domenica 18 dicembre 2022

Il mercatino di Natale nella suggestiva cornice del Castello di Avio (Trento) - sabato 17 dicembre

 







lunedì 21 novembre 2022

Salita al lago di Erdemolo (Valle dei Mocheni - Trento) - domenica 20 novembre

La salita al Lago di Erdemolo, nella suggestiva Valle dei Mocheni,  attraversa bellissimi paesaggi tra boschi, radure e zone di alpeggio, circondati da una natura incontaminata. I primi insediamenti nella vallata si datano intorno alla metà del Duecento interessando la zona del comune di Frassilongo e delle sue frazioni, così agricoltori, boscaioli, carbonai e pastori, i roncadori, vi si recavano periodicamente sfruttando l'unica risorsa economica allora esistente, il bosco e il pascolo. All'inizio del secolo successivo gli insediamenti si spostano anche nella parte alta dove vengono costruiti i primi masi in quelli che oggi sono i comuni di Fierozzo e Palù del Fersina. Dopo la scoperta dei ricchi giacimenti di rame, ferro e argento, da una occupazione prevalentemente agricola, boschiva e pastorale si incomincia ad occuparsi in modo quasi esclusivo del settore minerario. Questa nuova risorsa determinò fra il '400 e il '500 I'afflusso di altri lavoratori tedeschi dalla Boemia e dal Tirolo, che per la loro occupazione nelle miniere venivano chiamati canopi. Con il passare dei secoli le miniere si esaurirono e la gente ritornò alla primitiva attività agricola. Il limitato scambio con l'esterno da parte degli abitanti della valle ha consentito una continuità del linguaggio mòcheno ma è soprattutto con la creazione nel 1987 dell'Istituto culturale mòcheno (Bernstoler Kulturinstitut) che viene tutelato il patrimonio etnografico e culturale della vallata con particolare riguardo alle espressioni linguistiche. 
Punto di partenza dell'escursione è il comodo parcheggio (a pagamento) di Palù del Fersina, in località Frotten/Vrottn. Dal parcheggio si sale ripidamente nel bosco su sentiero 325 mentre si tralascia il 343 che conduce al rifugio Sette Selle.
Su largo sentiero si arriva nei pressi della miniera (chiusa durante la bassa stagione) e si continua in moderata pendenza attraversando il torrente Fersina, nei pressi di Maso Lenzi (mt 1675). La catena del Lagorai, che fa bella mostra di sè con una corona di cime lungo il percorso, è forse una delle zone montane del Trentino meno antropizzata e più selvaggia. Si respira a pieni polmoni il profumo delle pigne e l’odore della resina mentre inizia l'ultimo strappo in salita verso il lago di Erdemolo. Il sentiero è abbastanza ripido e metro dopo metro diventa sempre più innevato. Si ha però la fortuna di ammirare i bellissimi colori autunnali con un foliage davvero magnifico. Si raggiunge il lago di Erdemolo (mt 2014) tra i monti Pizzo Alto, Monte del Lago, Cima di Cave e Sopra Conella. Dal lago nasce il torrente Fersina, il suo unico emissario, che nei millenni ha scavato la ripida Valcava (racchiusa fra il Monte Stocher e il Monte Hoamonder), passa tutta la val dei Mocheni e, raggiunta Pergine Valsugana, devia verso Trento dove confluisce nell'Adige. 
Su una delle sue rive si trova il Rifugio Erdemolo, chiuso dal 2012. Oggi con poche persone in giro, si può veramente dire solitudine alpina allo stato puro! Il ritorno avviene sullo stesso tragitto.
Escursione da ripetere in veste primaverile con un giro ad anello verso il Rifugio Sette Selle e la fermata lungo il tragitto alla antica miniera-museo dell'Erdemolo/Gruab va Hardimbl.

PARTENZA: Palù di Fersina 
mt 1396
SEGNAVIA: 325
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 600
ALTITUDINE: mt 2014
LUNGHEZZA: km 7,5

lunedì 14 novembre 2022

La Lupa del Lagorai - domenica 13 novembre

È imponente, protesa verso il cielo, sembra di poter udire il suo ululato. La "Lupa del Lagorai", la scultura che l'artista vicentino Marco Martalar ha realizzato in località Pian della Casara, a Vetriolo Terme a 1600 metri, la più alta stazione termale d'Europa, circondata dalla catena del Lagorai e dal lago di Levico.
Terminata ai primi di settembre, dopo due mesi di intenso lavoro, l'opera rappresenta un simbolo di rinascita. Infatti tutto il legno utilizzato arriva dallo stesso territorio dell'installazione duramente colpito dalla tempesta di Vaia nell'ottobre 2018. Nonostante siano passati quattro anni i segni della tempesta sono ancora dolorosamente molto visibili e la Lupa svetta grandiosa su una collina resa brulla dalla cattiveria del vento. Nella realizzazione della sua lupa, alta ben sei metri, Martalar non ha utilizzato vernici od oli particolari che infatti rimarrà al mutare delle stagioni per poi deteriorarsi e diventare prezioso humus per le foreste, alimentando il naturale ed eterno ciclo della vita. La Lupa, così come il Drago di Lavarone e tanti altri lavori di Martalar, sono esempi della cosiddetta Land Art, corrente artistica nata negli anni '60 negli Stati Uniti d'America, caratterizzata dall'intervento diretto dell'artista sul territorio naturale, specie negli spazi incontaminati come deserti, laghi, praterie, mari. Grazie all'installazione della Lupa del Lagorai, la località di Vetriolo si è popolata.
L'associazione Amici di Vetriolo riporta un boom di presenze sin dal primo weekend di settembre con l'obiettivo di riuscire a recuperare gli spazi occupati dalle strutture ricettive del piccolo centro termale abbandonate nel corso degli anni e garantire un nuovo futuro a questo territorio.
Si raggiunge la scultura lignea con una passeggiata di circa un chilometro, su comoda strada forestale che parte dall'albergo ristorante Nif di Vetriolo. Una volta arrivate a destinazione ci ritroviamo davanti alla maestosa Lupa ma anche a contemplare la Valsugana sottostante e i due laghi di Levico e di Caldonazzo. Dopo le foto di rito si prosegue per Malga Masi lungo il sentiero europeo E5, un importante tracciato che da Pointe du Raz, nella costa dell'Atlantico della Bretagna francese, attraversa le Alpi passando per Svizzera, Germania, Austria e raggiunge l'Italia, percorso che attualmente termina a Verona per un totale di circa 3050 chilometri. I Sentieri Europei sono nati per promuovere lo scambio culturale tra i popoli attraverso l’esperienza del turismo lento e sostenibile. Ad oggi esistono 12 Sentieri Europei la cui gestione è affidata alla European Ramblers Association (ERA), l'associazione dei camminatori europei. La forestale raggiunge la malga attraversando il bosco dipinto delle mille sfumature di giallo, di rosso, di arancio e di viola dell'autunno.
Da questo punto partono i sentieri che dalla Panarotta portano alla vetta del Monte Fravort dove si trovano importanti testimonianze della Grande Guerra. Il tramonto è spettacolare mentre ritorniamo sui nostri passi...

