lunedì 14 ottobre 2024

Trekking e grigliata in Valcamonica (19-20 ottobre) SIAMO IN ATTESA DEL METEO DEL WEEK END...

Ed infine trekking (sabato 19 ottobre) e grigliata in baita (domenica 20 ottobre) in Val Camonica. Tenetevi libere! A breve tutte le informazioni

Info e prenotazioni: 347 1527671, sulle nostre pagine Facebook e sul blog allegremarmotte.blogspot.com

mercoledì 9 ottobre 2024

Domenica 27 ottobre ore 12.30 il miglior spiedo è alla Trattoria Da Pina, Via Galli n° 25 a Gussago (BS). Circa 35 euro
Abbiamo già prenotato diversi posti perchè la trattoria è gettonatissima!! FORZA MARMOTTE!

Info e prenotazioni al 347 1527671, sulle nostre pagine Facebook e sul blog allegremarmotte.blogspot.com

lunedì 7 ottobre 2024

Dal Corno d'Aquilio il panorama è infinito - domenica 6 ottobre

La cima del Corno d'Aquilio (mt 1547) è un pilastro nord orientale dei Monti Lessini che si affaccia alto e solenne sulla Val d'Adige, tra Verona e Trento. Per salire alla cima del Corno d'Aquilio si può partire da contrada Tommasi di Fosse di Sant'Anna d'Alfaedo, come pure dal passo di Fittanze della Sega. Noi preferiamo optare per la prima soluzione. Il sentiero 240, che corrisponde in larga parte al sentiero europeo E7, si stacca da una comoda strada di avvicinamento asfaltata, poco distante dal parcheggio più alto in Contrada Tommasi. Iniziato il sentiero, ci si inerpica lungo una salita immersa nel bosco che come per incanto è passato in pochi giorni dal verde brillante al giallo senape, all’arancio, al rosso e al marrone. I passi si fanno silenziosi, la prospettiva infinita. Dal bosco si raggiunge una selletta tralasciando le stradine per il passo Fittanze, e si proseguire in leggera salita, ad aggirare malga Pretta di Sopra (m.1527) poco sotto la gobba del Cornetto (mt 1543) con relativo brutto edificio in cemento armato del ripetitore, dalla quale si apre lo straordinariamente bello piccolo e dolcissimo altopiano di malga Fanta, dove si trova la celebre Spluga della Preta, una delle grotte più profonde al mondo con i suoi 877 metri esplorati sotto la cima del Corno d’Aquilio. Poco lontano dalla dolina della Spluga della Preta - completamente recintata - si trova la chiesetta degli speleologi e a qualche centinaio di metri la Grotta del Ciabattino, facilmente visitabile da tutti. Tutto attorno un bucolico paesaggio popolato esclusivamente da mucche al pascolo. Oltrepassato il recinto ora si mira alla croce della cima che si raggiunge con salitella tra prati e balze erbose.
La cima è davvero stupefacente. All'improvviso, ai piedi della grande croce di ferro, si spalanca lo strapiombo sulla val d'Adige e sulle contrade di Sant'Anna d'Alfaedo. Intorno lo sguardo spazia su tutta la Lessinia, le Piccole Dolomiti, i contrafforti della Valle dell'Adige, il Baldo ed anche il lago di Garda...peccato per il grande ammasso nuvoloso che copre la vetta e che fa solo percepire la straordinaria bellezza paesaggistica. Dopo la meritata sosta e scattate le foto di rito si riprende la discesa raggiungendo malga Preta di Sotto (mt 1482) dove andiamo a gustare i deliziosi "gnocchi sbatui" tipici della Lessinia, i corposi antipasti e la rustica polenta. Assaggiare la loro grappa e un vino sincero è quasi d'obbligo. E' tempo di ritornare. Affiancata la ghiacciaia della malga si scende nuovamente lungo il sentiero 240 nel bosco della val Liana che sbocca nella strada sterrata non lontano da contrada Tommasi.


PARTENZA: Contrada Tommasi 
(mt 1130)
SEGNAVIA: Cai 240
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 415
ALTITUDINE: mt 1545
LUNGHEZZA: km 7,5

domenica 6 ottobre 2024

Festival del Cammino: incontro emozionante con Nives Meroi - sabato 5 ottobre

Lei scalza senza bombola d'ossigeno e senza aiuto di portatori d'alta quota. Gioca pulito col mondo Nives Meroi la tigre sopra i grattacieli di madre natura.
Sono le parole dello scrittore Erri De Luca estratte dal bellissimo libro "Sulla traccia di Nives". Solo il meteo inclemente nega la possibilità della camminata sotto le stelle alla Santissima di Gussago al cospetto della grande alpinista Nives Meroi. Tutto è rimandato ad un incontro nella meno spettacolare Sala Polifunzionale del centro franciacortino - moderato dal giornalista Andrea Mattei della Gazzetta dello Sport - dove a raccontarsi c'è Nives Meroi, la prima italiana ad aver scalato tutti i 14 ottomila del mondo insieme a suo marito Romano Benet, che l'ascolta seduto in prima fila. E' una Nives semplice e disincantata che dà quasi l'impressione di non prendersi sul serio nonostante il prestigioso curriculum sportivo. Un cammino iniziato dalle Alpi Giulie per arrivare sulle cime più alte della Terra, senza l’ausilio dell’ossigeno, di portatori d'alta quota o di altri aiuti. Un cammino fatto di piccoli passi, passione, umiltà, pazienza. Ma anche di libertà e responsabilità, di curiosità e attenzione per i particolari perché in montagna le distanze non si calcolano in chilometri ma in giorni di percorso. Bergamasca di Bonate di Sotto, classe 1961, Nives si racconta partendo dall'ultimo ottomila, l'Annapurna - conquistato l'11 maggio 2017 - attraverso le immagini proiettate sullo schermo, senza musica se non la sua voce narrante mai monotona. 
"Alle 10:30 (ora locale) Nives Meroi e Romano Benet hanno raggiunto la cima dell’Annapurna a 8091 metri riuscendo così a completare il “grande tour” dei 14 Ottomila della Terra. Cinque settimane di duro lavoro per i due che hanno fatto squadra con gli spagnoli Alberto Zerain e Jonatan Garcia. Dieci ore di salita per l’attacco alla vetta con meteo instabile per oltre 1.100 metri di dislivello. La vetta dell’Annapurna alle 6,30 di questa mattina. Ora stanno scendendo verso campo 4".
Nives conosce bene la difficoltà della salita, del gelo e della solitudine. Ma è bella anche l’attesa della fatica, che significa strada fatta, metri conquistati e la vetta più vicina. La vetta però non la si deve guardare se non di nascosto, altrimenti il cammino sembra più faticoso, il respiro si fa più affannoso e il passo più breve. Nives e Romano sono un unicum nell’alpinismo. Hanno iniziato insieme nel 1994 su una delle montagne più temute e simboliche, il K2, che però quell'anno non li ha lasciati salire, anche perché loro l'avevano tentato da nord per una nuova via. Il primo ottomila arriva nel 1998 con il Nanga Parbat, mentre è del 2003 la scalata di tre Ottomila in soli venti giorni (Gasherbrum II, Gasherbrum I, Broad Peak), seconda cordata al mondo a realizzare quest’impresa e Nives, prima donna in assoluto. Oppure il loro “K in 2” del 2006 attraverso lo Sperone degli Abruzzi, salito e disceso in cinque giorni in completa solitudine. E ancora l’Everest nel 2007. L'anno successivo, in stagione invernale, tentano il Makalu senza raggiungere la vetta, mentre nella discesa Nives si frattura una gamba. E poi il Lhotse (2004), il Kangchenjunga (2009), fino alla cima del Makalu (2016) e l'ultima incredibile impresa dell’Annapurna.
Si racconta con emozione Nives quando rinuncia nel 2009 al tentativo di scalata del Kangchenjunga per l'improvviso peggioramento delle condizioni fisiche di Benet quando si trovano in arrampicata sopra i settemila metri. Non ci pensa un solo momento a rinunciare anche alla competizione per la prima scalata femminile degli ottomila himalayani. Tornati in Italia, Romano Benet scopre d'essere affetto da un'aplasia midollare severa. La grave malattia li tengono lontani fino al 2012, nuovamente respinti dal Kangchenjunga che si arrenderà finalmente nel 2014.
Il racconto è terminato. Nives Meroi si lascia avvolgere dal nostro abbraccio. In disparte Romano ascolta. Nelle sue parole scorre la narrazione di un alpinismo attento a rispettare la natura, i paesi e le genti di cui sono ospiti. "Il buono dei viaggi in Himalaya è che si fanno ancora a piedi. Si cammina per avvicinarsi alle montagne e le distanze ritornano vere. La lentezza permette di entrare nel paesaggio, di registrare i sensi su di esso. Mi fermo spesso per annusare, bere, salutare le persone che incontro. I saluti aprono le porte"

