martedì 19 dicembre 2023
La suggestiva passeggiata Lazise-Bardolino-Garda - domenica 17 dicembre
domenica 3 dicembre 2023
martedì 28 novembre 2023
Il Castello di Torrechiara, tra storia e leggenda - domenica 26 novembre
Pier Maria Rossi, conte di Berceto, marchese di San Secondo, è certamente uno dei personaggi più interessanti del Quattrocento, spesso paragonato a Lorenzo il Magnifico. Alle doti del valente condottiero militare unisce quelle di fine umanista e colto intellettuale, ama la musica e la poesia, conosce le scienze astrologiche, matematiche ed architettoniche. E' lui stesso il probabile artefice del complesso progetto del maniero di Torrechiara e pare che i bastioni e le cortine murarie del castello rivelino relazioni proporzionali rapportabili alle consonanze musicali, ispirate alla geometria pitagorico-platonica che influenzò l’arte del Rinascimento. Nelle lunga frequentazione della corte milanese il Rossi raccoglie importanti successi militari come capitano al servizio prima dei Visconti e poi degli Sforza, ma non sfugge al dardo fatale di Cupido! Conosce qui infatti e si innamora della nobile Bianca Pellegrini, che abbandonerà il marito e la sua terra per seguirlo. Lui costruisce per lei l’alcova “Altiera ed felice” di Torrechiara, una rocca possente protetta da tre cinte murarie e quattro torri angolari, ma dal cuore "gentile", un'armoniosa fusione dei caratteri funzionali della fortezza con l'eleganza e le ricercatezze proprie di una residenza nobiliare: i beccatelli sottili e lunghissimi che ornano le torri angolari, snelle e leggere sulla base maschia della fortezza, dissimulano la loro utilità difensiva e si fanno ammirare per la loro astratta bellezza. L’interno offre al visitatore un tripudio di sale affrescate tra le quali la splendida Camera d’Oro considerata una delle più alte espressioni pittoriche del gotico internazionale in Italia. La stanza celebra il trionfo dell’amore di Pier Maria e Bianca, ma anche il prestigio della famiglia Rossi nel parmense, attraverso il viaggio immaginario di Bianca, “pellegrina” per amore, tra i vasti possedimenti e le terre del feudo. Questo mirabile capolavoro attribuito a Benedetto Bembo, documento iconografico prezioso per la precisa e minuziosa descrizione “al vero” dei castelli e del territorio, avvolge e coinvolge il visitatore in un susseguirsi dinamico quasi ‘cinematografico’ di scene, dove la protagonista avanza con soave leggiadria tra le balze appenniniche, sotto un sole che trapunta di fiammeggianti raggi dorati il cielo patinato di cobalto.L’oro che ancora si coglie nel bagliore degli astri, nel fogliame e nei broccati degli abiti, rivestiva un tempo interamente le formelle di terracotta che ricamano la parte inferiore delle pareti, inondando di luce i visitatori della camera, che da questo ha tratto il suo nome. Il ricordo di quella magia è adesso solo evocato nelle sobrie e “nude” formelle rosse, dove spiccano i cuori dei due amanti avvinghiati in un abbraccio “digne et in eternum”. Di altissima qualità anche gli affreschi “a grottesche” degli altri ambienti di rappresentanza del maniero, realizzati da Cesare Baglione e collaboratori, Giovanni Antonio Paganino e Innocenzo Martini: il salone degli stemmi, la sala di Giove, del Pergolato, degli Angeli, dei Paesaggi, della Vittoria, del Velario, la sala di caccia e pesca e il magnifico salone degli Acrobati. Il complesso architettonico, che alterna queste preziose sale agli ambienti di servizio quali le cucine e le scuderie, è distribuito su due piani attorno al prestigioso Cortile d’Onore, oggi teatro di importanti spettacoli ed eventi estivi. Affacciata sul cortile anche la cappella di corte, detta di San Nicomede, che un tempo accoglieva l’importante polittico raffigurante la Madonna in trono con il Bambino e i Santi Antonio Abbate, Nicomede e Pietro martire del 1462, di Benedetto Bembo (oggi conservato al Museo del Castello Sforzesco di Milano). La struttura castellana è dotata di un ampio ed interessante sistema sotterraneo di segrete, aperte alle visite in alcune straordinarie occasioni. Gli ultimi restauri hanno inoltre reso nuovamente fruibili gli originari e panoramici camminamenti di ronda. Da non perdere, all’interno delle imponenti mura fortificate che circondano il castello, una passeggiata tra le case del delizioso borgo medievale, che conserva intatto l’impianto costruttivo originale dell’antico abitato annesso al castello.
