Sabato 21 e domenica 22 giugno week end in Valcamonica con l'escursione ai Laghi Seroti (meteo permettendo che sarà monitorato in questi giorni)
venerdì 13 giugno 2025
giovedì 12 giugno 2025
Prossimamente...con le marmotte
PROGRAMMA 2025
- Serata Pizza - sabato 28 giugno
- Trekking al Passo della Presolana (BG) - domenica 29 giugno
- Serata pizza - venerdì 4 luglio
- Trekking al Rif. Fiori del Baldo - domenica 6 luglio
- Torneo di bowling al Centro Commerciale La Grande Mela -venerdì 11 luglio)
- Trekking al Rifugio Mirtillo - domenica 13 luglio
- Serata in musica con le marmotte al "SoleLuna" di Montichiari - sabato 19 luglio
Pranzo alla Trattoria Loncrino (Torri del Benaco) - domenica 10 agosto
…e fra le altre proposte: Il sentiero dell’infinito in Liguria (6-7 settembre), due tappe del Cammino di Oropa (settembre), la Viel del Pan (inizi ottobre) e tanti altri programmi
Le escursioni in montagna tra le Dolomiti e le Prealpi lombarde, le cene, pranzi e apericene saranno inseriti di volta in volta nel programma considerando anche il venerdì sera e il sabato
Contatto telefonico: 347 1527671
Le nostre pagine Facebook e questo blog
Ubicazione:Nord Italia
Via S. Allende, 13, 25018 Montichiari BS, Italia
mercoledì 4 giugno 2025
GRANDE FESTA D'ESTATE con le marmotte!!!
SABATO 19 LUGLIO appuntamento alla casa-vacanze "Sole&Luna" (via San Zeno 31 a Montichiari dove abbiamo fatto la festa dei 15 anni) per una serata di ottima musica e buona gastronomia accompagnate dai ritmi della dj Andreas A PARTIRE DALLE ORE 19.30!!
Costo della serata: 35 euro con una caparra di € 15 da dare "brevi manu" in occasione dei nostri eventi oppure tramite versamento sulla nostra Postapay Evolution n° 5333 1712 2956 3610 a nome Teodolinda Mian (causale GRANDE FESTA D'ESTATE 19 LUGLIO)
IBAN: IT20P3608105138244435344441 (verrà emessa regolare ricevuta della caparra)
Info e prenotazioni al 347 1527671, sulle nostre pagine Facebook e su questo blog
martedì 3 giugno 2025
Sul Sentiero dei Grandi Alberi - lunedì 2 giugno
Il Sentiero dei Grandi Alberi ci porta alla scoperta di giganti silenziosi, alberi secolari testimoni di tempi antichi. Raggiungiamo l’altopiano delle Montagnole nelle Prealpi Vicentine, in corrispondenza della seggiovia di Recoaro Mille-Monte Falcone (località Pizzegoro) da dove parte questa bellissima escursione. Tra dolci pascoli e boschi incantati arriveremo al rifugio Cesare Battisti alla Gazza. Dopo aver lasciato l’automobile nell’ampio parcheggio vicino al bar Castiglieri ci incamminiamo lungo la strada delle Casare finché, alla nostra sinistra, non imbocchiamo il sentiero 120 con la presenza, lungo tutto l’itinerario, di numerosi pannelli didattici che descrivono i grandi alberi e il loro contesto naturale. Tra brevi tratti in mezzo al bosco e ampi alpeggi, il percorso si sviluppa lungo leggeri saliscendi. Superiamo dapprima la vecchia cava di marmo e poi malga Anghebe a 1178 metri dove si apre una vista spettacolare sulle Piccole Dolomiti, dal Monte Mesole fino al Gruppo del Carega.Proseguiamo per malga Morando e il sentiero, in costante leggera salita, ci porta a Malga Podeme. La superiamo e dopo pochi passi, in basso a destra, è possibile scorgere il suggestivo Laghetto Sea Del Risso. Si tratta di un piccolo specchio d’acqua circondato dal bosco che si raggiunge percorrendo un piccolo tracciato boschivo anche se non è segnalato. Il sentiero procede in leggera salita, superiamo Malga Morando, che troviamo aperta, e chilometro dopo chilometro ci avviciniamo sempre più al bosco. Si raggiunge senza troppo sforzo Malga Ofra poi in successione si superano diverse malghe: malga Raute, Malga Pace e la vicina Malga Rove alta dopo la quale si trova un bivio che da un lato sale un po’ ripido sul colletto del Monte Rove e dall’altro, quello che seguiamo noi, il sentiero più semplice che, anche se leggermente più lungo, procede nel bosco con un dislivello minimo. Continuiamo la nostra escursione seguendo la segnaletica che fortunatamente è sempre presente. Talvolta si palesa con il classico cartello bianco e rosso del Cai mentre altre volte con cartelli bianchi e azzurri scritti a mano. Li troviamo ad ogni bivio e a cadenza regolare anche laddove il sentiero procede lineare. Oltrepassata quest’ultima malga, il sentiero prosegue in salita fino ad un bivio ignorando il sentiero che porta a Passo Ristele. Adesso la salita si fa un po’ più accentuata ma mai difficile e il sentiero è un continuo dentro e fuori dal bosco. Le soste fotografiche sono numerose perché il panorama ha dei colori meravigliosi. Alla fine, dopo oltre otto chilometri percorsi sbuchiamo sulla strada asfaltata ma non siamo ancora arrivate al rifugio. Dobbiamo percorrere altri 600 metri in salita seguendo i tornanti della strada e stando attente alle vetture che sporadicamente passano.Ed eccoci finalmente al Rifugio Cesare Battisti alla Gazza (mt 1265). Si trova ai piedi del massiccio del Carega alla base dei ghiaioni che scendono dal Passo delle Tre Croci. A nord si erge la maestosità delle Creste del Fumante, caratteristico l’imponente spigolo del Torrione Recoaro. Il Rifugio Battisti è ricavato da una vecchia caserma della guardia di finanza dismessa e ceduta nel 1922 all’Unione Sportiva Pasubio di Valdagno e da quest’ultima adattata al rifugio dopo vari ampliamenti, passaggi di proprietà e di gestione. Nel 1963 il lanificio Marzotto lo ha donato alla sezione Cai di Valdagno. Su un vicino dosso è stata eretta una cappella in memoria degli alpinisti valdagnesi caduti in montagna tra cui la grande alpinista Cristina Castagna scomparsa il 18 luglio 2009, sul Broad Peak (il suo quinto Ottomila himalayano) durante la discesa in un crepaccio a quota 7000 metri dopo aver raggiunto la vetta con il compagno di cordata Giampaolo Casarotto. Accanto alla chiesetta c'è un reticolo di trincee difensive con il punto più elevato denominato caposaldo al Colle della Gazza. Dopo la sosta nell'ampio pianoro si prosegue transitando nuovamente davanti al rifugio che scende all’enorme trincea Sarantonjo che s'impenna attraversando prima il sentiero 120 e una parte del 121 del Ristele. Il percorso continua addentrandosi in un fitto bosco per poi uscire nei ghiaioni detritici del Vajo dell’Acqua e della Fratta Grande alle pendici del Monte Zevola (mt 1976). Con una serie di ripide serpentine tra i mughi il percorso boschivo cala in ripida discesa fino a trovare la traccia di raccordo con il sentiero dei Grandi Alberi e da quiproseguire sullo stesso percorso dell'andata.
