domenica 6 ottobre 2024

Festival del Cammino: incontro emozionante con Nives Meroi - sabato 5 ottobre

Lei scalza senza bombola d'ossigeno e senza aiuto di portatori d'alta quota. Gioca pulito col mondo Nives Meroi la tigre sopra i grattacieli di madre natura.
Sono le parole dello scrittore Erri De Luca estratte dal bellissimo libro "Sulla traccia di Nives". Solo il meteo inclemente nega la possibilità della camminata sotto le stelle alla Santissima di Gussago al cospetto della grande alpinista Nives Meroi. Tutto è rimandato ad un incontro nella meno spettacolare Sala Polifunzionale del centro franciacortino - moderato dal giornalista Andrea Mattei della Gazzetta dello Sport - dove a raccontarsi c'è Nives Meroi, la prima italiana ad aver scalato tutti i 14 ottomila del mondo insieme a suo marito Romano Benet, che l'ascolta seduto in prima fila. E' una Nives semplice e disincantata che dà quasi l'impressione di non prendersi sul serio nonostante il prestigioso curriculum sportivo. Un cammino iniziato dalle Alpi Giulie per arrivare sulle cime più alte della Terra, senza l’ausilio dell’ossigeno, di portatori d'alta quota o di altri aiuti. Un cammino fatto di piccoli passi, passione, umiltà, pazienza. Ma anche di libertà e responsabilità, di curiosità e attenzione per i particolari perché in montagna le distanze non si calcolano in chilometri ma in giorni di percorso. Bergamasca di Bonate di Sotto, classe 1961, Nives si racconta partendo dall'ultimo ottomila, l'Annapurna - conquistato l'11 maggio 2017 - attraverso le immagini proiettate sullo schermo, senza musica se non la sua voce narrante mai monotona. 
"Alle 10:30 (ora locale) Nives Meroi e Romano Benet hanno raggiunto la cima dell’Annapurna a 8091 metri riuscendo così a completare il “grande tour” dei 14 Ottomila della Terra. Cinque settimane di duro lavoro per i due che hanno fatto squadra con gli spagnoli Alberto Zerain e Jonatan Garcia. Dieci ore di salita per l’attacco alla vetta con meteo instabile per oltre 1.100 metri di dislivello. La vetta dell’Annapurna alle 6,30 di questa mattina. Ora stanno scendendo verso campo 4".
Nives conosce bene la difficoltà della salita, del gelo e della solitudine. Ma è bella anche l’attesa della fatica, che significa strada fatta, metri conquistati e la vetta più vicina. La vetta però non la si deve guardare se non di nascosto, altrimenti il cammino sembra più faticoso, il respiro si fa più affannoso e il passo più breve. Nives e Romano sono un unicum nell’alpinismo. Hanno iniziato insieme nel 1994 su una delle montagne più temute e simboliche, il K2, che però quell'anno non li ha lasciati salire, anche perché loro l'avevano tentato da nord per una nuova via. Il primo ottomila arriva nel 1998 con il Nanga Parbat, mentre è del 2003 la scalata di tre Ottomila in soli venti giorni (Gasherbrum II, Gasherbrum I, Broad Peak), seconda cordata al mondo a realizzare quest’impresa e Nives, prima donna in assoluto. Oppure il loro “K in 2” del 2006 attraverso lo Sperone degli Abruzzi, salito e disceso in cinque giorni in completa solitudine. E ancora l’Everest nel 2007. L'anno successivo, in stagione invernale, tentano il Makalu senza raggiungere la vetta, mentre nella discesa Nives si frattura una gamba. E poi il Lhotse (2004), il Kangchenjunga (2009), fino alla cima del Makalu (2016) e l'ultima incredibile impresa dell’Annapurna.
Si racconta con emozione Nives quando rinuncia nel 2009 al tentativo di scalata del Kangchenjunga per l'improvviso peggioramento delle condizioni fisiche di Benet quando si trovano in arrampicata sopra i settemila metri. Non ci pensa un solo momento a rinunciare anche alla competizione per la prima scalata femminile degli ottomila himalayani. Tornati in Italia, Romano Benet scopre d'essere affetto da un'aplasia midollare severa. La grave malattia li tengono lontani fino al 2012, nuovamente respinti dal Kangchenjunga che si arrenderà finalmente nel 2014.
Il racconto è terminato. Nives Meroi si lascia avvolgere dal nostro abbraccio. In disparte Romano ascolta. Nelle sue parole scorre la narrazione di un alpinismo attento a rispettare la natura, i paesi e le genti di cui sono ospiti. "Il buono dei viaggi in Himalaya è che si fanno ancora a piedi. Si cammina per avvicinarsi alle montagne e le distanze ritornano vere. La lentezza permette di entrare nel paesaggio, di registrare i sensi su di esso. Mi fermo spesso per annusare, bere, salutare le persone che incontro. I saluti aprono le porte"

Erri De Luca " Sulla traccia di Nives" (Feltrinelli - 2005)


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