Erri De Luca " Sulla traccia di Nives" (Feltrinelli - 2005)


lunedì 30 settembre 2024

Palazzo Te e la mostra “Picasso, Poesia e Salvezza” - domenica 29 settembre

Mantova, bellezza senza tempo, ci sorprende all'arrivo con il suo profilo di cupole, campanili, torri, merlature che si affacciano sui laghi che la circondano. E continua a stupire con una serie di piazze l'una dietro all'altra sino a raggiungere Piazza Sordello, circondata da edifici medievali di rustici mattoni rossi e candidi marmi settecenteschi, le merlature che orlano le antiche residenze delle famiglie che si avvicendarono al potere, l'antica pavimentazione in ciottoli, è un angolo di storia variegato e interessante ricco e vario di monumenti, dettagli, colori, e profumi. Oggi questo luogo è una piazza ma una volta era il cuore della vecchia Mantova, in passato denso di edifici e viuzze, tutto è scomparso quando i Gonzaga abbatterono il vecchio centro città per realizzare un largo spazio davanti alla loro residenza da poter utilizzare come scena per le cerimonie eleganti e sfarzose e per ricevere ospiti importanti. L'impronta antica è mitigata dai tavolini all'aperto di ristoranti e caffè. La vita contemporanea si mescola all'architettura del passato e una pausa in questa piazza riconcilia spirito culturale e gastronomico. Nella zona meridionale della città, poco lontano da Palazzo San Sebastiano, sorge Palazzo Te, splendida cornice della villa suburbana voluta da Federico II Gonzaga e appositamente progettata e realizzata da Giulio Romano tra il 1524 e il 1534 per Federico II Gonzaga, considerata gioiello della cultura tardorinascimentale italiana. L’edificio, di proprietà comunale, è oggi museo e sede del Centro Internazionale d’Arte e Cultura di Palazzo Te. Basso e a pianta quadrata, è composto da quattro corpi caratterizzati da facciate decorate a finto bugnato con paraste e colonne d’ordine gigante, disposti attorno a un cortile centrale, e da un vasto giardino retrostante chiuso da un’esedra mentre spazi e aree verdi ne disegnano l’intorno. Il complesso si inserisce oggi all’interno del tessuto urbano cittadino, in origine però l’ampia area era un’isoletta, chiamata fin dal medioevo Tejeto, forse dal latino tilietum, località di tigli, e da qui l’origine del nome “Te”, circondata dalle acque del lago Paiolo, luogo di svago privilegiato della corte, posto appena fuori dalle mura cittadine a ridosso di Porta Pusterla che ne consentiva l’accesso diretto.
“Un poco di luogo da potervi andare e ridurvisi tal volta a desinare, o a cena per ispasso”
Nel quindicesimo secolo Mantova appariva come una grande isola collegata con altre tre isole minori. Qui Francesco II creò un vasto complesso rustico con scuderie per i suoi cavalli più preziosi e palazzina padronale poi inglobate nella villa voluta dal figlio Federico come rifugio per il tempo libero, nobile dimora deputata alle feste, alle cerimonie, ai grandi ricevimenti, funzione esemplarmente inaugurata con la fastosa accoglienza dell’imperatore Carlo V nel 1530, a palazzo non ancora ultimato. La costruzione di Palazzo Te viene affidata all’architetto Giulio Romano, brillante allievo di Raffaello che progetta la splendida residenza sullo schema architettonico delle antiche Domus romane, alternando agli elementi architettonici quelli naturali che la zona offriva, dando libero spazio a tutto il suo estro creativo.Il complesso è formato da un edificio a pianta quadrata costruito attorno ad un cortile centrale. Il lato est del palazzo è completato da un porticato che si apre su un giardino fiancheggiato da due ali a cui è collegato da un ponte pedonale. Un emiciclo colonnato chiude il giardino sul lato opposto all’edificio principale. Il complesso comprende anche un piccolo edificio con un giardino interno, conosciuto come Appartamento del Giardino Segreto che Federico II usava come piccola residenza privata. Oltre che come straordinaria opera architettonica, Palazzo Te è celebre per gli affreschi che decorano i suoi ambienti. Giulio Romano realizza gli affreschi e l’apparato decorativo insieme ad un gruppo di allievi e collaboratori fra cui Francesco Primaticcio. Rinaldo Mantovano e Fermo da Caravaggio.
La Sala del Sole che prende il nome dall’affresco della volta in cui sono raffigurati i carri del Sole e della Luna metafora dell’incessante scorrere del tempo. La Sala dei cavalli con i ritratti in grandezza naturale dei sei destrieri preferiti dei Gonzaga era la sala destinata all'accoglienza degli ospiti e alla celebrazione degli eventi più importanti. I cavalli sono dipinti a dimensione naturale e spiccano in tutta la bellezza delle loro forme su un paesaggio naturale che si apre dietro alcune colonne corinzie dipinte e che alternano i purosangue a bassorilievi che illustrano le eroiche fatiche di Ercole aggiungendo un ulteriore strato di magnificenza e mitologia a questa sala straordinaria. L’incredibile Camera di Amore e Psiche. Interamente affrescata, ogni parete raffigura la mitologica storia di Amore e Psiche, ispirate alla “Metamorfosi” di Apuleio, ed è il simbolo dell'amore del duca per Isabella Boschetti. Il culmine di questa straordinaria narrazione si trova al centro del soffitto dove Giove è rappresentato mentre unisce i protagonisti della storia in un sublime atto di unione divina. Ma non si smetterebbe mai di osservala è la Sala dei giganti, un vero e proprio capolavoro. L’affresco venne dipinto fra il 1532 e il 1535. Ricopre la sala dalle pareti al soffitto con l’illusionistica rappresentazione della battaglia tra i Giganti che tentano l’assalto a Giove e all’Olimpo. La camera è la più famosa e spettacolare del palazzo sia per il dinamismo e la potenza espressiva delle enormi e tumultuose immagini, sia per l’audace ideazione pittorica, volta a negare i limiti architettonici dell’ambiente, in maniera tale che la pittura non abbia altri vincoli spaziali se non quelli generati dalla realtà dipinta. Giulio Romano interviene proprio per celare gli stacchi tra i piani orizzontale e verticale, smussa gli angoli tra le pareti e la volta e realizza un pavimento, oggi perduto, costituito da un mosaico di ciottoli di fiume che prosegue alla base delle pareti.
Con questo stupefacente artificio illusionistico l’artista intendeva catapultare lo spettatore nel vivo dell’evento in atto, per produrre in lui una impressione indelebile di potenza e magnificenza. “Non si pensi alcuno di vedere mai opera di pennello più orribile e spaventosa, né più naturale di questa. E chi entra in quella stanza, non può non temere che ogni cosa non gli rovini addosso” scrive Giorgio Vasari nella sua opera “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” (1550). Ma Palazzo Te è anche importante polo culturale, a riprova la mostra Picasso a Palazzo Te. Poesia e Salvezza quasi cinquanta opere del grande maestro del Novecento, alcune delle quali presentate per la prima volta al pubblico italiano in un dialogo che celebra la creatività e l’innovazione. Curata da Annie Cohen-Solal e Johan Popelard la mostra crea un ponte tra passato e presente, fa emergere un Picasso radicalmente sconosciuto che ritroviamo in preziosi dipinti come Donna sdraiata che legge del 1939 e Sta nevicando al sole del 1934.

