Il sentiero Cai 3, il "Sentiero del Ventrar" è a ragione il più bel sentiero del Monte Baldo.
La funivia Malcesine-Monte Baldo è senza dubbio la via più comoda per raggiungere questa magnifica cima e apprezzare il panorama sul Lago di Garda ma, al di là del costo piuttosto caro del biglietto, sarebbe un approccio esclusivamente turistico. Da Brentonico, saliamo a San Valentino passando per la strada Graziani con scorci panoramici sull'alpeggio, sino a raggiungere il Rifugio Bocca di Navene, a quota 1420 metri. Strudel e cappuccino e ci si muove avanti di duecento metri dove si inerpica un sentiero incorniciato di maggiociondolo, pianta dai caratteristici fiori gialli a grappolo, tracciato che taglia il bosco sbucando in un prato. Da qui parte il sentiero 3, il Ventrar appunto (mt 1564) indicato come EE, per escursionisti esperti. Una breve salita poi si attraversa una forcelletta, attrezzata con cordino metallico, che disegna un frastagliato percorso tra pareti scoscese e selvaggi valloni, il paesaggio muta continuamente e magnifici scorci si aprono sul lago e sulle montagne circostanti, circondato da una flora ricchissima di conifere, aghifogli, genziane e rododendri, fino a raggiungere una balconata sopra il lago.
A nord ecco Riva del Garda col Monte Brione svettante in un cielo non molto limpido ma comunque splendido. Sul versante occidentale si nota la Val di Ledro, e sulle rive si affacciano Limone e Campione sul Garda, sul versante orientale la parte vecchia di Malcesine e, poco più in là Brenzone poi si cala sul fianco ovest della Colma di Malcesine. Il sentiero stretto e serpentineo esce sul crinale dei Prati di Malcesine fino al crocevia Prai. A questo incrocio si può seguire il sentiero Cai 16, in direzione della funivia oppure proseguire il percorso scendendo seccamente verso la località El Signor. Dal punto di vista botanico siamo una zona molto ricca e per certi versi unica al punto che il Baldo è stato definito Hortus Europae, il giardino d'Europa. Infatti grandi distese prative si susseguono a perdita d'occhio con mille fiori differenti e qualche vacca solitaria al pascolo. Una traccia sterrata fra l'erba alta si abbassa a zig-zag fino a Prai (mt 1279) da questo punto diparte sulla sinistra, attraverso un prato dove l’erba è davvero molto alta, il sentiero Cai 11 per Tratto Spino. Poco sopra il Ristoro Prai è chiuso.
Si prosegue prima in forte salita poi, per un breve tratto, in falsopiano fra l’erba alta dei prati per entrare infine in una bella faggeta ombreggiata ma dal sentiero molto ripido. Più in alto passa sopra le nostre teste la cabina che sale da Malcesine, ora il sentiero diventa una strada, ancora molto ripida, di selciato cementato. Finalmente si raggiunge Bocca Tratto Spino (mt 1721) dove ci fermiamo per una sosta veloce, in alto librano leggeri i parapendii e con il loro chiassoso belato arriva un grande gregge che si riversa veloce sulla dorsale della stazione della funivia. Saliamo anche noi verso la Baita dei Forti, accanto alla funivia di Malcesine (mt 1750), ovviamente vista la splendida giornata c’è parecchia gente che si distribuisce nei diversi locali e su tutta la Colma di Malcesine. Con calma proseguiamo sulla forestale, sentiero Cai 651,
prima uno sterrato poi una lingua d'asfalto dove sfrecciano numerosi bikers, oltrepassiamo il Rifugio ex Caserma Finanza (mt 1687) strada che scende ripidamente mantenendo davanti a noi l'Altissimo, con cui chiudiamo l’anello escursionistico.