PARTENZA:
Vetriolo (mt 1490)
SEGNAVIA: E5
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 260
ALTITUDINE: mt 1750
LUNGHEZZA: km 8

mercoledì 26 ottobre 2022

Isola d'Elba, l'isola dei tesori - (21-25 ottobre)

L'isola d'Elba è insieme all'isola del Giglio, Capraia, Montecristo, Pianosa, Gorgona e Giannutri una delle sette perle che compongono l'Arcipelago Toscano. Meta incantevole per la sua natura selvaggia e incontaminata che unisce la bellezza del mare all'entroterra montuoso. Definita in passato Piccola Trinacria per la sua conformazione geografica. Sul litorale occidentale chiamato Costa del Sole, una delle zone più frequentate dai turisti per la bellezza delle spiagge, appaiono d’improvviso come un fulmine colorato di verde e azzurro i "Tre Laghi", uno dei panorami più indimenticabili dell'Elba. Si tratta di una superba quinta prospettica, con tre specchi di mare in successione divisi da promontori che si rincorrono verdeggianti: i golfi della Biodola e del Viticcio insieme al profondo canale di Piombino. Il versante orientale dell'isola, denominato Costa che brilla, è caratterizzato dalla presenza delle ex miniere di ferro, con i colori particolari delle spiagge, bellissime e ancora poco frequentate dal turismo di massa. La storia dell'isola si rifà all'era protostorica con gli Ilvati di etnia ligure che le hanno dato il nome. Poi si susseguirono gli Etruschi e successivamente i Romani che apprezzarono molto l'isola per i suoi giacimenti di ferro e per i fanghi termali.
E l'isola è ricca di testimonianze del suo passato documentati dai tanti reperti archeologici conservati nei musei, dalle imponenti architetture militari, il medievale Castello del Volterraio, e dalle splendide residenze napoleoniche come la Palazzina dei Mulini, e di Napoleone si parla visto che dopo la rovinosa battaglia di Lipsia e a seguito del trattato di Fontainbleau del 14 aprile 1814, è costretto ad abdicare dal trono di Francia e accettare l'esilio sulla piccola isola toscana. L'arrivo dell'imperatore nelle acque di Portoferraio avviene il 3 maggio 1814 a bordo della fregata inglese "Undaunted", accolto con solennità dalle autorità locali e dagli stessi elbani consapevoli dell'eccezionalità del momento storico. Il periodo di esilio di Napoleone durerà solamente nove mesi - ripartì infatti il 26 Febbraio 1815 - ma durante la sua permanenza il sovrano si adoperò per apportare delle migliorie nell'isola. Piombino si trova nel tratto finale della Costa degli Etruschi e da sempre è una importante base marittima. Agli inizi del '800 Piombino fu assegnata da Napoleone a sua sorella Elisa Bonaparte Baciocchi che divenne così reggente del Principato di Lucca e Piombino. La principessa amava chiamarla "la mia piccola Parigi" e nel periodo del suo regno la città visse un periodo di grande splendore. Il centro, piuttosto raccolto, si visita molto bene a piedi. In attesa del traghetto (venerdì 21 ottobre) raggiungiamo il Torrione ovvero l'antica porta di ingresso alla città. Detta anche porta di Sant'Antonino, risale al Duecento ed è il monumento più antico di Piombino.
Accanto il quattrocentesco Rivellino, un'imponente costruzione semicircolare di rinforzo. Sul proseguimento ecco il Palazzo Comunale e l'adiacente Torre dell'Orologio e continuando verso il mare si arriva ad uno dei punti panoramici più belli di tutta Piombino: la terrazza di Piazza Bovio. Costruita su uno sperone roccioso la piazza è uno spettacolare balcone con vista sull'isola d'Elba e nelle giornate più limpide (ma non oggi) si riescono a scorgere anche l'isola di Montecristo, del Giglio, di Capraia e la Corsica. Alle nostre spalle il castello si trova dalla parte opposta di Piazza Bovio. Per arrivarvi saliamo lungo la strada panoramica sul mare (viale del Popolo). Il castello risale al XIII secolo, mentre la fortezza fu aggiunta nella metà del '500 per ordine di Cosimo de’ Medici. Allungandoci verso il promontorio si raggiunge il Faro della Rocchetta costruito dove un tempo sorgeva la Rocchetta di Piombino, storica fortificazione difensiva che venne demolita negli anni Venti del Novecento per lasciare posto all'attuale piazza che si apre verso il mare. Ma ora è tempo di raggiungere il porto e l'isola d'Elba si trova a soli 10 chilometri dalla costa! Intorno il mare appena mosso e i gabbiani ad accompagnarci per un bel tratto di navigazione.
Arriviamo a Portoferraio che è scesa la sera e l'isola essendo prevalentemente collinare e montuosa, ci regala, salvo rare eccezioni,delle strade che non sono esattamente dei rettilinei ma arriviamo giusto in tempo per la cena all'Ottavo, delizioso ristorantino a San Piero in Campo paesino situato sulle colline antistanti il golfo di Marina di Campo ad un'altezza di 227 metri. E’ come se fosse incastonato in un rialto granitico dello sperone sud-occidentale del Monte Capanne, la vetta più alta dell'isola. Proprio il Monte Capanne, considerato una meta del nostro viaggio, si negherà alla visione, avvolto da un fitto ammasso nuvoloso per tutti i giorni della nostra sosta. In realtà del programma iniziale manteniamo che pochi appuntamenti complici le giornate decisamente calde. Grazie alla sua posizione strategica il Volterraio è il sito più suggestivo dell'isola (sabato 22 ottobre). La fortezza svetta dai suoi 395 metri incastonata nella roccia da cui emerge come per incanto. Il luogo fu scelto dagli Etruschi per edificare la prima postazione di avvistamento ma la struttura assunse una fisionomia definitiva alla fine del  Duecento quando la Repubblica Marinara di Pisa ne decise la riqualificazione. Una fortezza imprendibile ieri, una suggestiva terrazza sull'Elba e sulle altre isole dell'Arcipelago Toscano oggi. Un panorama mozzafiato mostra il profilo della dorsale orientale dell'isola e all'orizzonte la forma esile dell'isola di Pianosa e l'austera sagoma di Montecristo. Di fronte a noi le morbide colline centrali, gli ampi golfi meridionali e l'inimitabile morfologia del golfo di Portoferraio con alle spalle il massiccio imponente del monte Capanne.
Più a destra la selvaggia isola di Capraia e, sullo sfondo, le montagne della Corsica con Capo Corso proteso verso il nord. Domenica 23 ottobre invece tagliamo a metà il famoso anello occidentale e si va a prendere una strada stretta e ripida attraverso il bosco che passa per il Monte Perone per poi scendere a Marina di Campo, ma complice una fitta nebbia e un blocco sulla strada causata da un mezzo pericolosamente in bilico sullo strapiombo, bisogna tornare  indietro spostandoci verso Marciana dove si sta svolgendo la Festa d'Autunno in piazza For di Porta e nelle piazzette adiacenti. Il territorio comunale di Marciana si distende lungo le pendici del Monte Capanne e occupa la parte nord-occidentale dell'isola d’Elba, un territorio montuoso e impervio, caratterizzato da una natura rigogliosa e incontaminata, ma che tende ad addolcirsi nel raggiungere il mare, fino ad arrivare alla piana in cui si trovano spiagge spettacolari. Si respira uno stile di vita "all'antica" dai ritmi lenti e rilassati totalmente in sintonia con la natura. E poi le spiagge: quella di Procchio una sabbia fine che traccia un arco dorato accarezzato da un mare smeraldino e limpido, specie quando soffiano i venti meridionali che rendono piatta la superficie dell'acqua. Quella di Bagnaia tutt'uno con il piccolo borgo dominato alle sue spalle dall'imponente Fortezza di Volterraio. Racchiusa tra il promontorio di Punta Pina e Punta degli Scarpellini permette di godere di una bellissima vista sul golfo di Portoferraio. E poi l'arena di Pomonte uno degli angoli isolani più selvaggi suddivisa nel raggio di un chilometro in tre piccole spiagge.
La prima è quella di Pomonte che si incontra alla fine della strada che dalla chiesa del paese conduce verso il mare. Sulla sinistra, oltrepassando un ponticello, le altre due spiagge: Relitto e Ogliera, famose perché a pochi metri dalla riva sotto all'omonimo scoglio dell'Ogliera è adagiato il relitto dell'Elviscot, un mercantile affondato negli anni '70. Quella di Sant'Andrea sulla provinciale che da Marciana porta a Marina di Campo. Dall'alto il panorama si perde visivamente sulle calette sottostanti e nei profumi della macchia mediterranea. Le isole di Capraia e la lontana Corsica fanno da cornice. Curva dopo curva, scendendo verso il mare, ci si lascia sempre più alle spalle l'Elba e si entra in una realtà di un'isola dentro l'isola: la rinomata località turistica di Sant'Andrea con il granito che fa da padrone ci lascia senza parole. La spiaggia, seppur di modeste dimensioni, è graziosa e formata da una chiara sabbia granitica lambita da un mare turchese. Le lisce rocce granitiche, chiamate dagli elbani Cote Piane, si prestano a bagni fuori stagione. E poi Porto Azzurro e la grande piazza Matteotti dove guardare il tramonto sorseggiando un drink, le proposte di  incantevoli trattorie com Cacio e vino a San Piero di Campo e su tutto questo l'odore intenso del mare e il libeccio che ci ha spesso accompagnato in questo breve viaggio.
Ritornate sulla terraferma (martedì 25 ottobre) un ultimo tocco di bellezza con la visita al complesso composto dall'Eremo o Rotonda di Montesiepi e, soprattutto, dai spettacolari resti della Grande Abbazia di San Galgano uno dei siti più suggestivi che si trovano in Italia. La Rotonda di Montesiepi fu edificata tra il 1182 ed il 1185, sopra alla capanna sulla collina ove il nobile cavaliere Galgano Guidotti, dopo aver rinunciato alla propria vita fatta di agi e di ricchezze visse il suo ultimo anno di vita. Il momento culminante della conversione avvenne nel giorno di Natale del 1180, quando Galgano, giunto sul colle di Montesiepi, infisse nel terreno la sua spada, allo scopo di trasformare l'arma in una croce, spada ora preservata da una teca trasparente. Solo nel 1220 invece venne iniziata la costruzione della vicina Abbazia. I lavori di costruzione durano fino al 1268, quando venne ufficialmente consacrata dal Vescovo di Volterra Alberto Solari. tanto che alla metà del XIII secolo l'abbazia di San Galgano era la più potente fondazione cistercense in Toscana.
Poi prima la carestia del 1328 poi la peste del 1348, che vide i monaci duramente colpiti dal morbo, portò all'arresto dello sviluppo del cenobio a cui seguì una lenta decadenza data dalla sventurata pratica della Commenda. Nel 1503 l'abbazia venne affidata al governo degli abati commendatari una scelta che accelerò la decadenza e la rovina di tutto il complesso tanto che uno di loro, alla metà del secolo, fece rimuovere per poi vendere la copertura in piombo del tetto della chiesa. A quel punto le strutture deperirono rapidamente. Infatti nel 1781 crollò quanto rimaneva delle volte e nel 1786, dopo che un fulmine lo aveva colpito, crollò anche il campanile. Tre anni dopo fu sconsacrata e da lì in poi venne usata come stalla, fino a quando nel 1926 lo Stato italiano ne riconobbe il valore culturale...e tutto questo al termine di 
un viaggio ricco di colori e di gusto.

