L'imponente affioramento roccioso della Rocca d'Olgisio (mt 564), spartiacque tra la val Tidone e la val Chiarone, è uno dei complessi fortificati più antichi del piacentino in una zona appenninica caratterizzata da cime di quote modeste ma che regalano suggestivi panorami sulla pianura padana e le vallate circostanti ricche di vigneti. Fa parte dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli. La rocca presenta una struttura caratterizzata da una pianta di forma irregolare a cui si accede tramite l'ingresso più....sul lato nord dell'edificio. Il versante meno aspro, quello meridionale, caratterizzato dalla presenza di un declivio meno ripido e per questo più vulnerabile all'attacco nemico, venne munito di cinque ordini di spesse mura all'interno delle quali si addossano numerosi corpi di fabbricato ed un dispositivo di cortine che costituiscono gli ordinamenti difensivi della rocca. L'entrata del terzo ordine murario è sormontato da un arco bugnato sulla cui sommità è decorato un dipinto, ormai stinto, di un Santo. L'ingresso, che riporta scritto sullo stipite interno il motto latino Arx impavida era originariamente dotato di ponte levatoio, di cui restano solo gli incastri, e di un'inferriata a saracinesca, andata perduta. Nel cortile si trova un pozzo, profondo una cinquantina di metri su cui insistono leggende di passaggi segreti e vie di fuga dal castello.
Dal lato opposto del cortile sono presenti l'oratorio dedicato a Santa Faustina e Santa Liberata e il bel mastio con saloni affrescati, caratterizzato da una pianta di forma rettangolare su cui si innesta la torre della campana, originariamente più alta. Diversi elementi decorativi, come la balaustra sorretta da tredici mascheroni, alcuni affreschi e lo scalone risalgono agli ultimi anni del Cinquecento per volontà del cardinale Jacopo Dal Verme III. Nella parte esterna della Rocca si apre un giardino rigoglioso che ospita fiori e piante rarissime, come alcuni fichi d’india nani, diverse specie di orchidee selvatiche e una insolita varietà di amarillidi gialla originari del Sudafrica. Si tratta di specie difficili da trovare in Europa, specialmente nelle regioni del nord, ma che riescono a crescere e a sopravvivere grazie al particolare microclima della Val Tidone. Poco oltre la cinta muraria più esterna, sono presenti alcune grotte naturali all'interno delle quali sono stati trovate tracce di insediamenti preistorici. Secondo la leggenda, nel 550 il signore del castello era un certo Giovannato, padre delle sante Liberata e Faustina ma le prime notizie documentate della Rocca risalgono al 1037 quando il fortilizio viene ceduto da Giovanni, canonico nella cattedrale di Piacenza, ai monaci di San Savino che lo custodiscono fino al 1296.Per un centinaio d'anni, periodo storicamente turbolento, si succedono vari proprietari tra cui la signoria pontificia, sino a giungere nel 1378 quando Galeazzo Visconti assegna la Rocca in feudo nobile e perpetuo a Jacopo Dal Verme, celebre capitano di ventura di nobile famiglia veronese che con alterne vicende ne mantiene il possesso sino alla metà dell'Ottocento quando la famiglia si estingue, per successione ereditaria, passando ai conti Zileri di Parma. Da questo momento la rocca subisce un degrado inarrestabile e una vera e propria spogliazione di oggetti e arredamenti antichi. Dopo vari passaggi di mano, nel 1979 la proprietà passa alla famiglia Bengalli che con notevoli sforzi, una grande passione e un attento restauro hanno reso visitabile al pubblico il bellissimo maniero.
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