di tufo. Da lontano, soprattutto di notte, sembra sospesa nel cielo. Piccolo scrigno di arte Orvieto è famosa nel mondo soprattutto per il Duomo e il Pozzo di San Patrizio, capolavoro di ingegneria idraulica. Quando raggiungiamo la cittadina umbra è già mezzodì e lungo corso Cavour, arteria principale della città vecchia, una simpatica osteria recita "cacio, salame e...vino" quindi via col sapore dei salumi, eccellenza di tutta l’Umbria, degli affettati, dei formaggi e degli umbrichelli, una pasta acqua e farina con cui si ricavano spaghetti grossi simili a lombrichi - gli umbrichi in umbro - che gli orvietani condiscono "all'arrabbiata" accompagnati dal generoso rosso di Orvieto. 
Orvieto
Saliamo verso il Duomo rimanendo senza fiato. Meraviglia dell’arte gotica italianacolpisce immediatamente per lo slancio delle guglie, l'oro dei mosaici, il magnifico rosone e i portali bronzei. La sua bellezza non è solo nelle opere d’arte che conserva, ma anche nella storia secolare della sua costruzione e nelle tracce lasciate dalle importanti maestranze che vi hanno lavorato. L'edificazione, iniziata nel 1290 per volontà di papa Niccolò IV per dare al Corporale del Miracolo di Bolsena un posto dove essere venerato, proseguì fino alla seconda metà del '500. Purtroppo invasa di auto durante il giorno, ecco Piazza del Popolo riacquistare il suo fascino quando si accendono le luci della notte e arriva il mercato. Svetta più avanti la strana Torre del Moro, perfetto crocevia da cui si diramano i quattro quartieri del centro storico cittadini. Oggi è un centro culturale e soprattutto un mirabile balcone da cui godere un panorama straordinario sul Duomo e sui tetti di Orvieto, ma prima bisogna affrontare 250 gradini belli ripidi! In cima ci fa compagnia l’automa che suona le due campane. L'orologio, punto di riferimento per gli orvietani, ha cominciato a funzionare nel 1885. La rupe su cui la cittadina umbra è costruita è già un bastione naturale comunque a partire dal 1359 inizia l'edificazione della Fortezza di Albornoz. Distrutta e rimaneggiata più volte, sarà ricostruita solo nel 1450 quando Orvieto si assoggetterà al papato. 
Orvieto
Non resta molto della struttura originaria e
 oggi ospita i giardini pubblici. Raggiungiamo il famoso Pozzo di San Patrizio che papa Clemente VII, in fuga da Roma appena saccheggiata dai lanzichenecchi, voleva che Orvieto fosse inespugnabile quindi affidò l'incarico a Giuliano da Sangallo il Giovane ed è un miracolo di ingegneria. Avete presente il nastro di Moebius, cioè quel nastro di carta piegato a formare il simbolo dell’infinito, in modo tale che una colonna di formiche può camminare per sempre sulla sua superficie senza che le singole formiche si incrocino mai tra loro? Ecco, il Pozzo di Orvieto richiama un'esperienza simile. Lo affianca una scala scavata nella pietra, con cui si può scendere fino in fondo e poi risalire, ma se mentre scendete ci sono altri che risalgono non li incrocerete mai perché la scala è attorcigliata in una doppia spirale elicoidale così si potevano mandare fino in fondo al pozzo, dove c’è una riserva d’acqua naturale, gli asini carichi di recipienti vuoti, per riempirli e poi risalire in superficie senza che andassero ad incrociare gli asini che scendevano. Gli scalini, ben duecentoquarantotto, sono lunghi e bassi e con un po' di fiatone è una esperienza da provare. La giornata volge al termine. Pitigliano di notte, illuminata dalla luna e dalle luminarie poste alla base della roccia tufacea, creano un magnifico gioco di luci ed ombre. Una visione d'insieme unica che unisce il paesaggio naturale ai palazzi storici del paese, alle abitazioni più antiche, alle cantine scavate direttamente nel tufo. Il borgo di Pitigliano sembra essere sospeso nel vuoto, sorretto da una forza mistica...
