lunedì 29 giugno 2015

Monte Bestone, terrazza sul lago di Garda (domenica 28 giugno)

L'afa cittadina è solo un debole pretesto per caricare gli zaini e andar per monti. L'escursione di oggi ci porta a Monte Bestone nel territorio di Tremosine, magnifico terrazzo naturale del Garda, "solo" 917 metri d'altezza ma che nulla hanno da invidiare alle più blasonate cime del vicino Baldo. Lasciata la Gardesana, una manciata di chilometri e raggiungiamo l'hotel Le Balze in località Voltino, pochi passi più in alto e ci viene segnalato il sentiero 211, solo una traccia a dire il vero ma sale di traverso sulla dorsale e dopo aver attraversato una boscaglia raggiunge il primo spiazzo panoramico. Obliquando a sinistra il cammino diventa sconnesso, è totalmente esposto al sole ma per fortuna una lieve brezza smorza la calura. Il percorso è nell'insieme facile ma richiede comunque un minimo di attenzione visto lo sterrato sassoso a tratti molto ripido. Una minuscola piazzola, quasi in precario equilibrio sul ciglio roccioso, consente di godere di una meravigliosa veduta di tutto il Benaco. Ecco il possente gruppo del Monte Baldo, Malcesine ai suoi piedi e salendo lungo la riva veronese il litorale viene sovrastato dalle incombenti montagne che precipitano direttamente nel lago. Limone, in caduta verticale, appare piccolissima. Il tracciato scende di colpo tagliando il crinale mentre davanti a noi appare l'inconfondibile profilo conico del Monte Bestone. Si rientra nel rado bosco per poi impegnarci nell'ultima frazione di salita e guadagnare un pulpito di immensa suggestione visiva: il lago di Garda è di un blu intenso punteggiato da bianchissime vele.
Una campanella richiama suoni di valli lontane, molli lo zaino e a questo punto lasci che a parlare sia solamente la tua emozione...

SEGNAVIA: 211
DIFFICOLTA': T
DISLIVELLO: mt 240
ALTITUDINE: mt 917
LUNGHEZZA: km 4

mercoledì 24 giugno 2015

La Val di Fumo (domenica 21 giugno)

Il corso superiore del fiume Chiese s'inerpica in Val Daone in Trentino sino a salire alla sorgiva nel gruppo dell'Adamello, ed è qui che ci ritroviamo tra torrenti in piena e cascatelle che segnano dolcemente la montagna. Superato il lago di Malga Boazzo l'asfalto si ferma davanti all'imponente diga di Malga Bissina, costruita nel 1958. L'uomo sbarrando il corso del fiume per motivi idroelettrici, ha creato questo bacino artificiale dalle acque di un verde profondissimo ridisegnando l'ambiente circostante senza nulla togliere alla bellezza del paesaggio alpestre. L'aria è freddina, ci saranno una decina di gradi, e sopra le nostre teste il cielo si colora di grigio ma l'ampia forestale è lì che aspetta i nostri passi. Quattro gocce di pioggia non disturbano l'escursione e mentre attraversiamo piccole oasi di pino cembro, il tracciato si restringe alzandosi lievemente di quota. Le acque del lago scompaiono lasciando spazio al Chiese parallelo a noi. Oltrepassiamo Malga Breguzzo, il sentiero 240 indica il percorso verso la Val di Fumo, splendido modellamento glaciale tra i più suggestivi dell'arco alpino, che si apre ai nostri occhi in tutta la sua bellezza e sullo sfondo giganteggia la cresta innevata del Carè Alto che con i suoi 2459 metri delinea le cime del gruppo dell'Adamello.
Tra mille scatti fotografici e brevi ponticelli, scorgiamo in alto l'omonimo rifugio che domina l'intera vallata, brulicante di escursionisti nonostante il meteo, mentre splendidi cavalli al pascolo si lasciano accarezzare mansueti. Il paesaggio bucolico è quasi fiabesco, conca spettacolare di verdi prati e rododendri in fiore. Obbligatoria una sosta al rifugio nella più gustosa rappresentazione culinaria trentina, quella della polenta, dei funghi e gulasch, dei canederli e del tipico strudel. Dal rifugio dipartono diversi sentieri che salgono oltre i duemila metri, dal Carè Alto al Passo delle Vacche, luoghi dove si possono trovare importanti testimonianze della Grande Guerra. Nel frattempo il cielo è diventato minaccioso e sulla via del ritorno la pioggia arriva copiosa sulle nostre teste. Il Chiese ci saluta roboante mentre le gocce finalmente lasciano il passo ad un timido sole...