PARTENZA: Bocca di Navene (mt 1420)
SEGNAVIA: Cai 3 - 11 - 651
DIFFICOLTA': EE
DISLIVELLO: mt 470
ALTITUDINE: mt 1750
LUNGHEZZA: km 9,3
lunedì 29 giugno 2020
lunedì 22 giugno 2020
Giro delle malghe della Lessinia, una tavolozza di colori - domenica 21 giugno
L'itinerario che attraversa le malghe alte tra i comuni di Erbezzo e Ala, a cavallo tra Veneto e Trentino Alto Adige è caratterizzato dalla presenza delle malghe, manufatti funzionali alla pratica d'alpeggio estivo, che per secoli ha regolato la vita di montagna e che nonostante l'ingombrante industrializzazione casearia, ha mantenuto l'eccellenza dei suoi formaggi tanto da pregiarsi della Denominazione di Origine Protetta. Il nostro percorso si trasforma in un modo di camminare dall'incedere lento che permette di osservare con calma il bucolico mondo del pascolo, dei campanacci e delle casere. E poi quelle gobbe erbose, praterie di fiori uscite da una tavolozza di colori che si rinnovano con lo scorrere del giorno e degli angoli di luce, con l'intrecciarsi delle nuvole e con l'avvicendarsi delle stagioni. Raggiungiamo Malga Lessinia che già profuma d'estate e con andatura moderata si va ad impegnare l'ampia mulattiera che risale la dorsale in direzione del Monte Castelberto e dell'omonimo rifugio posto a 1765 metri. La zona circostante il Castelberto rientra nell'Ecomuseo delle trincee della Lessinia il cui punto di maggior interesse è rappresentato dai 430 metri lineari di trincee di Malga Pidocchio (oggi però chiusa). Fra queste trincee una galleria collegava le due postazioni a cavallo della strada e l'artiglieria era costituita da quattro cannoni.
Saliamo ora la ripida carrareccia che esce sul pianoro del rifugio, fedele ricostruzione di un ex caserma della prima guerra mondiale e punta terminale a nord dell’altopiano dei Monti Lessini. Sembra di avere il paradiso a portata di mano: da lassù la visuale spazia dalla Val d’Adige alla sottostante Val dei Ronchi, alle vicine cime del Pasubio e del Carega. Tutta la Lessinia è visibile ed il lago di Garda verso Sirmione. A ovest la tipica cornice del Monte Baldo, l’Altissimo, le cime meno vicine dell’Adamello, con il Carrè Alto e la Presanella. Verso nord inconfondibili le sagome delle dolomiti di Brenta, il Bondone e la Paganella. Chi ama la montagna non può che raggiungere il vicino osservatorio distante un centinaio di metri dal rifugio, e dal punto di osservazione, come fosse un gioco, si vanno a scoprire i nomi, le direzioni e le altitudini delle vette più famose che fanno da corona naturale a questo bellissimo rifugio. Approfittiamo della lunga sosta per assaggiare gli gnocchi di malga, un piatto "povero" che nasce nelle prealpi venete, in particolare in Lessinia. I pascoli e le malghe sono l'origine di questo piatto semplice e gustoso che i contadini preparavano durante la stagione estiva, quella dell’alpeggio con i pochi prodotti di cui disponevano: formaggio, burro e farina. Gli gnocchi vengono preparati con un impasto di farina e acqua bollente sbattuto energicamente, da qui il gergo “gnocchi sbatui”.
Si condiscono con il burro fuso e vengono arricchiti dal sapore deciso del Monte Veronese stravecchio. Scendiamo il pendio e al secondo bivio si seguono le indicazioni per Malga Coe di Ala (mt 1659) dove lungo il sentiero si incontrano i cippi in pietra dell’Impero Austro-Ungarico. Dietro al caratteristico baito la strada prosegue in discesa, affiancando una bella casara in pietra e raggiungendo il confine trentino con Malga Revoltel (mt 1549), i cui edifici sono limitrofi ai resti di un altro grande caposaldo militare. Da Revoltel si ritorna in Veneto attraverso uno stradello erboso che porta a Malga Coe Veronesi (mt 1558). Lo sterrato scende seccamente in direzione di Malga Lavacchione per cui preferiamo scollinare seguite dallo sguardo indifferente di placide vacche al pascolo, dalle parti di Malga Camporetratto (mt 1561)
raggiungere il Bivio del Pidocchio e con un ultimo sforzo riportarci verso Malga Lessinia (mt 1616) dove ci aspetta una prelibata selezione dei loro prodotti di malga.