VENERDI' 24 SETTEMBRE - Civita di Bagnoregio, la cosiddetta "città che muore" è un piccolissimo borgo dove il tempo sembra essersi fermato e che si può raggiungere soltanto a piedi percorrendo un ponte in cemento armato realizzato a vantaggio dei pochi abitanti rimasti (undici) e dei turisti che la visitano da tutto il mondo, posta tra le due valli chiamate Fossato del Rio Torbido e Fossato del Rio Chiaro che un tempo erano la via d’accesso che dalla valle del Tevere portavano fino al Lago di Bolsena.
Civita di Bagnoregio
Civita di Bagnoregio sorge infatti su un terreno molto precario, situata su una platea tufacea, e rischia il crollo perché i vasti banchi d'argilla che la sorreggono sono soggetti a continua erosione. Ne sono testimonianza i maestosi "calanchi", in parte ricoperti da povera vegetazione, che si estendono per chilometri e che al tramonto danno all'intero paesaggio un aspetto lunare. Porta Santa Maria è oggi l’unico accesso al borgo e, passando sotto di essa, si possono ammirare le splendide decorazioni di leoni che schiacciano alcune figure umane: sono il simbolo degli abitanti di Bagnoregio che schiacciano i tiranni. Per accedere al centro bisogna pagare una piccola tassa di entrata (5 euro). L'intero centro urbano vive intorno alla cinquecentesca Chiesa di San Donato, costruita sul sito di un antichissimo tempio etrusco, al cui interno si può ammirare uno splendido crocifisso ligneo di area fiamminga della fine del Sedicesimo secolo. Vale la pena perdersi tra le viuzze, esplorare gli anfratti più segreti e ammirare gli scorci più suggestivi senza seguire un itinerario preciso e poi raggiungere lo spettacolare Belvedere, una piazzetta a strapiombo sulla vallata. Da Civita ci spostiamo al borgo fantasma di Celleno nel cuore della Teverina. Castello Orsini, posto all'ingresso della Celleno Antica, è sicuramente la costruzione più bella e suggestiva all'interno del borgo. Circondato da un fossato il castello è munito di un imponente fortilizio e di una grande torre di guardia. Acquistato nel 1973 dal pittore Enrico Castellani, una delle figure di maggior rilievo dell'arte europea della seconda metà del Novecento il castello viene restaurato ed eletto a propria abitazione dall'artista sino alla sua scomparsa nel 2017Da Piazza San Rocco, denominata il Torracchio si sale al castello superando un ponte in muratura ad arcata unica, Via del Ponte. 
Celleno
Alla fine del ponte si trova un bel portale, oltrepassato il quale troviamo l'accesso al suggestivo borgo non tutto visitabile a causa di alcune parti frananti. Sempre in Piazza del Comune si innalza il bel campanile (col suo orologio) della chiesa parrocchiale di San Donato, risalente all'anno Mille che fortunatamente ancora conserva il portale in pietra basaltica e alcune parti di mura, ma è privo di soffitto. A sinistra del castello sorge la seicentesca Chiesa di San Carlo, ora sede di una bellissima mostra permanente di grammofoni. Martoriata da numerosi smottamenti e terremoti nel corso dei secoli Celleno era divenuto oggettivamente un luogo pericoloso per i suoi abitanti, talmente pericoloso che l'allora presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, nel 1951 emanò un'ordinanza che obbligava i suoi abitanti a lasciare le proprie case per spostarsi a circa un chilometro e costruire, in località Le Poggette, la nuova Celleno. Lasciano il borgo fantasma ci spostiamo lungo la provinciale verso Sant'Angelo di Roccalvecce,  piccola frazione del viterbese immersa nel suggestivo scenario rurale della Valle Teverina. E’ uno di quei borghi apparentemente fuori dal tempo ma che è tornato a rivivere ancorandosi al presente grazie alla fantasia. 