PARTENZA: Recoaro 1000 (mt 1019)
SEGNAVIA: Cai 120
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 250
ALTITUDINE: mt 1265
LUNGHEZZA: km 18
domenica 1 giugno 2025
Splendida escursione ai piedi delle Odle - sabato 31 maggio
Ci troviamo all’interno dello splendido Parco Naturale Puez-Odle, area naturalistica protetta dal 1978, e l’escursione a Geisleralm - il Rifugio delle Odle - è una delle più scenografiche della Val di Funes. E’ un percorso di moderata difficoltà e una volta arrivate al rifugio il panorama sul Gruppo delle Odle si presenterà in tutta la sua bellezza. Raggiunta località Santa Magdalena (BZ) il parcheggio di Malga Zannes (mt 1680) è situato pochi chilometri più avanti ma prima di metterci in cammino puntiamo al vicino rifugio Treffpunkt Zans, un terrazzo con splendida vista sul gruppo delle Odle e crocevia da cui dipartono tutte le escursioni del parco, per un ottimo panino. Imbocchiamo il sentiero Cai 6 che corre in modo deciso nel bosco a lato del torrente fino ad arrivare al ponte sul rio Ciancenon. La segnaletica è davvero ben segnata ed è difficile sbagliare quindi, oltrepassato il ponticello, si prosegue sul sentiero Cai 35 che coincide con una parte dell’Adolf Munkel Weg, il sentiero panoramico ai piedi delle Odle tracciato dal Club Alpino di Dresda nel 1905 e intitolato all’alpinista tedesco e, successivamente, presidente della sezione Adolf Munkel. Nel continuo alternarsi di piccoli tratti ripidi a lunghi percorsi semi pianeggianti nel bosco, ecco che tutto d'un tratto fanno capolino tra gli abeti le splendide vette delle Odle, imponenti guglie calcaree frastagliate dal profilo inconfondibile che si stagliano sul cielo terso (Odle in ladino significa aghi). Il sentiero passa vicinissimo ai pendii detritici sotto la Furchetta che conduce fino ad un avvallamento pianeggiante punteggiato da grossi massi franati. Superata la radura, attraversiamo un lungo ponticello, il tracciato s'impenna e a metà corsa troviamo l'ennesimo bivio. Seguiamo le indicazioni per il sentiero Cai 36 che sale dolcemente fino a portarci fuori dal bosco nel mezzo di un enorme prato alpino con le Odle sempre lì a sorvegliare il nostro cammino. Dopo un centinaio di metri raggiungiamo Geisleralm, o Rifugio delle Odle, a quota 1996 metri. D'improvviso ci si ritrova avvolte da un meraviglioso spettacolo della natura, oltre al verde sconfinato, con le cime delle Odle che si stagliano sull'orizzonte. Da destra a sinistra il panorama offre il profilo dei prati del Seceda (2519 metri) e le inconfondibili vette del Sass Rigais e del Furchetta ambedue a 3025 metri, le due vette più alte di tutto il Parco Naturale Puez-Odle. Il Geisleralm è piuttosto affollato ma ci trovano velocemente un tavolo. Sgranocchiamo pane croccante accompagnato da un tagliere ricco di vari assaggi: dagli affettati ai formaggi di malga, alle salse e sfiziose verdurine. Risalita la dorsale, dove il rifugio ha creato delle sdraio in legno per i propri ospiti, andiamo a contemplare uno scenario naturale di rara bellezza. Ma è anche tempo di riprendere il cammino procedendo a sinistra lungo il sentiero Cai 34. Si procede su una piacevole forestale che nella penombra del bosco scende zigzagando, pieghiamo prima verso il sentiero Cai 33B per poi prendere il sentiero Cai 33. Ormai ci siamo, l'escursione prosegue in semipiano fino al parcheggio. Sulla via del ritorno fermata obbligatoria a Ruini per visitare la celeberrima chiesetta di San Giovanni, parte del maso Ansitz Ranuihof, uno dei soggetti più fotografati dell’Alto Adige. Non c’è escursionista che non rimanga affascinato dalla cappella barocca con il suo campanile a cipolla in rame coronato da una stella, che si protende fiero verso le cime delle Odle...
