lunedì 29 maggio 2023

La suggestiva Val dei Mocheni - domenica 28 maggio

Nella suggestiva Val dei Mocheni, parte della Catena del Lagorai, dominata da una natura che gli isolati insediamenti umani non sembrano voler disturbare, è un gioiello insolito e sorprendente e la salita al Lago di Erdemolo (mt 2005) è riconosciuta come il summa delle escursioni. Il "paesaggio del porfido", tipico del Lagorai, è molto particolare e del tutto diverso dai paesaggi dei complessi montuosi circostanti. L’eccezionale durezza del porfido, poco attaccabile dalla forza degli agenti atmosferici, ha conferito alla sommità dei monti un aspetto aspro, con lunghe creste affilate. Le spaccature in senso verticale della roccia danno frequentemente vita a pareti perpendicolari fessurate, molto suggestive anche se non particolarmente imponenti. Alla base delle pareti rocciose, nudi o colonizzate dai rododendri, sono presenti imponenti colate di sfasciumi detritici, derivanti dal disfacimento della roccia soprastante. Si tratta di grossi massi che danno alla colata detritica un aspetto molto diverso rispetto ai ghiaioni dei monti calcarei e dolomitici, composti da materiali molto più fini. Le valli del Lagorai sono ammantate da vastissimi boschi, che costituiscono una delle ragioni della rilevante importanza naturalistica di questa catena montuosa.
Sul versante meridionale della Catena, oltre all'abete rosso sono assai diffusi il faggio e l’abete bianco. Nei boschi posti alle quote più elevate, da 1800 a 2200 metri, l’abete rosso viene sostituito dal larice e dal pino cembro, due alberi straordinariamente resistenti alla morsa del freddo e capaci di crescere su suoli poveri e rocciosi. Si tratta di boschi radi, con alberi ben spaziati tra loro; sul terreno inondato dalla luce si sviluppa un ricco sottobosco formato da rododendri, mirtilli e numerosi tipi di erbe e sono un habitat molto favorevole per la fauna. Vengono frequentati assiduamente dalla lepre alpina, dal capriolo, dal cervo e anche dal camoscio che ci osserva dall'alto. Ospitano varie specie tipiche dell’avifauna come la nocciolaia, chiassoso corvide, particolarmente legata al pino cembro visto che si nutre dei pinoli contenuti nelle pigne e provvede alla loro disseminazione.
Punto di partenza della escursione è il parcheggio (a pagamento) di Palù del Fersina, in località Frotten/Vrottn. Dal parcheggio si va a prendere il sentiero 343 che oltrepassata la Croce dei Laner (mt 1860) raggiunge il Rifugio Sette Selle. Da questo punto il rifugio è dominato dall'omonima cima e dal Sasso Rosso. Quando sulla Panarotta arrivarono gli impianti di risalita, gli alpinisti della SAT di Pergine (Trento) decidono di cercare in Valle dei Mocheni un ambiente più selvaggio. Lo trovano nell'alta Val Laner dove nel 1978 inaugurano il Rifugio Sette Selle, costruito sui resti di una vecchia baracca risalente alla Grande Guerra. Ristrutturato e ampliato nel 2006, è diventato oggi la base occidentale per tutti gli amanti del Gruppo del Lagorai.
Effettuata una gustosa sosta a base di polenta, lucanica e formaggio nella piccola e affollata sala (il rifugio è aperto i fine settimana anche in bassa stagione) ci si accorge che il soleggiato meteo mattutino sta variando decisamente verso il minaccioso, per cui tramontata l'idea di raggiungere il lago di Erdemolo e soprattutto in modo di evitare il percorso dell'andata interamente nel bosco, per non trovarci coinvolte in un vortice temporalesco si decide di raggiungere il passo del Garofani (mt 2155) sul sentiero 340, con una bella presenza nevosa ma proprio in quel momento veniamo colpite da un vento forte e freddo che si trasforma ben presto in grandine e pioggia. Ora la discesa si fa più dura essendo completamente allo scoperto. Raggiungiamo Passo Palù a quota 2071 e da qui in un attimo di pausa della pioggia guardando verso est dominiamo la Val Calamento, troviamo invece la Val dei Mocheni da cui siamo saliti in direzione opposta mentre a nord appaiono le tondeggianti Cima Palù e Cima Conca. Il Passo Palù è anche incrocio dei sentieri 370 che da una parte porta a Malga Cagnon di Sotto mentre mantenendo la sinistra orografica, nuovamente sotto una perturbazione temporalesca, raggiungiamo località I Tasaineri (mt 1522) nell'ultimo tratto di sentiero boschivo, si attraversa la strada asfaltata ed infine si arriva al parcheggio di Frotten.