venerdì 14 ottobre 2022

La Sicilia barocca dalla storia millenaria (8-11 ottobre)

La Sicilia è un’isola multicolore dove è tutto cangiante e dai mille volti. In effetti qui le Sicilie sono tante. Vi è la Sicilia del Carrubo, quella bianca delle saline, quella gialla delle zolfo, quella bionda del miele, quella purpurea della lava e lo spiega benissimo lo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino. "Perché tante Sicilie? Perché la Sicilia ha avuto la sorte di trovarsi a far da cerniera nei secoli fra la grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, tra la ragione e la magia, le temperie del sentimento e le canicole della passione”. Questa splendida isola è ricca di bellezze e la nostra breve storia ci conduce nella sua parte orientale che da Messina lungo la costa, con l’entroterra dell’Etna, raggiunge più a sud Siracusa. S
abato 8 ottobre - Il nostro itinerario on the road parte da Catania importante centro universitario. La scenografia in cui è inserita è di tutto rispetto, con l’Etna che vigila a nord e la proiezione spettacolare sul mar Ionio. Catania è la seconda città dell'isola dopo Palermo Sicilia ma non bisogna fermarsi all'apparenza. Dall'aeroporto si attraversano quartieri periferici grigi e tristi, industrie pesanti e zone portuali che è difficile apprezzare, ma quando si arriva nel cuore storico è tutta un’altra prospettiva. Il centro è un summa di magnifici edifici barocchi, di chiese monumentali, di teatri e di mercati.
Dopo esserci fermate a far colazione, che non ha nulla a che vedere col nordico cappuccino e brioche ma è un vero trionfo del dolce tra cannoli, cassate variopinte e granite, si raggiunge lo storico mercato catanese, la fera 'o luni situata tra la nota Piazza Carlo Alberto e la centralissima Piazza Stesicoro, 
e distribuita nelle viuzze circostanti. Se si chiede a un catanese cosa significa "fera 'o luni" vi risponderà che il mercato anticamente si svolgeva solo il lunedì, ma il nome potrebbe derivare dall'antica presenza di un tempio dedicato alla dea Luni, antica dea italica romana, spesso rappresentata come il complemento femminile del dio Sole. In età medievale il mercato di Catania era ubicato presso il Foro lunaris che si trovava davanti alla Chiesa della Madonna dell'Elemosina, ricostruita dopo il terremoto del 1693 e oggi nota come Chiesa della Collegiata. Spostata prima in Piazza Università, nel 1832 la fera 'o luni si stabilì definitivamente nella bellissima piazza in stile barocco, fiancheggiata dalla splendida chiesa della Madonna del Carmine e dalla chiesa di San Gaetano alle Grotte, che fanno da scenografia alle tante bancarelle che ogni giorno si accalcano e colorano l’atmosfera, inebriati dagli odori e dai colori dei vestiti ammucchiati nei banchi, accanto al vocio di chi cerca di richiamare l’attenzione dei passanti. Buttarsi nel traffico a Catania è come dire.. un bell'azzardo!
Diciamo che abbiamo ricevuto più suonate di clacson quando si stava diligentemente ferme ad un incrocio più del dovuto, rispetto a quando ci si buttava in mezzo ad una strada senza averne la precedenza. Comunque si riesce a raggiungere il centro storico catanese. Due gravissime catastrofi naturali, l'eruzione dell’Etna del 1669 e il terremoto del Val di Noto del 1693, portarono di fatto Catania nell'era moderna: lo stile barocco predominante è il risultato della sua ricostruzione. Nel passeggio tra le vie del centro si affacciano splendidi palazzi in bianco e nero, primo fra tutti Palazzo Biscari, il più importante palazzo privato catanese e preziosa testimonianza del barocco siciliano. Ecco Piazza Duomo cuore pulsante del centro storico. Situata nel punto di incontro tra Via Etnea, Via Vittorio Emanuele II e Via Garibaldi, è un crocevia d'arte, cultura e socialità. Su di essa affacciano la Cattedrale di Sant'Agata e il Palazzo degli Elefanti, ovvero il palazzo municipale, mentre al centro troneggia l'elefantino simbolo della città (u Liotru in siciliano). Arrivate alle spalle della bellissima Fontana dell'Amenano, posizionata sul lato meridionale di piazza Duomo, un brusio di voci indistinte, misto all'intenso profumo di pescato fresco, ci conduce alla Peschiera di Catania, l'antico e chiassoso mercato mattutino del pesce. La Pescheria è il luogo dove la tradizione peschiera siciliana incontra la tipica atmosfera del suq arabo. Un mix di usi e colori tipici di una città che ha conosciuto il susseguirsi di dominazioni, contaminazioni e influenze di popoli provenienti da tutto il bacino mediterraneo.
Domenica 9 ottobre 
Con i suoi 3357 metri l’Etna - dai catanesi chiamato Idda, al femminile intesa come "a muntagna" - è il vulcano attivo terrestre più alto d'Europa. Con la preparatissima guida Angela, dell'associazione Panorama Sicilia, abbiamo organizzato un bellissimo trekking per raggiungere i crateri sommitali, i coni di cenere, le colate di lava e la depressione della valle del Bove, uscendo dai sentieri più turistici, ma essendo un vulcano attivo non è stato possibile avvicinarsi al cratere principale. E sul ritorno dalla bella escursione vulcanica, passiamo prima da Milo fermandoci nella piazza principale all'ingresso del paese, uno splendido belvedere sulla costa ionica e sui comuni dell'entroterra che diradano fino al mare, dove è stata posta nell'agosto 2022 una scultura in bronzo, a grandezza naturale, raffigurante Franco Battiato e Lucio Dalla abituali frequentatori di questo piccolo centro. E mentre si presentano le prime ombre della sera si va a raggiungere Zafferana Etnea dove si festeggia l'Ottobrata Zafferanese, l’evento gastronomico più importante del Sud Italia, alla scoperta delle eccellenze della Sicilia, palcoscenico privilegiato dei piatti tipici della tradizione e delle primizie locali: miele, funghi, castagne, uva, mele. Lunedì 10 ottobre - proseguiamo il nostro viaggio nella Sicilia Sud-Orientale facendo tappa a Siracusa. Grazie alla sua posizione, con un porto naturale e l’accesso alle rotte commerciali nel Mediterraneo, Siracusa impose il suo dominio sulle altre città della Sicilia per più di cinquecento anni. Questo passato importante si riflette sui suoi monumenti, che vanno dall’epoca greca a quella romana fino a quella medievale, rinascimentale e barocca.
Cuore pulsante della città è l’isola di Ortigia, il Duomo, alcuni resti di epoca ellenistica e il Castello Maniace sulla punta. Il tutto circondato dal mare e piccole spiagge. Peccato che il meteo sia inclemente quindi ritorniamo sui nostri passi prima del previsto andando a raggiungere i borghi marinari della lava. A meno di un quarto d’ora dal centro di Catania si raggiunge la riviera dei ciclopi. Le rocce basaltiche porose color nero intenso frutto della lava dell’Etna, emergono dal mare e rendono questo uno degli scorci più iconici di tutta la Sicilia. I gabbiani utilizzano questi “isolotti di lava” come punto d’appoggio, rendendo la passeggiata sul lungo mare qualcosa di unico. I borghi che si sono sviluppati lungo le coste erano principalmente villaggi di pescatori, ma il turismo ha dato loro il giusto risalto. La prima tappa è Aci Castello: il grande castello normanno a strapiombo sul mare è il simbolo della città. Sorge su un promontorio di roccia lavica a picco sul mare blu cobalto ed inaccessibile tranne che attraverso una scalinata in muratura. Il ponte levatoio in legno che oggi non esiste più occupava parte della scalinata d'ingresso. Al centro della fortezza si trova il «donjon», la torre quadrangolare fulcro del maniero.
Rimangono poche strutture superstiti: l'accesso che conserva i resti dell'impianto del ponte levatoio, il cortile dove si trova un piccolo orto botanico, diversi ambienti, fra cui quelli dove è accolto il museo e una cappella (secondo alcuni bizantina) ed un'ampia terrazza panoramica sul golfo antistante. La seconda tappa è il borgo di Aci Trezza: qui è possibile visitare uno storico cantiere navale e ammirare le piccole barche dei pescatori. Cuore della Riviera dei Ciclopi, è il luogo dove secondo la tradizione è ambientato il IX canto dell'Odissea nel quale Ulisse si scontra con Polifemo accecandolo dopo averlo fatto ubriacare. Così facendo riesce a fuggire dalla grotta dove era stato intrappolato con i suoi compagni. Il Ciclope, cieco e infuriato, scaglia contro le navi dei greci in frettolosa fuga degli enormi massi che secondo la tradizione divennero le Isole dei Ciclopi. Martedì 11 ottobre Oggi si riparte ma non prima di raggiungere la Collegiata S. Maria dell’Elemosina, a lato della celebre via Etnea, costruita sull'antico tempio pagano di Proserpina. Rasa al suolo dal terribile terremoto del 1693, la sua ricostruzione la rese uno degli esempi di spicco del tardo barocco catanese. Tappa irrinunciabile è una delle piazze centrali di Catania: Piazza Università dove ha sede il rettorato dell’Università.
 All'interno è presente un cortile a forma di chiostro mentre nell'aula magna, affrescata da Giovan Battista Piparo, spicca alle spalle del podio accademico un arazzo con lo stemma degli Aragona.
Nella piazza circostante è possibile ammirare quattro candelabri artistici in bronzo, realizzati dagli scultori catanesi Mimì Maria Lazzaro e Domenico Tudisco nel 1957, rappresentanti quattro antiche leggende locali: Gammazita, il Paladino Uzeda, i fratelli Pii e Colapesce
. Infine si raggiunge nuovamente il 
mercato catanese di piazza Carlo Alberto fermandoci in via Pacini, ovviamente invasa dalle bancarelle, e più precisamente al Bar Termin dove si va ad apprezzare splendide grigliate di pesce cucinate al momento mentre il grido di battaglia dei contorni è soprattutto uno: melanzane e peperoni in ogni forma e ricetta, fritte, ripiene, arrostite! Ad onor di cronaca uno dei vanti del territorio è anche rappresentato dalla grande e variegata coltivazione di vitigni da cui vengono prodotti vini di qualità come il Nerello Mascalese, la Malvasia, il Carricante e il Nero d’Avola. Chiudiamo il nostro giro a Catania, prima di tornare in aeroporto, visitando Villa Bellini in onore del famoso compositore catanese, giardino costruito nel Settecento. Sul lato occidentale della villa è possibile passeggiare lungo il viale degli "Uomini illustri" tra i busti dei personaggi più famosi della storia catanese e italiana.