SEGNAVIA: 240
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 200
ALTITUDINE: mt 1920
LUNGHEZZA: km 5


martedì 16 giugno 2015

L'Antica Via Valeriana (domenica 14 giugno)

Nell'entroterra del Sebino ecco un percorso che unisce archetipi artistici a visioni paesaggistiche di ampissimo respiro. Parliamo dell'Antica Via Valeriana, un itinerario di una ventina di chilometri che da Pilzone d'Iseo raggiunge Pisogne. Nella tradizione orale è l'antica strada romana che congiungeva Brescia alla Valle Camonica ma questa tesi è priva di fondamenti storici, sicuramente fino a metà Ottocento il tratto della Via Valeriana che corre parallelo al lago d'Iseo rappresentava l'unico collegamento della comunità camuna.
Le condizioni meteo a dire il vero oggi non sono promettenti, il cielo appare grigissimo ma i pensieri scalpitano e allora rischiamo l'escursione determinando comunque un itinerario leggermente più breve con traguardo a Marone. Arrivate a Pilzone d'Iseo, una rampa di scale segnala la Via Valeriana. Lasciate alle spalle le ultime abitazioni del piccolo centro e oltrepassato un torrentello, entriamo in una macchia boschiva copiosa di fragoline e more che, pur nella modesta altezza (mt 195), permette una bellissima visione sullo specchio d'acqua dove giganteggia l'isola lacustre più grande d'Europa, Montisola. Le nubi che sino a quel momento ci avevano accompagnato minacciose, lasciano il passo ad un sole davvero caldo, mentre il selciato termina inserendosi su un tornante della rotabile che collega Sulzano a Gazzane tra vecchi edifici rurali e recenti costruzioni. L'intero percorso è tracciato con una "V" dai colori giallo e marrone intervallato da numerosi pannelli descrittivi, mentre Montisola non ci perde mai d'occhio.
La strada supera la chiesa di San Fermo, protettore dei contadini, poi sale tra bellissimi ulivi sino al borgo di Tassano, silenzioso e illuminato dalla luce solare. Troviamo una nuova traccia dell'antica via tra persone incuriosite al nostro passaggio. Finalmente lasciamo l'asfalto e ritorniamo nel verde fra piccole vigne e ampi uliveti seguendo una carreccia in ripida discesa che conduce ad una piccola valle, attraversiamo il torrente Mesagolo riprendendo poi leggermente quota prima di entrare nell'antico borgo di Maspiano, tra strette viuzze acciottolate e vecchi portoni consumati dal tempo. Intanto il cielo si è arrabbiato di nuovo. Raggiungiamo la piazzetta su cui si affaccia la piccola chiesa dedicata a San Giacomo. Il tempo di una breve sosta tra oggetti di legno e confetture della più buona tradizione contadina e poi si torna a proseguire verso Gandizzano. Superiamo brevi filari vitigni accompagnate da una pioggerellina insistente quanto basta per farci piegare a sinistra tra i campi e raggiungere Sale Marasino. Nel frattempo si sente anche temporaleggiare lontano quindi meglio raggiungere velocemente Marone. Sul lago abbiamo appuntamento con lo storico chiosco di pesce fritto  "Piccioli", famosissimo qui in zona Iseo! L'allegra brigata si perde tra chiacchiere e risate...prima di scappare velocissime all'arrivo, ampiamente annunciato, di una vera e propria tempesta d'acqua!