lunedì 22 maggio 2023

Il Messner Mountain Museum e la cascata di Parcines (20-21 maggio)

Reinhold Messner ha un legame indissolubile con la montagna a cui ha dedicato una vita intera. Non esiste continente che non abbia attraversato con il solo intento di stabilire un rapporto sempre più stretto fra uomo e natura. Considerato come uno dei sostenitori del cosiddetto "stile alpino" nel 1978 fu il primo uomo a scalare l’Everest senza l'ausilio dell'ossigeno supplementare con il suo compagno Peter Hebeler. Senza aiuti né supporti tecnologici ha attraversato la Groenlandia, l'Antartide e il Deserto del Gobi. A partire dagli anni Novanta inizia a farsi strada il progetto di aprire un museo interamente dedicato alla montagna, che raccolga tutte le sue esperienze, diventati oggi ben sei poli museali che formano un vero e proprio circuito, il Messner Mountain Museum, di cui Castel Firmian è la sede principale. Sabato 20 maggio - A sud-ovest della conca di Bolzano troneggia Castel Firmiano (Schloss Sigmundskron) su un'altura di roccia porfirica. Le prime menzioni storiche risalgono al 945 sotto il nome "Formigar", che risale alla parola latina "formicaria", uno dei nomi più antichi di un castello in Alto Adige. L'imperatore Corrado II nel 1027 affida il maniero al principe vescovo di Trento. Nel dodicesimo secolo viene affidato a dei ministeriali che da quel momento ottengono il nome signorile di Firmian. Ai sovrani del territorio la rocca offriva il grande vantaggio di poter controllare la navigazione sull'Isarco e sull'Adige. Nel 1473 il principe del Tirolo, Sigismondo d'Austria, acquista la struttura trasformandola in una fortezza ribattezzata Sigmundskron ("corona di Sigismondo"). Nei secoli successivi il complesso cade lentamente in rovina, passando di volta in volta ai conti Wolkenstein alla fine del Settecento, ai conti di Sarentino dal 1807 al 1870 ed infine ai conti Toggenburg.
Nel 1996, le rovine del castello vengono acquistate dalla Provincia Autonoma di Bolzano e nel 2006 arrivano nelle mani di Reinhold Messner. È bene ricordare che nel 1957 Castel Firmian fu testimone della protesta di 30.000 altoatesini capeggiati da Silvius Magnago, chiamata "Los von Trient"ossia "Via da Trento", contro la non osservanza dell'Accordo di Parigi del 1946 che chiedeva l'autonomia provinciale per l'Alto Adige, slegata dal veto regionale imposto dal Trentino.
Il cuore del circuito museale trova spazio tra le antiche mura di Castel Firmian, rese accessibili da una struttura moderna in vetro, ferro e acciaio materiali moderni ma senza tempo che si armonizzano perfettamente con le antiche mura. Opere, quadri, cimeli e reperti naturali si possono ammirare all'interno, mentre la vista panoramica dal castello si estende dalla Valle dell'Adige fino al Gruppo di Tessa e, nell'altra direzione, fino al capoluogo della regione e lo Sciliar, il simbolo dell'Alto Adige. Molto suggestivo.