Sant'Angelo di Roccalvecce
Tagliato fuori dalle principali arterie stradali e soggetto all'abbandono per spopolamento, a trasformarlo è stato un progetto molto ambizioso - e in continuo mutamento - sull'idea di far rivivere il piccolo borgo attraverso i personaggi delle fiabe conosciute in tutto il mondo. Nasce da qui l'iniziativa dell'Associazione Culturale Arte e Spettacolo (ACAS), realtà locale presieduta da Gianluca Chiovelli, che dal 2016 trasforma l'anonimo paese in un museo a cielo aperto dell’arte popolare. Sono le ore 11 e 27 minuti, così segna l’orologio di Alice nel Paese delle Meraviglie nella piazza principale, l'orario in cui il 27 novembre 2017 è stato inaugurato  il primo murale del progetto "Sant'Angelo il Paese delle Fiabe", realizzato dalla direttrice artistica Tina Loiodice. E poi la scelta felice di affidare la realizzazione dei lavori a un team di donne street artist tra le più celebri della scena italiana. Tra queste, oltre a Tina Loiodice, Alessandra Carloni, Daniela Lai, Lidia Scalzo, Isabella Modanese, Stefania Capati, Cecilia Tacconi, Lena Ortmann, Ginevra Giovannoni in un percorso incantato che sa di tuffo nel passato e storie della buona notte. Da un piccolo belvedere appare il borgo medievale della dirimpettaia Roccalvecce e il profilo possente del Castello Colaguti, famiglia di banchieri genovesi e proprietaria della fortezza dalla metà del '600. Lasciamo questo mondo fiabesco e risaliamo la sponda orientale del lago per raggiungere Bolsena, ultimo appuntamento della giornata, centro fortemente legato all'agricoltura e soprattutto alla pesca e dominata dalla massiccia Rocca Monaldeschi, uno suoi dei monumenti più rappresentativi, oggi sede del Museo Territoriale del Lago di Bolsena

Tour della Tuscia (parte seconda)

Pitigliano
SABATO 25 SETTEMBRE
-  Incantevoli borghi, rovine e paesaggi mozzafiato così si presenta la cosiddetta Bassa Maremma, che si estende dalla città di Grosseto sull'ultimo tratto di mare di Toscana fino al Lazio, si presenta in tutta la sua bellezza. I Borghi di Pitigliano, Sorano e Sovana costituiscono una piccolissima subregione a sé stante chiamata "Area del Tufo", tutti di origine etrusca e tutti costruiti su speroni di roccia tufacea. Oltre alla bellezza e peculiarità delle borgate, l'area del tufo è caratterizzata dalla presenza di antiche necropoli e delle Vie Cave, antiche strade interamente scavate nel tufo che si estendono attorno ai borghi. Pitigliano è forse la meta più conosciuta di questo percorso, nota con il nome di "Piccola Gerusalemme" poiché ha ospitato per lungo tempo una delle più ampie comunità ebraiche d'Italia. Famosa anche per la produzione di un ottimo vino, il “Bianco di Pitigliano”, la borgata si estende su un alto sperone di tufo con un caratteristico profilo medievale dal colore ocra; essa è stata interamente scavata nella roccia e l'impressione che si ha, guardandola da lontano, è quella di una città sospesa. Pitigliano si svela ai nostri occhi in tutto il suo fascino, mostrando lo splendido acquedotto mediceo, costruito tra il 1636 ed il 1639 e formato da quindici archi di cui due enormi e tredici più piccoli. Tramite l'antica porta che si trova in piazza Petruccioli si entra nel centro storico. Ecco Palazzo Orsini, originariamente appartenente ai Conti Aldobrandeschi e passato nel 1313 alla famiglia Orsini e la cinquecentesca Fontana delle Sette Cannelle, più avanti l'antica Chiesa di San Rocco di cui si hanno notizie già nel XIII secolo, insomma 
Sorano
una serie infinita di vicoli, stradine, piccole scalinate ed affacci che si aprono a strapiombo sulla rupe sottostante che fanno di Pitigliano un luogo unico ed incantevole. Sorano a poco più di nove chilometri da Pitigliano per la sua particolare conformazione è chiamata la Matera della Toscana e delle città del Tufo è in assoluto la più antica. Nel borgo sono ancora osservabili gli edifici storici, come le bellissime case-torri di epoca medievale che si affacciano sui piccoli vicoli tortuosi: la nobile famiglia degli Orsini ha costruito sui resti dell'antica Rocca Aldobrandesca la bellissima fortezza, oggi sede del museo del Medioevo. Entriamo nel borgo antico attraversando l'Arco del Ferrini. La posizione di Sorano, affacciato a strapiombo sulla valle del torrente Lente, ci regala improvvisi e suggestivi panorami sulle boscose gole sottostanti. Percorriamo la via principale fino ad arrivare alla Collegiata di San Nicola, chiesa del Tredicesimo secolo. Guardando alle spalle del Palazzo Comitale, si scorge la Torre dell'Orologio che svetta sopra il Masso Leopoldino, singolare fortificazione ottenuta dallo squadramento e rinforzamento di una enorme rupe tufacea e somigliante ad una nave. Con i suoi 400 abitanti, Sovana è il più piccolo dei borghi del tufo ma non per questo meno affascinante! Il paese, che si trova a circa nove chilometri da Sorano, di cui è frazione, si trova nei pressi di una delle necropoli etrusche più importanti della zona. Il piccolo borgo ha dato i natali a Idelbrando di Sovana divenuto papa Gregorio VII, passato alla storia per l'umiliazione di Canossa. 
