sabato 2 luglio 2016

Marmotte sul ponte di Christo (venerdì 1° luglio)

Una lunga striscia arancione solca leggera sul lago d'Iseo, gioiello glaciale incastonato tra le montagne bresciane e bergamasche, un meraviglioso tappeto che si srotola sino a Monte Isola, la più alta isola lacustre d'Europa, a cui fanno da satelliti i due isolotti di Loreto e di San Paolo, quest'ultimo perimetralmente abbracciato dal progetto di Christo. Settanta mila metri quadrati di tessuto arancione sostenuto da un sistema di oltre 200.000 cubi in polietilene, quasi un milione e mezzo di visitatori. Ecco i numeri del progetto "The Floating Piers" dell'artista americano, un vero e proprio evento mediatico, andato oltre le stesse aspettative dell'autore, numeri che ben rappresentano la partecipazione entusiasta della gente. Il "io c'ero" si è trasformato in una coda perenne brulicante di persone che hanno percorso i 4,5 chilometri del tracciato, prendendo letteralmente d'assalto Sulzano, poco meno di duemila abitanti, e catapultandolo all'attenzione del mondo intero per sedici incredibili giorni. Domenica 3 luglio cala il sipario su quest'operazione artistica lasciandoci in eredità la strabiliante sensazione di un'opera tanto geniale quanto folle, probabilmente l'ultima di questo autore che negli ultimi 40 anni con la moglie Jeanne-Claude, scomparsa nel 2009, ha coniato la cosiddetta Land Art ovvero un intervento strutturale sul paesaggio modificandolo, in maniera provvisoria, con imballi tessili sui monumenti oppure sulla distesa di tessuti in luoghi naturali come la celeberrima Running Fence, installata tra il 1972 e il 1976 nelle campagne californiane a nord di San Francisco. Opera effimera sicuramente così come lo è la vita stessa del progetto, concetto affermato dallo stesso Christo "La natura è mutevole, in natura tutto cambia. Essendo la Land Art una forma d'arte in cui l'uomo interviene sulla natura, non può che conseguirne la brevità temporale dell'opera".
Per molti è una arte inutile e i detrattori si sono scagliati contro l'intera operazione artistica per il negativo impatto ambientale. Non entriamo nei motivi della diatriba, i giudizi sono stati frettolosi e in alcuni casi anche superficiali ma in fondo non fanno altro che rispecchiare le contrapposizioni presenti un pò in tutta l'arte contemporanea. Per noi è stata emozione pura. L'attraversamento dello specchio d'acqua, senza legami e costrizioni, ci hanno messo nelle condizioni di osservare la natura e il paesaggio circostante da un punto di vista totalmente diverso, una danza armoniosa amplificata dal breve moto ondoso provocato dalle numerose imbarcazioni di passaggio, quel breve rollio i cui freni le gambe e ascolti l'anima, oltre la marea umana che ti passa accanto, oltre il vociare stupito delle persone. "Siete tutti parte dell'opera" ha affermato l'autore salutando giornalmente il suo progetto a bordo di uno zatterone e contraccambiato dagli applausi. Un bravo va a quanti hanno lavorato con discrezione garantendo la sicurezza, e come da osservazione personale, la tempestività d'intervento degli ausiliari della Croce Rossa per un lieve malore ad una signora. Il caldo ha sicuramente fatto la sua parte ma questo primo luglio ci ha anche regalato, cullate dalle morbide onde sebine sull'isola di san Paolo, un tramonto spettacolare sui monti orobici.

giovedì 23 giugno 2016

domenica 19 giugno: il Santuario di Montecastello di Tignale (BS)