PARTENZA: Malga Zannes (mt 1680)
SEGNAVIA: Cai 6-33-33B-34-35-36
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 320
ALTITUDINE: mt 1996
LUNGHEZZA: km 10,1
lunedì 26 maggio 2025
Le malghe alte tra Erbezzo e Ala - domenica 25 maggio
Malga Lessinia (mt 1616) è il punto di partenza di un itinerario che attraversa le malghe alte tra i comuni di Erbezzo e Ala, a cavallo quindi tra le regioni Veneto e Trentino Alto Adige. Lasciato il parcheggio limitrofo alla malga si prosegue per poche centinaia di metri raggiungendo il Ridotto del Pidocchio (sentiero 250), parte di un caposaldo militare sapientemente recuperato dall'Associazione Nazionale Alpini e ora visitabile in tutto il suo articolato sviluppo. Si procede in leggera salita raggiungendo il bivio di Castelberto, e da qui si risale la dorsale al soprastante Rifugio Castelberto (mt 1765) fedele ricostruzione di un ex caserma della prima guerra mondiale. Si tratta della punta terminale, verso nord, dell’altopiano dei Monti Lessini. Nonostante il cielo si mantenga grigio con brevi sprazzi di sole la vista spazia dalla Val d’Adige e la sottostante Val dei Ronchi alle vicine cime del Pasubio e del Carega. Tutta la Lessinia è visibile, la Valpolicella e il lago di Garda verso Sirmione. A ovest, la tipica cornice del Monte Baldo, l’Altissimo, le cime meno vicine dell’Adamello, con il Carè Alto e la Presanella. Verso nord, inconfondibili le sagome delle dolomiti del Brenta, Bondone e Paganella. Il tempo di un buon bicchiere di rosso e torniamo sui nostri passi recuperando la forestale del giro delle malghe in direzione di Malga Coe di Ala (mt 1660). La malga è formata da due edifici, una casara settecentesca e un baito costruito in due tempi.Dietro al caratteristico baito la strada prosegue in discesa, affiancando una bella casara in pietra, in direzione di Malga Revoltel (1547 metri) una delle malghe trentine dei Lessini. Posta su un dosso isolato altamente panoramico è un po’ defilata e quasi sempre non vi si passa davanti ma la si aggira, ma è di particolare importanza storica perché limitrofa ai resti di un grande caposaldo militare. Il fortilizio faceva parte della linea di difesa arretrata italiana che sarebbe entrata in funzione in caso di sfondamento del fronte da parte dell’esercito imperiale, ma questo non successe, nemmeno in occasione della Strafexpedition nel maggio/giugno del 1916. Il sentiero prosegue verso sud attraversando una folta abetaia fino a raggiungere Malga Lavacchione a quota 1402 metri. Ha una costruzione diversa dalle altre in quanto in un unico stabile sono concentrate casara, baito, stalla e porcilaia. Si continua in secca discesa lungo il Vaio delle Cisterne attraverso un bosco di grandi faggi secolari, e nel ritornare in Veneto, il sentiero piega decisamente a sinistra, riprende a salire con decisione per poi sboccare in una conca prativa. Il tracciato è fiancheggiato dai cippi che segnavano il confine tra il Regno d'Italia e l'Impero Austro-ungarico, e ci ricordano come questa zona sia stata per secoli terra di frontiera tra due stati.Raggiungiamo malga Lavacchietto a 1487 metri, un baito dismesso che merita particolare attenzione essendo unica nel suo genere in quanto è l'ultimo rimasto di una particolare tipologia di edificazione, quella a laste in piedi tipica dei casoti della Lessinia Occidentale, ovvero per la costruzione dei muri portanti sono state utilizzate delle grandi lastre in pietra conficcate nel terreno. Si continua su traccia erbosa cercando di non disturbare un gruppo di placide mucche, prima di entrare in Malga Campo Retratto (mt 1653), gestita da più di trent’anni dalla famiglia Giacopuzzi che porta le proprie bovine in alpeggio nei mesi estivi. In malga si produce un formaggio tipico, dall’ottimo sapore e dalle caratteristiche organolettiche uniche in quanto il latte usato non è pastorizzato e viene utilizzato nella sua forma naturale, senza essere sottoposto a trattamenti termici che eliminino i batteri salvaguardando la sua biodiversità. La malga la si trova aperta da giugno a settembre. Risaliamo fino alla Pozza Morta, un grande invaso funzionale all'abbeveraggio del bestiame di ben quattro malghe, ed ora solo pochi metri ci separano da malga Lessinia, costruita nel 1915 come caserma per i finanzieri durante la Grande Guerra, dove andiamo ad onorare la loro cucina con un eccellente tagliere di salumi e formaggi a chilometri zero che racconta, con gusto e semplicità, la storia e le tradizioni della meravigliosa Lessinia.
PARTENZA: Malga Lessinia (mt 1616)
SEGNAVIA: 250, Giro delle Malghe
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 470
ALTITUDINE: mt 1765
LUNGHEZZA: km 12,5
martedì 20 maggio 2025
La Valcamonica, dove antico e moderno si intrecciano (sabato 17 e domenica 18 maggio)
Un "tour leggero" che viaggia senza programmi scritti e con un itinerario flessibile. Un approccio al viaggio che privilegia la libertà e la spontaneità, permettendo di scoprire nuovi luoghi senza la rigidità di un percorso predefinito. Sabato 17 maggio - Con queste premesse andiamo alla scoperta della Franciacorta, un territorio di colline tappezzate di vigneti e modellate da piccoli borghi in pietra, torri merlate, castelli, prestigiose cantine, antichi palazzi e silenziosi monasteri a due passi dalle sponde meridionali del lago d'Iseo. Territorio e vino. Due parole che accostate in sequenza formano un connubio rilevante. Il prodotto diventa occasione per conoscere e valorizzare un territorio in un panorama contemporaneo in cui la richiesta non è più soltanto quella di degustare, ma anche quella di entrare in contatto con il luogo dove il prodotto trae origine, per scoprirne la storia e le caratteristiche più autentiche e genuine. Ed allora si va tra le colline moreniche, tra Brescia e il Sebino, in una delle realtà vinicole più prestigiose di questa terra: la cantina Berlucchi a Borgonato di Corte Franca. Fondata nel 1955 da Guido Berlucchi, discendente della nobile famiglia dei Lana de’ Terzi, insieme all’amico Giorgio Lanciani e all’enologo Franco Ziliani, è l’inizio di una storia leggendaria: dalle intuizioni di Franco Ziliani e dal suo desiderio di creare una bollicina “alla maniera dei francesi” nacque nel 1961 il primo Pinot di Franciacorta, capostipite di tutti gli spumanti Franciacorta. Il grande successo riscontrato dalla Guido Berlucchi spinse, nel corso degli anni, altri produttori a intraprendere la stessa strada trasformando il territorio in quello che rappresenta la culla del Metodo Classico italiano. Nella cantina storica, scavata a dieci metri sotto il livello del suolo dagli antenati Lana de’ Terzi nel 1680, le bottiglie trovano l’ambiente ideale per l’affinamento. Accanto alle antiche cantine sorge il Palazzo Lana, un’affascinante dimora seicentesca impreziosita da fregi, affreschi e antichi arredi. La visita si conclude con un'ottima degustazione di splendide bollicine. Dalle terre franciacortine si segue blandamente la costiera dell'Iseo con le sue acque cristalline e la vegetazione rigogliosa. Una curiosa segnaletica ci porta diritto alla “Big Bench” di Sale Marasino, una panchina gigante arancione, posizionata in località Maspiano a circa 300 metri di quota all'interno di un bel bosco che regala una vista mozzafiato sul Sebino e su Monte Isola. L’installazione è parte del progetto Big Bench Community Project del designer americano Chris Bangle, che vive a Clavesana nelle Langhe dove ha costruito nel 2010 la prima panchina gigante di colore rosso. A dire il vero molti prendono le distanze dalla proliferazione incontrollata delle panchine giganti che si sta verificando nei nostri territori con le loro tonalità improbabili...La serata si conclude nella saletta dell'agriturismo "I due Angeli" di Ome, splendidamente insediato su una terrazza naturale tra vigneti e rilievi collinari che si perdono nell'infinito orizzonte della pianura, in un viaggio sensoriale alla scoperta di piatti tipici del territorio della Franciacorta reinterpretati in chiave contemporanea nel pieno rispetto delle materie prime locali. Domenica 18 maggio - Riprendiamo il nostro placido peregrinare risalendo la bassa Valcamonica in direzione del Lago Moro, compreso nel territorio tra Darfo Boario Terme e Angolo Terme, a 381 metri di altitudine. E' un piccolo e incantevole lago alpino adagiato tra le colline delle Sorline e di Rodino, al di sotto dei monti Pora e Altissimo. L'unico centro costiero (abitato solo da poche decine di persone) è il caratteristico borgo di Capo di Lago, presso la punta orientale del lago. E da questo punto si parte per una tranquilla escursione che porta, tra stradicciole e sentieri, alla scoperta del suggestivo lago, uno specchio d’acqua che dal fondovalle rimane nascosto dalle montagne che lo circondano tra castagneti, casette e punti panoramici mozzafiato. Questa zona è di grande pregio naturalistico perché vi si ha la più alta concentrazione di biodiversità d’Europa, trovandosi a metà strada tra il Lago d’Iseo, con il suo clima mediterraneo, e l’Adamello, con il suo clima glaciale, una condizione favorevole che si riflette anche sulle produzioni di formaggi, miele, olio locali. Più a nord ci si cala nelle atmosfere medievali del Castello di Breno. Ad attenderci in cima, dopo una breve camminata dal centro cittadino, il bel castello arroccato su un colle con vista spettacolare sul gruppo montuoso della Concarena. Come tutta la Langobardia Maior, la Val Camonica entra a far parte
dell'Impero carolingio nel 774 mentre l'imperatore Federico Barbarossa nel 1164 le concede ampi privilegi considerandola come un'entità unitaria e omogenea distinta
dal bresciano. A partire dal 1337 l’intero territorio bresciano, inclusa la vallata camuna,
entra definitivamente a far parte dei domini dei Visconti ma è durante la dominazione della Serenissima che i veneziani realizzano consistenti opere di consolidamento consapevoli che il castello avesse un
interesse strategico per il controllo dell'intera valle.