Lago di Bolsena
Scendiamo lungo la provinciale per raggiungere Capodimonte, caratteristico borgo arrampicato sul promontorio che si allunga verso il lago di Bolsena. In alto la splendida Rocca Farnese, risalente all’XI secolo. Originariamente era una torre a pianta quadrata, ma nel Cinquecento venne trasformata in un palazzo gentilizio a forma ottagonale. La giornata è piena di sole quindi decidiamo di imbarcarci sulla motonave "Fenice" per un giro del lago di Bolsena, il bacino vulcanico più grande d’Europa e il quinto lago d’Italia per estensione. La caldera principale, che ha assunto la caratteristica forma ellittica tipica dei bacini di origine vulcanica, è incastonata nel gruppo montuoso-collinare dei Monti Volsini. L’Isola Bisentina, è la più grande tra le due isole del lago mentre l’Isola Martana, più piccola, è situata di fronte al centro abitato di Marta. Ambedue le isole sono proprietà privata e non visitabili. Sulla strada che da Capodimonte si collega al piccolo ma grazioso borgo di Farnese, troviamo la Cascata del Salabrone una delle più selvagge e spettacolari del Lazio, all'interno della Riserva Naturale Regionale Selva del Lamone. Per arrivare alla cascata bisogna seguire il sentiero Cai 8. Pur non essendo particolarmente alta, si mostra imponente e selvaggia. 
DOMENICA 26 SETTEMBRE - Oggi si raggiunge Viterbo, storicamente celebre come "la Città dei Papi", fu sede pontificia nel XIII secolo. Il merito va ad Alessandro IV che nel 1257 aveva qui prudentemente trasferito la sede pontificia per via del clima ostile che si respirava a Roma. Viterbo nel Medioevo ricoprì il ruolo di capitale della Cristianità e rimase per quasi un millennio sotto l'orbita papale prima di entrare nel 1870 a far parte del Regno d'Italia. Il suo centro storico si innalza splendido sul resto della città. Ma mentre saliamo dalla Valle di Faul, polmone verde della città esteso tra il colle del Duomo e l’area di parcheggio del Sacrario, un gigante emerge dalla terra sporgendo il viso e alcune parti del corpo di notevole effetto visivo cogliendoci di sorpresa! E' la copia in vetroresina della grande scultura "The Awakening" - Il Risveglio - creata dall'artista Seward Johnson Jr. e installata nell’East Potomac Park a Washington, ricreata nel 2009 in occasione del G8 svoltosi in Sicilia e definitivamente posizionata nella Valle di Faul il 3 maggio 2011.
Viterbo
Ora saliamo al centro storico, che si innalza splendido sul resto della città sulle prime pendici del Monte Palanzana, affacciandoci su Piazza San Lorenzo è la più famosa di tutta Viterbo. Qui si trova il celebre Palazzo dei Papi e la Cattedrale alla quale si affianca il museo Colle del Duomo. Il trecentesco Palazzo dei Papi costruito sul colle di San Lorenzo per ospitare e proteggere i pontefici durante il loro soggiorno a Viterbo, con la celebre loggia dall'architettura elegante ed armoniosa, eretta nel 1267 per volontà del Capitano del Popolo Andrea Gatti. Dalla loggia si entra nella grande Sala del Conclave, teatro della famosa elezione di papa Gregorio XAl suo fianco si trova l’imponente Cattedrale di San Lorenzo. L’impianto originario del duomo, a tre navate separate da archi a tutto sesto, ha un'imponente struttura romanica risalente al XII secolo anche se la facciata a seguito di alcune ristrutturazioni nel sedicesimo secolo si presenta in stile rinascimentale. Della struttura medievale rimane solo il campanile che nella parte più alta vede alternarsi righe in travertino bianco e azzurro basalto. 