lunedì 3 ottobre 2022

Oh che bel castello! - domenica 2 ottobre

E' sufficiente uscire dal perimetro delle grandi metropoli per scoprire panorami unici, fatti di antichi borghi immersi nel verde e nella quiete: a meno di 40 chilometri dal capoluogo lombardo, arroccato su uno sperone di roccia, ci appare Trezzo sull'Adda caratterizzato da un'atmosfera totalmente differente da quella metropolitana. Il territorio di Trezzo è legato indissolubilmente alle acque del fiume sul quale si specchia e conserva tracce di un passato ricco di eventi e tra i suoi primi abitanti, i Celti nel IV secolo a.c. e si suppone che Trezzo deriverebbe infatti da "trecc", un termine celtico utilizzato per indicare un promontorio, quello sul quale sorge la città. Il Castello, simbolo dell'importanza storica cittadina, ci appare come complesso caratterizzato da un marcato grado di frammentarietà, contraddistinto dalla presenza di notevoli "emergenze" architettoniche come quelle dell’imponente mastio, a pianta quadrata alto 42 metri, delle splendide casematte incastonate sotto la scoscesa riva orientale dell’Adda, il pozzo fatto costruire nel 1400 dal castellano Vercellino e i suggestivi sotterranei, e di precari lacerti murari risparmiati dallo scempio ottocentesco dei pregiati blocchi di ceppo d’Adda reimpiegati in altre costruzioni mentre alcuni frammenti decorativi si riconoscono in edifici annessi alla Villa Reale di Monza. Proprio questo carattere frammentario ed episodico regala al complesso un fascino particolare, al quale contribuiscono la splendida cornice paesaggistica e la parsimoniosa cura dell'attuale proprietà. Nel corso del tempo il castello fu più volte oggetto di contesa fra schieramenti opposti, come fra Federico Barbarossa e la città di Milano. L'imperatore, entrato in possesso del castello nel 1158, commissiona un ampliamento della struttura che viene fortificata e dotata di torri. I resti attuali invece si riferiscono alla costruzione del 1360 di Bernabò Visconti. Bernabò porta a termine un complesso militare immenso fortificando tutto il promontorio trezzese e facendone sua residenza di caccia, divenuta poi la sua prigione fino alla morte nel 1385 ad opera del nipote Gian Galeazzo Visconti.
Circondato per tre lati dal fiume, il castello era difeso via terra da imponenti mura e dalla grande torre. Il vero capolavoro ingegneristico però rimane l’ardito ponte ad una sola campata di 72 metri di lunghezza che collegava le due sponde dell'Adda, di cui oggi sono visibili solo la spalla e l’attacco: il ponte infatti venne inutilmente distrutto dal condottiero Francesco Bussone conte di Carmagnola durante l'assedio del 1416 al tempo dell'occupazione dei territori orientali dell'Adda da parte di Filippo Maria Visconti. Nel 1891 il castello viene acquistato dall'industriale tessile Cristoforo Benigno Crespi e l'antica fortezza ormai in rovina diviene parte integrante dell'imponente centrale idroelettrica Taccani.
Nel Museo longobardo, all'interno del castello, sono esposte le immagini dei reperti archeologici di epoca longobarda, come la tomba del gigante, testimonianza di uno dei più importanti ritrovamenti archeologici in Italia del Ventesimo secolo. Dalle ossa rinvenute si capisce che la persona doveva essere alta più di due metri! Oggi l’area del Castello ci regala un meraviglioso parco ricco di Lilium arancioni, fiori presenti e amati in tutte le epoche storiche che, con il loro aspetto signorile aiutano a donare al contesto il sapore nobile e storico che il luogo merita di trasmettere.
Da Trezzo sull'Adda ci spostiamo verso la bergamasca andando a visitare la splendida basilica di Santa Maria del Fonte a Caravaggio dove apparve la Madonna alla giovane contadina Giannetta de' Vacchi il 26 maggio 1432. Le cronache del 1516 descrivono la cappella quivi costruita come una chiesa veramente insigne, con edifizi adatti, ornamenti e pitture venerande, come recitano le parole del privilegio concesso da papa Leone X al Santuario. L'attuale tempio mariano, fortemente voluto dall'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, iniziò nel 1575 dietro progetto dell'architetto Pellegrino Tibaldi mentre nell'aprile 1906 papa Pio X lo elevò alla dignità di basilica minore. Il grandioso tempio monumentale sorge al centro di una vasta spianata circondata da portici simmetrici su tutti e quattro i lati che corrono con 200 arcate, per quasi ottocento metri. Nel piazzale antistante il viale di collegamento con il centro cittadino si trova un alto obelisco in marmo con putti bronzei, opera di Rustico Soliveri.
Poco oltre l'obelisco una fontana di grandi dimensioni la cui acqua che passa sotto la chiesa, raccoglie quella del Sacro Fonte. All'interno la basilica si presenta ad una sola navata con una caratteristica pianta a croce latina, ed è caratterizzata da uno stile classico, con pilastri dai capitelli ionici. La decorazione è opera dei pittori caravaggini Giovanni Moriggia e Luigi Cavenaghi. Il tempio appare diviso in due corpi separati: quello occidentale, più vasto, ospita quattro cappelle riccamente decorate per lato, le cantorie e l'ingresso principale e quello orientale, di dimensioni minori, consente la discesa alla cripta. Le due parti sono separate dal maestoso altare maggiore, progetto originario dell'architetto Filippo Juvarra, che si ispirò agli studi di Michelangelo per l'altare della Confessione della basilica vaticana, e realizzato fra il 1735 ed il 1750 dall'ingegnere milanese Carlo Giuseppe Merlo. Al di sotto dell'altare maggiore si trova il Sacro Speco che ospita il gruppo statuario ligneo dell'apparizione. L'opera, dello scultore di Ortisei Leopoldo Moroder, fu inaugurata nel 1932 in occasione dei festeggiamenti per il quinto centenario dell'apparizione. Un luogo di grande spiritualità.