lunedì 20 novembre 2023
Le Torbiere del Sebino e il Monastero di San Pietro in Lamosa (Provaglio d'Iseo) - domenica 19 novembre
lunedì 13 novembre 2023
Il bellissimo borgo medievale di Soncino (CR) - domenica 12 novembre
lunedì 6 novembre 2023
Quanto è bella Mantova: il Palazzo Ducale e il suo Duomo - domenica 5 novembre
(fonti storiche:lombardiabeniculturali.it)
lunedì 23 ottobre 2023
Nel cuore della pianura padana: dal borgo storico di San Colombano al Lambro al meraviglioso castello di Chignolo Po - domenica 22 ottobre
Con queste parole Francesco Petrarca nel 1353 descriveva la collina di San Colombano al Lambro e il suo "borgo insigne". Ci addentriamo tra le silenti viuzze della borgata sino ad affacciarsi su una assolata Piazza del Popolo, punteggiata di tavolini del vicino Bar Centrale, non trovando insolitamente né la chiesa parrocchiale né il municipio, posti in altre zone del borgo, ma con un lato occupato per intero dal monumento ai caduti, una pregevole statua bronzea della Vittoria realizzata nel 1929 dallo scultore pavese Alfonso Marabelli e il grande affresco allegorico sulle italiche "virtù guerriere" dagli stilemi tipici di quel periodo storico. La fondazione di San Colombano al Lambro è tradizionalmente ascritta all'omonimo monaco irlandese del V-VI secolo che qui introdusse la coltivazione della vite con il permesso della Regina Teodolinda. Collocato in posizione strategica vicino a importanti vie di comunicazione e poco discosto dalla via fluviale del Lambro, il borgo fu per secoli terra contesa tra monasteri e nobili e tra i signori di Milano e di Lodi che sul medesimo colle edificarono due distinte fortificazioni rivali: il milanese castello dei Landriani e la lodigiana rocca di Mombrione.Il primo fu distrutto nel 1154 da Federico I detto il Barbarossa che nel 1164 decise di spianare le macerie erigendovi un nuovo borgo circondato da imponenti mura e dominato da un grande castello. Il complesso subì nel tempo numerose trasformazioni e rimaneggiamenti dai Visconti fino ad arrivare ai Belgioioso che fecero del castello la loro residenza signorile. Caratterizzata dall'imponente torre d’ingresso e dal quattrocentesco torrione occidentale, la struttura castellana è oggi divisa in due parti: il ricetto, ossia la zona in cui si svolgeva la vita civile, e la rocca posta in alto sul pendio collinare attualmente di proprietà privata, oltre alla suggestiva passeggiata nel parco che si snoda lungo le mura. Il Ricetto era il luogo destinato ad ospitare le casupole in legno e paglia della popolazione e si estendeva all'interno delle mura del castello. Nel ricetto si trovavano pozzi (uno di questi è ancora visibile nel parco), stalle, cascine con torchi e piccoli forni. La gran parte di queste strutture fu demolita a metà del diciannovesimo secolo dalla famiglia Belgioioso per realizzare la corte interna e il parco fiancheggiante tutta la parte ovest della rocca. Un'altra parte è stata distrutta a fine anni '50 per fare posto alla strada che collega l'entrata al ricetto con la villa all'interno della rocca. Poco discosta dal castello troviamo la chiesa parrocchiale dall'assetto neoclassico, dedicata a San Colombano fondata sul finire del Quattrocento e ampliata a metà Ottocento. Voluta direttamente da Papa Giulio II, la chiesa conserva al suo interno numerose opere d'arte tra le quali la pala della Crocifissione di Bernardino Campi, autore anche degli affreschi commissionati dai monaci certosini tra il 1576 e il 1581. Da non perdere è la rinascimentale Chiesa di San Francesco, edificata intorno al 1580 