Domenica 21 maggio - Punto di partenza è il centro paese di Parcines e da qui si segue un breve tratto asfaltato dopo aver superato un piccolo mulino si procede sul sentiero numero 1 che indica la cascata/Wasserfall. Il percorso segue il Rio di Tel che è alimentato dalla cascata e che durante tutto il percorso ci accompagna con un dolce rumore di acqua scrosciante. Con nostro grande stupore troviamo un “negozio” a forma di mela che vende succhi, marmellate e frutta. C'è un listino prezzi e una cassa, basta prendere e pagare.
Nessuno intorno. Una incrollabile fiducia verso gli escursionisti diretti alle cascate. Proseguendo troviamo una funivia in disuso. Dopo diversi passaggi suggestivi nel bosco si comincia a sentire fragoroso il rumore della cascata. Il periodo con la portata d’acqua maggiore va da maggio a luglio. Si sale ancora raggiungendo il breve la parte bassa della cascata che cade fragorosa dai suoi 98 metri di altezza. Proseguendo lungo un irto sentiero, si raggiunge un punto più alto di osservazione. A far da cornice il Monte Tessa che domina lo scenario. Scendiamo nuovamente verso la Gasthaus Wasserfall, dopo andremo ad assaggiare un buon rosso altotesino, ed accanto troviamo una vecchia costruzione apparentemente abbandonata. E’ la centrale idroelettrica Wasserfall costruita nel 1908 e che si vantava di essere la prima centrale consorziale dell’Alto Adige. Era destinata a rifornire di elettricità il territorio di Parcines e fu voluta dal rappresentante Josef Gamper e dal parroco del paese Mantinger. Veniva alimentata dal Rio di Tel tramite una condotta forzata. Durante il periodo fascista passò di proprietà al Comune ed è rimasta in funzione fino al 2012, data di entrata in funzione della nuova centrale di Birkenwald. Fino ad allora forniva il 40% del fabbisogno energetico del Comune di Parcines. La costruzione è rimasta intatta e l'idea era di farne un museo ma al momento attuale la centrale versa in una situazione di abbandono. Vecchi documenti incorniciati alle pareti, fotografie ed apparecchiature elettriche giacciono incustodite e silenziose a testimonianza non solo di un tempo andato. Torniamo sui nostri passi seguendo questa volta la sede stradale andando ad incrociare il bivio che risale verso il maso Dursterhof, che entra nel cuore della montagna con un intervento costruttivo non impattante rendono questo maso davvero unico. La vista dall'alto lascia senza fiato, lo sguardo si adagia sulla piana sino a raggiungere visivamente Merano. E il menu non è da meno. Veniamo viziate da specialità tirolesi fatte in casa e non ci facciamo scappare i famosi lamponi (sotto forma di succo, marmellate e torte squisite) le cui coltivazioni si arrancano su pendii ripidissimi.

martedì 16 maggio 2023

Tre giorni tra castelli, cantine e meraviglie naturali - (12-14 maggio)


Gli occhi di meraviglia hanno bisogno del nostro impegno che se non ti impegni gli occhi si distraggono facilmente, che se non ti impegni la bellezza vola via, perché la bellezza non è per distratti perché la meraviglia è timida ama il disparte si accovaccia dietro gli alberi si intrufola in un sorriso tra le pagine di un libro dentro una minuscola nuvola e sulle panchine della nostra età giovane, la meraviglia gioca a nascondino con la vita nel mondo e noi siamo quelli che contano ma noi, siamo quelli che contano davvero