domenica 14 giugno 2015

Grandi Donne: MARGARET BOURKE-WHITE, tra passione e coraggio

Margaret Bourke-White rappresenta l'archetipo delle donne reporter, quelle che con il talento e la personalissima visione fotografica hanno riletto al femminile la storia del Novecento, lei donna d'acciaio destinata a divenire leggenda. Margaret nasce il 14 giugno 1904 e si avvicina alla fotografia durante gli anni universitari della Columbia University. Nel 1921, dopo la scomparsa improvvisa del padre, ingegnere poliedrico, sua madre le regala una macchina fotografica, una Ica Reflex. E' amore a prima vista e le prime foto fatte e vendute nel campus la fanno notare. Trasferitasi a Cleveland nel 1927, ritrae le Acciaierie Otis che la indirizzano come fotografa industriale decretandone il successo e nel giro di sei mesi ottiene uno studio nel più prestigioso edificio della città, la Terminal Tower. "In quel periodo lo Studio Bourke-White era un nome sulla carta da lettere e una pila di spirali nel lavello della cucina. Facevo i miei sviluppi nell'angolo di cottura e il lavaggio in bagno" scrive nella sua autobiografia Il mio ritratto.  Inizia a scattare temi poco usuali per una donna, il mondo dell'industria e i reportages sull'America contemporanea.
Per le sue foto si arrampica su ponteggi traballanti, così vicino alle grandi colate di metallo fuso da rischiare di fondere i filtri dell'obiettivo realizzando immagini inconsuete, drammatiche e al tempo stesso ricche di poesia. Nel 1929 arriva la svolta professionale. Conosce Henry Luce, caporedattore di Time, che la invita a New York a collaborare con una nuova rivista illustrata, Fortune. Nel giro di qualche settimana Margaret firma un contratto da mille dollari al mese e si mette all'opera per il numero inaugurale previsto per gennaio 1930. E' un successo clamoroso. La fotografa americana incomincia a guardarsi intorno. Grazie a "Fortune" sempre nello stesso anno parte per fotografare le industrie tedesche che si stavano risollevando dalle macerie della Prima Guerra Mondiale. Sono gli anni della Depressione e anche Margaret insieme al futuro marito, lo scrittore Erskine Caldwell, intraprende un viaggio di documentazione sociale nel sud degli Stati Uniti, ricerca che sfocia nella pubblicazione del libro You Have Seen Their Faces, una pietra miliare della editoria fotografica. "La siccità mi fece aprire gli occhi e capire che proprio qui, nel mio paese, c'erano mondi di cui non conoscevo nulla". La sua fotografia resta emblematica sia per i contenuti che per lo stile. Nel 1936 viene nuovamente chiamata da Henry Luce e Margaret si assicura la copertina e il reportage del primo numero di LIFE del 23 novembre. Era uno scatto della diga di Fort Peck nel Montana, un'immagine che fece il giro del mondo e che segnò un punto di svolta della fotografia in ottica femminile. Nel 1937 durante un servizio sull'Artico il suo aereo fece un atterraggio di fortuna e si interruppe per giorni e giorni ogni contatto. Dopo aver fermato l'obiettivo sulla Cecoslovacchia invasa dai tedeschi nel '38, credette che la macchina fotografica potesse salvare la democrazia "sono fermamente convinta che il fascismo non avrebbe preso il potere in Europa se ci fosse stata una stampa libera che potesse informare la gente invece di ingannarla con false promesse".
