Sullo sperone roccioso del Monte Vignola a dominare la bassa Vallagarina, maestoso si erge il Castello di Sabbionara d'Avio. Le prime fonti storiche, il Castellum Ava, sono datate 1053 e la sua posizione sovrasta le lunghe arterie moderne che non fanno che ripercorrere il medesimo tracciato dell'antica via Claudia Augusta che attraversava la valle dal 15 d.C. Nel dodicesimo secolo i signori del castello appartenevano alla famiglia dei Castelbarco, vassalli del vescovo di Trento, i quali nel 1411 lo cedettero ai veneziani che lo ampliarono con una cappella in onore di San Michele. Nel 1509 il maniero passò in mano alle truppe imperiali di Massimiliano I che, dopo aver fatto dipingere le proprie insegne araldiche, lo ipotecò ai Conti d'Arco finché, nel diciassettesimo secolo, il castello ritornò ai Castelbarco fino al 1977 quando Emanuela di Castelbarco Pindemonte Rezzonico lo donò al FAI. Raggiungiamo la torre d'ingresso in una frizzante giornata di sole lungo un sentiero acciottolato che si snoda tra vigneti e slanciati cipressi. Il castello è costituito da tre cinte murarie che circondano a guisa di corona l'insieme del sistema difensivo e può vantare cinque torri tra cui quella detta picadora utilizzata fino al XVIII secolo dove venivano eseguite le condanne capitali ben visibili in lontananza a monito dei sudditi.
Si narra che vi sia stata rinchiusa anche Maria Bertolotti Toldini accusata di stregoneria nel 1716. Il suo perimetro irregolare eppure armonioso segue il dislivello della roccia. Dentro le mura le vie sono delimitate da muri, terrazzamenti, passaggi coperti e torri aperte più funzionali agli scopi difensivi. La strada di accesso costeggia un lungo tratto della cinta muraria dove, a mezza altezza, si scorgono le tracce di un antico primo ordine di merli. Attorno al potente mastio, risalente all'anno Mille, si trovano numerosi edifici tra cui la Sala delle Guardie, decorata con splendidi affreschi realizzati tra il 1350 e il 1360, spettacolare testimonianza delle strategie militari dell'epoca, la Cappella, nella parte più antica del castello il Palazzo Baronale fatto scoperchiare nel 1812 da Carlo Ercole Castelbarco per evitare che venisse tassato, e la Camera dell'Amore all'ultimo piano del mastio. Il mastio, dalle pareti spesse quasi due metri, è di pianta trapezoidale con due lati retti e paralleli che si uniscono ad altri tre lati disuguali e curvilinei, una struttura particolarmente rara in edifici simili. Suddiviso in quattro piani, raggiungibili tramite una scala in legno costruita negli anni '50, alla sua sommità è presente la celebre Camera dell'Amore con affreschi trecenteschi che celebrano l'amor cortese. Da una delle sue finestre il colpo d'occhio sulla vallata è eccezionale. A conclusione dell'interessante visita guidata ci aspettano le castagne e il vin brulè offerte dal FAI.
Il Monte Cengio ha una importantissima valenza naturalistica e storica per comprendere meglio il territorio in cui viviamo, e in modo particolare il sentiero dei Granatieri ci conduce alla visita di uno dei luoghi più spettacolari e significativi della Prima Guerra Mondiale, la battaglia degli Altipiani vicentini combattuta tra il 15 maggio e il 27 giugno 1916, tra l'esercito austroungarico e il Regio esercito italiano. La strada che conduce alla partenza del sentiero è una rotabile militare costruita durante la Grande Guerra per consentire alle truppe e agli armamenti l'accesso alla zona sommitale del Monte Cengio partendo dalla Val Canaglia, dove era collocata una stazione della ferrovia che anticamente consentiva l'accesso all'Altopiano. A testimoniare questa origine lungo la strada è già possibile notare resti di baraccamenti e gallerie. Si arriva a piazzale Principe del Piemonte a quota mt 1286 dall'Autostrada Valdastico (uscita Piovene-Rocchette) direzione Cogollo del Cengio, giusto il tempo di infilare gli scarponcini e siamo già sullo sterrato che entra nel bosco dove incrociamo uno dei tanti pannelli informativi installati nell'ambito del progetto "Ecomuseo della Grande Guerra". Il Sentiero dei Granatieri si sviluppa per circa sei chilometri lungo il lato sud-ovest del massiccio montuoso con una serie di trincee, gallerie, postazioni di artiglieria, oltre al famosissimo salto dei granatieri, ed è scavato per lunghi tratti nella roccia viva quindi è consigliabile essere muniti di una torcia elettrica visti i numerosi passaggi all'interno di gallerie.