(Gio Evan). Ed è con questi stessi occhi che entriamo venerdì 12 maggio nei meravigliosi Giardini di Castel Trauttmansdorff con lo sfondo spettacolare sulle montagne striate di neve e sulla città di Merano. I sentieri si snodano dolcemente lungo il percorso, si attraversano terrazzamenti soleggiati e ruscelli gorgoglianti, alla scoperta di quattro aree tematiche che ospitano piante provenienti da tutto il mondo. Ai piedi del Castello si trovano gli esotici Giardini del Sole in cui ammirare olivi, cactus, aloe, agavi e tante altre piante provenienti dall'area mediterranea. Nei Giardini Acquatici e Terrazzati, scale e piccoli corsi d'acqua collegano i vari livelli e conducono al Giardino dei Sensi in cui domina il profumo delle piante aromatiche, dei roseti inglesi, dei gigli e dei gelsomini. Un grande colpo d'occhio è rapp tulipani variopinti che creano spruzzi di tinte forti su grandi aree, ma non mancano nemmeno gigli e peonieScendiamo con ingenuo candore al Laghetto delle Ninfee, circondato da palme, camelie e azalee. Sul lato nord del castello si estendono i Boschi del Mondo con esemplari tipici delle foreste dell'Asia e dell'America. Nella Serra, invece, si possono contemplare incredibili piante tropicali e un movimentato terrario. Infine, i Paesaggi dell'Alto Adige offrono uno spaccato della natura e dell'agricoltura locale. Oltre alla natura prorompente e così ricca si alternano padiglioni artistici e stazioni multisensoriali. E poi con una bella sgroppata si sale al binocolo di Thun, dal nome del suo creatore Matteo Thun, una piattaforma panoramica davvero a forma di binocolo sopra i giardini. Al centro dei Giardini si erge imponente Castel Trauttmansdorff.  Le sue antiche stanze, nelle quali già risiedevano l'imperatore Francesco Giuseppe e sua moglie, l'imperatrice Sissi, sono oggi sede del Touriseum, il Museo Provinciale del Turismo che, in modo interattivo, racconta 250 anni di storia del turismo nelle Alpi. La storia di Castel Trauttmansdorff risale attorno al 1300,  dove c'era un altro castello, chiamato Neuberg, che ebbe fra i proprietari gli Angerheim e i Suppan. La
famiglia Trauttmansdorff lo acquistò nel 1543 mentre si trasferivano dalla Stiria nel Tirolo meridionale Due generazioni più tardi questo ramo della famiglia si estinse, segnando il tramonto di un'epoca. La struttura cadde in rovina, fino a quando nel 1846 il Conte della Stiria, Joseph von Trauttmansdorff, un parente della famiglia, si trasferì a Merano e ricomprò l'edificio inserendo elementi neogotici. Nel 1870 ospitò Elisabetta di Baviera, la principessa d'Austria Sissi, durante le sue cure a Merano. Questa visita così importante rese la cittadina sudtirolese estremamente famosa come luogo termale. Nel 1977 il castello passò nelle mani dell'amministrazione provinciale altoatesina riportandolo, dopo anni di restauri agli antichi splendori.
Cena: ci fermiamo al Bauern laden di Sinigo dove abbiamo gustato un tagliere con prodotti contadini di ottima qualità e vini eccellenti.
Ci lasciamo ispirare da una visita in cantina che non è esperienza per soli appassionati di vino ma è una vera conoscenza di storia, di persone e di luoghi nei quali immergersi con curiosità. Cantine uniche in cui conciliare paesaggio e gusto, a pochi passi dai filari ed immerse in paesaggi da sogno. Una realtà di eccellenza accompagnata da degustazioni guidate e percorsi sensoriali unici. Eccoci sabato 13 maggio all'appuntamento con la cantina Franz Haas produce vino sin dal 1880 e viene tramandata da sette generazioni al primogenito di famiglia che ha l’onore e la responsabilità di portare sempre lo stesso nome, Franz,  ponendosi così come una delle realtà vinicole più importanti e antiche dell'Alto Adige come ci racconta con grande entusiasmo la nostra guida. La cantina Franz Haas si estende con i suo vigneti da altitudini di 400 metri fino alle vette di 1150 metri, dove proprio a queste estreme altezze sono state piantate viti di Pinot Nero. Con una così vasta distesa di terreni coltivati ne segue una grande diversità di clima e di morfologia del terreno, passando da strati di sabbia porfirica ad argilla e calcare. 