L'evoluzione delle armi da fuoco, delle tecniche e delle tattiche di guerra, diminuì
l'importanza strategica della rocca tanto che nella seconda metà del Cinquecento il castello risultava inhabitato, poi con un atto di cessione datato 16 aprile 1598, si vendette il terreno entro le mura castellane, venne assegnato al comune brenese. Il sito su cui si erge il castello ha un'origine ben più antica. Al di sotto del torrione ghibellino sono stati trovati i reperti di una abitazione neolitica, di forma trapezoidale, larga cinque metri appoggiata a guanciali laterali di roccia. Superata la torre di avvistamento ci si affaccia allo spiazzo aperto
recintato di mura. Le due torri maggiori sono in parte diroccate, mentre il torrione dell’ingresso
principale si presenta in buon stato di conservazione. Nella parte sud-ovest dell’area del castello venne costruito nel XIII secolo un edificio signorile dove sopravvivono solo tratti di murature. Poco distante si trova una piccola torre. Già verso il 1250 l’intera cima della collina
doveva essere stata chiusa con un muro di cinta, come indicano i tratti
superstiti di bella muratura ordinata. La maggior parte di ciò che oggi si vede nel
castello corrisponde alla sua funzione di fortezza militare. Le tracce si osservano soprattutto nella parte superiore dei muri, i cosiddetti “merli ghibellini”. All’interno si possono ammirare i resti della chiesa di San Michele, di origine longobarda poi ampliata in periodo romanico. Gli altri edifici, di cui rimangono soprattutto i muri perimetrali e i sotterranei con volte a botte, vennero aggiunti durante la dominazione veneziana. Torniamo verso Bienno e il suo bellissimo cuore medievale tra vicoli stretti, vecchi mulini e palazzetti rinascimentali. Reso fatato dalla luce delle torce, il borgo si accende l’ultima settimana di agosto con la Mostra Mercato dell’Artigianato e dell’Antiquariato dislocata lungo la suggestiva cornice del centro storico. Ora saliamo al soprastante Colle della Maddalena dove la possente scultura in oro zecchino di Cristo Re, con i suoi otto metri d'altezza, abbraccia un lembo meraviglioso della valle dell’Oglio. Opera dello scultore camuno Timo Bortolotti venne costruita per solennizzare la conciliazione tra lo Stato del Vaticano ed il Regno d’Italia attraverso i Patti Lateranensi. Terminati i lavori il 29 giugno 1931 iniziarono i festeggiamenti che proseguirono per un'intera settimana. La Valcamonica è un gioiello di eccellenze, naturali, gastronomiche e culturali, e il viaggio non può e non si deve fermare qui.
sabato 17 maggio 2025
lunedì 12 maggio 2025
Il giardino monumentale di Valsanzibio - domenica 11 maggio
Stupefacente universo paesaggistico, il giardino barocco di Valsanzibio viene realizzato tra il 1665 e il 1696 dal nobile veneziano Zuane Francesco Barbarigo e soprattutto dal figlio Gregorio, vescovo di Padova, affidando l'alta simbologia del progetto all'architetto Luigi Bernini, fratello del celeberrimo Gian Lorenzo. Nel 1631 la famiglia Barbarigo, che era già proprietaria di gran parte delle terre in Valsanzibio, si rifugia in questo luogo per sfuggire al contagio della peste nera che imperversava a Venezia ed in tutta Europa, che aveva già ucciso Lucrezia Lion, moglie del Barbarigo. In quella occasione Zuane Francesco Barbarigo con solenne voto, promise la costruzione di un'opera grandiosa per glorificare la grandezza di Dio se fossero stati risparmiati dalla terribile pestilenza. Lo splendido giardino, mantenuto integro nei secoli, conta di oltre sessanta statue scolpite nella pietra d'Istria, opere in gran parte del Merengo - lo scultore tedesco della Vestfalia Heinrich Meyring - ed altre sculture che si integrano tra architetture, ruscelli, cascate, fontane, laghetti, scherzi d'acqua e peschiere su oltre dieci ettari di superficie.