(fino al 6 gennaio 2025)

giovedì 26 settembre 2024

Prossimamente...con le marmotte

PROGRAMMA 2024
(sempre in aggiornamento)

- Week end a Roma - (15-17 ottobre) RINVIATI ALLA PRIMAVERA 2025
- Trekking e grigliata in Valcamonica - sabato 19 e domenica 20 ottobre
- Spiedo alla Trattoria La Pina (Gussago) - domenica 27 ottobre
…ed altre date in arrivo nel 2024!!

Visita alla Cantina di Bellaveder (TR)– Il Santuario di Oropa (BI) – Villa della Torre (Fumane – VR) e molte cene, pranzi e apericene saranno inseriti di volta in volta

Seguiteci sulla nostra pagina Associazione Allegre Marmotte e anche sul profilo Facebook Linda Mian (Allegre Marmotte)
Il nostro blog: allegremarmotte.blogspot.com
Per contatti telefonici: 347 1527671

Qualche suggerimento? Un viaggio interessante? Una meta da raggiungere? Scrivete alla nostra mail allegremarmotte@gmail.com !!

lunedì 23 settembre 2024

Viaggio a Roma RINVIATO A MAGGIO 2025!!!

ATTENZIONE!!

I 3 giorni a Roma sono stati rinviati in primavera, con ogni probabilità nella seconda settimana di maggio dal 9 all'11 maggio.
Ci aggiorniamo!

Info e prenotazioni: 347 1527671, sulle nostre pagine Facebook e sul blog allegremarmotte.blogspot.com

sabato 14 settembre 2024

mercoledì 11 settembre 2024

L'anello delle 5 Torri e le innumerevoli emozioni dolomitiche - (6-9 settembre)