sulla sponda sinistra della Rugia Nuova. Una manciata di chilometri e raggiungiamo il vicino Castello di Chignolo Po, immerso nella campagna pavese, denominato "la Versailles della Lombardia". Lo scenografico cortile barocco, le grandi sale affrescate di scuola tiepolesca, la raffinatezza degli stucchi e delle decorazioni, la torre dominante con la sua maschia mole turrita, il tutto immerso in un dolce scenario agreste, fanno di questo monumento una delle più importanti dimore storiche italiane. Nel Settecento venne ampliato e trasformato da fortezza medioevale in una vera e propria dimora patrizia realizzata per volere del Cardinale Agostino Cusani Visconti, ambasciatore del Papa presso la Repubblica Veneziana ed alla Corte di Luigi XIV a Parigi, nonché Vescovo di Pavia. Una bravissima guida ci illustra la bella struttura castellana. Il corpo principale è a pianta quadrata con cortile e porticato interno, ha muratura in mattoni a vista e si sviluppa su quattro piani totali, dei quali uno è seminterrato. Sul fronte settentrionale si apre la porta d'accesso alla corte d'onore, mentre a meridione si apre su un ampio terrazzo che declina nel grande parco. Un viale conduce al "Teatro delle Uccelliere". L'edificio, destinato alla ricreazione nel parco, era preceduto da un piccolo lago artificiale, dalle forme ancora visibili ed oggi richiederebbe un intervento di ristrutturazione massiccia in quanto versa in pessime condizioni. A circondare il parco, oltre a ciò che resta dell'antico fossato difensivo, un muro di cinta modellato in stile tipicamente settecentesco. La parte più antica del castello è comunque la grande Torre, dalla quale si controllava un lungo tratto del Po (Cuneulus super Padum). Si ritiene che venne fatta costruire dal Re Liutprando intorno al 740 d.C. quando Pavia era capitale longobarda. Attraversiamo ora l'atrio passando alla corte d'onore con portici di ordine dorico. Al piano nobile settantotto tra sale e salotti sono coperte da volte riccamente affrescate da artisti veneziani di scuola tiepolesca il tutto arricchito da stucchi barocchi. Peccato non poter immortalare simili meraviglie (le foto degli interni sono vietatissime). Si prosegue di stanza in stanza anche in quelle utilizzate dall'attuale proprietario, l'avvocato Procaccini. I mobili sono per la maggior parte originali. La visita continua con il salone delle feste sul cui soffitto si ammira l'affresco più bello del castello "L’apoteosi delle Stagioni", reinventato dall'architetto Ruggeri. Passiamo poi alla visita dello studio di Napoleone Bonaparte che soggiornò dal 1795 al 1805. In questa stanza si trova anche una porticina segreta, (nascosta tra la tappezzeria) che conduce, tramite duecento scalini, ai camminamenti di ronda. Due scale d'onore portano al piano nobile dove si trova conservato l'appartamento del cardinale Agostino Cusani Visconti che poteva, attraverso una griglia pavimentaria, assistere alle celebrazioni liturgiche che si svolgevano nella Cappella situata al piano terra, ma di notevole interesse sono anche i sotterranei con gli ambienti rustici: la cucina, ancora arredata secondo le usanze dell’epoca, la cantina con l'antico torchio per il vino, i salumi e i formaggi, oggi in ristrutturazione (l'intento dei proprietari sembra quello di creare una piccola zona per la degustazione), una piccola armeria e i cunicoli segreti che conducono all'esterno, adibiti un tempo a prigioni. Davanti al fortilizio, verso settentrione, sorge il borgo (Ricetto) interamente riedificato nel Seicento. Oggi è sede del Museo Lombardo del Vino.
