lunedì 12 novembre 2012

Il Pasubio e poi fino al rifugio Vincenzo Lancia

Il Pasubio, massiccio dalla possente struttura quadrata, è l'anello di congiunzione tra le Piccole Dolomiti e la regione degli altipiani. Ma è una montagna "ferita", ferita dall'uomo che ne sconvolto la struttura morfologica  lasciando dietro di sè solchi che penetrano nel cuore più profondo della montagna  in un alienante labirinto di crateri di granate, di trincee, di gallerie. Lo scenario è quello della Prima Guerra Mondiale, drammatico apogeo della follia umana. Il Pasubio divenne un caposaldo difensivo di grande rilievo strategico e per questo motivo fu lungamente conteso dalle opposte forze combattenti in uno stillicidio crudele anche per le terribili condizioni climatiche a cui furono sottoposti i soldati e con la spettrale Morte Bianca che riuscì a decimare le truppe ancor più delle bombe. Uno fra questi uomini fu il grande poeta Eugenio Montale, soldato in Vallarsa, che dedicò al massiccio la poesia "Valmorbia". In questa parte d'Italia è più che mai viva la memoria storica della Grande Guerra. L'imponente serie di sentieri presenti sul territorio ricalcono le antiche mulattiere militari e le numerose tracce di roccheforti sui versanti del rilievo pasubiano ne sono la diretta testimonianza. Ma se i luoghi ci riportano ad una antica memoria, il sole invita a più piacevoli ricordi e oggi il Pasubio ci consiglia una bella sgambata sino al rifugio Vincenzo Lancia a quota 1825 metri!
Si parte da Rovereto e subito si inizia a salire proseguendo per l'abitato di Trambileno e successivamente per la sua frazione Giazzera a metri 1092. Stiamo risalendo la Valle dell'Orco, già postazione militare austriaca e principale via d'accesso alla regione del Pasubio, e il respiro della montagna è già con noi. Ora si può abbandonare l'auto e zaino in spalla si punta al rifugio seguendo il segnavia 101. Dopo un breve tratto di tranquilla camminata si risale un prato che ci porta successivamente ad un bosco di grande suggestione, per sbucare infine su una strada forestale. Con passo continuo si arriva alla piana Cheserle a 1360 metri dove c'è l'omonima malga. Ora la strada s'impenna maggiormente e con qualche scorciatoia quasi "caprina" in un'ora e mezza ecco all'orizzonte il rifugio che domina i prati dell'Alpe di Pozze. Il Lancia fa da riferimento ad una estesa rete di segnavie perfettamente segnalate che permettono di esplorare tutto il gruppo montuoso e passare da un versante all'altro del Pasubio. A dire il vero all'interno della baita avvistiamo dell'ottima torta di pere e cioccolato e dimentiche per un momento delle bellezze della zona ci pregustiamo questa semplice ma gustosa plelibatezza!
Il rifugio Vincenzo Lancia è situato nel cuore del Pasubio e costruito sopra i resti di una preesistente costruzione austroungarica.
L'opera voluta dal grande alpinista Amedeo Costa in memoria dell'amico Lancia, pioniere dell'automobilismo italiano, vide la posa della prima pietra nel luglio 1938 e, con il prezioso apporto della stessa popolazione di Trambileno, un anno dopo era già completata per essere successivamente donata al CAI come promesso dallo stesso Costa. Più elevata rispetto al rifugio c'è la chiesetta alpina dedicata a San Giovanni Gualbero, patrono dei forestali, costruita negli anni Sessanta. Nel nostro procedere incrociamo testimonianze dell'antica guerra solidificate dal Tempo e quasi sospese in equilibrio armonico con la stessa natura. L'aria sa di buono, i sentieri si elevano per poi ridiscendere improvvisi e solo la visione in lontananza di alcuni nuvoloni che hanno tanta voglia di farci paura, consigliano i nostri scarponcini a riportarci allegramente alla base di partenza! 

sabato 13 ottobre 2012

"Raffaello verso Picasso" a Vicenza (sabato 13 ottobre)

La mostra "Raffaello verso Picasso - storia di sguardi, volti e figure" ha aperto i battenti lo scorso 6 ottobre nella restaurata Basilica Palladiana di Vicenza. Quasi un centinaio le opere provenienti dai più importanti musei del mondo suddivisi in quattro sezioni "a soggetto", strumenti di lettura del segno pittorico nell'empirico umano, in un viaggio immaginario attraverso cinque secoli di impronte artistiche. L'input itinerante non necessariamente cronologico, diventa pretesto per i continui rimandi, filiazioni, stilemi della figura intesa come indagine dell'anima posta in correlazione al mondo circostante. La rassegna si presta ad un'analisi attenta sulla forma, attraverso il volto o l'interezza del corpo, per raccontarne i diversi raffronti, dalla perfezione delle configurazioni umane quattrocentesche sino alla rottura visiva del Novecento cubista. Allora il tema del ritratto umano interagisce con la sua intimità quotidiana attraverso le tele di Rubens e Van Dyck, si racconta nella profonda introspezione dei volti dei grandi ritrattisti del Cinquecento, diventa simbiotica nel passaggio fra sacro e profano del Caravaggio ed in una fantastica cavalcata nei cinque secoli di arte porta alle reminiscenze degli impressionisti per concludersi con la profonda evoluzione del segno grafico di un Modigliani, di un Matisse o di un Pablo Picasso.
L'emozione di trovarci di fronte ad autentici capolavori è assoluta, dove occhi, espressioni, rughe, capelli...tutto è davanti ai nostri occhi e buca come solo i grandi pittori sanno fare. Quello che sembra non piacere è piuttosto il solito allestimento della mostra, decisamente troppo tradizionale. Le pareti bianche, i quadri appesi e a fianco nome ed autore. Forse bisognerebbe fare uno sforzo in più per entrare in un canale comunicativo diverso, in modo da arrivare non solo a quello colto ed informato che da solo è in grado di capire ciò che ha di fronte. Lo spettatore avrebbe bisogno di essere maggiormente guidato in atmosfere ed emozioni, attraverso secoli e luoghi, utilizzando le moderne tecnologie, magari aggiungendo filmati, documentari, scene tratte da pièces teatrali per far calare ogni singolo quadro o autore nel suo mondo e nel suo tempo. Andando oltre queste considerazioni le nostre indagini visuali hanno saputo cogliere i richiami di antichi splendori rimasti indenni, nella loro bellezza, al mutare dei secoli.