Le Dolomiti sono considerate tra i più bei paesaggi montani della Terra ed oltre a distinguersi per la solennità e la dolcezza del proprio quadro paesaggistico attrae anche per il suo enorme patrimonio culturale e storico. Il nostro è un piccolo viaggio in questa sublime bellezza.
6 settembre - Ecco l'Abbazia di Novacella tra imponenti rocce dolomitiche, vicino a Bressanone, una delle più importanti dell'Arco Alpino costituita da un complesso di edifici religiosi e civili. Il convento di Novacella è stato fondato nel 1142 dal vescovo della diocesi di Bressanone, beato Artmanno, già preposito dell'abbazia di Klosterneuburg e faceva parte dell'ambizioso programma di riforma ecclesiastica avviato da Corrado I di Abenberg all'interno dell'arcidiocesi di Salisburgo di cui la diocesi di Bressanone faceva parte. L'abbazia, fin dalla sua fondazione, è stata un luogo di ricovero per i pellegrini provenienti dal Nord Europa e diretti verso Roma e la Terrasanta, dopo la dura prova dell'attraversamento dei valichi alpini. Entriamo tramite un piccolo ponte coperto nel complesso fortificato costituito da edifici di epoche diverse (il campanile è in stile romanico, coro, presbiterio della chiesa e chiostro in gotico, chiesa e biblioteca hanno forme barocche) coesistendo armoniosamente in uno spazio ben definito. Alla nostra destra la cappella di San Michele detta "Castello dell'Angelo", una rotonda di ispirazione romanica. Edifici di questo tipo erano frequenti sulle rotte dei pellegrinaggi, richiamandosi sia ai grandi edifici romani sia alla rotonda del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
La Chiesa di Santa Maria Assunta è stata interamente rifatta nel Settecento da Giuseppe Delai, mantenendo il presbiterio gotico. Al centro del cortile principale si trova il bel pozzo rinascimentale, detto “pozzo delle meraviglie” perché sovrastato da un'edicola ottagonale sui cui lati sono raffigurate le sette meraviglie dell'antichità e sull'ottavo lato, orgogliosamente, l'abbazia stessa. L'importante biblioteca settecentesca invece occupa due piani del monastero dove sono conservati circa 65.000 volumi oltre a manoscritti e codici miniati, ma la sala principale è un capolavoro di Antonio Giuseppe Sartori. Al di sopra del grande complesso giganteggiano i meravigliosi vigneti che beneficiano delle elevate altitudini, comprese tra i 600 e i 900 metri, del clima alpino e dell’alta concentrazione di sostanze minerali nei terreni. Infatti l'abbazia è anche una storica cantina che può essere considerata come una sorta di tempio della viticoltura della Valle Isarco e ancora oggi si configura come una delle realtà vitivinicole in attività più antiche di tutto il mondo. La tenuta abbaziale conta 86 ettari di vigneti dedicati a varietà tradizionali dell’Alto Adige quali Müller-Thurgau, Sylvaner, Kerner, Sauvignon Blanc, Riesling Renano e Grüner Veltliner tra le uve bianche, Schiava, Lagrein e Pinot Nero per quanto riguarda i vitigni a bacca nera. Completano la piattaforma varietale il Gewürztraminer e il Moscato Rosa, tecnicamente classificate come uve a bacca rosa. Proseguendo sulla nostra direttiva che ha come destinazione San Cassiano, scopriamo a Rio di Pusteria un'impressionante costruzione fortificata risalente al XIII secolo. Questo sbarramento difensivo e antica dogana dei Principi del Tirolo è situato tra i paesi Rio Pusteria e Vandoies all'imbocco della Val Pusteria. Nel 1271 qui correva il confine tra le contee di Tirolo e Gorizia e proprio per questa ragione Mainardo II fece costruire uno sbarramento, la Chiusa di Rio Pusteria che si trovava 600 metri ad ovest della struttura attuale chiamata Chiusa di Sigismondo, eretta nel quindicesimo secolo. Parti del complesso vennero distrutti da un'inondazione nel 1703 le altri parti caddero in rovina quando la dogana venne chiusa.
Nella parte bassa della Chiusa si possono riconoscere la dogana (con le stalle e la fucina) e sulla sinistra la cosiddetta Kaiserturm (torre dell'Imperatore), così chiamata perché Massimiliano I era solito soggiornarvi in occasione delle sue battute di caccia. Dopo un attento restauro il complesso è nuovamente accessibile al pubblico ogni giovedì. Ripresa la statale andiamo a svoltare in direzione del Lago di Braies, reso famoso dalla serie televisiva Un passo dal cielo, è un lago alpino situato in Val di Braies (una valle laterale alla Val Pusteria) a 1496 metri. Il lago giace ai piedi dell'imponente parete rocciosa della Croda del Becco (mt 2810) e si trova all'interno del parco naturale Fanes-Sennes-Braies, e punto di partenza dell'Alta via numero 1 delle Dolomiti detta "La classica" che arriva fino a Belluno ai piedi del gruppo della Schiara. 
7 settembre - Oggi ci addentriamo nel cuore delle Dolomiti, con l'Anello delle 5 Torri che parte dal Rifugio Col Gallina (mt 2055), passa per il lago di Limides, sale fino al Rifugio Averau, per toccare i 2275 metri del Nuvolau, scendere al Cinque Torri ed infine risalire allo Scoiattolo. Raggiungiamo il sentiero 419 che parte da Col Gallina entrando nel boschetto di larici e pini cembri reso pesante dalla pioggia notturna. Dopo una quarantina di minuti ci troviamo al cospetto del piccolo lago di Lìmedes, di cui è famoso il riflesso della Tofana di Rozes. Lasciato alle spalle il lago si comincia a salire verso la forcella Averau dove la pendenza si fa più più decisa, d’obbligo qualche pausa per ammirare e fotografare la bellezza che ci circonda.
Dopo gli ultimi tratti che s’inerpicano tra le rocce dominati ai lati dall’Averau e dalla Croda Negra, usciamo sulla piana per superare la forcella Averau (mt 2435) non semplicissima. Si percorre un sentiero a mezzacosta che taglia tutto il versante della montagna e da questo punto di osservazione è facile riconoscere le curve sinuose della strada che sale fino al Passo Giau e gli altri sentieri che portano al rifugio. Siamo ormai arrivati al rifugio Averau (mt 2416) . Ci togliamo il piacere di una fresca birra prima di proseguire sul versante opposto della sella, salendo una breve fascia rocciosa dove ha inizio il costone roccioso e detritico che consente di raggiungere la cima del rifugio Nuvolau a 2575 metri offrendo una spettacolare vista a 360 gradi. Costruito nel 1883 dal Club Alpino Austriaco grazie alla donazione di un barone della Sassonia è oggi il rifugio ancora in funzione più antico delle Dolomiti. Ridiscesi all'Averau affrontiamo il panoramico sentiero 439 che scende verso il Rifugio Cinque Torri (mt 2137). Meta storica di generazioni di alpinisti di tutto il mondo, ha ospitato principi e regnanti di tutta Europa, prima e dopo la Grande Guerra. Nel 1916 il Re Vittorio Emanuele III si fermò qui durante la visita al fronte per assistere allo scoppio della mina del Castelletto. Intorno al rifugio sono presenti le trincee e le postazioni restaurate della Prima Guerra Mondiale. Risaliamo il pendio sino al sovrastante Rifugio Scoiattoli (mt 2255) dove si ammirano le Cinque Torri da una diversa prospettiva, per poi prendere la Seggiovia 5 Torri. Infine un meritato aperitivo al Rifugio Col Gallina.
8 settembre - Le previsioni meteo danno allerta pioggia quindi si decide di rinviare l'escursione alla Viel Dal Pan (Val di Fassa) preferendo andare a braccio in direzione dell'Alta Pusteria. Ci fermiamo al Lago di Landro che si trova nell'area del Parco Naturale Tre Cime sul confine con il Parco Naturale Fanes-Senes-Braies dove si gode una vista incredibile del gruppo del Cristallo che si riflette in modo meraviglioso sulle sue acque verde turchesi. Sulle sponde del lago un cippo con una ruota posto a ricordo della teleferica che dal lago portava rifornimenti alle postazioni sul monte Piana (mt 2324) durante la prima guerra mondiale. Poco lontano, in direzione Dobbiaco, si trova il famoso punto panoramico dopo possiamo osservare le Tre Cime di Lavaredo. Una manciata di chilometri e raggiungiamo un altro gioiello naturale, il Lago di Dobbiaco, uno degli ultimi esempi di marcita, una zona umida, che esistono ancora nella regione alpina, dove è stato predisposto un sentiero naturalistico che percorre l'intero periplo del bacino lacustre lungo 4,5 chilometri. Il sole in alto sembra resistere e sulla strada che porta in Alta Pusteria, superato il lago artificiale di Valdaora che usa l'acqua del fiume Rienza per la centrale idroelettrica Brunico-Valdaro, si va a raggiungere la funivia che sale a Plan de Corones, l’area sciistica più all'avanguardia dell'Alto Adige con i suoi 119 chilometri di piste e 32 moderni impianti di risalita.
Il Plan de Corones (mt 2275) è un rilievo delle Dolomiti di Braies a forma di panettone, posta a spartiacque fra la Val Pusteria e la val di Marebbe. Dalla sua particolare cima si gode una vista impareggiabile su gran parte delle più alte e famose vette delle Dolomiti (Marmolada, Sass de Putia, Sassolungo, Civetta, Pelmo, Lagazuoi e molte altre), delle Alpi Retiche e delle Alpi della Zillertal, e si può accedere da tre versanti che corrispondono alle tre aree sciistiche del comprensorio, ossia Riscone di Brunico (Reischach), Valdaora (Olang) e San Vigilio di Marebbe (Enneberg). Questa conformazione fa sì che le discese a valle siano particolarmente lunghe e variegate in grado di accontentare sia il principiante che lo sciatore più esperto. Arrivate in vetta troviamo alcune compagnie degli Schutzen in parata e così si viene a conoscenza della cosiddetta Schützenkapelle ("cappella degli Schützen"), dedicata a San Sebastiano dove al suo interno è custodita una reliquia dell'ultimo imperatore austriaco Carlo (novembre 2018) nel centenario della suddivisione della regione altoatesina tra Austria e Italia dopo la sconfitta delle armate imperiali. E poi le diciotto tonnellate della grande Campana della Pace e il sesto Messner Mountain Museum voluto da Reinhold Messner su progetto della famosa architetta iraniana Zaha Hadid. Bellissima la progettazione ma deludente il suo percorso museale. Non lontano l'avveniristico Museo della fotografia, denominato LUMEN. Scendiamo mentre adesso sì che piove di brutto, passare da Cortina è davvero un must ed infine risalire verso il Rifugio Passo Valparola (mt 2168) con la colonnina di mercurio che segna quattro gradi e con un buonissimo piatto di polenta ad aspettarci!
9 settembre - E' giornata di partenza. Ci fermiamo al rifugio Valparola per un cappuccino e un simpatico saluto alla titolare, passiamo davanti al Forte Tre Sassi, alle pendici del Sass de Stria, dove è allestito l'interessante museo della Grande Guerra sul fronte dolomitico. Costruito nel 1897 a difesa dei confini meridionali dell'impero austro-ungarico contro l'esercito italiano, fu ammodernato nel 1910. Dopo poche settimane di guerra la fortezza fu colpita e perforata da bombe sparate dalle 5 Torri, e quindi evacuata con ritiro sulla Selletta del Sass de Stria. Arriviamo al Castello di Andraz costruito nel 1027 su di un gigantesco sperone roccioso che conferisce alla fortezza un'integrazione straordinaria con l'ambiente naturale circostante. Si trova lungo l'antica strada della Vena che dalle Miniere del Fursil alle pendici del monte Pore arrivava ai forni di fusione nei pressi del passo Falzarego. È il castello più alto d'Italia a circa 1800 metri. Alla rocca si accedeva solo da una rampa di pietra (oggi in parte recuperata) che metteva in comunicazione i vari piani sovrapposti. Per i rifornimenti, si ricorreva per questo all'uso di un argano. Attorno allo sperone si trovava una cinta muraria la quale, oltre alle chiare funzioni difensive, permetteva di ricavare anche uno spazio per le stalle. A malincuore non possiamo salire al Colle Santa Lucia (interruzione della provinciale 251 per lavori) perla ladina dell'Alto Agordino quindi proseguiamo verso lo specchio verde smeraldo in cui si riflettono superbe le vette imponenti del Civetta, il Lago di Alleghe, una delle attrattive più famose della Val Cordevole. Dopo una sosta sulle sue tranquille rive riprendiamo a salire incrociando a Falcade l'ottocentesca Chiesa della Beata Vergine Immacolata e poco più in alto la Chiesa di San Sebastiano, una delle più antiche del territorio agordino edificata probabilmente nel quattordicesimo secolo caratterizzata da una forte impronta gotico-alpina con l'aguzzo campanile del 1885.
Dal bellunese rientriamo in Trentino passando da località Zingari Bassi, parte del territorio di Falcade, dove a 1770 metri c'è un bellissimo laghetto, il Lago degli Zingari, e un simpatico cagnone che ci viene festosamente a salutare. Raggiungiamo il Passo San Pellegrino, valico alpino sospeso a 1918 metri sul confine con l’altopiano di Falcade e punto di congiunzione tra le Pale di San Martino e le Dolomiti di Fassa. Ora scendiamo oltrepassando il lago artificiale di Stramentizzo, situato all'imbocco della val di Fiemme, che trattiene le acque del torrente Avisio. E nell'occasione di una breve sosta al Ristorante 4 venti scopriamo l'esistenza di un percorso che si snoda tra antichi sentieri, mulattiere e terrazzi un tempo coltivati, che collegava le due frazioni di Ischiazza e Maso abbandonate in seguito all'alluvione del novembre 1966. Ripresa la strada puntando gli occhi in alto compaiono le Piramidi di Segonzano, in Valle di Cembra, capolavoro della natura: torri, creste, pinnacoli disposti a canna d’organo, alte colonne sovrastate da un masso di porfido, un fenomeno geologico unico in Trentino. Resti di un deposito morenico risalente all’ultima glaciazione, le Piramidi sono oggi un’attrazione turistica di alto valore didattico. 
Eccoci arrivate. Di queste intense giornate resta il grande impatto emozionale del mondo dolomitico che riflette suoni e profumi, luci e atmosfere di cui la nostra anima ha davvero bisogno.