L'itinerario inizia dal Padiglione di Diana, il principale ingresso via acqua alla tenuta dei Barbarigo.Qui c'era l'approdo delle barche che arrivavano attraverso la valle da pesca di santo Eusebio, un tempo estesa a tutta la pianura ma oggi limitata al laghetto preservato per rispecchiare l'elegante costruzione. Varcato l’ingresso solenne si costeggia il Bagno di Diana, la Fontana dell’Iride (che, grazie all’incrocio di quattro zampilli, rivela l’arcobaleno) e la Peschiera dei Venti. Attraverso l'arco di Sileno, si percorre il Decumano sino a raggiungere la Fontana della Pila che va ad intersecarsi con il Viale Centrale: a sinistra si fiancheggia il Labirinto di bossi, simbolo iconografico ricco di significato che ha accompagnato l’uomo fin dall’antichità, che si sviluppa per circa un chilometro e mezzo, e sull'altro fronte la simbolica Grotta dell'Eremita con il suo maestoso e secolare platano. Imboccando alla nostra destra il Gran Viale, in direzione della Villa, troviamo l'Isola dei Conigli, l'unica garenna di ispirazione antico romana oggi esistente, a sinistra e su un'altura alla nostra destra è collocato, fulcro del cammino salvifico, il Monumento al Tempo.Si raggiunge così il piazzale davanti alla Villa dove otto allegorie fanno da corona alla Fontana dell'Estasi meta finale di un percorso ricco di fascino, metafore e mistero. Infine tagliando dalla Fontana delle Insidie, tra gli innumerevoli vialetti immersi nella ricca vegetazione dove sono presenti molti alberi piantati nel Seicento (oltre il 60% delle piante fanno parte del progetto originale del Bernini), raggiungiamo le Scuderie dove si trova un punto ristoro sotto fronde ombrose. Nel 1804 la casata si estingue e dopo alcuni passaggi di proprietà, dal 1929 i nobili Pizzoni Ardemani prendono in mano le sorti del monumentale complesso riparando i disastri causati dalla seconda guerra mondiale e ripristinando tutti i trentatre punti d'acqua del giardino compromessi da ottanta anni di progressivo impoverimento sorgivo. Una perla dei Colli Euganei. Consigliata la visita guidata per scoprire la storia del giardino e i suoi simbolici significati.
L'itinerario inizia dal Padiglione di Diana, il principale ingresso via acqua alla tenuta dei Barbarigo.Qui c'era l'approdo delle barche che arrivavano attraverso la valle da pesca di santo Eusebio, un tempo estesa a tutta la pianura ma oggi limitata al laghetto preservato per rispecchiare l'elegante costruzione. Varcato l’ingresso solenne si costeggia il Bagno di Diana, la Fontana dell’Iride (che, grazie all’incrocio di quattro zampilli, rivela l’arcobaleno) e la Peschiera dei Venti. Attraverso l'arco di Sileno, si percorre il Decumano sino a raggiungere la Fontana della Pila che va ad intersecarsi con il Viale Centrale: a sinistra si fiancheggia il Labirinto di bossi, simbolo iconografico ricco di significato che ha accompagnato l’uomo fin dall’antichità, che si sviluppa per circa un chilometro e mezzo, e sull'altro fronte la simbolica Grotta dell'Eremita con il suo maestoso e secolare platano. Imboccando alla nostra destra il Gran Viale, in direzione della Villa, troviamo l'Isola dei Conigli, l'unica garenna di ispirazione antico romana oggi esistente, a sinistra e su un'altura alla nostra destra è collocato, fulcro del cammino salvifico, il Monumento al Tempo.Si raggiunge così il piazzale davanti alla Villa dove otto allegorie fanno da corona alla Fontana dell'Estasi meta finale di un percorso ricco di fascino, metafore e mistero. Infine tagliando dalla Fontana delle Insidie, tra gli innumerevoli vialetti immersi nella ricca vegetazione dove sono presenti molti alberi piantati nel Seicento (oltre il 60% delle piante fanno parte del progetto originale del Bernini), raggiungiamo le Scuderie dove si trova un punto ristoro sotto fronde ombrose. Nel 1804 la casata si estingue e dopo alcuni passaggi di proprietà, dal 1929 i nobili Pizzoni Ardemani prendono in mano le sorti del monumentale complesso riparando i disastri causati dalla seconda guerra mondiale e ripristinando tutti i trentatre punti d'acqua del giardino compromessi da ottanta anni di progressivo impoverimento sorgivo. Una perla dei Colli Euganei. Consigliata la visita guidata per scoprire la storia del giardino e i suoi simbolici significati.
giovedì 1 maggio 2025
Auguri marmotte!
Care allegre marmotte...a chi cammina con noi sin dai primissimi passi, a chi si è appena unito nel tracciato, a chi ha percorso solo un pezzo di strada, a chi si è fermato per un lungo tratto per poi ritornare, a chi ha trovato forti motivazioni nel viaggio...
Un grazie a tutte voi care allegre marmotte per aver reso speciale questa splendida avventura!
lunedì 28 aprile 2025
Al Rifugio Filzi sul Finonchio - sabato 26 aprile
Conosciuto come Alpe Cimbra, il settore trentino del Gruppo degli Altipiani delle Prealpi Vicentine racchiude i comuni di Folgaria, Lavarone, Luserna e Altopiano della Vigolana legati da un passato condiviso e da una identità culturale unica. Sospesi tra l'Adige e il Brenta sono stati a lungo confine e punto di contatto, non sempre pacifico, tra culture italiane e tedesco-tirolesi. La storia degli altipiani racconta di lotte per l'autonomia e dispute feudali ma anche dei grandi conflitti del Novecento. I sette forti austro-ungarici della Prima Guerra Mondiale, le memorie della Resistenza e la Base Tuono NATO di Passo Coe sono testimoni silenziosi di un passato che si intreccia con la bellezza naturale di questi luoghi, fatta di dossi prealpini e dolci terrazzi alpestri, intervallati da profonde valli dai versanti scoscesi. Ed in questo meraviglioso contesto che oggi si sale al Monte Finonchio, all'estremità occidentale dell'Altopiano di Folgaria, raggiungibile dalla piazzetta di Serrada da dove parte il sentiero Cai 104. Un centinaio di metri, finisce l'asfalto e inizia l'ex strada militare che attraversa il bosco. L'avvio è morbido, poi la strada prende a salire. L'ambiente è alpestre (bosco misto, poi bosco di abeti rossi e larici). A quota 1372 metri, in prossimità di un tornante, approda da destra il sentiero 104B proveniente da Guardia il paese dipinto per i suoi dipinti murali sulle pareti delle case. Si continua sulla carrareccia e, con pendenza moderata ma costante, raggiungiamo i Prai del Finoncio (Prati del Finonchio) in località Zóm: qui si incrociano il sentiero 103 proveniente da Moietto e il sentiero 107 che sale da Scottini (Val di Terragnòlo). Al bivio proseguiamo in direzione delle antenne televisive e dei ponti radio telefonici collocati sulla cima del monte e progressivamente si aprono davanti a noi gli splendidi panorami su Folgaria e la Vigolana, sul Pasubio, sul Monte Baldo, sul Monte Stivo e sulle cime del Bondone, poi raggiunto il rifugio, leggermente più in basso, gli scorci suggestivi verso la Valle dell'Adige con Trento e la Vallagarina con Volano e Rovereto abbracciati dai vigneti. Il rifugio si presenta con caratteristiche costruttive singolari rispetto a quelli montani: di forma rettangolare si distingue per la linea del tetto, a volta semicilindrica. Una struttura estremamente originale dedicato alla memoria dei fratelli Filzi, celebrati personaggi dell'Irredentismo Trentino, costruito in vetta dagli alpinisti roveretani nel 1930, completamente ricostruito nel 1957 dopo i danneggiamenti della seconda guerra mondiale e nuovamente rimesso a nuovo nell'estate del 2014, ancora una volta (come quasi un secolo fa) con il sostegno dei soci della SAT di Rovereto. A fine aprile il rifugio è di regola chiuso ma vista la concomitanza con il lungo ponte del 25 aprile lo troviamo aperto e quindi approfittiamo della tradizionale cucina trentina di montagna ricca di piatti tipici che riflettono il clima e la geografia della regione. Tra questi spiccano i canederli, i spatzle, la polenta e la carne salada. Il ritorno avviene sullo stesso percorso dell'andata accompagnate per un tratto da una breve pioggerellina. Conviene ricordareche Serrada è anche il punto di partenza dell'importante trekking Forra del Lupo una trincea della prima guerra mondiale che conduce ad uno dei tanti forti degli altipiani trentini.
