venerdì 2 ottobre 2015

Grandi Donne: CLAUDE KOGAN, un sogno chiamato Cho Oyu

Negli anni '50 anche le alpiniste furono prese dalla frenetica corsa alla conquista degli Ottomila himalayani. Fra queste Claude Kogan, la "donna più alta del mondo" dopo il primo tentativo - fallito -sul Cho Oyu, cima che rimase per lei una vera ossessione. Nata a Parigi nel 1919 a soli vent'anni entra nel club Ski Moutagne di Nizza distinguendosi, più di molti uomini, per la sua volontà e tenacia in cordata. Con Georges Kogan, che sposa nel '45, affronta le Alpi, poi a partire dal 1950 la coppia va alla conquista della Cordillera Blanca in Perù, in cordata con Nicole Leiniger, raggiungendo la vetta del Guitaraju (6100 metri).
Dopo la morte improvvisa di Georges, nel dicembre 1951, Claude si muove attraverso le Ande, il Caucaso, la Groenlandia fino all'Himalaya con il primo tentativo al Cho Oyu (8153 metri), al confine tibeto-nepalese, con Raymond Lambert (1954). Sconfitti dal vento rinunciano a proseguire con la cima a soli 450 metri di distanza. Claude sa già che tornerà. Il suo sogno è quello di dirigere una spedizione esclusivamente femminile, con le migliori alpiniste dell'epoca, alla conquista di un Ottomila, ovviamente la montagna che lei conosce meglio: il Cho Oyu. Nel 1957 durante la riunione del Ladies Club Alpino annuncia il suo progetto. Tre alpiniste inglesi, Dorothea Gravina, Margaret Darwall e Eileen Healey, aderiscono immediatamente, poi la francese Jeanne Franco, la belga Claudine van der Straten- Ponthoz, compagna di tante cordate, e la forte svizzera Loulou Boulaz, con Colette Lebret, medico della squadra e Micheline Rambaud, la regista. Quando arrivano in Nepal, Tenzing Norgay lo sherpa che ha conquistato con Edmund Hillary l'Everest nel 1953, integra nella spedizione due sue figlie Pem Pem e Nima e sua nipote Douma. In totale dodici donne di cinque nazionalità differenti per affermare una volta di più la coesione e il valore di un gruppo di alpiniste nel momento in cui, e non solo in Francia, le cordate femminili venivamo aspramente denigrate. L'annuncio del progetto ha l'effetto di una bomba! Nonostante la grande reputazione conquistata da Claude nell'ambiente alpino, non la rende immune da scetticismi e sorrisi ironici fino ad augurarle "di inginocchiarsi per ottenere il sostegno della Federazione". Grazie all'aiuto di Jean Franco, marito di Jeanne (responsabile della spedizione Jannu 59) ottiene la messa a disposizione a Katmandou di alcuni materiali, comprese le piccole tende d'assalto ma è Claude Kogan con la sua squadra ad organizzare il tutto.
Per due anni si impegna in una corsa frenetica per ottenere gli equipaggiamenti, i viveri, la liquidità, tutte le autorizzazioni e i visti, per non parlare della mobilitazione di undici sherpa e dei portatori per i tre mesi che serviranno a coprire i 300 km di distanza dalla meta e i 7000 metri da scalare. Oltre al supporto del produttore Ramillon-Moncler a Grenoble e del Ladies Club Alpino, Claude ottiene anche l'esclusiva con la stampa, Paris-Match per la Francia, il Daily Telegraph per l'Inghilterra e l'agenzia Cosmopress per la Svizzera, Ma essendo una spedizione privata la maggior parte del costo è a carico delle partecipanti, 450.000 franchi dell'epoca a testa. Viene creata una società i cui nove membri principali della spedizione sono co-associati. Tutto è previsto per la condivisione dei profitti o degli eventuali passivi! "Il lavoro di preparazione era già un'avventura eroica, lo sapevo, e sapevo che mi stava lasciando esausta". La pressione psicologica risulta particolarmente pesante, Claude non può fallire. Partono da Parigi il 12 agosto 1959 e raggiungono la pista di Nangpa La, dopo qualche giorno di formalità diplomatiche a Katmandou, il 21 agosto. Ventiquattro giorni di marcia in pieno periodo dei monsoni confrontano il gruppo sulle prime difficoltà comunque mitigate dalla simpatia della popolazione e dalla bellezza del paesaggio. Il 16 settembre installano il campo base a 5600 metri e organizzano la seconda fase della spedizione. Le salite e le discese permettono alle scalatrici di acclimatarsi con l'altitudine.