lunedì 2 settembre 2024

Le meraviglie della Valcamonica: Bienno e il lago d'Aviolo - 31 agosto- 1 settembre

Sabato 31 agosto - Ogni anno ad agosto torna la Mostra-Mercato di Bienno, nella Valle dei Magli, un borgo storico medievale incastonato tra le verdi montagne della Media Valle Camonica e citato tra "I borghi più belli d'Italia". La sua importanza nel passato si legge ancora negli antichi palazzi, nel mulino quattrocentesco e nelle fucine museo, ma il suo gioiello più prezioso è custodito nella Chiesa di Santa Maria Annunciata che domina la borgata ovvero il ciclo di affreschi opera del Romanino. Oggi Bienno si trasforma in una bottega a cielo aperto grazie ai tantissimi artisti e artigiani che animano il cuore storico in prospettive ricche di colori e con un colpo d'occhio agli antichi mestieri, dal mulino alla forgiatura, dalla fucina alla segheria. Ma diventa anche ampio spazio per i prodotti tipici del territorio camuno. Meritano una menzione particolare i formaggi d'alpeggio tra i quali il Silter o il Fatulì, un formaggio ottenuto con latte di capra dell'Adamello. Ci si muove leggere tra vicoli, piazze racchiuse tra le mura che inaspettatamente si aprono verso spazi ristretti di un centro storico custodito dalla solenne cortina d’antichi palazzi che si ammirano cercando di non perdersi nell’intricato labirinto di itinerari possibili, ancora lontane dal vociare irrequieto che ben presto sovrasterà il remoto silenzio del borgo. Sì, ora possiamo proseguire. Domani ci aspetta il trekking all'Aviolo.
Domenica 1 settembre - Si raggiunge agevolmente il punto di partenza per lo splendido lago
d'Aviolo percorrendo per circa cinque chilometri la strada della Valpaghera che si stacca dal centro abitato di Vezza d’Oglio, supera il ponte Stella e, in leggera salita, oltrepassa la piccola chiesetta gialla dedicata a Sant’Anna. Dopo un tornante e alcune curve attraversiamo il Ponte Scalvino  fino a raggiungere il rifugio "Alla Cascata" a quota 1453 metri. Proseguendo si raggiunge un parcheggio in prossimità della teleferica Enel dove imbocchiamo il sentiero 21, che si addentra subito nel bosco facendosi strada tra le alte radici degli abeti, per poi continuare su fondo roccioso. La mulattiera appare già impegnativa. Giunte ad un canalone di massi il sentiero prosegue a gradoni, costeggiando la roccia. Oltrepassiamo un torrentello, poi un lieve tratto in piano prima di affrontare un altro irto canalone. Il panorama finalmente si apre sullo scacchiere di Vezza d'Oglio poi il sentiero piega a sinistra. Passiamo in mezzo a dei larici e arriviamo a un piccolo pianoro, con in fondo una galleria nella roccia, chiusa da un cancello. Ripieghiamo sempre a sinistra risalendo nel vallone dalle gole larghe superando una breve passerella, anch'essa attrezzata con una catena. Ancora poco e siamo arrivate al rifugio Sandro Occhi all'Aviolo, dedicato alla memoria del vezzese Sandro Occhi, esperta guida alpina, soccorritore, nonché ideatore della nota Caspolada al chiaro di luna che si tiene ogni anno a febbraio, perito nella Val Grande nell'inverno 2003. Poco più avanti, ai piedi del monte Baitone, si apre in tutta la sua bellezza il lago d'Aviolo. Non molto lontano si trova anche il centro di osservazione naturalistica del Parco dell’Adamello posto in prossimità di Malga Aviolo, oggi purtroppo chiuso. Proseguendo ancora, a circa un'ora e mezza dal rifugio, si può raggiungere il Passo Gallinera, e il bivacco Festa. Ritornate a ritroso sullo stesso percorso dell'andata raggiungiamo il rifugio "Alla Cascata" dove andiamo a gustare le migliori interpretazioni della cucina tipica camuna.