lunedì 16 ottobre 2023
Al cospetto del Catinaccio: Rifugio Roda di Vael - domenica 15 ottobre
lunedì 9 ottobre 2023
Lo spettacolo delle Cascate del Serio e poi in alto verso il Rifugio Curò - domenica 8 ottobre
lunedì 18 settembre 2023
lunedì 11 settembre 2023
I 4444 scalini di Calà del Sasso, l'Aquila di Vaia e Forte Lisser (9-10 settembre)
Domenica 10 settembre - L'Aquila di Vaia, opera maestosa creata per dimenticare la tremenda catastrofe che ha abbattuto interi boschi il 29 ottobre 2018 anche sulla piana di Marcesina, è l'ultima opera di Marco Martalar e si trova in località Barricata, nel comune di Grigno (Trento). L'artista ha impiegato 1800 viti, 100 metri di tavole e murali in larice coperti con 1500 pezzi di radici e altro materiale raccolto nel raggio di un chilometro. Raggiungiamo il rifugio omonimo, dove ci fermiamo a pranzo con i piatti tipici accompagnati dall'immancabile polenta, salendo dalla strada per Enego. Dal rifugio si arriva all'Aquila con una breve camminata lungo un comodo sentiero. Marco Martello in arte Martalar trae ispirazione dai boschi e dalla forte natura dell’Altopiano di Asiago dove vive e lavora. Pini, faggi e larici scendono dal versante fin quasi dentro al suo laboratorio posto a Mezzaselva di Roana, mentre rami e radici riprendono vita nelle sue mani... Meta finale della giornata è il Monte Lisser (mt 1633), una delle ultime montagne collocate nella parte orientale dell'Altopiano dei Sette Comuni, sulla cui sommità tra il 1911 e il 1914, viene edificata una fortezza a protezione del vecchio confine di Stato.
Superato il tratto boschivo si giunge in prossimità dei grandi pascoli che cingono il monte: il percorso, dopo località Làmbara, permette di spaziare visivamente verso sud con vista sulla sottostante frazione di Stoner e sul Monte Grappa. Raggiunti i ruderi delle ex caserme che ospitavano la guarnigione del forte, ad ovest spicca il massiccio delle Melette. Continuando in notevole salita si raggiunge la vetta. Da quassù è possibile ammirare uno dei panorami più belli dell'intero Altopiano con la vista che si apre anche verso nord con la Piana di Marcesina e la catena montuosa Cima Dodici-Ortigara. D’obbligo visitare il Forte Lisser, recentemente restaurato. Denominato da Emilio Lusso il Leone dell'Altopiano, rappresenta una tra le più belle e meglio conservate fortezze delle montagne venete e trentine. La struttura faceva parte dello sbarramento Brenta-Cismon ed aveva il compito di chiudere l'accesso alla Valsugana orientale in caso di attacco nemico. Tuttavia, data la distanza dal fronte, come i dirimpettai Forte Cima Lan e Forte Cima Campo, all'inizio del conflitto fu in parte disarmato. Nel maggio 1916 durante l'offensiva di primavera, fu parzialmente riarmato con delle batterie posizionate all'esterno della fortezza che aprirono il fuoco contro le truppe imperiali (2 giugno 1916). I tiri troppo corti, come scrisse anche Emilio Lussu nel suo libro di memorie “Un anno sull'Altipiano”, colpirono però le linee italiane. La fortezza venne danneggiata pochi giorni dopo, l'8 giugno, quando venne centrata da alcuni colpi da 305 mm. Con la fine dell'offensiva e il ritiro delle truppe austroungariche su posizioni più arretrate il forte si trovò nuovamente distante dal fronte. Il 13 novembre 1917 durante la seconda battaglia delle Melette, scatenatasi in seguito ai fatti relativi allo sfondamento dell'Isonzo (disfatta di Caporetto)Forte Lisser fu occupato dal III Battaglione dell'81º Reggimento fanteria austroungarico senza trovare alcuna resistenza in quanto gli italiani lo avevano abbandonato poche ore prima. Rimase in mano degli imperiali che lo utilizzarono come deposito munizioni e materiali fino alla fine della Prima Guerra Mondiale.La maestosità delle montagne e l’immensità dei cieli fanno da sfondo e cornice a mura silenti, venendone nel contempo snaturate e violate, dove l’erba e i boschi hanno riconquistato a fatica i loro spazi. Cominciata in nome di grandi emozioni e di grandi ideali, la guerra grande per antonomasia fu la prima guerra totale, l’incubazione dei fantasmi del Ventesimo secolo, che queste cattedrali della guerra di artiglierie sembrano a modo loro incarnare. E questi custodi, oggi muti, del silenzio sembrano evocare per contrasto i micidiali scoppi che diedero inizio al secolo e tornarono più volte a dilaniarlo (Antonio Gibelli)