lunedì 26 settembre 2022

Breve viaggio in Umbria, cuore verde dell'Italia - 21-24 settembre

Mercoledì 21 settembre
- Tra piazze, vicoli, rocche, castelli, chiese, palazzi, torri, campanili, paesaggi, feste, prodotti tipici e storie uniche nel cuore verde dell'Italia alla scoperta dei borghi più
caratteristici...anche se iniziamo il nostro breve tour rimanendo in terra toscana. Entrando ad Arezzo si ha la sensazione di fare un salto indietro nel tempo con i suoi monumenti, i parchi, i resti archeologici, le chiese e le piazze gelosi custodi della sua storia millenaria. Basta percorrere il piccolo corridoio che si collega con il centro e ci si trova catapultati in un luogo magico e surreale. Davanti ai nostri occhi appare trionfante il Duomo nella briosa piazza con le torri medievali e la statua del granduca di Toscana, Ferdinando I de’ Medici in marmo bianco dal fiammingo Jean de Boulogne, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Giambologna e collocata nel 1595 nel sagrato. Posto sulle rovine di una delle prime chiese paleocristiane, i lavori furono avviati nel 1278 dal vescovo Guglielmino degli Ubertini e, più volte interrotti, terminarono solo nel 1511. Proseguendo lungo la parete esterna della chiesa entriamo nel parco che circonda la Fortezza Medicea con suggestiva vista panoramica sulla valle del Casentino, i vigneti circostanti, gli oliveti e il sinuoso paesaggio residenziale che si estende ai piedi del centro storico. La Fortezza Medicea, protetta da uno scudo di alberi fino all'estremità, è stata costruita a forma di stella a cinque punte per volere di Cosimo I dè Medici. Sotto al parco si trova la casa del Petrarca "Padre dell'Umanesimo". Sopra la casa, sulla sinistra, si trova un piccolo parco all'interno del quale sono situate le rovine del Palazzo del Capitano del Popolo del 1278; da questa posizione dominante si può godere di una vista mozzafiato su Palazzo Pretorio, con la sua facciata ricoperta dei variopinti stemmi delle famiglie che qui hanno governato. Scendendo Corso Italia sulla sinistra la Loggia progettata dal Vasari dalle splendide arcate e antiche porte con vista privilegiata su Piazza Grande. La bella piazza, dalla particolare pendenza ospita la rinomata Giostra del Saracino, che si svolge due volte l'anno. Dal centro della piazza si può ammirare non solo la loggia vasariana, il profilo di alcune delle case torri medievali della città e il Palazzo della Fraternita dei Laici, ma anche il design creativo del retro della Pieve ed una fontana pubblica risalente al XVI secolo. Una volta arrivate in via Crispi, scendendo sulla destra, l'area verde ospita l'antico Anfiteatro Romano. Continuando per la lieve salita si arriva alla Chiesa di San Domenico ,uno dei più rinomati edifici sacri di Arezzo per la presenza, al suo interno del Crocifisso ligneo dipinto da Cimabue, considerato uno dei capolavori della pittura del Duecento.
Una breve deviazione alla fine di via XX Settembre ci conduce a Casa Vasari, una delle figure storiche più importanti legate alla città aretina. Lasciamo Arezzo lontane dal caos e dalla fretta per raggiungere Monte Santa Maria Tiberina in un territorio è ricoperto da boschi di castagni, lecci, faggi e querce. Il piccolo borgo medievale di Monte Santa Maria Tiberina torreggia sulla Valtiberina percorsa dal torrente Aggia. A partire dall'XI secolo diviene feudo dei marchesi Bourbon del Monte, discendenti di quei Marchesi del Colle che venuti in Italia al seguito dei Franchi conquistarono gran parte dell'Alta Valle del Tevere costruendo rocche e castelli in diversi punti strategici. Dopo la distruzione del Castello (1198) per dissidi con Papa Innocenzo III, i Marchesi lo ricostruirono legando la loro storia a quella di Monte Santa Maria Tiberina, fino al 1815 quando il duca Ferdinando di Toscana se ne impossessò interrompendo il millenario dominio dei Bourbon del Monte. In compagnia di un ottimo e corposo Sagrantino di Montefalco appaghiamo oltre al gusto anche la visione del tramonto sull'Alta Valle del Tevere prima di raggiungere la Fattoria di Rigone silenzioso centro immerso nella campagna perugina caratterizzata dalle grandi piantagioni di tabacco.
Giovedì 22 settembre - La città di San Francesco ha una storia millenaria con importanti testimonianze romane, medievali e rinascimentali.  Assisi è adagiata sulle pendici del Monte Subasio e domina la pianura solcata dai fiumi Topino e Chiascio, affluenti del Tevere. La città, che ha dato i natali a San Francesco e Santa Chiara, rappresenta il centro universale del messaggio di pace e fratellanza. Costruita con la tipica "pietra rosata" del Subasio, Assisi, con il suo centro storico, la basilica di San Francesco e gli altri siti francescani, unitamente alla quasi totalità del territorio comunale, sono stati dichiarati nel Duemila Patrimonio Mondiale dell'Umanità dall'Unesco.
Tra i numerosi monumenti spiccano la basilica di San Francesco con la tomba del Santo e i capolavori di alcuni tra i maggiori artisti di tutti i tempi quali Cimabue, Giotto, Pietro Lorenzetti e Simone Martini, la basilica di Santa Chiara e la romanica cattedrale di San Rufino. Sulla piazza del Comune si trovano il palazzo dei Priori, il duecentesco palazzo del Capitano del Popolo con la torre Civica e il cosiddetto tempio di Minerva, l'edificio romano più conservato dell'intera regione, realizzato tra il 40 e 30 a.C. Appena fuori le mura, a dominare la città c'è la superba Rocca Maggiore, ricostruita nel 1367 dal Cardinale Albornoz su una precedente struttura di un antico castello feudale (1174). Nelle immediate vicinanze sono visitabili i luoghi legati alla vita del Santo come l'eremo delle Carceri, immerso in un fitto bosco sulle pendici del Subasio e il convento di San Damiano. Non può mancare Spello, adagiata sulla pendice meridionale del Monte Subasio tra i "I Borghi più Belli d'Italia". Antico centro di origine umbra, "Hispellum" dal I secolo a.C. , è importante municipio romano ricordata con il titolo di Splendidissima Colonia Julia. Qui importanti ed imponenti testimonianze del periodo romano convivono magnificamente con l'attuale aspetto urbano medievale. Entrate nel cuore cittadino attraverso la monumentale porta Consolare (I secolo a.C.), così chiamata perché segnava l'ingresso in città della via Flaminia, seguiamo quello che era il tracciato dell'antica via fino ad arrivare allo slargo che ospita la chiesa di Santa Maria Maggiore. Sul lato sinistro della navata la cappella Baglioni affrescata nel 1501 da Bernardino di Betto detto il Pintoricchio, tra i maggiori artisti del rinascimento umbro e italiano. Del Pintoricchio è anche la grande tavola con Madonna e Santi (1508) custodita nella duecentesca chiesa di Sant'Andrea, chiesa francescana in città situata a pochi passi da Santa Maria Maggiore. Raggiunto il Belvedere, antica terrazza su cui era costruito il foro romano, il panorama spazia sulla valle del Topino e sull'arco collinare che va da Montefalco ad Assisi.