PARTENZA: Rifugio Alla Cascata (mt 1453)
SEGNAVIA: Cai 21
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 480
ALTITUDINE: mt 1930
LUNGHEZZA: km 5

giovedì 29 agosto 2024

Antonella Ruggiero alla Rocca Borromea di Arona - mercoledì 28 agosto

Oltre 1.400 persone ieri sera hanno accolto Antonella Ruggiero nello scenario della Rocca Borromea di Arona. Genovese, voce storica ed inconfondibile dei Matia Bazar, ha lasciato la sottoscritta, mia sorella e tutto il pubblico presente a bocca aperta, complice il meraviglioso palco naturale che si affaccia sulla città e sul Lago Maggiore in una serata di fine estate tutta da incorniciare. La Ruggiero ha saputo incantare, stupire, ammaliare, divertire ed entusiasmare il numeroso pubblico accorso ad Arona per l’occasione da ovunque, merito di un'estensione vocale che le permette di passare dal registro pop a quello lirico di soprano leggero, passando per la musica sacra, jazz, soul, blues, musica popolare, tango, musica corale e bandistica. "Sono onorata di esibirmi in uno scenario così suggestivo - racconta l'artista - E' stata una serata ancora più bella ed emozionante, grazie a questo meraviglioso pubblico che mi ha accompagnata"
Un concerto 85versatile, così si legge sulla pagina Facebook dell’artista, in cui la Ruggiero ha cantato accompagnata da Roberto Olzer, al pianoforte e all'organo liturgico, e da Roberto Colombo, al synth basso e vocoder. Antonella Ruggiero in quest’occasione ha ripercorso i suoi più grandi successi, sperimentando ancora una volta le sue nuove melodie, senza mai dimenticare i suoi interessi artistici che l’hanno contraddistinta negli ultimi 35 anni di carriera. Un grande evento gratuito che rientrava nella rassegna estiva «Arona in musica», promossa da Confcommercio, Croce Rossa, Comune di Arona e Pro loco. Complice la splendida location vista lago, è stata l’occasione perfetta per rivivere le emozioni di tanti anni di pop italiano

(fonte: Arona24.it)

lunedì 26 agosto 2024

Giro in canoa sul Mincio - domenica 25 agosto

Ci ritroviamo in una calda mattinata di domenica sul pontile dell'Associazione Remiera Peschiera con la curiosità di avventurarsi in uno slalom dinamico tra le tranquille correnti del fiume Mincio per poi lasciarsi avvolgere dalla magia del lago di Garda. Dopo alcune veloci spiegazione della nostra esperta canoista Grazia, che per qualcuna appaiono semplici se non ovvie - cosa ci vorrà per far andare avanti una canoa - le nostre marmotte salgono ad una ad una sulle canoe mentre più complessa appare la manovra per salire sulle poche biposto messe in acqua, ed iniziano a pagaiare ma...dove sono lo sterzo e il freno? Si prova a capire come fare tra i richiami della nostra istruttrice. Se si pagaia a sinistra si va a destra e viceversa. La situazione dalla riva appare paradossale e divertente. La canoa sembra vivere di vita propria e si diverte a seguire le pazzie della corrente del Mincio che le spinge una volta a destra e l'altra a sinistra.
Qualcuna gira attorno a se stessa, altre procedono a zig zag, una canoa si ritrova "incastrata" nelle alghe della sponda e le canoe doppie procedono nell'assoluta mancanza di una pagaiata sincronizzata. Piano piano, facendo i movimenti con maggiore attenzione e iniziando ad apprezzare come ci si muove in questo ambiente che inizialmente sembrava ingovernabile, le canoiste iniziano a controllare la leggera imbarcazione oltrepassando il ponte ferroviario a sette arcate, comunemente chiamato "Setteponti" e spingendosi chi lungo i fianchi del bastione Cantarane, il bastione più a sud della fortezza costruita dalla Serenissima, chi sfiorando l'isola dei Terrai per poi entrare nel porticciolo. Del resto in canoa è possibile ammirare i luoghi da una prospettiva inedita visitando posti spesso invisibili poiché inaccessibili via terra. Il ritorno è trionfale. Ormai non si fa più caso all'acqua che, scorrendo lungo la pagaia sollevata, prosegue il suo percorso lungo il braccio, l'ascella, il fianco fino all'interno della seduta che continua a riempirsi. Giunte al pontile qualche intrepida si concede anche una nuotata nel Mincio prima di proseguire tutte insieme per un aperitivo al Ristorante 7 ponti , locale informale in riva al sacro fiume.