Quando nel 1941 si annulla il patto di non aggressione fra l'Unione Sovietica e la Germania, la Bourke-White è già sul posto per LIFE. "Subito dopo l'inizio delle ostilità le autorità militari proibirono le fotografie: chiunque veniva colto con una macchina fotografica correva il rischio di essere arrestato. Io mi trovavo lì, di fronte al più importante scoop della mia vita. Il paese più grande del mondo entrava nella guerra mondiale e io ero l'unica fotografa sul posto". Grazie all'intervento del presidente Roosevelt, la Bourke-White riesce ad assicurarsi una rara sessione fotografica con Stalin. Le immagini sono poi inviate tramite corriere diplomatico alla redazione di LIFE che, in piena guerra, può avere l'esclusiva di una copertura giornalistica in Russia e sul fronte asiatico. Quando anche gli Stati Uniti entrano nel conflitto, Margaret è in prima linea. Nel 1942 in navigazione verso il Nord Africa la nave viene silurata nel Mediterraneo e passa una notte e un giorno su una scialuppa di salvataggio. "Nella tarda primavera 1942 fu disegnata per me la prima uniforme per una corrispondente di guerra donna".
Durante la campagna italiana, soldati e generali si meravigliano della sua disponibilità a dormire nelle trincee, a partecipare alle operazioni di pattugliamento dei cieli e ad impegnarsi negli ospedali da campo anche sotto il fuoco dell'artiglieria. Fotografa gli assedi della linea gotica sull'Appennino Emiliano. Nella primavera del '45 è al seguito del generale Patton in Germania. Entrando a Buchenwald scrive: " Ero con la terza armata del generale Patton quando raggiungemmo Buchenwald, nei dintorni di Weimar. Patton fu così scosso da quello che vide che ordinò alla sua polizia di raccogliere un migliaio di civili tedeschi perchè vedessero con i propri occhi quello che i loro leader avevano fatto. La polizia militare ne portò duemila. Fu la prima volta che sentii le parole che sarebbero poi state ripetute migliaia di volte "Non sapevamo. Non sapevamo". Ma sapevano in realtà. Fu quasi un sollievo poter usare la macchina fotografica: interponeva una sottile barriera fra me e l'orrore che avevo davanti agli occhi". A  partire dal 1946 la storia dell'indipendenza e della divisione dell'India assorbe tutto il suo lavoro per più di due anni fino alla pubblicazione del libro Halfway to Freedom. Una delle sue più famose immagini è quella che ritrae Ghandi alla ruota di filatura del Chakra. Nel 1950 vola in Sudafrica dove la politica dell'apartheid attira la sua attenzione. Scende in una miniera d'oro fino a 2 miglia sottoterra per fotografare una coppia di minatori distrutti dal terribile calore, immagine che diventa un'icona dell'ingiustizia. In questo periodo non esiste lavoro in cui Margaret non provi a convincere qualche pilota a portarla con sè per realizzare delle vedute aeree. Il suo amore per il volo data da molto tempo ora però i servizi vengono disegnati su misura per lei. Quando scoppia la guerra in Corea, Margaret parte di nuovo sempre per LIFE.
Al suo arrivo l'armistizio è già stato firmato ma il suo istinto di fotografa le permette di individuare la storia ancora non raccontata della guerriglia fra le forze sudcoreane e i simpatizzanti comunisti, lasciati al di sotto della zona demilitarizzata. "Mi resi conto che c'era un'area importante che nessuno aveva raccontato: il popolo coreano stesso". E' in questo periodo che comincia a soffrire di paralisi agli arti e rigidità alle dita. Gradualmente Margaret è costretta a scegliere con maggior attenzione i reportages a causa di quella che lei chiamava "la mia misteriosa malattia" finchè nel 1957 è costretta a rassegnarsi. E' il morbo di Parkinson. In quell'anno firma il suo ultimo lavoro per LIFE.  L'autobiografia "Il mio ritratto" venne pubblicata nel 1963 e fu un bestseller. Trascorre gli ultimi anni tentando di combattere la paralisi progressiva con incessanti terapie fisiche e un ottimismo inesauribili. Conseguente ad una caduta nella sua casa di Darien, nel Connecticut, Margaret scompare il 27 agosto 1971 all'età di 67 anni.