Saliamo ora la ripida carrareccia che esce sul pianoro del rifugio, fedele ricostruzione di un ex caserma della prima guerra mondiale e punta terminale a nord dell’altopiano dei Monti Lessini. Sembra di avere il paradiso a portata di mano: da lassù la visuale spazia dalla Val d’Adige alla sottostante Val dei Ronchi, alle vicine cime del Pasubio e del Carega. Tutta la Lessinia è visibile ed il lago di Garda verso Sirmione. A ovest la tipica cornice del Monte Baldo, l’Altissimo, le cime meno vicine dell’Adamello, con il Carrè Alto e la Presanella. Verso nord inconfondibili le sagome delle dolomiti di Brenta, il Bondone e la Paganella. Chi ama la montagna non può che raggiungere il vicino osservatorio distante un centinaio di metri dal rifugio, e dal punto di osservazione, come fosse un gioco, si vanno a scoprire i nomi, le direzioni e le altitudini delle vette più famose che fanno da corona naturale a questo bellissimo rifugio. Approfittiamo della lunga sosta per assaggiare gli gnocchi di malga, un piatto "povero" che nasce nelle prealpi venete, in particolare in Lessinia. I pascoli e le malghe sono l'origine di questo piatto semplice e gustoso che i contadini preparavano durante la stagione estiva, quella dell’alpeggio con i pochi prodotti di cui disponevano: formaggio, burro e farina. Gli gnocchi vengono preparati con un impasto di farina e acqua bollente sbattuto energicamente, da qui il gergo “gnocchi sbatui”.
Si condiscono con il burro fuso e vengono arricchiti dal sapore deciso del Monte Veronese stravecchio. Scendiamo il pendio e al secondo bivio si seguono le indicazioni per Malga Coe di Ala (mt 1659) dove lungo il sentiero si incontrano i cippi in pietra dell’Impero Austro-Ungarico. Dietro al caratteristico baito la strada prosegue in discesa, affiancando una bella casara in pietra e raggiungendo il confine trentino con Malga Revoltel (mt 1549), i cui edifici sono limitrofi ai resti di un altro grande caposaldo militare. Da Revoltel si ritorna in Veneto attraverso uno stradello erboso che porta a Malga Coe Veronesi (mt 1558). Lo sterrato scende seccamente in direzione di Malga Lavacchione per cui preferiamo scollinare seguite dallo sguardo indifferente di placide vacche al pascolo, dalle parti di Malga Camporetratto (mt 1561)
raggiungere il Bivio del Pidocchio e con un ultimo sforzo riportarci verso Malga Lessinia (mt 1616) dove ci aspetta una prelibata selezione dei loro prodotti di malga.
PARTENZA: Malga Lessinia (mt 1616)
SEGNAVIA: Cai 257 - 180
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 220
ALTITUDINE: mt 1765
LUNGHEZZA: km 10
SEGNAVIA: Cai 257 - 180
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 220
ALTITUDINE: mt 1765
LUNGHEZZA: km 10
martedì 16 giugno 2020
I dieci capitelli di Soave (VR) - domenica 14 giugno
Il Percorso dei dieci capitelli attraversa i territori caratterizzati dai vigneti del Soave e
del Recioto. L’altimetria della passeggiata varia dai 38 metri del centro
storico di Monteforte d’Alpone ai 201 metri del terzo capitello “del Foscarin”.