lunedì 12 agosto 2024

Escursione ai laghetti di Ponteranica in Val Brembana - domenica 11 agosto

Per raggiungere i Piani dell'Avaro, che offre uno dei paesaggi più ampi dell’Alta Val Brembana, si segue la comoda statale 470 che porta a Cusio dove poi bisogna fermarsi per acquistare il pass giornaliero, di soli 2 euro, per il transito dei veicoli a motore. Da questo punto ci aspettano altri sette chilometri di salita lungo una strada ricca di tornanti e panorami sulla vallata prima di concludere la sua corsa in corrispondenza dell’Albergo Rifugio Monte Avaro. Nella zona c'è gran fermento oggi perché si svolgerà la 23ma edizione del Campionato cani da pastore per bovini ormai diventato il trofeo più importante del genere nel nord Italia con la mandria messa a disposizione dai fratelli Patrik ed Erik Giupponi di San Pellegrino con la quale si sono misurati i cani di quasi cento concorrenti arrivati dalla Lombardia ma anche dal Piemonte, dalla Svizzera e persino dalla maremma laziale. Per la cronaca il trofeo è andato a Mosca di 4 anni "guidata" da Michele Dedei, allevatore di Teglio in Valtellina, avendo seguito le fasi finali di una gara davvero inconsueta, di ritorno dai laghetti. Un passo indietro e torniamo alla nostra escursione. Lasciato alle spalle il rifugio che andava affollandosi si prende il sentiero Cai 109
 superando poco dopo un carro mungitore per bovini e incrociando poco oltre il bivio a destra in direzione dei Laghetti di ponteranica segnati a h 1.30. Sulla nostra sinistra lo sterrato si trasforma nel sentiero Cai 109A che sale al Colletto del Monte Avaro e prosegue per il Rifugio Benigni. Questo tratto presenta alcuni punti ripidi con terreno sconnesso quindi bisogna prestare attenzione! Proseguendo tra stretti tornanti e gradoni di roccia naturali guadagniamo rapidamente diversi metri di dislivello e ben presto si raggiunge il bivacco chiamato "Baitel".
Troviamo la porta aperta dando un'occhiata all'interno: è una struttura molto spartana, dove sono presenti solamente tavoli e letti ma il tutto molto pulito e in ordine. Da questo balcone naturale la vista si estende su tutto il pianoro erboso dell’Avaro, abbracciando anche le montagne e tra le più alte spiccano Corna grande, il Pizzo Arera ed il monte Venturosa. Proseguendo la salita diventa più morbida ed il sentiero si allarga nuovamente. Stiamo di fatto risalendo in diagonale il versante del monte Triomen, puntando a raggiungere i 2050 metri di quota, punto in cui scavalleremo la montagna e potremo così iniziare a scendere lungo il versante nord. Nei successivi tratti di sentiero superiamo un piccolo torrente, incrociamo un paio di cartelli e affrontiamo alcuni tratti sassosi dove la traccia sembra essere scomparsa quasi del tutto. Giunte al congiungimento con il sentiero 101 proseguiamo sul tracciato quasi pianeggiante tagliando in due le morbidi pendici erbose del monte. sulla breve salita arriviamo ad un altro cartello CAI che indica i laghetti a soli 25 minuti. Ultimo sforzo e arriviamo ai bellissimi Laghetti di Ponteranica. La giornata, particolarmente limpida sino a quel momento, si ricopre di nuvole nebbiose che sembrano puntare sulla piccola conca rocciosa all’interno della quale sorgono i due specchi d’acqua, i laghetti di Ponteranica Inferiore (mt 2109) e Superiore (mt 2125).
Particolarmente interessante dal punto di vista fotografico è proprio il contrasto tra la roccia viva delle montagne che sovrastano i laghi (Triomen, Valletto e Ponteranica) e la rigogliosa erba ricca di fiori che si estende invece sulle pendici tutta attorno a noi e che risale per qualche centinaio di metri mischiandosi alla roccia. Gli specchi d’acqua sono di modeste dimensioni, ma il bel colore smeraldo dell’acqua, l’erba verdeggiante delle sue sponde e le immense pareti rocciose che lo circondano creano un colpo d’occhio veramente emozionante. Il ritorno avviene sullo stesso tragitto. Dieci chilometri più in basso arriviamo a Santa Brigida, piccolo centro della 
Val Averara, laterale dell'alta Val Brembana, dove polenta, casoncelli e fresche birre sono le assolute protagoniste della Sagra della Taragna.


PARTENZA: Albergo 
Rifugio Monte Avaro (mt 1750)
SEGNAVIA: Cai 109
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 500
ALTITUDINE: mt 2251
LUNGHEZZA: km 7,5


Estrazione del lotto
di sabato 10 agosto
ruota di Venezia

9-67-40-27-14


Complimenti alle vincitrici!!!

domenica 28 luglio 2024

Zaino in spalla lungo la Val Grande (Valcamonica) - sabato 27 luglio

La bellissima Val Grande si "apre" dietro l’abitato di Vezza, prosegue per oltre venti chilometri fino a giungere all’imponente ghiacciaio di Pietra Rossa a 3212 metri ed è percorsa dal torrente omonimo che poi va a sfociare nell'Oglio. E' la più lunga delle valli camune dalla peculiare conformazione perché va ad estendersi in modo pianeggiante e singolarmente ampio all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio. Negli ultimi anni è diventata luogo privilegiato per gli ungulati che, durante la stagione degli amori fra settembre e ottobre, scorrazzano lungo i costoni erbosi, ma non mancano gli altri animali tipici della fauna alpina d’alta montagna, qui particolarmente protetta. Si possono udire i fischi delle marmotte, intravedere i simpatici musetti di scoiattoli ed ermellini. Non mancano volpi, lepri, ricci, ghiri e faine, più rari sono tassi e donnole. Se poi si presta attenzione si ascolta il melodioso cinguettio delle numerose famiglie di uccelli di piccole dimensioni dalle forme e dai colori più svariati e sgargianti. Non mancano il francolino di monte, la poiana, lo sparviero, il gufo e la pernice bianca e molti rapaci. Su tutti domina in alto nel cielo il volo della maestosa aquila reale e da qualche tempo è possibile avvistare anche il gipeto. E una moltitudine di farfalle! Una vera riserva naturale da vivere e ammirare nelle sue mille sfaccettature.
La Val Grande ha due accessi principali: da Grano e da Tù, entrambe frazioni di Vezza. In questo articolo è descritto l’itinerario da Grano per la maggior varietà di paesaggi che si incontrano nella prima parte dell’escursione ma, in ogni caso, 
anche la camminata da Tù merita assolutamente.
Da Piazza 4 luglio 1866, centro del piccolo e caratteristico borgo di Vezza d’Oglio, si supera il ponte sul torrente Grande seguendo le indicazioni per Grano. Una volta parcheggiato in località Rosolina (mt 1325), si imbocca una strada a fondo di cemento e pietre. Dopo una decina di minuti di cammino incontriamo le prime baite in località Vartighera (mt 1380) e successivamente incontriamo il torrente Grande, con la nuova diga della centrale idroelettrica (ultimata alla fine dell’estate 2017), e arriviamo in località Plasabus dove è presente un pannello del parco (mt 1414). Proseguendo, al bivio in località “Le Roche” (mt 1464) incontriamo la strada acciottolata proveniente da Tù e la strada diventa unica. Entriamo per un breve tratto nel bosco. Si prosegue su fondo che alterna tratti sterrati a tratti acciottolati. 
Qui la pendenza aumenta leggermente e, al termine della breve salita raggiungiamo la Locanda della Val Grande in località Scudeler. Alla locanda ci fermeremo nel ritorno. Superiamo degli splendidi cavalli al pascolo e successivamente delle rovine di antiche costruzioni, i Cüciarei. Lo scenario cambia, la valle si apre sempre di più e il corso del torrente Grande, gonfio d'acqua, accompagna i nostri passi mentre raggiungiamo una piccola chiesa, la Chiesetta di Carèt a 1726 metri, che ricorda quelle del Far-West. Superato anche lo chalet Bramito, adagiato su un bel pascolo pianeggiante, in lontananza a quota 1785 metri vediamo stagliarsi la bianca sagoma di Malga Val Grande dove viene prodotto formaggio tipico. 
Si può proseguire oltre in direzione del bivacco Occhi situato in località Plas de l’Asen (mt 2047). 
Il ritorno avviene lungo il percorso di salita.