Il 21 settembre la spedizione viene privata di uno dei suoi elementi di attacco nella persona di Loulou Boulaz vittima di un'edema polmonare, ma anche di Margaret che soffre di flebite e del medico. "Questi eventi spiacevoli, scrive Claude, ci costringeranno a salire in quota più velocemente del previsto". Il giorno dopo, nonostante la nebbia, con Claudine van der Straten supera dei seracchi. Eileen e Dorothea lavorano per rafforzare il campo II, punto di partenza per i due campi superiori mentre Claudine e Jeanne risalgono al campo III. E' il 26 settembre, Claude approfitta di una giornata di riposo al campo base prima della grande partenza. "Domani il campo II, e con Eileen Healey ancora più in alto sino a campo IV. Il tempo è molto bello, il grande vento non è ancora sorto, ma nell'attesa faccio scavare una grotta in ogni campo a partire da campo II, è l'unico modo per essere sicura e raddoppio la prudenza ora che rimaniamo senza medico". Il 28 settembre, Claudine parte con Claude verso campo III. La salita è difficile, la neve spessa ma non raggiungono l'obiettivo. Riprovano il giorno dopo riuscendoci questa volta. Gli sherpa allora scendono a prendere la tenda Jannu: troppo faticoso scavare una grotta contrariamente ai propositi dell'alpinista francese. E' il primo ottobre. Claude Kogan e Claudine van der Straten approfittano di una giornata limpida di mattina per lanciare un assalto alla vetta. Ma la tregua è di breve durata. Dopo mezzogiorno, la neve cade pesantemente "terribile, incredibile". Claude fa ridiscendere tre sherpa con quello che sarà il suo ultimo messaggio. A campo IV sperano in un miglioramento del tempo...ma la neve si accumula e le valanghe rombano. Il 2 ottobre gli sherpa Wangdi e Tchewang tentano di tornare a campo IV per aiutare le due alpiniste a ridiscendere. Travolti da una valanga, solo Wangdi riesce a raggiungere il resto della squadra. La decisione è presa: è necessario evacuare e tornare al campo base.
Per quattro giorni, l'attesa è interminabile e la speranza di vedere riapparire le tre figure diminuisce, lasciando il posto al dolore, alla sofferenza, all'amarezza, una ferita che, cinquant'anni dopo, è ancora difficile da cicatrizzare. L' 11 ottobre, Jeanne e Dorothea raggiungono le tracce del campo: "Il campo IV non esiste più". Così, l'avventura finisce ... Claude, Claudine e lo sherpa Ang Norbu, rimasto con loro, scompaiono sui pendii sommitali del Cho Oyu. Non verranno mai ritrovati. Henri de Ségogne, nella prefazione del libro "Encordées" di Micheline Morin, aveva sentenziato: "La vittoria è l'unica condizione accettabile di queste avventure femminili". Nonostante le precauzioni prese da Claude e dalle altre alpiniste nella diffusione delle informazioni, la stampa riusce a raccogliere notizie e fotografie ancor prima del loro ritorno a Katmandou. Molteplici gli scenari finalizzati ad individuare le cause, le responsabilità e anche l'eventuale imprudenze di queste spedizione: una data sbagliata, un eccesso di fiducia, troppa precipitazione rafforzata dall'euforia dell'altitudine... Solo i grandi rocciatori, come Jean Franco e Lionel Terray, che avevano conosciuto Claude Kogan, valorizzarono le competenze alpine di questa donna eroica. Erano in forma, prudenti come si può essere in un ambiente estremo. Nessuno va ad analizzare le condizioni materiali e morali di questa spedizione di donne, nessuno a discutere le difficoltà e le discriminazioni di cui furono oggetto. Le parole si alternano tra i tributi degli amici alpinisti che ne apprezzavano il coraggio, la forza, l'eccellenza, il destino e i neofiti che cercarono di romanzare la storia di una donna attratta dalla montagna per amore del defunto marito. Ma Claude Kogan era fondamentalmente una donna libera malgrado le resistenze che incontrò, libera semplicemente dalle convenzioni di una società che relegava le donne in ruoli marginali.



(brani tratti da "Première de cordée" di Charlie Buffet)

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