La partenza della bella escursione è piazza Venturi dove si affaccia solenne la
bella chiesa neoclassica di Santa Maria Maggiore, eretta tra il 1805
e il 1816 su progetto dell'architetto Conte Bartolomeo Giullari, dal
monumentale pronao a 14 colonne corinzie alte dodici metri. Da qui si prende sulla sinistra via della
Fontana e successivamente via Palustrelo dirigendosi
verso le dolci colline che cingono la Val Ponsara e
separano Monteforte d'Alpone da Soave. Il placido ondeggiare collinare viene
scandito dalle dieci tappe, i dieci
capitelli devozionali, e dal corteggio costante dei
vigneti carichi di frutti. Il primo
capitello che si incontra sorge al margine della stradina che
collega la Val Ponsara con la Valle dell’Acqua e rappresenta la Madonna con Gesù. Il percorso
procedendo verso nord comincia a salire progressivamente. All’uscita di una
curva arriviamo al capitello di San Pietro rappresentato da una barca a vela di
lineare semplicità. La sosta consente di osservare un pugno di case nella Valle
dell’Acqua e, al di là del Tramenalto, la Valvarina emerge sulla linea
collinare congiungendosi col gruppo del Carega.
Si riprende a salire più seccamente poi finalmente la strada si spiana e da un’incurvatura dei colli fa capolino il bellissimo castello di Soave, del casato dei Della Scala. Eccoci al capitello del Foscarin, un costone brullo e di fatto il punto più elevato del percorso, dedicato alla Sacra Famiglia. Accanto vivacizzano l’ambiente alcuni ulivi e una macchia di robinie. Riprendendo il cammino s’imbocca sulla sinistra una discesa a tratti ripida fino al quarto capitello, quello dedicato alla Madonna con il Bambino. La strada declina ora verso Soave e il paesaggio cambia: la mano dell’uomo si delinea tra paesi adagiati sui fianchi delle colline intercalati da frutteti e vigneti. Intanto il profilo del castello scaligero si delinea più chiaramente ma noi proseguiamo lungo il tracciato volgendo a sinistra, sulla salita che porta nel territorio di Monteforte d’Alpone che sbocca proprio davanti al capitello di San Vincenzo Ferreri, protettore dei vigneti contro la grandine. Da qui in avanti il cammino diventa piuttosto agevole perché la strada si snoda quasi sempre sul crinale. Una breve deviazione consente di visitare il sesto capitello, quello della Bassanella.
La sacra nicchia raffigura una Madonna con un’invocazione specifica “benedici il frutto del nostro lavoro”. Continuando sul versante che guarda a Soave si giunge a Piazza Scheeti, un balcone affacciato sulla pianura padana. Sul terso orizzonte si riescono a scorgere gli Appennini, mentre a destra in lontananza il castello di Illasi. Al termine della deviazione si ritorna sulla dorsale per raggiungere il settimo capitello dedicato a San Giuseppe. Adesso la strada è tutta in discesa. In breve tempo si arriva all’ottavo capitello, un Cristo in Croce chiuso in una nicchia triangolare sostenuta da una colonna. Lasciando sulla sinistra la Froscà, con i suoi chiari sentieri che ne tagliano la costa, si entra nella zona di Zoppega dove nel 1899 fu costruito un capitello in onore della Madonna Auxilium Christianorum, ora “Regina Pacis”. Non serve molto cammino per raggiungere anche l’ultimo capitello, quello di San Rocheto, testimone delle sedute che in tempi andati i “Parlamentari” della contrada tenevano
sull’antistante muretto. L’ultima piccola salita porta al Colle di Sant’Antonio, ancora pochi passi e si giunge al punto di partenza antistante l’importante scalinata della chiesa con sosta alla trattoria “Al Fante”
PARTENZA: Monteforte d'Alpone
SEGNAVIA: "dieci capitelli"
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 160
ALTITUDINE: mt 201
LUNGHEZZA: km 9,5
Si riprende a salire più seccamente poi finalmente la strada si spiana e da un’incurvatura dei colli fa capolino il bellissimo castello di Soave, del casato dei Della Scala. Eccoci al capitello del Foscarin, un costone brullo e di fatto il punto più elevato del percorso, dedicato alla Sacra Famiglia. Accanto vivacizzano l’ambiente alcuni ulivi e una macchia di robinie. Riprendendo il cammino s’imbocca sulla sinistra una discesa a tratti ripida fino al quarto capitello, quello dedicato alla Madonna con il Bambino. La strada declina ora verso Soave e il paesaggio cambia: la mano dell’uomo si delinea tra paesi adagiati sui fianchi delle colline intercalati da frutteti e vigneti. Intanto il profilo del castello scaligero si delinea più chiaramente ma noi proseguiamo lungo il tracciato volgendo a sinistra, sulla salita che porta nel territorio di Monteforte d’Alpone che sbocca proprio davanti al capitello di San Vincenzo Ferreri, protettore dei vigneti contro la grandine. Da qui in avanti il cammino diventa piuttosto agevole perché la strada si snoda quasi sempre sul crinale. Una breve deviazione consente di visitare il sesto capitello, quello della Bassanella.