La funzione di questa mulattiera di arroccamento, detta granatiera, era quella di consentire l'accesso alla zona sommitale attraverso una via protetta dai tiri dell'artiglieria austriaca (situata a nord). Dopo qualche minuto di cammino vediamo una prima galleria: la galleria Cannoniera lunga 74 metri con quattro uscite laterali per la postazione di quattro cannoni, isolata rispetto al resto delle altre gallerie che salgono sopra al monte Cengio. Arriviamo fino in fondo al tunnel, prestando attenzione al fondo scivoloso, poi appena uscite dalla galleria si riprende il percorso, protetto da cavi metallici, da dove inizia la parte a strapiombo sulla Val d'Astico con un paesaggio che toglie il fiato. Rimane l'ultimo tratto da fare, quello che sale in cima al Monte Cengio. Questo è il pezzo più bello di tutta l'escursione: una galleria a forma elicoleidale con finestre per l'osservazione si snoda nel ventre della montagna per poi uscire su un sentiero con tratti a strapiombo che si arrampica fino a piazzale Pennella, dal nome del generale che da qui diresse le operazioni militari. Ancora in altezza e in pochi minuti raggiungiamola cima del Monte Cengio, a 1347 metri.
Breve pausa panino poi si continua sulla strada militare che da piazzale Pennella ci porta fino alla chiesetta intitolata ai Granatieri di Sardegna, la brigata che era posta a difesa del monte nel giugno 1916 e che qui si immolò quando l'esercito Imperiale sferrò un imponente attacco nell'ambito della Strafexpedition. Due note storiche sono doverose: il 15 maggio 1916, l'esercito austro-ungarico lanciò un offensiva sugli altipiani vicentini meglio conosciuta come Strafexpedition, al fine di invadere la pianura padana e prendere alle spalle l'esercito italiano schierato sul Carso. Il 28 maggio 1916, dopo aver superato in ripetuti assalti le linee difensive italiane, i fanti imperiali entrarono ad Asiago e si prepararono ad affrontare l'ultimo baluardo montano a guardia della pianura vicentina: il pianoro del Monte Cengio. La Brigata Granatieri di Sardegna, comandata dal Generale Pennella, occupò alcuni rilievi a nord del Cengio, Monte Barco, Monte Belmonte, quota 1152 di Cesuna oltre allo stesso sistema montuoso del Cengio. Su queste posizioni i soldati combatterono per giorni senza cannoni, con poche munizioni e con scarse riserve di viveri ed acqua ma il 3 giugno 1916, dopo aver respinto per giorni i furiosi assalti degli austro-ungarici, i granatieri si trovarono circondati nelle trincee del Monte Cengio e cedettero la montagna. Lasciato il monumento alle nostre spalle percorriamo l'ultimo tratto dell'itinerario su strada asfaltata che ci riporta velocemente a piazzale Principe di Piemonte.
La funzione di questa mulattiera di arroccamento, detta granatiera, era quella di consentire l'accesso alla zona sommitale attraverso una via protetta dai tiri dell'artiglieria austriaca (situata a nord). Dopo qualche minuto di cammino vediamo una prima galleria: la galleria Cannoniera lunga 74 metri con quattro uscite laterali per la postazione di quattro cannoni, isolata rispetto al resto delle altre gallerie che salgono sopra al monte Cengio. Arriviamo fino in fondo al tunnel, prestando attenzione al fondo scivoloso, poi appena uscite dalla galleria si riprende il percorso, protetto da cavi metallici, da dove inizia la parte a strapiombo sulla Val d'Astico con un paesaggio che toglie il fiato. Rimane l'ultimo tratto da fare, quello che sale in cima al Monte Cengio. Questo è il pezzo più bello di tutta l'escursione: una galleria a forma elicoleidale con finestre per l'osservazione si snoda nel ventre della montagna per poi uscire su un sentiero con tratti a strapiombo che si arrampica fino a piazzale Pennella, dal nome del generale che da qui diresse le operazioni militari. Ancora in altezza e in pochi minuti raggiungiamola cima del Monte Cengio, a 1347 metri.
Breve pausa panino poi si continua sulla strada militare che da piazzale Pennella ci porta fino alla chiesetta intitolata ai Granatieri di Sardegna, la brigata che era posta a difesa del monte nel giugno 1916 e che qui si immolò quando l'esercito Imperiale sferrò un imponente attacco nell'ambito della Strafexpedition. Due note storiche sono doverose: il 15 maggio 1916, l'esercito austro-ungarico lanciò un offensiva sugli altipiani vicentini meglio conosciuta come Strafexpedition, al fine di invadere la pianura padana e prendere alle spalle l'esercito italiano schierato sul Carso. Il 28 maggio 1916, dopo aver superato in ripetuti assalti le linee difensive italiane, i fanti imperiali entrarono ad Asiago e si prepararono ad affrontare l'ultimo baluardo montano a guardia della pianura vicentina: il pianoro del Monte Cengio. La Brigata Granatieri di Sardegna, comandata dal Generale Pennella, occupò alcuni rilievi a nord del Cengio, Monte Barco, Monte Belmonte, quota 1152 di Cesuna oltre allo stesso sistema montuoso del Cengio. Su queste posizioni i soldati combatterono per giorni senza cannoni, con poche munizioni e con scarse riserve di viveri ed acqua ma il 3 giugno 1916, dopo aver respinto per giorni i furiosi assalti degli austro-ungarici, i granatieri si trovarono circondati nelle trincee del Monte Cengio e cedettero la montagna. Lasciato il monumento alle nostre spalle percorriamo l'ultimo tratto dell'itinerario su strada asfaltata che ci riporta velocemente a piazzale Principe di Piemonte.