lunedì 17 settembre 2012

Grandi Donne: NIVES MEROI


Parlare di Nives Meroi è metterla in correlazione con la Montagna. Un amore autentico  fatto di passione e rispetto e condiviso con Romano Benet, da oltre vent'anni compagno di vita e di cordata. Donna, prima che alpinista, l'identica donna che in un'intervista del 2009 ha annunciato la propria uscita dalla corsa agli Ottomila hymalaiani, in quella che a suo dire ha perso ogni connotazione di confronto con se stessi trasformandosi nel tempo in una gara solo spettacolarizzante.

sull'Everest  (archivio personale Nives Meroi)


Nives e Romano arrampicano da più di un ventennio e il loro palmares comprende alcune delle vie più difficili delle Alpi ( la parete nord del Piccolo Mangart, fra le più complesse delle Alpi Giulie tanto per fare un esempio), arrampicate di ghiaccio, pareti impervie e soprattutto, l'alta quota. L'amore per la montagna ha spinto la coppia verso orizzonti sempre più lontani e difficili ma rimanendo ancorati alle origini più genuine dell'alpinismo: la scalata senza l'ausilio di ossigeno supplementare, portatori d'alta quota, campi fissi o utilizzo di mezzi aerei. Un percorso costellato di innumerevoli successi come la salita in soli venti giorni nel 2003 di tre dei 14 Ottomila della Terra ( il Gasherbrum II,il Gasherbrum I e il Broad Peak) con Nives unica donna al mondo ad aver realizzato una simile impresa! E ultimo degli undici Ottomila conquistati dalla coppia Meroi-Benet, il Manaslu, raggiunto in vetta nel 2008. Poi la prova più difficile per lei: la malattia del marito che ha solo "rinviato" per ambedue il raggiungimento di nuove cime.
Erri De Luca, scrittore e anch'egli appassionato alpinista, segue da tempo le imprese di Nives Meroi e in un piccolo volumetto Sulla traccia di Nives (Mondadori, 2006)  ha dato voce a pensieri e sensazioni della grande alpinista.
Nives sul K2
 

"Aspettare, fino a dimenticarti di stare in attesa. Si passano giorni chiusi e fermi mentre il cielo si abbassa e viene a prendersi la montagna...Non mi oppongo allo scorrere dell'inerzia. Alcuni di noi la patiscono, invece a me piace far andare il tempo, le ore pigre di una carovana ferma. Si aspetta che torni il pulito, il cielo se ne salga il più in alto possibile e ci lasci il permesso" (Nives Meroi)

Il lago di Braies

Uno smeraldo incastonato tra le Dolomiti, darling questo è il lago di Braies!
Ai piedi dell'imponente roccia della Croda del Becco, che svetta con i suoi 2810 metri, e collocato nello splendido parco naturale di Fanes-Sennes e Braies, in Alta Pusteria, a 97 km da Bolzano, lo specchio d'acqua riempe i nostri occhi in tutta la gamma cromatica dei verdi!
L'origine del lago è legato ad una frana che staccatasi in tempi remoti dal Sasso del Signore (mt. 2447) ha bloccato il rio Braies creando appunto il lago omonimo. E allora percorriamolo questo suggestivo itinerario! Lo zaino è pronto!
Partendo dalla sponda orientale del lago  il sentiero si arrampica immediatamente fra ripidi sentieri e scalinate che lambiscono la parete verticale di roccia sino a giungere ai piedi della Croda del Becco e da cui poi si dipanano altri sentieri fra cui la Alta Via  n°1 delle Dolomiti chiamata "la classica" che arriva fino a Belluno ai piedi del Gruppo dello Schiara. Ma oggi non facciamo le turiste on the road,  la testa e le gambe optano per una tranquilla passeggiata e proseguiamo lungo il percorso lacustre che degrada dolcemente verso la spiaggetta.
E qui lo zaino incredibilmente si svuota! Il periplo del lago, incorniciato dalle massicce cime dolomitiche, ci riporta "pigramente" al Pragser Wildsee  storica struttura alberghiera legata alla figura di Emma Hellenstainer, pioniera del turismo alpestre ottocentesco, che ha dato smalto a questa parte di Tirolo proiettandolo in chiave europeista e decisamente "moderna". E a proposito di curiosità: nell'estate 2010, sulle sponde del lago di Braies, è stata girata la serie televisiva Un passo dal cielo incentrata sulle avventure del comandante Pietro del Corpo Forestale, interpretato da Terence Hill, serie trasmessa con grande successo da Rai 1. Ovviamente la programmazione televisiva non ha fatto che amplificare la notorietà di questo incantevole lago!

DIFFICOLTA': T
DISLIVELLO: mt. 93
ALTITUDINE: mt. 1496
LUNGHEZZA: km. 3,05