Le viti sono curate con il massimo rispetto per l'ambiente e crescono in un territorio in cui gli interventi sono ridotti al minimo. Soltanto così ogni bottiglia può suscitare grandi emozioni ed evocare ricordi legati a quel territorio unico e ai suoi freschi e puri profumi di montagna. Le belle e colorate etichette sono realizzate dal famoso artista Riccardo Schweizer vicinissimo al movimento pittorico picassiano. Franz Haas non è riconosciuto solo per essere stato un pioniere nella coltivazione sistematica in altitudine, ma anche per la particolare chiusura della bottiglia con il tappo a vite, scelta sicuramente non facile, né economica ma che tende a garantire la qualità di un vino non alterato dal sughero. "Vi sarà capitato sicuramente di aprire una bottiglia di vino - continua la nostra guida - e accorgersi che il vostro prezioso nettare ha preso il sentore di tappo. Il responsabile è un fungo, l'Armillaria mellea, parassita della quercia da sughero che rischia di inquinare olfattivamente il vino contenuto nella bottiglia"Pinot Bianco, Pinot Grigio e Gewurztraminer sono i vitigni bianchi più coltivati nei cinquantacinque ettari vitati e danno vita a bottiglie di assoluto valore che ben rappresentano le potenzialità del territorio. Franz Haas, scomparso di recente, non produce soltanto vini bianchi: il Lagrein e il Pinot Nero, uniti al Merlot e al particolare Moscato Rosa, completano un riuscito ventaglio di vitigni che trasmettono al meglio il carattere e la personalità del territorio alpino. La vera passione della cantina Franz Haas è racchiusa in quell'amore sfrenato verso il Pinot Nero, vitigno tanto ostico quanto emozionante, che merita una cura rigorosa per poter esprimere tutta la sua classe e raffinatezza. Infatti la linea Pinot Nero "Schweizer" viene prodotto soltanto nelle più favorevoli annate. E le degustazioni confermano la ricerca metodica di un equilibrio dei profumi aromatici. Insomma una grande cantina e un punto di riferimento di tutto il panorama altoatesino. Ci spostiamo nel pomeriggio sulle rive del Lago di Caldaro che si estende in una conca fra il massiccio della Mendola a ovest e il Monte di mezzo a est ed è il lago balneare più caldo di tutto l'arco alpino. Scegliamo di fare il giro del lago in senso orario. Punto di partenza è il Ristorante Geier (sentiero 3) a nord del parcheggio principale di San Giuseppe al Lago (St. Josef am See). Dopo pochi minuti giriamo a destra affiancati da meleti e imbocchiamo la stradella che porta a Campi al Lago (Klughammer). Camminiamo ai piedi della collina dove s'innalzano le rovine di Castelchiaro che guarda dall'alto il lago di Caldaro e si riflette in esso. Probabilmente la struttura venne costruita dai Signori di Rottenburg attorno al 1250 anche se la costruzione risale verosimilmente a prima del Duecento, infatti il Monte di Mezzo (Mitterberg) è caratterizzato da tracce di
fortificazione 
retiche modificate poi nel periodo romano. Infine Castelchiaro entrò in possesso dei governanti, i signori di Tirolo, che lo concessero in feudo ai Capitani di Caldaro. Per lungo tempo, il castello fu anche sede della Corte di giustizia. Nel diciassettesimo secolo il castello cadde in rovina. Ciononostante resti del palazzo con affreschi del XV secolo sono tutt'ora ben conservati. Proseguiamo verso sud e poco dopo svoltiamo a destra in direzione della Strada del Vino dell'Alto Adige, attraversando i canneti. Questa tranquilla passeggiata porta alla scoperta della natura del biotopo del lago di Caldaro. L’area protetta si trova a sud del lago e con i suoi fragmiteti, prati umidi e boschi igrofili è la più estesa zona umida tra la zona alpina e la Pianura Padana. Il percorso naturalistico fa parte del territorio sotto tutela del protocollo "Natura 2002". Il biotopo risulta quindi essere un'oasi naturale di inestimabile valore ed è un importante luogo di sosta per numerosi migratori. Nel biotopo è stata costruita una passerella in legno ed anche una torretta d'osservazione in mezzo ai canneti per gli appassionati di birdwatching. L'intero percorso è accompagnato da pannelli informativi sulla vegetazione e animali che lo popolano. Giriamo verso nord lungo un tratto del sentiero del vino, incrociamo...una collezione "importante" di vecchi trattori e raggiungiamo San Giuseppe al Lago, il nostro punto di partenza. (Lunghezza km 8 Dislivello mt 220). Cena: il Luggin Steffelehof è un locale tipico altoatesino con l'atmosfera rustica della cantina a volta, i piatti della tradizione (canederli, ravioli, carne, dolci) accompagnati da verdure del loro orto e gli ottimi vini autoprodotti.