Ci si perde tra le viuzze medievali dai coloratissimi balconi fioriti ai quali, nel giorno del Corpus Domini, si aggiungono preziosi tappeti di fiori ovvero la famosa Infiorata di Spello, veri e propri quadri di arte sacra realizzati con petali di fiori. L'ultima sosta la dedichiamo all'imponente basilica di Santa Maria degli Angeli, costruita tra il 1569 e il 1679 per proteggere la Porziuncola, la piccola chiesa che accolse la prima comunità dei francescani e la cappella del Transito, dove san Francesco morì il 4 ottobre 1226. La costruzione della basilica è dovuta alla volontà di Pio V, che con questa struttura intendeva sia riconoscere l'importanza dell'ordine minore dei francescani, sia dare modo di poter accogliere i pellegrini, che tuttora vengono in visita alla Basilica in occasione dell'Indulgenza del Perdono (31 luglio-2 agosto) voluta da San Francesco. A causa dei crolli del terremoto del 1832, la basilica fu in parte ricostruita da Luigi Poletti mentre nel 1930 viene posta al vertice della facciata la statua della "Madonna degli Angeli" realizzata dallo scultore Colasanti. Dalla sagrestia si accede al corridoio che porta al Roseto legato ad una leggenda sulla vita di S. Francesco, piccolo giardino piantato esclusivamente a rosai senza spine. Adiacente al Roseto è la cappella del Roseto (1518) composta da tre ambienti decorata da affreschi di Tiberio d'Assisi. Lungo il tragitto d'uscita è visibile a sinistra, il chiostro quattrocentesco.
Venerdì 23 settembre - Raggiungiamo Todi, città collinare,è cinta da tre concentriche cerchia di mura, che testimoniano l'estensione raggiunta dalla città rispettivamente in epoca umbro-romana, romana e medievale.
Poco prima di entrare nel cuore del centro storico si incontra l'imponente chiesa di Santa Maria della Consolazione, una delle opere più alte del Rinascimento in Umbria, iniziata nel 1508 su progetto attribuito al Bramante e conclusa nel 1617.Nel cuore della città si ammira la splendida piazza del Popolo, una delle più belle d'Italia, dove si affacciano i volumi monumentali dei palazzi laici e del complesso religioso: il palazzo del Popolo, detto anche palazzo Vecchio, uno tra i più antichi edifici comunali italiani, eretto tra il 1214 ed il 1228 con un'ampia loggia a pilastro centrale al piano terra e il palazzo del Capitano (fine XIII secolo), detto palazzo Nuovo in stile gotico. Un cavalcavia seicentesco unisce i due palazzi che sono oggi sede municipale e dei musei comunali. Il Duomo, intitolato a Maria Santissima Annunziata, del XII secolo poi ampliato in fasi successive nel corso del XIII e XIV secolo, si apre al termine di una ripida scalinata e presenta in facciata uno splendido rosone centrale. Da vedere anche l'abside romanica a due piani, della fine del XII secolo e all'interno della chiesa, in controfacciata, il Giudizio Universale di Ferraù Fenzoni da Faenza. Accanto al Duomo sorge il palazzo Vescovile. Dirimpetto al Duomo si può osservare il palazzo dei Priori, realizzato tra il 1334 ed il 1347 in forme gotiche e con una torre quadrangolare. Opera di notevole pregio artistico è il tempio di San Fortunato (XIII-XV secolo), collocato in cima a un'imponente scalinata sita nella zona della acropoli di Todi vicino alla Rocca. La chiesa originale era paleocristiana e probabilmente realizzata su strutture etrusche o romane, come dimostrano i due leoni etruschi siti all'ingresso ed i due capitelli, sempre etruschi, trasformati in acquasantiera. Todi nel 1236 diede i natali a Jacopone da Todi (+1306) poeta ed ecclesiastico francescano rimasto alla storia per le sue quasi cento laudi in volgare e per essere stato un acerrimo nemico di Papa Bonifacio VIII.
Ora è tempo di dolcezze, nella casa del cioccolato. Il cuore di Perugina batte a pochi chilometri dal centro di Perugia, in un luogo ricco di emozioni, Casa del cioccolato Perugina, un posto unico al mondo dove ci lasciamo affascinare da un magico viaggio alla scoperta del cibo degli Dei e da una straordinaria storia di successo. Il percorso ha inizio dal Museo Storico e dalla avvincente storia di Perugina, per poi proseguire nella dolce sosta degli assaggi sino ad arrivare nel cuore della Fabbrica. Il viaggio nel gusto può culminare nell'esperienza diretta di un corso alla Scuola del Cioccolato® il luogo in cui Perugina condivide passione, esperienza ed abilità creativa con gli appassionati del cioccolato. E dalla Perugina a...Perugia è un attimo! Capoluogo dell’Umbria, Perugia accoglie in un’atmosfera senza tempo, offrendo in ogni angolo la candida bellezza del suo prestigioso passato e la vitalità del suo fervido presente, connubio di modernità e tradizione. Tra i luoghi d’interesse: l'Arco Etrusco o Arco di Augusto, porta monumentale dell'antica cinta muraria etrusca poi restaurato in epoca romana; il Pozzo Etrusco e Porta Marzia, seconda porta monumentale etrusca, inglobata nella fronte del bastione della Rocca Paolina, fortezza fatta erigere da Papa Paolo III nel 1540: si tratta di un complesso storico-architettonico unico nel suo genere, da ammirare salendo le scale mobili verso il cuore della città. Piazza Italia prima, poi Corso Vannucci, per arrivare su Piazza IV Novembre, una delle più belle d'Italia. Dove si affacciano fra i tanti monumenti storici, la cattedrale di San Lorenzo con annesso il Museo del Capitolo; la stupenda Fontana Maggiore duecentesca e il palazzo dei Priori, elegante edificio gotico che ospita la Galleria Nazionale dell'Umbria. E in conclusione un ottimo aperitivo nel centralissimo corso Vannucci.
Sabato 24 settembre - Lasciata la Fattoria dove ci siamo sentite a casa, avvolte da un'atmosfera familiare, scendiamo nuovamente verso il ternano per andare ad osservare dove l'acqua mostra la sua forza poderosa: la Cascata delle Marmore.
Nei pressi della frazione di Marmore, il Velino defluisce dal lago di Piediluco e si tuffa nella sottostante gola del Nera formando le cascate. A flusso controllato, è la più alta cascata d'Europa e tra le più alte del mondo. L'acqua della cascata delle Marmore è utilizzata per alimentare la centrale idroelettrica di Galleto. Un segnale acustico avvisa dell'apertura delle paratoie di regolazione, e in pochi minuti la portata aumenta fino a donarle l'aspetto conosciuto. L'accesso al parco è possibile dal basso (belvedere inferiore) e dall'alto (belvedere superiore). Il dislivello è breve ma notevole ma non possiamo perderci l'emozione di vivere questo spettacolo naturale. Sapevate che la costruzione della Cascata delle Marmore risale al 271 a.C. ad opera dei Romani, per bonificare un’area paludosa nelle vicinanze del Fiume Nera? Si tratta di una formidabile opera di ingegneria realizzata per favorire il deflusso delle acque del Velino che straripavano sui terreni circostanti creando zone di acque stagnanti, paludose e nocive per la salute. In epoche successive e fino al Rinascimento, vennero compiuti ulteriori lavori di perfezionamento fino all'assetto attuale. La rupe e il suo spettacolare getto d'acqua hanno ispirato decine di artisti e scrittori di ogni epoca storica. Si pensi solo a Virgilio, Cicerone e Lord Byron. Il cielo diventa nero, anzi nerissimo e raggiungiamo Gubbio sotto una fitta pioggia.
Uno dei borghi medievali più belli dell’Italia centrale e adagiata alle pendici delle colline umbre a 522 metri d'altezza. Gubbio è una città ricca di storia, fu per secoli teatro di moltissimi eventi storici come l'arrivo di San Francesco presso la famiglia degli Spadalonga. Qui si può ancora respirare l’aria medioevale, farsi incantare dai suoi meravigliosi edifici come il Palazzo dei Consoli costruito nel XIV secolo in stile gotico per rappresentare la potenza dei Montefeltro. Ora è sede del museo civico. Davanti al Palazzo dei Consoli, sulla Piazza Grande di Gubbio, si trova Palazzo Pretorio mai terminato del tutto, la Chiesa di San Francesco che fu costruita nella seconda metà del Tredicesimo secolo. Da vedere la Chiesa di S. Francesco della Pace (o dei Muratori) nel luogo in cui secondo la leggenda c'era la grotta dove si rifugiava il lupo di Gubbio. Dentro si può ancora vedere la pietra sulla quale, secondo la leggenda, avvenne la riconciliazione tra San Francesco e il lupo e il sarcofago in pietra dove ancora riposano le spoglie del lupo. Ma la pioggia che non da tregua nonostante la nostra tempra, ci obbliga a fermarci rimandando ad un'altra occasione la visita a questa bellissima città. 