(brani tratti da "Il mio ritratto" di Margaret Bourke-White)

martedì 9 giugno 2015

Le cascate del Valorz (domenica 7 giugno)

Itinerario di forte impatto emotivo nella piccola ma verdissima Val di Rabbi, all'interno del Parco Nazionale dello Stelvio, vallata che custodisce gelosamente un paesaggio costellato di masi bellissimi e dove le tradizioni casearie sono eccellenze culturali. Oggi saliamo alle cascate del Valorz! Superate le fonti di Rabbi arriviamo all'abitato di San Bernardo, metri 1098, e oltrepassato il torrente Robbies gonfio da far paura, seguiamo un ripidissimo sentiero che va ad incrociarsi con una ampia forestale, segnavia 121. Intorno il bosco di larici è segnato dal passaggio impetuoso del rio Valorz che va ad incunearsi nel pittoresco vallone tra le cime Gamberai e Polinar. Il sole è una palla di fuoco e lo si sente sulle gambe. A quota 1364 metri raggiungiamo una malghetta adibita ad area picnic, il pianoro si apre e sullo fondo, assolutamente spettacolare, l'anfiteatro roccioso delle cascate del Valorz. 
I salti argentei cadono a valle creando vorticosi tumulti sul rio omonimo via via che ci avviciniamo, mentre il sentiero tra balze erbose e dossi rocciosi si restringe e riprende a salire tenendo la cascata madre alla nostra sinistra.
Rientrate nel bosco e dopo un'ulteriore ora di cammino e mille scatti fotografici, ecco il suggestivo lago di Soprasasso dalla caratteristica forma allungata a 2179 metri. Mettere i piedi in acque montane è un piacere impareggiabile. Vorremmo salire al lago Rotondo duecento metri più su ma qualche brutta nuvola ci mette in allarme e comunque è anche ora di rientrare e il percorso di ritorno è una meravigliosa osservazione della flora alpina, i rododendri in fiore, le margheritine, le solari primule, le genzianelle, tra incredibili voli di farfalle. Non possiamo lasciare questa vallata dalle infinite malghe senza apprezzare uno dei piatti tipici della tradizione trentina, i tortei de patate. Buonissimi!



PARTENZA: San Bernardo (mt. 1098)
SEGNAVIA: 121
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 900
ALTITUDINE: mt 2179
LUNGHEZZA: km 10

I forti trentini della Grande Guerra (sabato 6 giugno)

Il centenario dell'intervento italiano nella guerra '15-'18 offre l'occasione di un giro tra i forti in Trentino, regione pesantemente segnata dalle mille trincee e dalla contrapposizione delle coscienze tra essere sudditi fedeli oppure irredentisti convinti. Imponenti e mute testimonianze di quei tragici avvenimenti sono le fortificazioni spesso raggiungibili attraverso sentieri escursionistici. La Grande Guerra che andò in scena dopo l'assassinio dell'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando e della moglie Sofia a Sarajevo, produsse profondi cambiamenti nella società dei primi Novecento perdendo quell'aura di leggerezza che era stata la Belle Epoque.
Abbiamo così percorso un breve itinerario fra le tante, tantissime fortezze di cui è disseminato il territorio trentino partendo dal suo stesso cuore: Trento.

FORTE CADINE Bus de Vela
Il Forte Bus de Vela, progettato dal maggiore del genio militare Gustav Hermann, è parte del primo gruppo di fortificazioni che gli austro-ungarici costruirono attorno alla città di Trento a partire dalla metà dell'Ottocento. Costruito all'imbocco della gola del torrente Vela, il forte faceva parte della linea difensiva che dal Monte Bondone scendeva sino a Trento. Il suo scopo era sbarrare la strada da Cadine ma non fu armato pesantemente e durante la Grande Guerra mai utilizzato. La sua struttura è imponente e sorge all'imbocco della gola del torrente Vela formando una galleria artificiale dove passava la vecchia strada provinciale.

FORTE LARINO
Ci spostiamo verso la valle del Chiese per visitare forte Larino alle porte di Lardaro. Costruito nel 1860 con l'obiettivo di sbarrare la strada al confine italiano, fu oggetto di continue migliorie da parte del genio austro-ungarico ma alla vigilia della Grande Guerra ci si rese conto che non fosse più adatto allo scopo e nel 1914 venne declassato a semplice magazzino. Le dimensioni di questo forte sono notevoli, quasi giganteggia sul fronte roccioso regolando il passaggio sottostante ed è completamente circondato da un fossato di difesa.