PARTENZA: Serrada (mt 1200)
SEGNAVIA: Cai 104
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 400
ALTITUDINE: mt 1603
LUNGHEZZA: km 9
lunedì 7 aprile 2025
Nel gran canyon della Cornagera - domenica 6 aprile
La Cornagera è una montagna delle Prealpi Bergamasche situata in valle Seriana, totalmente compresa nel territorio di Aviatico, e svetta sull'omonimo altipiano con la sua caratteristica forma piramidale permettendo la vista di gran parte delle Orobie, tra cui la Presolana, ma anche delle lontane Alpi Pennine dove, in giornate particolarmente limpide, si staglia nel cielo il massiccio del Rosa. Le guglie di dolomia - una roccia sedimentaria carbonatica costituita principalmente dal minerale dolomite del tutto sconosciuto prima della seconda metà del '700 quando venne identificato dal geologo Deodat de Dolomieu nelle montagne delle Dolomiti - svettano nell'azzurro e tra questi i torrioni Longo, Garlini, la Torre Savina e i Gemelli sono da tempo una nota palestra di arrampicata che hanno forgiato intere generazioni di alpinisti bergamaschi.
Parcheggiamo in località Cantul di Aviatico, si sale lungo via Cornagera per andare poi ad imboccare un sentiero su gradoni di legno che, con un primo tratto decisamente ripido, dapprima in campo aperto, affiancando alcune abitazioni, poi nel fitto bosco di carpini, faggi e noccioli, l'erto sentiero avanza in buona pendenza per un breve ma intenso tratto fino a intercettare alcuni bivi e un rudere immerso nella vegetazione. Il percorso è distinto dal segnavia Cai 537 e dopo circa una trentina di minuti ci si ritrova ai piedi di un ghiaione da dove si notano, poco sopra, i bianchi e calcarei torrioni della Cornagera che fanno da contrasto al verde della vegetazione in un paesaggio aspro e selvaggio. Si incrocia successivamente il sentiero Cai 521 e da questo punto il sentiero ha numerazione doppia (537-521). Oltrepassate le guglie più alte entriamo in un vallone racchiuso tra pareti verticali, un piccolo canyon che si insinua nel cuore della montagna offrendo scenari che si trasformano ad ogni passo: pinnacoli e pietraie, anse e piccole forre, luci ed ombre denominato non a caso il "Labirinto". Proseguiamo lungo il canyon fino ad intercettare un cartello che indica la via per la cima della Cornagera. Va ricordato che questo tratto è consigliato solo ad escursionisti esperti (EE) e il sentiero richiede attenzione e assenza di vertigini.
Si supera con arrampicata una piccola balza rocciosa e, giunti in cresta, la si rimonta fino alla cima. In pochi minuti guadagniamo la croce di vetta a 1312 metri e davanti a noi si apre visivamente tutto l'altopiano di Selvino. Si prosegue in leggera discesa il sentiero che porta al "Büs dela Carolina", la profonda fenditura nella roccia che nella parte finale quasi a stento consente il passaggio di una persona con lo zaino. All'uscita della faglia si prosegue sempre a destra, si arriva alla vetta del Monte Poieto a quota 1360 metri dove sorge una piccola edicola dedicata alla Madonna delle Nevi e con uno sguardo alla traccia si continua per il Rifugio Poieto, in prossimità degli impianti di cabinovia. Il complesso, da sempre considerato una delle infrastrutture di punta dell’altopiano Selvino-Aviatico, sta attraversando uno dei momenti più difficili ed incerti di una storia che ne aveva fatto, fin dagli anni Cinquanta, un modello turistico d'avanguardia. Dal 15 gennaio 2024 la struttura è chiusa a tempo indeterminato. Ferma la cabinovia, chiusi albergo e ristorante. Peccato. Appena sotto il rifugio c'è il Parco Daini, con alcuni cervidi intenti alla mangiatoia. Seguendo la sterrata che entra nella faggeta arriviamo a La Forca (mt 1160), dove il sentiero volge verso la verdissima Val Vertova aprendo bellissimi scorci sul Monte Alben, e da qui si scende lungo una stradella in direzione di Aviatico (Cai 519) che porta alla Madonna del Buon Consiglio. All'incrocio con Via Coletti tre gradini a sinistra, una traccia erbosa ed abbandoniamo l'asfalto. Siamo in località Seresana (mt 1103), ci alziamo nuovamente di quota passando sotto la cabinovia, rientriamo nella selva boschiva andando ad incrociare la segnaletica di Aviatico (piazzale bidonvia) che
scende al paese e successivamente al parcheggio. Conclusione di giornata all'ottima Caffetteria Del Piccinini di Selvino.
PARTENZA: mt 1022
SEGNAVIA: Cai 519-521-537
DIFFICOLTA': E-EE
DISLIVELLO: mt 325
ALTITUDINE: mt 1312
LUNGHEZZA: km 9
sabato 5 aprile 2025
Sfida a bowling lombardo-veneta!!! - venerdì 4 aprile
Gran bella serata quella del "Torneo di bowling tra lombarde e venete" al Gran Canyon Bowling Biliard del Centro Commerciale LA GRANDE MELA a Sona (VR). Per la cronaca i primi quatto posti sono stati appannaggio delle lombarde ma il tutto in una serata di puro divertimento e con buone prestazioni di tutte le concorrenti sulle piste.