Cordiali e disponibili, prezzi ottimi e distillati offerti. D
omenica 14 maggio. In una vasta piana circondata da boschi, canneti e prati a 974 metri si trova il Lago di Serraia, lago principale del comune di Baselga di Piné. Il suo perimetro è segnato da un comodo sentiero che lo collega all'altro lago dell'altopiano, quello delle Piazze. Si parte da Serraia  camminando sulle sponde del lago verso Rizzolaga. Nei canneti individuiamo alcuni svassi e folaghe. Il lungolago è una passeggiata con aree di riposo e piccoli prati che si estende fino al biotopo "Paludi di Sternigo". Lì, sulla punta nord, seguiamo la strada che conduce attraverso Rizzolaga fino a Campolongo al Lago. In questo punto inizia già il secondo specchio d'acqua, il Lago delle Piazze, leggermente più piccolo rispetto a quello di Serraia, ma un paradiso naturale come quest'ultimo. Si cammina lungo la riva sotto la località "Le Piazze" presso Bedollo (il sentiero procede accanto alla strada). Vicino all'Hotel Pineta un bel percorso ciclabile attraversa il bosco lungo la riva del lago. Da qui possiamo vedere il Lago delle Piazze dall'altro lato ed osservare i numerosi uccelli acquatici. Raggiungiamo il Lago di Serraia, questa volta sulla sponda sud-orientale, e chiudiamo il giro circolare sul bellissimo lungolago (Lido), che porta nuovamente al punto di partenza.

lunedì 8 maggio 2023

Il "Sentiero delle Fiabe" a Preghena in Val di Non - domenica 7 maggio

Il Sentiero delle Fiabe (Il lavoro, le fate, le streghe) è un affascinante percorso tematico di circa cinque chilometri (dislivello mt 200), tra boschi, meleti e prati verdi. Chi si avventura in questo bosco si ritrova catapultato in una dimensione fantastica lungo un sentiero disseminato di personaggi scolpiti nel legno e di infrastrutture realizzate con materiali naturali (pietra e legno) che raccontano le fatiche della gente di montagna e le antiche storie della fantasia popolare. Questo suggestivo percorso comincia all'estremità dell'abitato di Preghena, frazione di Livo, situato nella Val di Non, alle pendici del monte Avert e circondata da ettari di coltivazioni di meli. Si sale sull'asfalto tra i meleti in decisa salita per poi inoltrarsi nel bosco e diventare più pianeggiante fino a raggiungere una stalla da cui spuntano serafiche due vacche. Ci aspetta un fantasioso sentiero disseminato di personaggi scolpiti nel legno e di infrastrutture realizzate con materiali naturali (pietra e legno) che raccontano le fatiche della gente di montagna e le antiche storie della fantasia popolare. Le prime opere in legno ad apparire sono stati gli animali: l'orso, la lepre, l'aquila, lo scoiattolo. Ma il bello arriva dopo un buon quarto d'ora di cammino: prima le spade nella roccia, poi il pentolone dei desideri, la strega volante ed infine la "Peste dal Diaol", un bellissimo mostro con la coda lunga ed un forcone. 
