lunedì 26 ottobre 2015

Scandalosa Tamara...(domenica 25 ottobre)

Bella, elegante, trasgressiva, indipendente, forte e fragile al tempo stesso. Tamara de Lempicka, icona dell'emancipazione femminile e protagonista indiscussa dell'Art Déco, continua ancor oggi ad affascinare e sedurre con la sua vita avventurosa, le sue opere smaglianti e ricche di glamour, il suo protagonismo nella vita mondana. Verona le rende omaggio con una importante mostra monografica a Palazzo Forti: 200 le opere presenti tra dipinti, disegni, fotografie, acquarelli, abiti e video d'epoca testimonianze della poliedrica personalità di questa autrice. L'esposizione, suddivisa in sette sezioni, accompagna il nostro sguardo curioso lungo l'evoluzione artistica della pittrice polacca. La ricerca della forma leviga corpi di algida bellezza, forti sono i richiami cromatici alle avanguardie storiche e i suoi rossetti che tanto amava, accesissimi ed esasperati, riecheggiano persino nelle raffigurazioni "sacre" rendendo intrigante l'arte della Lempicka. La prima sezione è dedicata a "I mondi di Tamara" ed esplora le case in cui visse l'artista. Ci sono la casa-atelier di rue Méchain a Parigi, dove Tamara andò a vivere nel 1930, la grande villa coloniale del regista King Vidor a Beverly Hills dove giunse con il barone Raoul Kuffner de Dioszegh, suo secondo marito, nel 1939 e la casa di New York in cui abitò durante gli anni Quaranta. A seguire la sezione "Madame la Baroness, Modern medievalist" che prende spunto da un articolo pubblicato negli Stati Uniti nei primi anni Quaranta in cui si esaltava il virtuosismo tecnico espresso dall'artista in particolare nel genere delle nature morte.
Vi sono esposte "La conchiglia" e una serie di opere dedicate alle mani, soggetto caro pure ad alcuni fotografi come Kertész, Kollar, Dora Maar. Si passa quindi ai dipinti che ritraggono la figlia Kizette tra cui spicca, per la ricca gamma di bianchi delle vesti dal forte effetto plastico, "La comunicanda". La tela, premiata nel 1929, anticipa la serie di opere forse più inattese della mostra, ossia quelle a soggetto devozionale, le "Sacre visioni", dove sono esposte la "Vergine blu" e la "Madre Superiora" il quadro preferito della Lempicka. Di tutt'altro tenore le opere della sezione "Scandalosa Tamara" dedicate al tema della coppia e alle "Visioni amorose", capolavori quali "Prospettiva (Le due amiche)", l'unico "Nudo maschile" da lei dipinto o "La bella Rafaela" rivelano la potenza espressiva, sensuale dell'artista nella sua originale rielaborazione del cubismo di impronta naturalistica appreso dal suo maestro Andrè Lhote e l'uso sapiente della luce di derivazione fotografica. "Dandy déco" invece approfondisce il rapporto della pittrice con la moda realizzando così una mostra nella mostra, ovvero un'inedita sfilata di abiti, calzature e accessori degli anni Venti e Trenta scelti rispecchiando i gusti della Lempicka. 
La sezione della moda presenta anche le foto di Tamara indossatrice, immortalata dai più grandi fotografi di moda come Madame d’Ora e Joffé a Maywald. I prestiti provengono da diverse fondazioni: il Museo della Moda di Ciliverghe (Brescia), ha concesso un abito bianco dei primi anni Trenta che rispecchia il complesso disegno dell’abito indossato nel dipinto "Ritratto di Madame Perrot" e l’abito da sera che la cantante lirica Lina Cavalieri indossò nella serata di gala dell’aprile 1920 quando dette il suo definitivo addio alle scene. Sono poi esposte alcune ricerche d’avanguardia di quei decenni. La Fondazione Biagiotti Cigna ha prestato l’abito futurista disegnato da Giacomo Balla intorno al 1930 protagonista del Divisionismo italiano che sicuramente la Lempicka conosceva, vista la frequentazione con molte personalità del gruppo tra cui Francesco Monarchi, uno degli autori nel 1933 del Manifesto futurista del cappello italiano, che con Prampolini la intervistò a Parigi nel 1929. L’abito di Balla è esposto accanto ad alcune eccentriche e geniali creazioni di Salvatore Ferragamo: le sue calzature sono piccole e preziose sculture, veri oggetti d’arte destinati a essere indossati da molte donne famose dell’epoca, percorso completato da una “vetrina del lusso” che raccoglie un tripudio di borsette e cappellini, tra cui due esemplari della sua modista preferita, Rose Descat. 
Il medesimo orientamento eclettico della Lempicka lo si riscontra nei suoi gusti e nelle sue frequentazioni musicali. Amava la lirica. Ritrasse Bianca Bellincioni Stagno, soprano che aveva debuttato nel 1913 a Graz come Cio Cio San in Madama Butterfly. Il disegno, risalente al 1925, è in mostra nella prima sezione. La Lempicka la conobbe a Milano quando allestì la sua prima personale in quella Bottega di Poesia che fu anche casa editrice musicale, gestita da Walter Toscanini e dal conte Emanuele Castelbarco. L’artista rimase sempre legata alla San Pietroburgo di inizio Novecento che l’aveva vista spettatrice di balletti al Mariinsky ma frequentò anche i più popolari cabaret parigini creati dagli esuli della rivoluzione in cui si esibivano danzatrici in costumi russi: una tela del 1924, "Ballerina russa" che apre il percorso espositivo, testimonia questo tenace legame con la "sua" Russia. 
Apprezzava i locali jazz in cui si esibiva Josephine Baker, amava le facili musiche del charleston, del tango e del fox-trot che rallegrarono "la decade dell'illusione", passò molte serate a La Vie Parisienne, un locale per sole donne gestito da una delle sue amanti, in cui la cantante Suzy Solidor, indimenticata Lily Marlene francese, intonava canzoni bretoni. Tamara de Lempicka, espressione d'indipendenza, eleganza e modernità, grande ammiratrice di Greta Garbo, si muove con la disinvoltura di un'attrice in due brevi film del 1930 e del 1932 in visione a fine mostra. La pellicola del 1930 la coglie in compagnia della sua storica amante, Ira Perrot, in giro per Parigi mentre il breve film del 1932 esplora lo studio della Lempicka e la sorprende nella vita di tutti i giorni, fatta di lavoro e cura della propria immagine. Un viaggio, dunque articolato, approfondito, affascinante e irripetibile nel mondo di Tamara de Lempicka simbolo di trasgressione e indipendenza da cui si esce rapite dalla forza espressiva di questa inimitabile artista.


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