La Torre di Chia
A pochi passi da piazza San Lorenzo e dall'ingresso a Viterbo Sotterranea, si trova il quartiere medievale di San Pellegrino, sul percorso della via Francigena. L'asse principale inizia da piazza San Carluccio e continua lungo via San Pellegrino fino alla piazza su cui confluiscono vicoli laterali e su cui si affacciano l'omonima piccola chiesa e il palazzo degli Alessandri, nobile famiglia dell'epoca. Palazzi in pietra si alternano a eleganti logge, fontane e chiese, i frequenti "profferli", ovvero le scale esterne in pietra che decorano le facciate o le "case a ponte", abitazioni costruite come congiunzioni di altri due edifici, una passeggiata che ci lascia a bocca aperta. Nel cuore storico si trova anche la Fontana Grande che dà il nome alla piazza. Questa è la fontana più antica di tutta Viterbo costruita a spese del comune nel 1212. Lasciamo Viterbo in direzione Orte dove si trovano gli antichi ruderi del Castello di Colle Casale, meglio conosciuto come la Torre di Chia. Ci troviamo in un luogo permeato da un fascino antico e ricco di testimonianze storiche, considerando anche la presenza nei dintorni di tombe rupestri. La duecentesca Torre, alta ben 42 metri, è la parte del Castello di Colle Casale rimasta quasi integra sino ad oggi. Nel 1963 il grande Pier Paolo Pasolini giunse a Chia e colpito dal fascino della Torre e del castello, decise di girare alcune scene del film "Il Vangelo secondo Matteo". Nel 1970 Pasolini riesce ad acquistare Colle Casale con la sua Torre, e progetta insieme a Dante Ferretti una residenza a ridosso dei ruderi dell’antico castello, totalmente invisibile dall’esterno, caratterizzata da ampie vetrate che si proiettano su un ricco e suggestivo paesaggio. È interessante notare che il progetto dell’abitazione prevedesse, originariamente, un tetto ricoperto di erba poi sostituito in fase di costruzione da una copertura in cemento e conferma come tutto l’intervento sia stato pensato e realizzato in consonanza con il paesaggio e le strutture antiche. Purtroppo la torre è stato messo in vendita per gli elevati costi di manutenzione ma per la sua importanza storica e culturale è annoverata nella Rete delle Dimore Storiche del Lazio. Vitorchiano è uno dei tanti ma graziosi borghi della Tuscia. Il bellissimo centro storico è caratterizzato dal color grigio del peperino e da vicoli, archetti, profferli e piazzette molto suggestive. Altrettanto suggestivi i belvedere verso la forra del Fosso Acqua Fredda, affluente del Fiume Vezza. Molto interessanti le mura di Vitorchiano che delimitano a sud il borgo antico. Edificate intorno al Duecento, si estendono per circa 250 metri e sono interrotte da torri a base quadrata. Nella torre centrale si apre Porta Romana che rappresenta l’unico ingresso al centro medievale del paese.
Montefiascone
Raggiungiamo Montefiascone  importante cittadina dell’Alta Tuscia Viterbese e con i suoi 592 metri di altitudine è il comune più alto della provincia. Da qui il colpo d'occhio sul lago di Bolsena è spettacolare. Inoltre questa è la zona di produzione di un ottimo vino bianco: Est! Est!! Est!!! Simboli possenti del borgo, la Rocca dei Papi costruita durante il XII secolo al tempo di Innocenzo III e la Cattedrale di Santa Margherita che con la grande cupola si mostra in tutta la sua maestosità. In conclusione di giornata ci concediamo un aperitivo a Marta, romantico borgo adagiato sulla sponda occidentale del lago di Bolsena.