La leggenda vuole che "il Diavolo stesse litigando con nostro Signore per vedere chi fosse il più forte ed avesse il diritto di dominare il mondo. A forza di spingere, il diavolo lasciò le impronte dei suoi piedi nella pietra, così come si possono osservare, però vinse Dio". Continuando sul percorso ecco le campane per rendere inutili i malefici delle streghe. E poi via…si continua in discesa: le motoseghe giganti e poi i pezzi di tronchi d'albero facilmente riconoscibili grazie alle etichette esplicative. Sulla sinistra ecco il Doss da Mul che spazia sulla Valle di Rumo, l'altopiano del Mezzalone, il paese di Cis in Val di Sole e la Valle di Bresimo, mentre poco più avanti si apre un bel prato, in località I Plani, con tavoli, panche e griglie dove poter fare splendidi pic nic all'aperto. Osserviamo con curiosità la "ciarbonara", ossia la carbonaia dove la legna veniva posizionata e ricoperta con terra o "tope" di erba per favorire la giusta combustione che portava alla carbonificazione. Tra streghe volanti, il gnomo custode delle miniere e il grande serpente bianco che ha perso la corona, si raggiunge dalla parte opposta Preghena incrociando il Cammino Jacopeo d'Anaunia, simboleggiato da una conchiglia gialla, che attraversa il borgo silenzioso sino ad arrivare alla segnaletica di partenza, con gli occhi e il cuore carichi di meraviglia, e con un'esperienza incredibile da raccontare.

lunedì 1 maggio 2023

Il Lago di Santa Giustina e il suo eremo, Castel Nanno, il Lago di Tovel...insomma, la splendida Val di Non - domenica 30 aprile

Il lago di Santa Giustina è al centro della Val di Non ed è un bacino artificiale ottenuto sbarrando le acque del torrente Noce. Immerso in un meraviglioso scenario naturale tra meleti, campi coltivati, boschi, montagne verdeggianti e da Castel Cles che domina l’intera vallata, rappresenta oggi il più grande bacino artificiale del Trentino e, in termini di volume d'acqua, quello principale tra tutti i laghi della regione. Se il livello dell’acqua del bacino è particolarmente basso, sotto i 530 metri sul livello del mare, si può osservare emerso il medioevale Pont della Mula sul Rio di San Romedio ma anche scoprire il Ponte Alto sul torrente Noce e il Ponte di Banco sulla strada del Regai. Entrata in funzione nel 1951 ha rappresentato a lungo la diga più alta di tutta Europa grazie ai suoi 152,5 metri. Il progetto era talmente importante che vi collaborò anche l’architetto Giò Ponti, per la società elettrica Edison. Nei pressi della diga la gola è scavalcata anche dal ponte di Santa Giustina, costruito in ferro tra il 1886 e il 1889 ed oggi rivestito in calcestruzzo e dal ponte di Mostizzolo della ferrovia Trento-Malé-Mezzana inaugurata nel 1964 in sostituzione della preesistente tranvia.
L’escursione all'Eremo di Santa Giustina è una semplice ma suggestiva passeggiata con punto di partenza il piccolo parcheggio della stazione di Tassullo. Da qui prendiamo la stradina che passa sotto la ferrovia dove è presente la segnaletica Cai 529 per l'eremo. Il primo tratto costeggia la ferrovia, poi si snoda in leggera discesa tra i meleti e, alla fine della zona coltivata, inizia una ripidissima discesa nel bosco. In molte parti ci sono dei cordini metallici che agevolano la discesa e in poco tempo si perde tantissimo dislivello sino a raggiungere le rive del torrente Noce che qui scava una possente forra dominata da alte pareti di roccia. Lo attraversiamo su un ponticello di legno e iniziamo la risalita sull'altro versante raggiungendo le vicine rovine dell'eremo.
