martedì 28 novembre 2023

Il Castello di Torrechiara, tra storia e leggenda - domenica 26 novembre

Una perla di raro valore artistico e un’apparizione di incredibile suggestione per chi arriva a Langhirano risalendo l’antica “valle del Prosciutto di Parma”, tra i dolci colli ricamati a vigneti di Malvasia e Sauvignon (D.O.C.). Perfetta coniugazione di elementi medievali e rinascimentali il castello è stato costruito dal nobile Pier Maria Rossi tra il 1448 e il 1460 per l’amante Bianca Pellegrini d’Arluno, su un’altura che domina la vallata del torrente Parma: questa posizione, ora suggestivamente panoramica, era un tempo strategica per garantire il controllo sul territorio.
Pier Maria Rossi, conte di Berceto, marchese di San Secondo, è certamente uno dei personaggi più interessanti del Quattrocento, spesso paragonato a Lorenzo il Magnifico. Alle doti del valente condottiero militare unisce quelle di fine umanista e colto intellettuale, ama la musica e la poesia, conosce le scienze astrologiche, matematiche ed architettoniche. E' lui stesso il probabile artefice del complesso progetto del maniero di Torrechiara e pare che i bastioni e le cortine murarie del castello rivelino relazioni proporzionali rapportabili alle consonanze musicali, ispirate alla geometria pitagorico-platonica che influenzò l’arte del Rinascimento.
Nelle lunga frequentazione della corte milanese il Rossi raccoglie importanti successi militari come capitano al servizio prima dei Visconti e poi degli Sforza, ma non sfugge al dardo fatale di Cupido! Conosce qui infatti e si innamora della nobile Bianca Pellegrini, che abbandonerà il marito e la sua terra per seguirlo. Lui costruisce per lei l’alcova “Altiera ed felice” di Torrechiara, una rocca possente protetta da tre cinte murarie e quattro torri angolari, ma dal cuore "gentile", un'armoniosa fusione dei caratteri funzionali della fortezza con l'eleganza e le ricercatezze proprie di una residenza nobiliare: i beccatelli sottili e lunghissimi che ornano le torri angolari, snelle e leggere sulla base maschia della fortezza, dissimulano la loro utilità difensiva e si fanno ammirare per la loro astratta bellezza. L’interno offre al visitatore un tripudio di sale affrescate tra le quali la splendida Camera d’Oro considerata una delle più alte espressioni pittoriche del gotico internazionale in Italia. La stanza celebra il trionfo dell’amore di Pier Maria e Bianca, ma anche il prestigio della famiglia Rossi nel parmense, attraverso il viaggio immaginario di Bianca, “pellegrina” per amore, tra i vasti possedimenti e le terre del feudo. Questo mirabile capolavoro attribuito a Benedetto Bembo, documento iconografico prezioso per la precisa e minuziosa descrizione “al vero” dei castelli e del territorio, avvolge e coinvolge il visitatore in un susseguirsi dinamico quasi ‘cinematografico’ di scene, dove la protagonista avanza con soave leggiadria tra le balze appenniniche, sotto un sole che trapunta di fiammeggianti raggi dorati il cielo patinato di cobalto.
L’oro che ancora si coglie nel bagliore degli astri, nel fogliame e nei broccati degli abiti, rivestiva un tempo interamente le formelle di terracotta che ricamano la parte inferiore delle pareti, inondando di luce i visitatori della camera, che da questo ha tratto il suo nome. Il ricordo di quella magia è adesso solo evocato nelle sobrie e “nude” formelle rosse, dove spiccano i cuori dei due amanti avvinghiati in un abbraccio “digne et in eternum”. Di altissima qualità anche gli affreschi “a grottesche” degli altri ambienti di rappresentanza del maniero, realizzati da Cesare Baglione e collaboratori, Giovanni Antonio Paganino e Innocenzo Martini: il salone degli stemmi, la sala di Giove, del