lunedì 31 marzo 2025
Palazzo Moroni: un viaggio tra arte barocca e natura - domenica 30 marzo
Circondata dall'abbraccio delle Mura Veneziane - Patrimonio dell'Umanità UNESCO - e immersa nel Parco dei Colli, Città Alta è il nucleo storico di Bergamo. La raggiungiamo a piedi partendo dalla moderna città orobica attraverso scalette in pietra che risalgono dolcemente lungo i fianchi del colle, poi appare come d'incanto il suo cuore medievale con le antiche vie acciottolate, le architetture dei palazzi storici e le aerose piazze, scorci pittoreschi di un borgo senza tempo. Ci ritroviamo a camminare lungo la Corsarola, l'arteria principale che attraversa tutta la Città Alta, andando a raggiungere Piazza Vecchia. Al centro la celebre Fontana Contarini con le sue sfingi, una rivolta verso l'edificio neoclassico della Biblioteca Mai e l'altra verso il Palazzo della Ragione quasi a rappresentare ragione e conoscenza. Sopra il Palazzo del Podestà svetta il Campanone dalla quale si apre una vista mozzafiato. Ogni sera, alle ore 22, avviene il rituale dei cento rintocchi che segnalava l'ora in cui i Bergamaschi erano chiamati a rientrare dalle quattro porte della borgata, poi prontamente richiuse. Sorpassati i portici del Palazzo della Ragione eccoci in Piazza Duomo, dove sorgono alcune gemme storiche della città vecchia: la Basilica di Santa Maria Maggiore, la Cappella Colleoni e il Duomo. Curiosamente davanti alla scalinata che conduce alla Cappella Colleoni troviamo in posa ufficiale alcuni sindaci rappresentanti delle cosiddette "Terre Colleonesche", e si viene a conoscenza di un annullo filatelico emesso da Poste Italiane nelle celebrazioni per il 550° anniversario della morte di Bartolomeo Colleoni, uno dei più famosi condottieri del XV secolo. Molti Comuni bergamaschi tra i quali Bergamo, Covo, Cologno al Serio, Martinengo, Romano di Lombardia, Solza (luogo di nascita del Colleoni), Trescore Balneario, Urgnano, Basella, Cavernago e Malpaga dove morì nel 1475, custodiscono ancora la memoria del celebre capitano di ventura. Nel frattempo si perdono nella storica piazza i ritocchi del mezzodì ed è tempo di svoltare in via Colleoni e raggiungere il centralissimo Ristorante Pizzeria Da Franco. Ottima la cucina locale con i piatti della tradizione bergamasca accompagnati da un fantastico Valcalepio Rosso Doc. Finalmente nel primo pomeriggio arriviamo a Palazzo Moroni (via Porta Dipinta 12) dal 2020 uno dei preziosi beni del FAI. Il palazzo viene edificato per volontà di Francesco Moroni dopo il suo matrimonio con Lucrezia Roncalli nel 1631. Realizzato nell'arco di trent'anni ad opera di Battista della Giovanna, non presenta esternamente particolari di pregio architettonico. Il grande portone d'ingresso conduce a un cortile interno perfettamente prospettico dove è presente in una nicchia, la statua di Nettuno opera seicentesca di Lorenzo Redi. Il muro è terminante con la balaustra in pietra che delimita il grande parco che va ad estendersi fino al colle di Sant'Eufemia. A destra si accede all'ampio Scalone d'Onore che conserva la decorazione originale ad affresco commissionata nel 1649 al pittore cremasco Gian Giacomo Barbello, presente anche in altre quattro sale del piano nobile. Fortemente illusionistici, costituiscono una delle testimonianze più significative del Barocco a Bergamo. Da qui si passa al mezzanino, un ambiente che doveva essere di servizio, affrescato nel Settecento da Paolo Vincenzo Bonomini per poi proseguire nelle stanze che prendono il nome dagli affreschi che ne decorano i soffitti. La sala dell'Età dell'Oro conserva Il Cavaliere in rosa tra i dipinti più conosciuti di Giovan Battista Moroni datato 1560. La sala detta La Caduta dei Giganti ha il grande dipinto di Giove che colpisce con i fulmini i colossi e che richiama quella celeberrima di Palazzo Te a Mantova. Le sale private del palazzo sono invece risalenti al restauro ottocentesco e presentano bassorilievi eseguiti con la tecnica del trompe-l'oeil che richiamano ambienti esotici come il salottino cinese e la sala turca. La sala gialla conserva due preziosi vasi cinesi del Settecento e un paesaggio ottocentesco del pittore tedesco Julius Lange. Dalle sale si esce sul ballatoio che porta al giardino e che si sviluppa su quattro terrazzamenti seicenteschi. Il primo terrazzamento si presenta nella forma tipica dei giardini all'italiana.Al secondo livello si accede da una gradinata posta tra due muri di contenimento e presentano piantagioni di biancospino, rose e iris. La scalinata prosegue ornata di putti e vasi in pietra fino al terzo livello, dove vi sono piante di tasso e di olmo, nonché diverse piante acquatiche autoctone. Il giardino termina con una torretta neomedievale costruita nell'Ottocento sui resti di una più antica struttura già di pertinenza della Rocca civica, detta anche Pensatoio del conte che cinge la cima del colle. Oltre i bellissimi giardini, si estendono circa due ettari di Ortaglia - dove si possono trovare i famosi alberi di gelso simbolo della famiglia - annessa alla proprietà nel corso del diciannovesimo secolo grazie ai fratelli Pietro e Alessandro Moroni, quest'ultimo studioso di agronomia. Nell'area si trovano anche viti coltivate su pergola, alberi da frutto e un roccolo, una antica postazione di caccia. Ed infine il grande parco declina in un'esplosione di colori e suggestioni, un'esperienza che ci riconnette con la parte più profonda di noi stesse.
sabato 29 marzo 2025
Pasquetta in Lessinia!!! (lunedì 21 aprile)
Anticipiamo il programma del pranzo di Pasquetta (lunedì 21 aprile) alla Locanda Viaverde, via Viaverde 9 a Velo Veronese nei Lessini. Abbiamo prenotato dei posti ma vi consigliamo di prenotarvi con largo anticipo al 347 1527671, sulle nostre
pagine Facebook e su questo blog. Menù alla carta!
Visto i prezzi "non proprio abbordabili" di b&b, hotel ed affittacamere si è deciso di spostare il SENTIERO DELL'INFINITO (da Portovenere a Rio Maggiore in Liguria) al week end 6-7 settembre prenotando già 2 camere (4-5 ospiti) € 45 a testa compresi di tassa di soggiorno. Chi fosse interessata ci contatti al 347 1527671, sulle nostre pagine Facebook e su questo blog
L'allenamento di mercoledì 26 marzo al Bowling Leonessa di Brescia....Forza marmotte della Lombardia, del Veneto e magari del Trentino! Appuntamento al Gran Canyon Bowling Biliard, all'interno del centro commerciale La Grande Mela, via Trentino n°1 a Sona (VR) ore 21.00. Euro 7 ogni partecipante. Premi alle prime tre col miglior punteggio e...tante risate in bella compagnia! Chi desidera si mangia qualcosa insieme prima del match all'interno del centro commerciale!!