(fonti storiche: umbriatourism.it)

lunedì 19 settembre 2022

Quattro passi in Valcamonica (17-18 settembre)

Sabato 17 settembre
- Allungata su un territorio che dal Passo del Tonale, a 1883 metri, raggiunge la Corna Trentapassi presso Pisogne sul lago d'Iseo, la Valcamonica è una delle valli più estese delle Alpi centrali. Il Mortirolo è un'ampia conca che si estende sopra il paese di Monno (mt 1066), un piccolo centro (dis)abitato intorno alla chiesetta di S.Giacomo (mt 1766), e sul passo del Mortirolo (mt 1896)  valico alpino posto a cavallo tra la Valtellina e la Valcamonica e celebre per il passaggio del Giro d’Italia. A sud-est si eleva monte Pagano (mt 2348) con una grande fortezza della Grande Guerra. A nord del Pagano la cima di Grom (mt 2763), che delimita la val Varadega, mentre l'altro versante inizia con cima Resverde (mt 2348) dalla grande croce, per terminare con il monte Varadega (mt 2634), raggiungibile da una strada militare. A sud-ovest si ergono le cime Verda (mt 2409) e Cadì (mt 2449) a completare il circolo montuoso. Prima del passo, dopo l'albergo Passo Martirolo, una deviazione a destra porta al Pianaccio, che dà accesso alla zona dei laghi Seroti, mentre più avanti si può scendere al lago del Mortirolo ed al rifugio omonimo. La breve escursione parte dal sottostante Rifugio Antonioli, un'oasi di pace e bellezza circondato da verdi montagne, lungo una traccia che si inoltra nel bosco sino ad incrociare un delizioso lago d'altura dove è possibile praticare la pesca. Lo aggiriamo a mezza costa raggiungendo in breve il passo di Martirolo, continuiamo brevemente sull'asfalto per poi deviare a destra tra prati e rododendri seguendo letteralmente...i fili dei tralicci sino ad incrociare una bella mulattiera e raggiungere il Rifugio del lago Martirolo.
Dopo una breve sosta, lungo il Sentiero delle Malghe recuperiamo il percorso che ci riporta all'Antonioli dove ci fermiamo a cena tra pizzoccheri, polenta e ottimi formaggi di malga.
Domenica 18 settembre - Dal parcheggio del pianoro di Valbione seguiamo le indicazioni per il rifugio Petitpierre. Ci incamminiamo lungo la sterrata in lieve salita nel bosco costeggiando il campo da golf. Ignorato un sentiero che sale a sinistra, troviamo un cippo in granito che indica il km 5 dal Ponte sull'Oglio. In un tratto in piano l'apertura tra gli alberi consente uno sguardo sul sottostante laghetto artificiale. Torniamo in leggera salita, si supera il cippo che indica il km 6, raggiungiamo una seggiovia e vi camminiamo sotto fino al tornante successivo. Sul prosieguo dell'ascesa si apre la visuale sulla valle sottostante con la Cima di Salimmo che si erge alle propaggini settentrionali del Gruppo dell'Adamello e chiude la testata della Val Seria con ripide pareti percorse da lunghi canali rocciosi. Al successivo tornante (mt 1890) il bosco diventa più rado e superato l'ennesimo cippo le imponenti conifere lasciano il posto ad alberi e arbusti più bassi. Vediamo davanti a noi una cappella, raggiungiamo la stazione d'arrivo della seggiovia e subito dopo il rifugio Petitpierre al Corno d'Aola che costituisce la prima punta rocciosa della cresta che sale verso la Cima Salimmo e prosegue verso la Cima Calotta, nel settore settentrionale dell'Adamello una selvaggia, impervia e poco frequentata montagna sopra Pontedilegno, dove sono presenti interessanti resti di trincee della Grande Guerra. Il ritorno avviene a ritroso sullo stesso percorso.

