venerdì 13 maggio 2016

Grandi Donne: CHANTAL MAUDUIT, abito in Paradiso...

L'appuntamento arriva con la recentissima pubblicazione in Francia di "Chantal Mauduit, elle grimpait sur les nuages", un tributo importante ed insieme sensibile che rispecchia la profonda personalità di questa grandissima alpinista che ha segnato il mondo della montagna negli anni Novanta. Assetata di vita e animata da uno spirito vagabondo Chantal Mauduit visse e raccontò con grande intensità ogni sua impresa che poi tratteggiava nei suoi appassionati appunti. Di ciascuna spedizione riportava i preparativi delle scalate, un tè con gli sherpa, le voci delle montagne, gli scorci suggestivi della cultura locale tramutandoli in pura emozione. Paesaggi, persone, cibi, dottrine si trasformavano in resoconti spirituali, in lirismi struggentinello stupito e privilegiato rapporto emotivo che aveva con i tetti del mondo, tratteggi poi raccolti nel suo bellissimo libro "Abito in Paradiso" pubblicato nel 1997. 
Chantal Mauduit nasce il 24 marzo 1964 a Parigi e si trasferisce piccolissima a Chambèry, nell'Alta Savoia rimanendo affascinata dalla bellezza delle Alpi. Appena quindicenne inizia a scalare affrontando col tempo pareti sempre più difficili come la nord delle Grandes Jorasses, una delle grandi classiche alpine, il Drus e il Cervino. Completati gli studi di fisioterapia, si dedica completamente all'alpinismo attaccando le vette più alte del Sud America come l'Urus (mt. 5420) e il Huascaran (mt. 6768), vette della Cordillera Blanca in Perù e cimentandosi anche nella traversata del vulcano Sajama (mt. 6542) in Bolivia, ma è a partire dal 1992 che la sua attenzione si sposta esclusivamente verso l'Himalaya decidendo di affrontare tutti i 14 Ottomila in stile alpino e senza ossigeno supplementare. Prova più di una volta ad attaccare l'Everest raggiungendo solo Cima Sud a 8750 metri (7 maggio 1995) costretta a rinunciare a cento metri dalla vetta a causa del forte vento e delle temperature estreme. Nell'agosto 1992 conquista il K2, considerato da molti alpinisti la montagna più difficile del mondo, ma rischiando tantissimo. 
Resa quasi cieca dalla neve riusce a scendere dalla vetta grazie all'aiuto dei grandi scalatori Ed Viesturs e Scott Fisher, quest'ultimo capo spedizione e una delle vittime più celebri della mortale bufera sull'Everest del 1996. 
Il 4 ottobre 1993 Chantal sale sul Shishapangma (mt. 8046) e il 31 ottobre è la volta del Cho Oyu (mt. 8201) ma sale senza l'autorizzazione delle autorità locali, estremamente rigide nei protocolli, il che potrebbe chiuderle le porte del Nepal. Chantal stessa ammise di non essere in grado di saper gestire le procedure burocratiche. Poi è la volta del Lhotse (mt. 8516) il 10 maggio 1996, prima femminile assoluta, il 24 maggio raggiunge il Manaslu (mt. 8163) mentre il 17 luglio 1997 conquista il suo sesto Ottomila, il Gasherbrum II (mt. 8035) confermandosi tra i più forti alpinisti al mondo. Ma questo giusto riconoscimento non le monta la testa rimanendo fedele alla sua anima quasi bohèmien. Scrive sul suo libro: "Dov'è finita l’estate? Ho scrutato l’orizzonte dalla cresta del K2, aggrappata alla montagna sotto la luce pallida della luna, solo ghiacciai serpeggiano tra le cime che si librano in lontananza". Incontra l’umanità più disparata: "Arrampico con russi e americani, ascolto e chiacchiero con gli iberici: è fantastico". Descrive la perdita di sensibilità alle mani e ai piedi nel gelo intenso delle vette, ma poi conclude ammettendo che "il mio cammino interiore ha sorpassato l’orizzonte in un rigoglioso accenno di fioritura". Nel 1998 Chantal tenta l'attacco ai 8167 metri del Dhaulagiri con il suo fedele sherpa Ang Tshering, sarebbe il suo settimo sigillo himalayano, ma entrambi vengono trovati morti nella loro tenda a Camp II probabilmente a seguito di una caduta di rocce o neve a circa 6500 metri di altezza. E' il 13 maggio.
I lunghi viaggi hanno portato Chantal Mauduit ad inseguire la festa della vita nei mercati multicolori di mezzo mondo, sulle pareti patagonighe e himalayane e sui mari dell'Antartide, pronta a perdersi nella contemplazione di un volo d'uccelli o versare profumo sulle pietre roventi di una sauna improvvisata ai piedi dell'Everest perchè "appena si sale di quota il vissuto diventa un'esperienza sensoriale profonda". Lei che era impegnata per la causa tibetana  e per questo il 10 marzo del 1997 aveva scalato la guglia di Notre-Dame di Parigi per appendere una bandiera tibetana. Lei che aveva incontrato il Dalai Lama nel Dharamsala in India. Lei che la ricerca della saggezza la portava a scoprire la meraviglia ovunque. "Talvolta le immagini delle scalate in montagna si trasfigurano in odori, sapori" come negli immensi altopiani himalayani dove "a volte il vento si placa, i ghiaccia dormono, il tutto non è che calma, contemplazione, meditazione. Importante è scoprire l'arte, l'arte di vivere, di ridere, di sorridere" in totale contrasto con il fondamentalismo islamico dei pakistani che non riuscivano a capire questa strana francese e il suo girovagare da sola per l'Himalaya. Lei che era semplicemente Chantal Mauduit.
Lo stesso pensiero libero e sensibile che ha portato, dopo la sua scomparsa, alla creazione dell'Associazione Chantal Mauduit Namasté per migliorare le condizioni dei bambini nepalesi.










Alexandre Duyck "Chantal Mauduit. Elle grimpait sur le nuages" (aprile 2016, edizioni Paulsen)

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