lunedì 6 novembre 2023

Quanto è bella Mantova: il Palazzo Ducale e il suo Duomo - domenica 5 novembre

Arriviamo in una assolata Piazza Sordello dominata dall'imponente Palazzo Ducale, alla scoperta di questa magnificente "città-palazzo", residenza dei Gonzaga dal 1328 al 1707. Divenuto capitano del popolo nel 1299, Guido Bonacolsi trasforma quella che allora era un palazzo di proprietà della famiglia nel centro del potere della città. I Gonzaga che sconfissero i Bonacolsi nel 1328, durante i quasi quattrocento anni del loro dominio, ne modificarono la struttura aggiungendo nuovi corpi di fabbrica con logge, maestose scale, gallerie, cortili pensili collegandoli tutti fra loro sotto la direzione di geniali architetti come il Fancelli, Giulio Romano, Giovan Battista Bertani e il cremonese Viani. Il nucleo più antico del complesso è costituito dalla Magna Domus e dal Palazzo del Capitano. I
l castello di san Giorgio, sorto alla fine del Trecento per volontà di Francesco I Gonzaga, su progetto dell'architetto Bartolino da Novara, si eleva a guardia della reggia dalle rive dei laghi di Mezzo e Inferiore. Gli ambienti si raccolgono intorno a una corte centrale quadrata, rafforzata da robuste torri angolari. Quando Mantova, nel 1459, ospita la Dieta di Mantova convocata da Pio II Piccolomini, Ludovico Gonzaga decide di trasferirsi nel castello lasciando che il seguito del pontefice si insediasse nel Palazzo Ducale. L'architetto toscano Luca Fancelli viene incaricato allora di riqualificare gli interni del castello e al Mantegna, trasferitosi in città nell'estate del 1460 dopo lunghe trattative, viene affidata la decorazione della stanza delle udienze private del Gonzaga, la Camera degli Sposi, capolavoro assoluto dell'arte rinascimentale.
Perfetta sintesi tra naturalismo pittorico, illusionismo prospettico ed esigenze autocelebrative della casata impegna il Mantegna per dieci anni fino al 1474, come indica l'iscrizione nel tabellone dipinto sopra una delle porte, che reca anche la dedica a Ludovico III e alla moglie Barbara di Brandeburgo. La finzione pittorica e prospettica ideata dal Mantegna riveste senza soluzione di continuità le ingrate partiture di pareti irregolarmente scandite dalle porte, dalle finestre, dal camino, e scarsamente illuminate, regalando l'emozione di un illusionismo "totale" e di una continua, accattivante, ricercata ambiguità tra il piano della realtà e quello della rappresentazione. La Corte Vecchia riacquista nuovo prestigio quando nel 1519 Isabella d'Este lasciata la dimora nel Castello e si trasferisce al piano terreno di questo antico settore della reggia gonzaghesca. Per l'insaciabile desiderio di cose antique e per la straordinaria sensibilità a cogliere le tendenze più moderne dell'arte, la marchesa Isabella, figlia di Ercole I d'Este e giovanissima sposa, nel 1490, di Francesco Gonzaga, diventa la protagonista di uno dei più intelligenti e raffinati episodi di collezionismo e cultura figurativa del Rinascimento cortigiano. Donna mai paga di curiosità culturali, educata a Ferrara dall'umanista Battista Guarini, si circonda a Mantova di dotti quali l'Equicola e Paride da Cesarea, frequentando letterati come Baldassar Castiglione, Matteo Bandello, il Boiardo e l'Ariosto. La tradizione mecenatistica dei Gonzaga si rinnova a inizio Cinquecento con le iniziative culturali del figlio di Isabella, Federico II, che affidando a Giulio Romano la direzione delle fabbriche della città (su tutte Palazzo Te) fa di Mantova un autentico laboratorio della grande Maniera italiana.
Importanti i cicli di affreschi, 