lunedì 12 settembre 2022

Forte Interrotto: tra boschi e mute pagine di storia - domenica 11 settembre

L'Altopiano dei Sette Comuni, cuore del territorio vicentino, si distingue per i suoi panorami sconfinati tra prati verdi e fitti boschi, paesi dagli alti campanili e corone di vette, ma è anche 
una terra che ha raccolto il sangue della guerra. L'itinerario per Forte Interrotto inizia dal parcheggio di Camporovere, a pochi chilometri da Asiago, si impegna una stradella dissestata che va a raggiungere le postazioni militari di Monte Rasta. Alzi lo sguardo e scopri in alto l'inconfondibile mole del forte raggiungibile dopo una breve serie di tornanti sterrati. Forte Interrotto - costruito sulla cima dell'omonimo monte (mt 1392) - deriva dal cimbro Hinterrucks che significa "monte posto a nord" e domina la conca centrale dell’Altopiano. Fortezza ottocentesca (la costruzione fu completata nel 1887), concepita inizialmente come caserma per ospitare il battaglione alpini "Bassano", priva di opere corazzate e quindi non adeguata alle esigenze del primo conflitto mondiale, era armata con due cannoni in casamatta e qualche mitragliatrice. Abbandonato dalla guarnigione italiana il forte viene occupato durante l'avanzata austriaca della primavera 1916 (Strafexpedition) e trasformato in posizione strategica di osservazione a ridosso della prima linea delle fortezze quali il Verena, costruita immediatamente prima della guerra.
Il forte viene munito di alcuni cannoni di piccolo calibro e un potente riflettore che scrutava le linee italiane scavate nei pascoli e negli orti, fra le rovine dei paesi dell’altopiano, evacuati poco prima dell’arrivo delle truppe nemiche ormai lanciate alla conquista della pianura vicentina. Un largo fossato, attraversato da un ponte levatoio, circonda il forte e lo rende simile ad un castello medievale. Edificato su due piani ha un'altezza totale di 14 metri, ancora oggi ha conservato l'ampio cortile interno dove si trovavano la cisterna d'acqua, gli alloggi, i magazzini dei viveri, il deposito per le munizioni, la stalla per i cavalli e la cucina e tutte le funzioni di approvvigionamento delle truppe. Non ha avuto ruoli durante la grande guerra rimanendo in mano agli austroungarici fino alla fine del conflitto. Sottoposto a recupero e consolidamento statico su iniziativa del Comune di Asiago, è entrato a far parte dell' Ecomuseo della Grande Guerra delle Prealpi vicentine, ed è utilizzato anche come location per particolari eventi. Dopo aver visitato il suggestivo forte si affronta la vecchia strada militare che si addentra nel bosco, lungo il tracciato si intravedono i primi ruderi, qualche trincea e i classici avvallamenti dovuti ai bombardamenti, per poi raggiungere la zona dei Cimiteri Mosciagh. Tutto il tragitto segue una parte del Sentiero della Pace, un percorso escursionistico lungo oltre 500 chilometri che collega il Passo del Tonale alla Marmolada, 
un vero e proprio museo all'aperto, linea ideale del fronte italo-austriaco della prima guerra mondiale. L'ultimo cimitero è dedicato alla brigata Sassari, la brigata di Emilio Lussu che con il suo libro "Un anno sull'Altipiano" rappresenta una delle testimonianze più importanti dei tragici eventi che hanno coinvolto queste montagne. Giunte al bivio non si continua in direzione della Croce del Francese, manteniamo invece il sentiero 833 verso monte Zebio per poi lasciarlo in corrispondenza della forestale che scende in direzione del forte attraverso boschi incantevoli ma ancora profondamente feriti dal passaggio della tempesta Vaia (ottobre 2018), chiudendo il bellissimo anello escursionistico sotto le possenti mura della fortezza.


PARTENZA: Monte Rasta 
(mt 1204)
SEGNAVIA: 833
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 350
ALTITUDINE: mt 1555
LUNGHEZZA: km 12

martedì 6 settembre 2022

Grigliata al top - domenica 4 settembre

Fantastica grigliata sulle dolci colline veronesi delle Torricelle di Verona tra chiacchiere, risate e bella musica.

Un grazie grandissimo alla padrona di casa, Donatella da parte di tutta l'Associazione!!

lunedì 29 agosto 2022

Il castello di Agazzano e il fantasma del conte "Buso" - domenica 28 agosto

Il castello - parte del circuito Associazione dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli - si affaccia sulla meravigliosa Val Luretta, terra di vigneti, cantine e vini d'eccellenza e si trova sul limitare del centro abitato di Agazzano in un punto di leggero dislivello, dove le ultime propaggini collinari dell'Appennino ligure lasciano il posto alla pianura Padana. E' parte del circuito Associazione dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli. In attesa del percorso di visita assistiamo ai giochi ispirati alla celeberrima saga di Harry Potter e organizzati per la felicità dei più piccoli all'interno del castello. Le origini del complesso fortificato risalgono al tredicesimo secolo per volontà di Giovanni Scotti che fece di Agazzano il centro dei possedimenti familiari ma la ricostruzione vera e propria risale al 1475 quando la nobile famiglia, dopo che un incendio aveva pesantemente danneggiato la fortezza, avvia la realizzazione di un complesso a scopo difensivo formato da due edifici contigui: il castello e la rocca. In questo periodo la famiglia Scotti si unisce ai Gonzaga col matrimonio del conte Giovanni Maria Scotti con Luigia Gonzaga di Novellara, donna di grande capacità a cui si deve la realizzazione del bel loggiato ancora oggi percorribile nella Rocca. Nel 1521 il castello viene conquistato da Pier Maria Scotti detto il Buso, al servizio del condottiero Prospero Colonna, poi ucciso a tradimento nella stessa giornata da Astorre Visconti durante la spartizione del bottino e gettato nel fossato del castello, corpo non venne mai ritrovato. La leggenda vuole che il suo fantasma si aggiri senza pace tra le mura del maniero.
Il complesso rimane tra i beni degli Scotti fino al 1741, quando alla morte dell'ultimo erede Ranuccio, passa alla figlia primogenita Margherita che lo porta in dote al marito, il conte Girolamo Anguissola di Podenzano che decide di aggiungere il cognome Scotti al proprio. Dall'unione delle due famiglie abbiamo la fusione araldica delle stelle (gli Scotti) con l'anguilla (gli Anguissola). La bella rocca duecentesca con torri angolari rotonde, ponte levatoio, mastio con rivellino, si affaccia su un cortile di grande suggestione e rappresenta una felice sintesi tra l'austerità dell'architettura difensiva medievale e l'eleganza della dimora signorile rinascimentale. Accanto troviamo una villa settecentesca che in origine era il borgo della rocca. Il cortile interno, dotato di un pozzo di forma esagonale, presenta in tre lati su quattro al piano rialzato un loggiato con volta a crociera al quale si accede dall'ingresso tramite due rampe di scale. Il quarto lato, realizzato verso la fine del Rinascimento, ospitava gli alloggi della guarnigione militare del castello. Una scala posta nel cortile conduce a un passaggio che, secondo la leggenda, permetteva di raggiungere il castello di Lisignano sull'altra sponda del Luretta, nel territorio del comune di Gazzola. L'interno del castello presenta gli appartamenti privati con i camini dell'epoca e le cucine.
Di notevole pregio, nella sala della musica, una collezione di ceramiche di diversa fattura tra cui l'antica Savona di Albissola e porcellane di Capodimonte, Maissen e Sèvres in bella mostra sulle importanti credenze settecentesche. Anche il giardino alla francese, munito di statue e fontana nasce alla fine del Settecento. Al suo progetto ha partecipato anche Luigi Villoresi, direttore del Parco della Villa Reale di Monza. Esso sorge dove erano originariamente presenti una vigna e il fossato che circondava l'esterno della rocca. Del vigneto rimane una porzione di circa tre ettari che viene utilizzata per la produzione di vini invecchiati successivamente nelle cantine. Sul finire della visita l'incontro piacevolissimo con il principe Scotti Anguissola, foriero di racconti di antenati e fantasmi legati a questo splendido castello.