Pergolato, degli Angeli, dei Paesaggi, della Vittoria, del Velario, la sala di caccia e pesca e il magnifico salone degli Acrobati. Il complesso architettonico, che alterna queste preziose sale agli ambienti di servizio quali le cucine e le scuderie, è distribuito su due piani attorno al prestigioso Cortile d’Onore, oggi teatro di importanti spettacoli ed eventi estivi. Affacciata sul cortile anche la cappella di corte, detta di San Nicomede, che un tempo accoglieva l’importante polittico raffigurante la Madonna in trono con il Bambino e i Santi Antonio Abbate, Nicomede e Pietro martire del 1462, di Benedetto Bembo (oggi conservato al Museo del Castello Sforzesco di Milano). La struttura castellana è dotata di un ampio ed interessante sistema sotterraneo di segrete, aperte alle visite in alcune straordinarie occasioni. Gli ultimi restauri hanno inoltre reso nuovamente fruibili gli originari e panoramici camminamenti di ronda. Da non perdere, all’interno delle imponenti mura fortificate che circondano il castello, una passeggiata tra le case del delizioso borgo medievale, che conserva intatto l’impianto costruttivo originale dell’antico abitato annesso al castello.
Torrechiara compare nei primi documenti del XI secolo col nome di ‘Torclara’, che deriverebbe da Torcularia per la significativa presenza di ulivi nel territori fin dai tempi antichi e pertanto di torchi per la produzione di olio. La presenza di un edificio con finalità difensiva di proprietà degli Scorza in questa località è segnalata in un’ordinanza del 1259 del Podestà di Parma che ne stabilisce la demolizione. Il documento lo definisce “domum”, con ogni probabilità una semplice ‘casa forte’ per il presidio del territorio. Sulle rovine di quest’architettura (le cui vestigia sono oggi ancora visibili in una piccola breccia di una sala interna, detta del Pergolato) il conte Pier Maria Rossi dal 1448 al 1460 fa costruire il Castello di Torrechiara, con le caratteristiche e nelle sostanziali forme attuali. Il Magnifico, per anni fedele uomo d’arme alla corte Sforzesca di Milano, ottenuta l’investitura feudale del castello da parte di Galeazzo Maria Sforza nel 1480, paga la propria ribellione al successivo colpo di stato di Ludovico Sforza detto il Moro subendo reiterati attacchi armati da parte delle truppe lombarde che condurranno alla dispersione di tutti i possedimenti dei Rossi nel parmense.
Incapace di trattare la resa, stanco e malato Pier Maria si spegne nel 1482 e la resa finale dell’amata rocca di Torrechiara arriverà un anno dopo. Il maniero, che nelle volontà testamentarie del Rossi doveva andare in eredità al figlio naturale Ottaviano, avuto con Bianca Pellegrini, è oggetto di aspre dispute spartitorie e compravendite: dal 1499 si avvicendano diversi proprietari ad iniziare dal maresciallo del re di Francia Pietro di Rohan, che lo vende ai Pallavicino. A metà del ‘500 Luisa Pallavincino lo porta in dote al marito Sforza Sforza, conte di Santa Fiora. Ospiti d’onore della signorile dimora furono Alessandro Farnese e il figlio Ranuccio, che nella romantica Camera d’Oro trascorre la sua luna di miele con la tredicenne consorte Margherita Aldobrandini. In questo periodo vengono realizzati i grandi cicli affrescati cinquecenteschi ad opera del pittore Cersare Baglione e vengono aperte due panoramiche logge in corrispondenza delle due torri rivolte verso il torrente: torre della Camera d’Oro e torre di San Nicomede. In tempi recenti il castello passa agli Sforza-Cesarini e Pietro Cacciaguerra che lo cede nel 1912 allo Stato, dopo averlo spogliato dei preziosi arredi, sopravvissuti alle razzie dei proprietari precedenti.

(fonte: castelliemiliaromagna.it)

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