La sacra nicchia raffigura una Madonna con un’invocazione specifica “benedici il frutto del nostro lavoro”. Continuando sul versante che guarda a Soave si giunge a Piazza Scheeti, un balcone affacciato sulla pianura padana. Sul terso orizzonte si riescono a scorgere gli Appennini, mentre a destra in lontananza il castello di Illasi. Al termine della deviazione si ritorna sulla dorsale per raggiungere il settimo capitello dedicato a San Giuseppe. Adesso la strada è tutta in discesa. In breve tempo si arriva all’ottavo capitello, un Cristo in Croce chiuso in una nicchia triangolare sostenuta da una colonna. Lasciando sulla sinistra la Froscà, con i suoi chiari sentieri che ne tagliano la costa, si entra nella zona di Zoppega dove nel 1899 fu costruito un capitello in onore della Madonna Auxilium Christianorum, ora “Regina Pacis”. Non serve molto cammino per raggiungere anche l’ultimo capitello, quello di San Rocheto, testimone delle sedute che in tempi andati i “Parlamentari” della contrada tenevano
sull’antistante muretto. L’ultima piccola salita porta al Colle di Sant’Antonio, ancora pochi passi e si giunge al punto di partenza antistante l’importante scalinata della chiesa con sosta alla trattoria “Al Fante”
PARTENZA: Monteforte d'Alpone
SEGNAVIA: "dieci capitelli"
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 160
ALTITUDINE: mt 201
LUNGHEZZA: km 9,5
mercoledì 3 giugno 2020
ATTENZIONE!
Constatata l'attuale situazione coronavirus l'Associazione Allegre Marmotte comunica ufficialmente che il tesseramento 2020 è stato sospeso e alle marmotte che lo avessero sottoscritto prima dell'inizio della pandemia, verrà automaticamente accreditato dal 1° gennaio 2021 con la partenza del nuovo programma associativo. Per maggiori informazioni contattare il 347 1527671 o scrivere alla nostra mail
allegremarmotte@gmail.com
allegremarmotte@gmail.com
Giro delle Tre Chiesette del Monte San Bartolomeo di Salò - 31 maggio
Dopo il lungo oblio legato al coronavirus, riparte il programma delle marmotte con il bel trekking dei tre santuari sulle colline di Renzano, piccolo e grazioso borgo affacciato sul lago di Garda. Trovato comodo parcheggio in via Fiamme Verdi, di buon passo si sale a località Bissiniga da dove parte il sentiero 17 che si alza ripidissimo dentro un bosco di pini, con tratti poco agevoli a causa della recente pioggia notturna, sino a raggiungere lo Sperone della Corna (mt 466) a picco sul lago e sull'abitato di Salò. Tornate sul sentiero principale si oltrepassa una sbilenca parete rocciosa che sembra voler cadere da un momento all'altro, costeggiamo una recinzione di filo spinato - il dislivello ora si che si fa sentire sulle gambe - si arriva ad un altro bivio e con un ultimo sforzo spuntiamo sulla mulattiera che esce dal bosco cedendo subito il passo ad un tratto asfaltato che scende al seicentesco Santuario di San Bartolomeo (mt 480) oggi aperto ai fedeli. Il cielo si ostina a rimanere bigio nonostante la bellezza del panorama circostante mentre recuperiamo nuovamente la strada, una breve svolta a sinistra e si prosegue sul sentiero 17b, a tratti sassoso e a tratti sabbioso, fino a raggiungere il Passo della Stacca a 458 metri. Il Lago di Garda è ora di fronte a noi in tutta la sua maestosità e magia. Seguendo lo sterrato e poi un tratto di terra battuta, arriviamo al Santuario della Madonna del Buon Consiglio del XVI secolo (mt 516), circondato da cipressi e immerso nel silenzio. Attraverso una proprietà privata ma accessibile si giunge all'agriturismo "Il Bagnolo", attualmente chiuso, dove ci fermiamo per la pausa pranzo. Nuovamente in cammino sul sentiero bianco-rosso 16 si raggiungono le case sparse di Milord (mt 437) e la contrada di Milordino (mt 375).
