sabato 23 maggio 2015

Grandi Donne: ANNEMARIE SCHWARZENBACH, la vita in pezzi...

La vita in pezzi è la biografia di un angelo in fuga dai tormenti dell'esistenza. Un angelo, l'angelo inconsolabile, l'angelo devastato. Chi amava e frequentava Annemarie Schwarzenbach così era solito definire la ricca e colta giovane svizzera dall'aspetto androgino e dalla vita sofferta, quasi a sottolineare il contrasto fra una bellezza da cherubino e un'esistenza ai limiti della dannazione, segnata dalla dipendenza dalle droghe e dall'instabilità emotiva. Scrittrice e giornalista, viaggiatrice e fotografa di spiccata curiosità dopo la sua morte a soli 34 anni, venne completamente dimenticata fino alla metà degli anni Ottanta quando l'editore svizzero Huber iniziò a ripubblicare i suoi scritti.
Annemarie nasce a Zurigo il 23 maggio 1908, figlia di uno dei più facoltosi industriali svizzeri dell'epoca, bellissima e ricchissima ma dalla fatale carica autodistruttiva. Conduce un'esistenza fulminante nella bramosa ricerca di un equilibrio, in una sorta di moderna odissea trascorsa in fuga dagli spettri di una famiglia borghese e benpensante che malvolentieri accoglie l'aperta omosessualità e le stravaganze di una figlia ribelle, ed al tempo stesso in fuga da un'Europa sul precipizio della guerra e del nazifascismo. Negli anni degli studi si iscrive a Storia e Letteratura a Zurigo (1927) per emanciparsi dal soffocante rapporto con l'opprimente madre che per tutta la vita cercherà di instaurare con la figlia prediletta quel rapporto di morbosa esclusività che tanto nuocerà alla formazione psichica di Annemarie. E dalla città svizzera l'angelo ribelle spicca il volo. Nell'autunno 1928 è a Parigi dove si getta con entusiasmo nell'entourage bohémien fatto di attori, pittori, scrittori e caffè fumosi a Montparnasse. E' di questo periodo il primo approccio alla scrittura: tre racconti alimentati di dolore e solitudine. A ventidue anni entra a far parte del gruppo di intellettuali che ruota intorno ad Erika e Klaus Mann.
In particolare, la combattiva figlia di Thomas Mann giocherà un ruolo di primo piano nell'esistenza della fragile Annemarie, unica donna in grado di competere senza paura con la dispotica madre, le sarà di fondamentale sostegno nel conflittuale processo di distacco dalla casa paterna. Fra le due si instaura un quotidiano rapporto epistolare che malgrado l'ascesa di Hitler e la conseguente fuga negli Stati Uniti della famiglia Mann, non verrà mai interrotto fino alla prematura morte di Annemarie. Mentre la compagnia di amici si sfascia con l'esilio dei Mann e in Europa si accendono i primi presagi dell'imminente catastrofe, nell'autunno del 1933 Annemarie intraprende il suo primo viaggio in Persia attraverso l'Anatolia, la Siria, il Libano, la Palestina, l'Iraq. La giovane donna trascorre sette mesi in un'Asia invernale visitando rovine e scavi, moschee e bazar e cercando nell'arcaicità mediorientale quella purezza di vita che il mondo moderno devastato dall'odio sembra negarle. Le sue impressioni vengono tradotte in una sorta di diario di viaggio col titolo "Inverno in Asia Anteriore", pubblicato nel 1934. E' dell'aprile dello stesso anno la decisione di rientrare in Svizzera attraverso l'Unione Sovietica. Ma questo sarà solo il primo arrivederci al Medioriente. Le montagne persiane saranno il grande scenario del suo male di vivere e della sua mancanza di patria. Il viaggio diviene l'unico modo per reagire alla crisi della civiltà e dell'individuo e i suoi racconti e resoconti dall'Oriente non si configurano mai come scritti turistici-informativi ma piuttosto come iscrizioni di stati d'animo in cui aleggia imperante un desiderio di morte percepito come sollievo ai mali terreni ma mai assecondato fino in fondo e con la consapevolezza che è proprio quel male di vivere la principale musa ispiratrice della propria arte scrittoria.
Si aggrava in quegli anni la dipendenza di Annemarie dalla droga. Dopo un matrimonio di
