domenica 14 giugno 2015

Grandi Donne: MARGARET BOURKE-WHITE, tra passione e coraggio

Margaret Bourke-White rappresenta l'archetipo delle donne reporter, quelle che con il talento e la personalissima visione fotografica hanno riletto al femminile la storia del Novecento, lei donna d'acciaio destinata a divenire leggenda. Margaret nasce il 14 giugno 1904 e si avvicina alla fotografia durante gli anni universitari della Columbia University. Nel 1921, dopo la scomparsa improvvisa del padre, ingegnere poliedrico, sua madre le regala una macchina fotografica, una Ica Reflex. E' amore a prima vista e le prime foto fatte e vendute nel campus la fanno notare. Trasferitasi a Cleveland nel 1927, ritrae le Acciaierie Otis che la indirizzano come fotografa industriale decretandone il successo e nel giro di sei mesi ottiene uno studio nel più prestigioso edificio della città, la Terminal Tower. "In quel periodo lo Studio Bourke-White era un nome sulla carta da lettere e una pila di spirali nel lavello della cucina. Facevo i miei sviluppi nell'angolo di cottura e il lavaggio in bagno" scrive nella sua autobiografia Il mio ritratto.  Inizia a scattare temi poco usuali per una donna, il mondo dell'industria e i reportages sull'America contemporanea.
Per le sue foto si arrampica su ponteggi traballanti, così vicino alle grandi colate di metallo fuso da rischiare di fondere i filtri dell'obiettivo realizzando immagini inconsuete, drammatiche e al tempo stesso ricche di poesia. Nel 1929 arriva la svolta professionale. Conosce Henry Luce, caporedattore di Time, che la invita a New York a collaborare con una nuova rivista illustrata, Fortune. Nel giro di qualche settimana Margaret firma un contratto da mille dollari al mese e si mette all'opera per il numero inaugurale previsto per gennaio 1930. E' un successo clamoroso. La fotografa americana incomincia a guardarsi intorno. Grazie a "Fortune" sempre nello stesso anno parte per fotografare le industrie tedesche che si stavano risollevando dalle macerie della Prima Guerra Mondiale. Sono gli anni della Depressione e anche Margaret insieme al futuro marito, lo scrittore Erskine Caldwell, intraprende un viaggio di documentazione sociale nel sud degli Stati Uniti, ricerca che sfocia nella pubblicazione del libro You Have Seen Their Faces, una pietra miliare della editoria fotografica. "La siccità mi fece aprire gli occhi e capire che proprio qui, nel mio paese, c'erano mondi di cui non conoscevo nulla". La sua fotografia resta emblematica sia per i contenuti che per lo stile. Nel 1936 viene nuovamente chiamata da Henry Luce e Margaret si assicura la copertina e il reportage del primo numero di LIFE del 23 novembre. Era uno scatto della diga di Fort Peck nel Montana, un'immagine che fece il giro del mondo e che segnò un punto di svolta della fotografia in ottica femminile. Nel 1937 durante un servizio sull'Artico il suo aereo fece un atterraggio di fortuna e si interruppe per giorni e giorni ogni contatto. Dopo aver fermato l'obiettivo sulla Cecoslovacchia invasa dai tedeschi nel '38, credette che la macchina fotografica potesse salvare la democrazia "sono fermamente convinta che il fascismo non avrebbe preso il potere in Europa se ci fosse stata una stampa libera che potesse informare la gente invece di ingannarla con false promesse".