Info e prenotazioni al 347 1527671, sulle nostre pagine Facebook e su questo blog
lunedì 17 marzo 2025
Le atmosfere sospese di Felice Casorati a Palazzo Reale di Milano - domenica 16 marzo
Con le sue atmosfere sospese ed enigmatiche Milano ospita dopo 36 anni l'importante retrospettiva nell’universo poetico di Felice Casorati, e lo fa nelle splendide sale di Palazzo Reale dove - a detta dei curatori Giorgina Bartolini, Fernando Mazzocca e Francesco Poli - costituiscono il contesto perfetto per ricostruire la dimensione silenziosa, fatta di pause, contrappunti e vuoti, emanata dalle opere stesse. Oltre cento le opere esposte che propongono una rilettura complessiva della sua arte attraverso un percorso espositivo che si snoda lungo quattordici sale, e che documentano l’avvicendarsi di stili e fonti di ispirazione, dal verismo al simbolismo, dal neoclassicismo alla fase espressionista orientata dalle deformazioni picassiane, sino al ritorno al sintetismo e alle stesure à plat, caratteristiche della produzione di fine carriera. Opere provenienti da prestigiose raccolte private e da importanti collezioni pubbliche come il Ciclo delle Grandi Tempere, per esempio, insieme a Ritratto di Raja, Conversazione platonica e Annunciazione, in arrivo da una collezione privata ed esposto per la prima volta dopo molti anni. Fondamentale la stretta collaborazione con l’Archivio Casorati che ha fornito il supporto scientifico nonché la consultazione dei materiali documentari storici.
Il percorso espositivo si apre con le prime opere caratterizzate da uno spiccato realismo, tra cui il celebre Ritratto della sorella Elvira (1907) esposto con successo alla Biennale di Venezia o Le ereditiere (1910) proveniente dal Mart di Rovereto. Un focus importante sarà dedicato agli anni trascorsi a Verona, dove l’artista si trasferisce con la famiglia nel 1911. Dopo essere stato esposto all'Esposizione internazionale d'arte di Venezia del 1912, Le signorine, considerato il suo capolavoro giovanile, mostra i primi segni della svolta simbolista di Casorati. Il ciclo delle Grandi tempere (1919-1920) presenta l’evoluzione dello stile e del linguaggio pittorico dopo il definitivo trasferimento a Torino a seguito della tragica morte del padre. Qui, nel 1919, Felice Casorati si stabilisce nella casa-studio dove vivrà per tutta la vita. Per la prima volta sono accostati in un trittico ideale tre importanti dipinti caratterizzati da una dimensione spaziale nuda e desolata e da un senso metafisico di inquietante solitudine: Una Donna (o l’Attesa), Un uomo (o Uomo delle botti) e Bambina (o Ragazza con scodella) della collezione della GAM di Torino dove è conservata la più ricca e significativa raccolta museale di opere di Casorati. A questi si aggiunge la maestosa Colazione che raffigura una famiglia di sole donne con una resa “algida, tersa, spesso indagata nei più minuti dettagli, talmente realistica da rivelarsi inevitabilmente inquietante e straniante” che riassume lo stato emotivo e psicologico di Casorati pervaso da un senso di lutto tipico dei primi anni del dopoguerra. Uno dei suoi capolavori di questa fase è il Ritratto di Silvana Cenni del 1922, icona metafisica ispirata, soprattutto nel volto della Madonna, al Polittico della Misericordia di Piero della Francesca. Risale anche a questo periodo la collaborazione di Casorati con Riccardo Gualino, collezionista, mecenate e imprenditore, per il quale l’artista dipinge i ritratti di famiglia e progetta, insieme all’architetto Alberto Sartoris, il piccolo teatro privato nella loro residenza torinese. Questo sodalizio è presente in mostra con i tre ritratti dei Gualino, quello di Alfredo Casella, compositore e pianista, e delle danzatrici Raja e Bella Markman fuggite dalla Rivoluzione russa, protagoniste con Cesarina Gualino delle esibizioni di danza libera sotto i fregi casoratiani del teatrino. Nel 1924 Casorati partecipa alla Biennale di Venezia ottenendo un grande successo e la mostra di Palazzo Reale dedica a questa importante avvenimento un’intera sala con cinque delle opere che vennero esposte, Meriggio del 1923 con ispirazione all’arte quattrocentesca (il nudo femminile che compare sulla destra è ispirato al Cristo morto di Andrea Mantegna), Natura morta con manichini, Ritratto di Hena Rigotti , Duplice ritratto e Concerto del 1924. La celebre Conversazione platonica, nel quale accanto a un sensuale nudo femminile disteso siede un uomo con un cappello nero, è stata protagonista di un lungo tour espositivo con l’esordio alla Prima mostra del Novecento italiano a Milano nel 1926, dove aveva destato molto scalpore, e tappe a Dresda (1926), a Ginevra, Zurigo e Pittsburgh (1927), a New York (1928) e all’Expo di Barcellona (1929), dove viene premiata con una medaglia d’oro. In mostra torna visibile al grande pubblico l’Annunciazione (collezione privata), scelta dall’artista per l' esposizione d’arte italiana del 1927 al Musée Rath di Ginevra e poi alla Kunsthaus di Zurigo. La pittura si apre al paesaggio e Casorati ritrae la moglie nello splendido Daphne a Pavarolo (1934). La donna è dipinta all’interno di una stanza che si affaccia sulle colline.Nel riflesso del paesaggio sui vetri della finestra si colgono frammenti cubisti. Nello stesso decennio le figure di fanciulle, rappresentate in una sospesa dimensione di malinconica solitudine, sono tra i soggetti che caratterizzano la pittura di Casorati, Donne in barca del 1934 e Le sorelle Pontorno (1937), entrambi caratterizzati da una donna che allatta, immersa in atmosfere sospese e intime. Gli ultimi anni della sua carriera sono documentati da nature morte con la gamma cromatica ormai estremamente ridotta, i colori stesi in campiture uniformi, le forme racchiuse entro uno spesso contorno nero, nelle quali torna il tema antico delle uova e del cimiero – con Natura morta con l’elmo (1947), Uova e limoni (1950), Uova su fondo rosso (1953) – e nuovi soggetti come Eclissi di luna (1949) e Paralleli (1949). Da sempre appassionato di musica, Felice Casorati non fu solo un eccezionale pittore e un appassionato pianista ma anche scenografo, al lavoro tra gli anni Trenta e i Cinquanta, per il Maggio Musicale Fiorentino, l’Opera di Roma e la Scala di Milano. Provengono proprio dagli Archivi storici della Scala numerosi dei suoi bozzetti, realizzati per opere come Le Baccanti e Fidelio, o per balletti su musiche di Petrassi o de Falla: un nucleo che, a chiusura della mostra, permette di conoscere l'aspetto di un artista poliedrico.
(fonte: finestresullarte.info)
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