convenienza con l'amico e diplomatico francese Claude Achille Clarac, tentativo di riconciliazione con la famiglia, la Schwarzenbach riparte per l'Oriente con il marito ai piedi del massiccio del Damavand da cui scaturisce "La valle felice". Al ritorno dalla Persia eventi di ogni genere travolgono la giovane scrittrice: nuovi tentativi falliti di disontissicazione, la ripresa frequentazione dei Mann, la drammatica relazione con la baronessa Margareth Von Opel che, durata tre anni, la conduce sino in America precipitandola in un rapporto ossessivo che la fa entrare ed uscire da case di cura. Emergency Rescue Committee, nella difesa agli oppositori di Hitler in esilio. L'ennesima lite furibonda con la Von Opel trascina la giovane scrittrice ad un'esperienza che le lascerà una traccia incancellabile nella sua già fragile psiche. Nell'accesa discussione fra le due donne interviene la polizia e Annemarie, con una diagnosi di schizofrenia, viene trascinata nel famigerato Bellevue Hospital che le riserva un trattamento inumano. Tornata in Svizzera la stessa madre non può più sopportare l'ingombrante presenza di una figlia tossicomane e portatrice di scandalo: è lei che la spinge a quello che sarà il suo ultimo viaggio, in Africa, nella primavera del 1941.
Nella speranza di dimostrare soprattutto a se stessa quanto il viaggio e il lavoro di giornalista possano avere effetti positivi sulla sua salute psicofisica, nel gennaio 1937 Annemarie intraprende due viaggi negli Stati Uniti insieme all'amica Barbara Hamilton-Wright, alla scoperta degli effetti sociali della Grande Depressione. Il primo nelle regioni carbonifere intorno a Pittsburgh, il secondo nella desolazione degli Stati del Sud. I suoi resoconti vengono pubblicati su giornali e riviste svizzere, la Schwarzenbach è ormai una scrittrice e giornalista affermata. Tornata in Europa nella primavera 1937 prosegue il suo vagabondare inquieto attraverso l'Europa continentale, la Scandinavia e la Russia. I problemi con la droga si fanno tuttavia sempre più gravi. Quando nel settembre 1939 è già scoppiata la seconda guerra mondiale, Annemarie si trova insieme alla giornalista ed esperta viaggiatrice Ella Maillart in un avventuroso viaggio in automobile dalla Svizzera a Kabul, viaggio durato tre mesi. La crisi fra le due amiche, scatenata dalla pesante dipendenza di Annemarie alla droga, porta ad una separazione. Giunta da sola a Bombay, Annemarie rientra in Europa per consegnare il materiale sull'Afghanistan e ripartire per gli Stati Uniti dove intende affiancare insieme ai Mann l'
La morte giunge beffarda nell'estate 1942 tra i monti dell'Engadina a seguito di una banale caduta dalla bicicletta. Ricordandola, la fotografa Marianne Breslauer disse "se mi avessero detto che era l'arcangelo Gabriele e che mi trovavo davanti al paradiso, ci avrei creduto. Non sembrava nè una donna nè un uomo, ma un arcangelo così come io mi immagino un arcangelo". 
Se non raggiunse i livelli di alcune scrittrici dell'epoca come Virginia Woolf, Gertrude Stein e Djuna Barnes, ha lasciato tuttavia pagine importanti su tematiche controverse e soprattutto dei diari di viaggio descritti con straordinaria sensibilità. Per lei vivere, scrivere e viaggiare erano la stessa cosa. Nei suoi libri gli innumerevoli toponimi geografici, spesso sconosciuti, diventano cartoline, suono, colore, ricordo ed emozione ed è facile innamorarsi nel suo eterno peregrinare per il mondo dei suoi mille incontri, ora con la miseria del proletariato americano tra le due guerre, ora con le donne velate di Kabul, ora con le tribù indigene risalendo il fiume Congo. Per Annemarie il viaggio ha rappresentato quel naturale desiderio di esplorare luoghi diversi per testimoniare le luci e le ombre della società contemporanea tra Occidente, sede naturale di impegno politico e denuncia sociale, e Oriente, terreno di tormentata fuga e di perdizione.

(traduzione di Giulia Gentile)

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