LUNEDI' 27 SETTEMBRE - Si torna a casa ma non prima di fermarsi a Castiglione del Lago, arroccata su un promontorio del Lago Trasimeno, dopo aver attraversato le crete senesi, dolci colline interrotte da grandiosi fenomeni erosivi che danno vita a panorami ampi e suggestivi, osservato dal basso l'antico borgo di San Casciano dei Bagni, superata la medievale Città della Pieve, lambito il lago di Chiusi e raggiunto un ottimo ristorante con vista sul lago umbro.

sabato 18 settembre 2021

Gran festa ieri sera con le marmotte!!


Un grazie alle tante marmotte presenti ieri sera all'apericena presso la Trattoria DAMARO di Vicenza. Grande serata, ottimi piatti e bellissima musica!!

martedì 14 settembre 2021

Tre splendide giornate dolomitiche (11-13 settembre)

Sabato 11 settembre
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Il Lago di Braies, nel Parco Naturale Fanes-Senes-Braies, con il suo colore verde smeraldo e l'imponente massiccio della Croda del Becco sul fondo viene considerato la "Perla delle Dolomiti". L'inizio dell'anello lacustre parte dalla palafitta resa celebre - così come il lago - dalla serie televisiva italiana "Un passo dal cielo" con Terence Hill, e si immerge nel bosco discostandosi dalle sponde che si frammentano tra le fronde degli alberi. Il tracciato si restringe, serpeggia in verticale lungo una parete di roccia con incantevoli sprazzi visuali sul lago e si raggiungono le sue sponde meridionali, spiaggette ciottolose bianche, dove appaiono le indicazioni del sentiero n° 19 per Malga Foresta (Grünwald Alm, mt 1590) che si raggiunge in un'ora su un percorso leggermente in salita. La malga, circondata dal gruppo montuoso di Senes e dalla catena della Hochalpe, è un posto meraviglioso e piacevole la sosta con un menù a base di piatti locali da gustare sulla terrazza soleggiata magari in compagnia di placide vacche di passaggio. Ritornando sui nostri passi si procede sull'Alta Via n°1 delle Dolomiti, che arriva sino a Belluno, costeggiando il lato occidentale del lago, si oltrepassa la Chiesa della Madonna costruita nel 1904 dall'architetto viennese Otto Schmid e cappella privata della famiglia Hellensteiner, proprietari dell'hotel Lago di Braies, giungendo nuovamente al punto di partenza. 
Domenica 12 settembre
- Ecco le
 Tre Cime di Lavaredo, simbolo dell'Alta Pusteria e delle Dolomiti, quelle stesse vette una di fianco all'altra, isolate da tutte le altre, vittime della loro stessa bellezza e della facilità di accesso per escursionisti e alpinisti di tutto il mondo. Arrivati al lago di Misurina svoltiamo a sinistra e si sale lungo l'asfalto fino alla sbarra dove si paga un pedaggio (salato!) per raggiungere l'area parcheggio a due passi dal Rifugio Auronzo (mt 2320). Davanti a noi la visuale spettacolare del gruppo dei Cadini di Misurina (mt 2839), ricco di guglie e pinnacoli, la Val d'Ansiei,  il piccolo Lago d'Antorno, la Punta Sorapiss (mt 3205) e il Monte Piana (mt 2324). Si parte dall'Auronzo sul pianeggiante sentiero 101 che le Tre Cime non si vedono neppure, o meglio, sono lì davanti a noi ma la sagoma è del tutta diversa, bisogna aspettare la forcella Lavaredo perché si palesino nel loro splendore. Dopo circa quindici minuti di cammino arriviamo ad una chiesetta dedicata a Maria Ausiliatrice - mentre sopra di noi volano numerosi i gracchi alpini - e poco dopo al rifugio Lavaredo (mt 2344). Dal rifugio il sentiero taglia diagonalmente i depositi detritici alla base della Cima Piccola ma noi proseguiamo sulla più agevole strada sterrata fino alla Forcella Lavaredo. Sulle pareti della Cima Piccola, complice una giornata soleggiata, ammiriamo i rocciatori. 