Nubi minacciose gravano sopra le nostre teste, ma sfidando l'incertezza meteo lasciamo la trafficatissima Gardesana e saliamo verso Tignale direzione il santuario di Montecastello, conosciuto anche con il nome di santuario della Madonna della Stella dal momento che si racconta che nel 1200 l'apparizione di una stella mise fine ad una cruenta battaglia fra trentini e bresciani. Il Santuario è collocato sopra uno spuntone di roccia calcarea a picco sul lago di Garda, con una ampiezza di veduta che spazia dalle cime del Baldo alla penisola di Sirmione e che nelle giornate terse permette persino di vedere il profilo degli Appennini emiliani. Oggi non è questo il caso, ma la simbiosi tra cielo e lago rendono ugualmente magico il panorama. Una volta lasciata la macchina seguiamo le cappelle della via Crucis lungo una ripida strada. Al termine della salita ti trovi davanti all'imponente portale d'ingresso che precede la monumentale scalinata su due rampe risalenti al 1599. Il santuario è un'opera di notevole pregio artistico e architettonico con i suoi numerosi affreschi che decorano l'interno della chiesa, suddivisa in tre navate. Nella navata centrale notiamo una splendida struttura lignea con statue opera di intagliatori trentini e un affresco del XIV secolo attribuito alla scuola di Giotto. Dopo la visita al santuario imbocchiamo alla nostra destra una stradina che dapprima scende brevemente per poi risalire verso la sommità tra le fronde di un bosco rigoglioso. Nel giro di venti minuti raggiungiamo la vetta e la croce di Montecastello. Dopo la sosta panino, ripercorriamo a ritroso il sentiero 266 costeggiando caverne e resti della grande guerra, immergendoci nel bosco e...sbagliando la svolta! Il percorso scende seccamente in direzione di Tignale, oltrepassiamo una larga pietraia da dove si gode uno squarcio fantastico sull'Alto Garda per poi rientrare nella fitta boscaglia. Gambe in spalla ritroviamo la comunale che conduce a Prabione e da qui, proseguendo a sinistra, in una manciata di minuti si raggiunge il parcheggio.
PARTENZA: Capitello Via Crucis (mt 574)
SEGNAVIA: CAI 266
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 250
ALTITUDINE: Montecastello 
(mt 823)
LUNGHEZZA: km 7

lunedì 13 giugno 2016

Il Monte Castello di Gaino (domenica 12 giugno)

Accade che non serve arrampicarsi sulle Alte Montagne per interpretare la bellezza di un paesaggio, oltre la linea sottile dell'orizzonte dietro nuvole gonfie di pioggia emozionalmente sospese. Accade che da quelle nuvole una montagna di nemmeno novecento metri d'altezza riscuoti così grandi simpatie tra gli escursionisti, soprattutto tedeschi e lungo il cammino in effetti ne abbiamo incrociati molti, per la sua avvenente e quasi inaccessibile struttura.
In effetti il suo profilo è inconfondibile posto in verticale sul lago di Garda ad est e il Pizzoccolo ad ovest. Arriviamo a Navazzo (mt 487), arroccata frazione di Gargnano nel cuore del Parco Alto Garda Bresciano, lasciandoci alle spalle la movimentata Gardesana, sotto un cielo che ha già scaricato l'anima e che sembra che voglia fare altrettanto anche su di noi. Il sentiero Cai 21 per il Monte Castellodi Gaino, dopo un breve tratto d'asfalto, ci fa entrare nel fitto bosco, invero un canalone detritico, tra deliziose fragoline e cespugli selvatici, a cui ben presto si frappone un tracciato reso pesantemente fangoso dalle recenti piogge. Ad una forcella troviamo l'indicazione a sinistra per Gaino mentre noi non lasciamo la direzione principale. Da qui si getta un primo sguardo sul sottostante Benaco, mentre si sale lungo il crinale e il percorso diventa estremamente accidentato e non è facile arrancare su un fondo così instabile. Intorno a noi anche tracce di passaggi di cinghiali. Proseguiamo sino ad una nuova biforcazione, tagliando nettamente sulla sinistra tra gli abeti nel silenzio del bosco e siamo nuovamente in cresta con uno splendido Garda su cui si affaccia il Monte Baldo e la sponda veronese mentre sulla destra svetta il verdissimo Pizzocolo e il monte Spino. Il sentiero diventa roccioso e in breve si raggiunge una specie di selletta dove possiamo ammirare l'ansa meridionale del lago di Garda sovrastati dalla rocciosa cuspide sommitale di Monte Castello a 789 metri di altezza.
Una parte del gruppo decide di fermarsi per la sosta panino mentre il restante risale la boscaglia e si inerpica lungo un sentierino, in lieve esposizione ma ben saldato con funi metalliche al fianco della montagna, sino a raggiungere la vetta dove è posta la grande croce. La salita è ricompensata da un paesaggio fantastico che sa sorprendere per vastità e bellezza reso ancor più suggestivo dai toni grigi del cielo. Sotto di noi Gargnano appare piccolissima, del resto la parete "precipita" per circa 800 metri sulle sottostanti acque del Garda. Il ritorno è tutto un "attenzione che si scivola" ma senza particolari patemi percorriamo a ritroso il sentiero Cai mentre finalmente il sole si decide a far bella mostra di sè. Il piccolo centro nel frattempo si è animato: c'è la Fiera del Trattore e sotto il tendone ci aspetta una buona birra fresca e tra una chiacchierata e l'altra particolare attenzione alle prossime escursioni.