Nella prima parte del percorso il sentiero attraversa un’ampia frana che per qualche decina di metri rende difficoltoso il passaggio nel profondo canyon rosso-grigio, tanto che un breve tratto esposto si supera con l'aiuto di un tondino d'acciaio, ma poi il paesaggio muta e si arricchisce di qualche casa, pianori adibiti a pascolo e un fitto bosco di faggi e castagni lungo il crinale occidentale del Monte San Bartolomeo. La discesa adesso diventa più morbida, si rientra nella radura mentre compare finalmente il sole. Dopo circa un chilometro e mezzo di sterrato raggiungiamo il Santuario della Madonna del Rio (mt 180). Racconta una tradizione locale che alcuni pastori, timorosi per il pericolo che poteva derivare dal corso d’acqua
particolarmente ingrossato, invocarono la protezione della Vergine che apparve loro e come segno della presenza celeste, nella grotta scavata dalle acque del Rio, è rimasta impressa l’impronta del suo piede su una pietra bianca. A consacrare quella apparizione fu eretto nel diciottesimo secolo il santuario cui fanno suggestivo contorno una gorgogliante cascatella a sinistra della chiesetta e ombrosi cipressi. Proseguendo ecco in lontananza il borgo silenzioso di Renzano dove visitiamo la chiesetta tardo quattrocentesca dei santi Nazaro e Celso, rifiatiamo un attimo prima di recuperare i nostri automezzi per un aperitivo finale.
PARTENZA: Renzano
SEGNAVIA: 16-17-17b
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 335
ALTITUDINE: mt 516
LUNGHEZZA: km 10,5
Nella prima parte del percorso il sentiero attraversa un’ampia frana che per qualche decina di metri rende difficoltoso il passaggio nel profondo canyon rosso-grigio, tanto che un breve tratto esposto si supera con l'aiuto di un tondino d'acciaio, ma poi il paesaggio muta e si arricchisce di qualche casa, pianori adibiti a pascolo e un fitto bosco di faggi e castagni lungo il crinale occidentale del Monte San Bartolomeo. La discesa adesso diventa più morbida, si rientra nella radura mentre compare finalmente il sole. Dopo circa un chilometro e mezzo di sterrato raggiungiamo il Santuario della Madonna del Rio (mt 180). Racconta una tradizione locale che alcuni pastori, timorosi per il pericolo che poteva derivare dal corso d’acqua
particolarmente ingrossato, invocarono la protezione della Vergine che apparve loro e come segno della presenza celeste, nella grotta scavata dalle acque del Rio, è rimasta impressa l’impronta del suo piede su una pietra bianca. A consacrare quella apparizione fu eretto nel diciottesimo secolo il santuario cui fanno suggestivo contorno una gorgogliante cascatella a sinistra della chiesetta e ombrosi cipressi. Proseguendo ecco in lontananza il borgo silenzioso di Renzano dove visitiamo la chiesetta tardo quattrocentesca dei santi Nazaro e Celso, rifiatiamo un attimo prima di recuperare i nostri automezzi per un aperitivo finale.
PARTENZA: Renzano
SEGNAVIA: 16-17-17b
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 335
ALTITUDINE: mt 516
LUNGHEZZA: km 10,5
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