Quando nel 1941 si annulla il patto di non aggressione fra l'Unione Sovietica e la Germania, la Bourke-White è già sul posto per LIFE. "Subito dopo l'inizio delle ostilità le autorità militari proibirono le fotografie: chiunque veniva colto con una macchina fotografica correva il rischio di essere arrestato. Io mi trovavo lì, di fronte al più importante scoop della mia vita. Il paese più grande del mondo entrava nella guerra mondiale e io ero l'unica fotografa sul posto". Grazie all'intervento del presidente Roosevelt, la Bourke-White riesce ad assicurarsi una rara sessione fotografica con Stalin. Le immagini sono poi inviate tramite corriere diplomatico alla redazione di LIFE che, in piena guerra, può avere l'esclusiva di una copertura giornalistica in Russia e sul fronte asiatico. Quando anche gli Stati Uniti entrano nel conflitto, Margaret è in prima linea. Nel 1942 in navigazione verso il Nord Africa la nave viene silurata nel Mediterraneo e passa una notte e un giorno su una scialuppa di salvataggio. "Nella tarda primavera 1942 fu disegnata per me la prima uniforme per una corrispondente di guerra donna".
Durante la campagna italiana, soldati e generali si meravigliano della sua disponibilità a dormire nelle trincee, a partecipare alle operazioni di pattugliamento dei cieli e ad impegnarsi negli ospedali da campo anche sotto il fuoco dell'artiglieria. Fotografa gli assedi della linea gotica sull'Appennino Emiliano. Nella primavera del '45 è al seguito del generale Patton in Germania. Entrando a Buchenwald scrive: " Ero con la terza armata del generale Patton quando raggiungemmo Buchenwald, nei dintorni di Weimar. Patton fu così scosso da quello che vide che ordinò alla sua polizia di raccogliere un migliaio di civili tedeschi perchè vedessero con i propri occhi quello che i loro leader avevano fatto. La polizia militare ne portò duemila. Fu la prima volta che sentii le parole che sarebbero poi state ripetute migliaia di volte "Non sapevamo. Non sapevamo". Ma sapevano in realtà. Fu quasi un sollievo poter usare la macchina fotografica: interponeva una sottile barriera fra me e l'orrore che avevo davanti agli occhi". A  partire dal 1946 la storia dell'indipendenza e della divisione dell'India assorbe tutto il suo lavoro per più di due anni fino alla pubblicazione del libro Halfway to Freedom. Una delle sue più famose immagini è quella che ritrae Ghandi alla ruota di filatura del Chakra. Nel 1950 vola in Sudafrica dove la politica dell'apartheid attira la sua attenzione. Scende in una miniera d'oro fino a 2 miglia sottoterra per fotografare una coppia di minatori distrutti dal terribile calore, immagine che diventa un'icona dell'ingiustizia. In questo periodo non esiste lavoro in cui Margaret non provi a convincere qualche pilota a portarla con sè per realizzare delle vedute aeree. Il suo amore per il volo data da molto tempo ora però i servizi vengono disegnati su misura per lei. Quando scoppia la guerra in Corea, Margaret parte di nuovo sempre per LIFE.
Al suo arrivo l'armistizio è già stato firmato ma il suo istinto di fotografa le permette di individuare la storia ancora non raccontata della guerriglia fra le forze sudcoreane e i simpatizzanti comunisti, lasciati al di sotto della zona demilitarizzata. "Mi resi conto che c'era un'area importante che nessuno aveva raccontato: il popolo coreano stesso". E' in questo periodo che comincia a soffrire di paralisi agli arti e rigidità alle dita. Gradualmente Margaret è costretta a scegliere con maggior attenzione i reportages a causa di quella che lei chiamava "la mia misteriosa malattia" finchè nel 1957 è costretta a rassegnarsi. E' il morbo di Parkinson. In quell'anno firma il suo ultimo lavoro per LIFE.  L'autobiografia "Il mio ritratto" venne pubblicata nel 1963 e fu un bestseller. Trascorre gli ultimi anni tentando di combattere la paralisi progressiva con incessanti terapie fisiche e un ottimismo inesauribili. Conseguente ad una caduta nella sua casa di Darien, nel Connecticut, Margaret scompare il 27 agosto 1971 all'età di 67 anni.

(brani tratti da "Il mio ritratto" di Margaret Bourke-White)

Nessun commento:

Posta un commento