PARTENZA: Navazzo (mt 487)
SEGNAVIA: CAI 21
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 383
ALTITUDINE: mt 870
LUNGHEZZA: km 5

lunedì 6 giugno 2016

L'imponente Rocca d'Anfo in Val Sabbia (domenica 5 giugno)

Dovevamo andare per monti trentini ma il sabato burrascoso ci costringe a più miti propositi. Apriamo una mappa e osservando con attenzione la zona del lago di Idro, uno splendido specchio d'acqua incastonato tra le montagne bresciane della Val Sabbia, decidiamo immediatamente: si va alla Rocca d'Anfo. Per visitarla dobbiamo prenotare, infatti la Comunità Montana Val Sabbia che ha in cura il ripristino dell'imponente struttura, organizza gruppi di partecipanti con ausilio di una guida - nel nostro caso un preparatissimo Davide - che conduce, tra note tecniche e storiche, alla scoperta di uno dei monumenti più significativi del territorio bresciano. L'intero percorso si snoda per poco più di 5 chilometri, con un dislivello di oltre 300 metri e con seicento "bellissimi" scalini da affrontare per raggiungere la Rocca. Nonostante un cielo pericolosamente plumbeo ci agganciamo ad una trentina di persone in attesa e sin dalla partenza il nostro cicerone snocciola una serie di informazioni mentre il tracciato prende a salire rapidamente dalla riva del lago sulla dorsale del Monte Censo.
La costruzione della fortezza di Anfo fu voluta nel 1450 dalla Repubblica di Venezia, che governò il territorio bresciano della Val Sabbia dal 1426 al 1797, e messa a guardia del confine col vicino Principato Vescovile di Trento. I lavori durarono fino al 1490 e secondo alcuni ricercatori il nuovo complesso difensivo fu edificato su una precedente fortezza di origine longobarda. Con l'avvento dell'era napoleonica, le mutate tecniche belliche imposero una completa revisione di tutta la struttura fortificata e dopo il trattato di Lunéville sottoscritta da Francia e Austria il 9 febbraio 1801, il generale Francois De Chasseloup-Laubat, su ordine diretto di Napoleone Bonaparte, consolidò la difesa della Rocca d'Anfo in modo da garantire un controllo più efficace della strada che univa Trento alla città di Brescia. Il Primo Console di Francia si era reso conto dell'importanza strategica dell'antica fortezza ma la Rocca mostrava i segni decadenti di tante guerre sostenute. 
Gli ingegneri militari napoleonici abbandonarono le strutture venete dando il via ad un grandioso progetto di ampliamento che aveva come fulcro il costone roccioso leggermente posto più a nord. I lavori ebbero inizio nel 1802 e in soli 10 anni furono portati a termine. La spesa sostenuta dai militari francesi di 2,5 milioni di franchi dell'epoca testimoniano lo sforzo di fare della Rocca d'Anfo una delle più grandiose e possenti fortezze d'Europa. La successiva caduta dell'impero napoleonico impedì il completamento dell'opera nella sua parte inferiore. Le integrazioni delle strutture, fino all'assetto definitivo attuale, vennero effettuate prima dagli Austriaci e poi portate a termine dal Regno d'Italia dal 1860 al 1914. La prima guerra mondiale con i suoi combattimenti sul fronte dell'Adamello e della Valle di Ledro tolse alla Rocca quel ruolo strategico che aveva avuto sino ad allora, tanto che il complesso fu adibito a polveriera per l'esercito che combatteva più a nord. Tra incendi e frane la Rocca sembrava destinata ad un completo abbandono sino al parziale recupero grazie all'impegno della Comunità Montana Val Sabbia e del Gruppo Sentieri Attrezzati Idro 95, che ha curato la manutenzione delle mulattiere e delle strade. Lo sviluppo in altezza della fortezza apre panorami notevoli sul piccolo bacino lacustre alimentato dal fiume Chiese, chiuso a nord da Ponte Caffaro. Interessante anche il museo della guerra all'interno della caserma, con cimeli di valore storico e militare e assolutamente suggestivo il cuore della fortezza nelle sue impervie e buie scalinate illuminate solo dalle nostre torce. E mettiamoci pure il sole che ha finalmente cacciato via i nuvoloni neri ritagliandosi un pezzo di azzurro. 


PARTENZA: Anfo (mt 300)
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 350
ALTITUDINE: mt 651
LUNGHEZZA: km 5