rimasti incompiuti, del "Torneo-battaglia di Louvezerp" del Pisanello, riscoperto solo nel 1969 sotto due strati d’intonaco sovrapposti in epoche successive nelle pareti del nucleo più antico della Corte Vecchia, la Sala di Troia concepita da Giulio Romano e ispirata all’Iliade di Omero, sono del tutto consoni all'intento di Federico II e all'effettivo ruolo politico che rivestiva. Dietro a questi episodi mitologici carichi di eroica potenza si nasconde un preciso messaggio iconografico. In successione ecco le sale rinnovate negli apparati decorativi durante il secolo XVIII. La Galleria degli Specchi in origine una loggia aperta, poi chiusa e trasformata in una galleria d'esposizione e a quadreria. La parte alta delle pareti e il soffitto sono riccamente decorati: nella volta vi sono tre grandi riquadri raffiguranti gli Dei dell’Olimpo al centro e ai lati i Carri del Giorno e della Notte. Questa lunga e sontuosa galleria fu impreziosita negli ultimi decenni del '700 da decorazioni neoclassiche con stucchi dorati e specchiere ispirate al gusto francese. La Sala dei Fiumi trasformata verso la fine del Settecento dagli affreschi barocchi di Giorgio Anselmi in un illusorio gazebo che incornicia le allegoriche figurazioni dei fiumi che bagnano il territorio mantovano (il Po, l’Oglio, il Mella, il Chiese, il Mincio ed il Secchia). Il salone si affaccia sull'incantevole giardino pensile racchiuso da un colonnato cinquecentesco. Le Stanze degli Arazzi, serie di arazzi tessuti nelle Fiandre intorno al 1530 sui celebrati cartoni di Raffaello ed acquistati in seguito dal Cardinale Ercole Gonzaga. Le nove preziose pezze d'arazzo raffigurano episodi tratti dagli Atti degli Apostoli e si riferiscono alla vita dei Santi Pietro e Paolo.
Fu il duca Guglielmo ad incaricare il prefetto delle Fabbriche Giovan Battista Bertani perché collegasse i vari edifici in forma organica così da creare, a partire dal 1556, un unico grandioso complesso monumentale e architettonico, uno dei più vasti d'Europa, che si estendeva tra la riva del lago Inferiore e Piazza Sordello. Scomparso il Bertani nel 1576, l'opera viene proseguita da Bernardino Facciotto che completa l'integrazione di giardini, piazze, loggiati, gallerie, esedre e cortili, fissando definitivamente l'aspetto della residenza ducale. E' quasi impossibile elencare tutti i tesori custoditi nel Palazzo Ducale, non è solo una chimera architettonica. E' molto di più. Diventa depositario delle culture cresciute nei secoli a Mantova e delle loro relazioni con il resto del mondo ma soprattutto la porta d'accesso a grandi emozioni e quelle, non si possono misurare. Attraversata la piazza ancora illuminata dal sole, andiamo a scoprire il Duomo di Mantova, noto anche come Basilica di S. Pietro, che conserva le tracce di tutta la sua storia più che millenaria. Basta guardarlo dall'ingresso di piazza Pallone per rendersene conto: la facciata tardo-barocca progettata nel Settecento da Nicolò Baschiera, rimangono 
sul lato est invece le tracce della precedente struttura gotica, seguite dalla massiccia torre campanaria romanica originariamente isolata dal resto della costruzione. L'aspetto gotico della cattedrale, prima dell'intervento cinquecentesco, è documentato dal dipinto quattrocentesco di Domenico Morone "La caduta dei Bonacolsi" che si ammira a Palazzo Ducale e che ritrae la facciata dal gotico fiammeggiante. L'interno corrisponde al progetto cinquecentesco di Giulio Romano con la pianta a croce latina e cupola che si erge sull'intersezione dei due bracci, suddiviso in cinque navate che va a terminare in un'abside con volta a botte. Tra queste trovano spazio i finestroni che rendono luminoso l'interno della cattedrale. Il soffitto piano a cassettoni è opera settecentesca di Doricillo Moscatelli. Dalla navata a sinistra si accede tramite un passaggio al Sacello dell'Incoronata e all'esuberante volta della sagrestia opera della bottega del Mantegna. E non si può non concludere la giornata senza fare un salto alla storica panetteria di via San Giorgio "Pane al pane" dove trionfa la celeberrima torta sbrisolona vanto di questa città.

(fonti storiche:lombardiabeniculturali.it)

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