L’eremo di Santa Giustina era composto dalla residenza dell’eremita, affiancata da una scuola e una piccola chiesa dedicata ai Santi Cipriano e Giustina e assunse anche la funzione di ospizio per i viandanti collegato all'eremo di Santa Emerenziana all'imbocco della Valle di Tovel e con Madonna di Campiglio attraverso il Passo del Grostè. L'eremo è nominato per la prima volta negli Atti visitali del 1537 (il principe vescovo Bernardo Clesio dette inizio alla prassi delle visite pastorali sul territorio diocesano i cui verbali confluivano in una serie denominata appunto Atti visitali) ma in realtà è molto più antica soprattutto dando credito alla tradizione che vuole il luogo abitato sin dal VII secolo dal monaco Secondo da Trento, confessore e consigliere della regina Teodolinda, ivi rifugiatosi e morto nel 612. Con i secoli l’eremo venne abitato solo nei mesi più caldi: dal 1617 al 1782 infatti gli eremiti trascorrevano gli inverni alla vicina Dermulo. Successivamente l’eremo venne abbandonato cadendo in rovina, così come li possiamo vedere ancora adesso, un cumulo di rocce che dà forma a diverse strutture ammassate alla parete verticale della montagna. Anche se ora sono rimasti solo dei ruderi, la posizione di questo eremo è incantevole. Il sentiero attraversa tutta la zona dell'eremo e sale, per un po', tra rocce e sassi fino a sbucare nel bosco. Da questo punto non seguiamo le indicazioni per Dermulo, ma andiamo a prendere un tracciato sulla sinistra che si immerge tra i meleti e che finisce nei pressi della curva del ponte di Santa Giustina. Lo attraversiamo (panorama stupendo dall'alto su tutta la forra) e raggiungiamo la zona commerciale Polygon.  Da qui svoltiamo a sinistra proseguendo su stradina che ci riporta alla stazione dei treni.
Pochi chilometri più avanti, in posizione panoramica al centro della Valle di Non svetta l'elegante Castel Nanno. E' una proprietà privata e l'accesso è consentito in occasione delle visite guidate organizzate dall’Apt Valle di Non ed infatti lo troviamo aperto. Posto in linea d’aria con Castel Valer, deve il suo attuale aspetto alla ristrutturazione avvenuta tra il 1520 e il 1530 per volere di Giovanni Gaudenzio Madruzzo. Il castello medievale venne costruito per volontà dei Signori d’Enno. Nel 1274 i figli di Ropreto da Denno, Niccolò e Giordano, acquisiscono il castello assumendo il cognome "da Nanno" rimanendo molto a lungo tra i loro possedimenti tranne una breve parentesi nella seconda metà del XIV secolo in cui passerà tra i beni degli Spaur. Nel 1447 Riprando da Nanno viene investito anche del feudo di Castel Madruzzo segnando l'inizio dell'importante casata dei Madruzzo. Oggi si presenta come un’elegante residenza cinquecentesca i cui canoni architettonici rispettano quelli del Rinascimento italiano. La struttura quadrata è composta dall'imponente torre centrale e dalla cinta merlata, ai cui angoli si inseriscono quattro torri di controllo. Dell’originario castello medievale rimane il mastio, parzialmente diroccato, visibile sulla facciata nord-est dell’edificio. Castel Nanno è noto anche per le sue leggende, si narra infatti che, tra il 1611 e il 1615, fu teatro dei processi alle streghe, durante i quali vennero giustiziate tre donne del paese accusate di stregoneria.
In una sala al primo piano del castello si trova una pietra con l’incisione di tre croci, a testimonianza di quanto accaduto. Sembra anche che tra le mura del castello furono murati vivi i due giovani Melisenda e Ludovico, colpevoli di amarsi nonostante la rivalità tra le loro famiglie. La leggenda vuole che, ancora oggi, nelle notti di maggio, sia possibile udire i lamenti e i pianti dei due innamorati.
Concludiamo la giornata recandoci prima al Lago di Tovel, ancora in carenza d'acqua ma in condizioni decisamente migliori rispetto alla grave siccità delle precedenti settimane, che rischiava di compromettere il delicato ecosistema del fondale e poi, ritornando sui nostri passi, si punta verso la Terrazza dei Sapori con vista panoramica sul lago di Santa Giustina e sull'intera vallata. Questo agriturismo è in mano all'azienda agricola Savinelli che con amore, cura e dedizione, coltiva da anni la terra per produrre frutta e verdura ad impatto zero, prodotti che arrivano direttamente dalla terra alla forchetta. Ottimi i piatti della tradizione trentina con i decisi abbinamenti ai rossi più famosi di questo territorio.