PARTENZA: località Rosolina (mt 1325)
SEGNAVIA: Cai 102
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 460
ALTITUDINE: mt 1785
LUNGHEZZA: km 11

lunedì 15 luglio 2024

Claude Monet a Padova - sabato 13 luglio

Capita a volte che una selezione di opere di un famoso museo internazionale si sposti in blocco per realizzare in Italia una mostra con i capolavori provenienti da quella sola sede museale, sottolineando generalmente il concetto e la straordinarietà dell’evento già nel titolo stesso, che vede il ripetersi dell’ormai usuale formula “Capolavori da... ” seguito dal celebre museo prestatore di turno. Un’operazione condivisibile o meno che tuttavia dà la possibilità di ammirare in Italia capolavori di importanti musei stranieri senza andare all’estero. E ora si ripropone questo modello a Padova con la mostra Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet di Parigi nel penultimo giorno di apertura al Centro Culturale Altinate San Gaetano, curato da Sylvie Carlier, direttrice delle collezioni del Musée Marmottan Monet.
In occasione della mostra padovana sono arrivati in Italia sessanta capolavori del museo che custodisce la più grande raccolta al mondo delle tele di Claude Monet per raccontare le varie tappe della ricerca artistica del pittore, dagli esordi ai suoi soggiorni in Olanda, in Norvegia e a Londra, fino a giungere alle sue grandi tele con le Ninfee e i Glicini. Si ha modo di ripercorrere, attraverso le sei sezioni espositive, i momenti fondamentali della produzione del maestro dell’Impressionismo nell’anno in cui ricorrono i 150 anni dalla nascita del movimento francese, ovvero da quella prima mostra impressionista che si tenne a Parigi, nello studio del fotografo Félix Nadar, al numero 35 del Boulevard des Capucines, il 15 aprile 1874. E di osservare da vicino molte delle opere che lo stesso Monet custodì gelosamente, senza volersene mai separare, nella sua casa di Giverny fino alla sua scomparsa. 
La mostra di Padova si apre con il Ritratto di Michel Monet realizzato nel 1880 quando il figlio Michel aveva solo due anni e mezzo. È invece del 1867 il ritratto qui esposto di un giovane Claude Monet realizzato dal pittore Carolus-Duran come anche il ritratto sempre qui esposto che Pierre-Auguste Renoir fa a Monet mentre legge il quotidiano L’Événement e fuma la pipa o ancora il ritratto che Gilbert Alexandre de Séverac compie di un Monet ventiquattrenne limitando la gamma cromatica ai toni del marrone su sfondo neutro. Per raccontare la pittura di Claude Monet non si può non parlare della luce con i suoi riflessi che inonda i paesaggi impressionisti, insita nei quadri che il pittore realizza all’aria aperta, quella luce unica che viene trasposta dalla natura alla tela, considerando che non vengono rappresentati i colori reali, bensì l’interpretazione di essi a seconda della luce qui ben testimoniato nel dipinto La spiaggia di Trouville che Monet realizzò nell’estate del 1870. Qui Monet  si concentra soprattutto sugli effetti della luce tra cielo e mare nonché sullo studio della pittura en plein air, per cui tutto ciò che è in secondo piano risulta meno definito rispetto a ciò che sta in primo piano e Il treno nella neve. La locomotiva del 1875 realizzato ad Argenteuil. Vedute invernali che permettono al pittore di misurarsi con nuovi effetti di luce e di contrasto, evidenziando le sue doti di colorista. 
Si susseguono quindi sotto i nostri occhi La spiaggia di Pourville, sole al tramonto in cui il pittore rende le variazioni della luce e del sole al tramonto che riflettono sul mare, sulla spiaggia, sulle scogliere e che creano suggestive sfumature nel cielo. Barca a vela, effetto sera, dipinto sulla spiaggia di Étretat: al centro della marina è raffigurata scura una barca a vela, in contrasto con i toni pastello che vanno dal giallo al rosa che occupano l’intera scena e che creano una soluzione di continuità tra cielo e mare. Campo di iris gialli a Giverny in cui i fiori sono resi con tocchi gialli accostati che diventano pennellate sempre più ampie in secondo piano. Ci si sposta poi nella pittura en plein air della Norvegia, dove Monet soggiornò tra febbraio e marzo 1895, a quella di Londra, dove l’artista soggiornò varie volte dal 1870 al 1901. Troviamo esposto Londra. Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi  
il dipinto del 1905 che raffigura in controluce la silhouette del Parlamento nell’ora del tramonto, espediente che gli permette di creare scintillanti riflessi sul Tamigi. Questo è anche uno degli ambienti più suggestivi del percorso espositivo dove è stata collocata al centro della sala una seduta circolare sulla quale vengono proiettate immagini di alcune opere del pittore a tema. Un altro capitolo fondamentale della vita e dell’arte di Monet è il trasferimento nella sua proprietà di Giverny, dove trascorre gli ultimi vent’anni della sua esistenza circondato dalle sue tele, che si popolano di fiori, e soprattutto dal suo giardino.
È proprio questo infatti il tema della successiva sezione: il visitatore si trova attorniato da tele con iris dai petali blu-viola, emerocallidi e ninfee, fiori che si trovavano nel suo splendido giardino acquatico di Giverny, nel quale si rispecchiavano anche i salici piangenti che il pittore aveva fatto piantare intorno allo stagno. E ancora, segue un ambiente quasi circolare al cui centro è collocata una seduta che mostra a rotazione immagini di ninfee: sulle pareti tornano tele con ninfee e iris, questa volta gialli. Tema sono le Grandi Decorazioni: i monumentali pannelli con le Ninfee, a cui Monet lavorò fino alla sua scomparsa, che portarono alla realizzazione delle celebri sale ovali dell’Orangerie. 
L’ultima sezione documenta infine un netto cambiamento sia nei colori che nelle forme, arrivando persino quasi all’astrazione, come nel caso del dipinto Il giardino di Giverny, dove vengono eliminati i dettagli realistici mantenendo solamente ampie masse cromatiche. I marroni, i rossi, i gialli dominano in queste opere, come si vede nello Stagno delle ninfee, ne Il viale delle rose, ne Il ponte giapponese o nel Salice piangente. Un cambiamento dettato dai problemi alla vista che gli alteravano la percezione dei colori, ma che lo conduce probabilmente in maniera inconsapevole a una pittura estremamente moderna e più gestuale.
Il percorso espositivo si conclude con due grandi tele allungate dedicate ai glicini, piante che nella casa di Giverny si arrampicavano e ricadevano sull’arco installato sul ponte giapponese. Le grandi dimensioni e la forma allungata richiedevano una collocazione adeguata: erano infatti destinate a decorare il padiglione del giardino dell’hôtel Biron di Parigi (l’attuale Musée Rodin), ma il progetto venne abbandonato in favore dell’allestimento dell’Orangerie. 
Attraverso tutte queste opere siamo andate a ripercorrere l’intero universo artistico di Monet e i temi che hanno caratterizzato la sua produzione, dagli esordi alle Grandi Decorazioni che sfociano nell’astrazione. Un percorso cronologico scandito in modo lineare nelle diverse sezioni tematiche arricchite anche da un percorso didattico sulla luce e sui colori. Anche se essenzialmente non aggiunge nulla alla conoscenza del padre dell’Impressionismo, visitare la mostra di Padova è stata una occasione imperdibile.

(fonte: Ilaria Baratta finestresullarte.info)