FORTE CORNO
Salendo lungo un bellissimo sentiero panoramico, da forte Larino raggiungiamo forte Corno a quota 1068 metri. Il tracciato è seccamente in salita e taglia il fiato ma ci regala visioni eccezionali, Forte Corno fu costruito dal capitano Adolf Kroneiser nel 1882 con l'obiettivo di dare maggiore sicurezza alle difese nel cuore delle Giudicarie e assieme a forte Cariola, oggi ridotto ad un rudere, avrebbe dovuto chiudere a tenaglia un'eventuale attacco nemico. Fu armato in modo consistente sino al 1908 poi le autorità austro-ungariche lo considerarono obsoleto e all'inizio della guerra venne utilizzato in altro modo. E' un bellissimo esempio di struttura architettonica militare.


FORTE STRINO
Nella visita a forte Corno veniamo sorprese da una violenta grandinata, quindi cambiamo rotta e salendo verso la Val di Sole in direzione Vermiglio, andiamo a visitare forte Strino ad oltre 1500 metri di quota. Eretto tra il 1860 e il 1861 aveva l'obiettivo di presidiare il confine con il nascente Regno d'Italia. La sua posizione, sopraelevata rispetto al piano stradale, permetteva una posizione di guardia alla vallata. Il progresso dei mezzi bellici convinse le autorità austriache ad adeguarlo strutturalmente negli anni successivi ma nel 1915 venne disarmato e trasformato in centrale telefonica.


Al di là del loro effettivo impiego, dato che la linea di fuoco della Grande Guerra si spostò molto più in alto, queste fortezze rimangono preziose testimonianze dell'incredibile ingegno costruttivo austriaco.

martedì 2 giugno 2015

Parco le Busatte (domenica 31 maggio)

Situato sulle pendici del Monte Baldo, il Parco Le Busatte si trova a Torbole lungo la sponda nord-orientale del Lago di Garda. Anche se il cielo stempera toni minacciosi e le arterie stradali sono un brulichio infinito, senza fretta raggiungiamo questo splendido sentiero naturalistico non prima di un doveroso pit stop caffè. La segnaletica ci porta immediatamente verso il tracciato Busatte-Tempesta che procede in piano tra bellissimi uliveti. Ad un bivio il percorso sale e noi proseguiamo tra mille chiacchiere senza particolari difficoltà sino a raggiungere la prima rampa di scale che supera il Salt de la Cavra e, incrociando altri escursionistici, superiamo anche la seconda lunga serie di scalini, sul fronte roccioso Corno di Bò, che scende seccamente di dislivello ma permettendo una panoramica eccezionale del Garda sottostante, solcato da minuscole vele. Oggi il cielo è plumbeo ma i grigi in simbiosi tra acqua, cielo e terra, ci restituiscono la visione del lago in tutta la sua bellezza. All'incrocio del percorso una carta escursionistica segnala la nostra posizione, pochi metri più avanti e diamo fondo ai panini nonostante una pioggia finissima tamburelli le nostre teste. Riprendiamo la strada sterrata e all'imbocco di una comoda dorsale il colpo d'occhio sul lago, la linea pennellata delle montagne e il muto viavai delle città costiere regalano intense suggestioni. 
E' il punto più alto del percorso, a quota 385 metri. Da qui inizia la discesa. Sulla curva il sentiero si biforca e a destra un ripido sentierino porta ai Paloni Alti, ma le condizioni meteo appaiono allarmanti quindi meglio proseguire verso Busatte che raggiungiamo a briglia sciolta. Il pomeriggio è ancora lungo quindi seguiamo il lago fermandoci a Torri del Benaco. Il bellissimo castello scaligero, risalente al X secolo e fortificato da Berengario I, fronteggia silenzioso il porticciolo. Due passi e due parole, e poi tutte all'osteria Ago&Rita, con gnocco fritto, tigelle e salumi.