Ancora un breve tratto in cui la strada passa tra alcuni grossi massi di crollo di antiche frane e si raggiunge la f
orcella (mt 2454) che costituisce il punto più elevato dell'intera escursione. Qui riconosciamo la celeberrima forma delle Tre Cime patrimonio Unesco: la Cima Piccola (mt 2857), la Cima Grande (mt 2999) e la Cima Ovest (mt 2973). In lontananza si intravvede il rifugio Antonio Locatelli (mt 2450) e, di fronte, un magnifico scenario montuoso si apre a corona, ecco il Monte Rudo (mt 2826), la Croda dei Rondoi (mt 2873), la Torre dei Scarperi (mt 2687), il Monte Mattina (mt 2493), la Torre Toblino (mt 2617) e il Sasso di Sesto (mt 2539) che fa da sfondo al rifugio, mentre sulla destra si erge il Monte Paterno (mt 2744) con le sue gallerie percorse da numerosi escursionisti in fila indiana e ancora la Croda Passaporto (mt 2701). Dalla forcella si scende decisamente di quota e le cime scompaiono per un attimo sul Pian da Rin poi, appena superata la sbarra metallica (sentiero 105) si segue a destra il tracciato che per un breve tratto sale lungo il ghiaione per poi proseguire con brevi saliscendi. Si raggiunge Malga Lange (mt 2232) dove facciamo una breve sosta. Da qui ci si arrampica per breve tratto e, sulla sinistra, si vedono le acque verdi-azzurre e freddissime dei tre laghetti delle Tre Cime che possono essere definiti le "antisorgenti" del fiume Rienza. Al cospetto delle Tre Cime di Lavaredo, ora vicinissime e maestose, il paesaggio che si attraversa è quello dei depositi morenici, dei pascoli d'alta montagna, con l'insediamento rado del pino mugo e le fioriture più appariscenti della vedovina alpestre e del rododendro nano dai fiori rosso-purpurei. Proseguendo raggiungiamo il grande ghiaione della Forcella del Col de Mèdo a 2315 metri dove si incrociano altri sentieri, e da qui si affronta l'ultimo tratto dell'escursione che raggiunge il Rifugio Auronzo ai piedi del lato ovest delle Tre Cime di Lavaredo e il successivo ritorno a valle.
Lunedì 13 settembre
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Acque cristalline circondate da fitti boschi di pini, dietro di essi l'imponente Latemar che vi si specchia e tutt'attorno il leggendario mondo di re Laurino e del suo giardino di rose visibile ad ogni tramonto sul Catinaccio nel fenomeno dell'enrosadira, termine che in lingua ladina significa letteralmente "diventare di colore rosa"Il lago di Carezza in Val d'Ega (mt 1534) è molto scenografico ma non è grande e per ammirarlo e immortalare i colori delle sue magnifiche acque basta una tranquilla camminata. Il lago viene alimentato da sorgenti sotterranee della catena montuosa del Latemar, per questo motivo sia la sua grandezza che la sua profondità variano a seconda della stagione e dalle condizioni climaticheTra i percorsi che si diramano dallo specchio d'acqua ecco la passeggiata dell'imperatrice Elisabetta (sentiero n° 6) che porta al Passo Costalunga tra boschi, prati e panorami magnifici. E non dimentichiamoci la leggenda del lago che narra di una splendida ninfa, Ondina. La ninfa viveva nel Lago di Carezza e la sua voce soave ammaliava i viandanti che salivano al Passo di Costalunga, fino a quando finì per far innamorare anche lo stregone che viveva sul monte Latemar. Lo stregone provò di tutto per avvicinare Ondina e conquistarla, ma invano quindi si rivolse alla Stria del Masarè del vicino Catinaccio che gli consigliò  di costruire un ponte arcobaleno per impressionarla. La ninfa, sorpresa uscì dall'acqua e si avvicinò alla riva incuriosita. Lo stregone corse al lago ma Ondina lo riconobbe e in un batter d’occhio scomparve. Lo stregone adirato distrusse l’arcobaleno e lo gettò nel lago che da quel giorno assunse i suoi splendidi colori. In ricordo di questa leggenda nelle sue profondità è stata installata una statua di bronzo raffigurante la bella ninfa.