martedì 18 giugno 2019

Il Castello di Neuschwanstein e il sogno romantico di un Re (14-16 giugno)

Castello di Neuschwanstein
Il Tirolo austriaco meta ideale per gli appassionati di escursioni e natura, si snoda lungo paesaggi mozzafiato, costellati di alpeggi e rifugi, pennellati da laghi cristallini, boschi silenziosi e ghiacciai maestosi. E poi c'è la Baviera, appena oltre il confine, tra dolci colline alpine e vette ancora increspate di neve dove c'è un castello tanto fiabesco da affascinare Walt Disney che lo prese come modello per il suo celebre film di animazione "La bella addormentata nel bosco" (1959): il Castello di Neuschwanstein. Il fiume Lech che attraversa  il Tirolo e la Baviera meridionale per poi gettarsi nel Danubio, prima della frontiera austro-tedesco riceve le acque del Vils formando in area germanica la Lechfall, imperiosa cascata di dodici metri. Da qui passa anche l'antica Via Claudia Augusta risalente alla prima metà del I secolo d.C che metteva in contatto il porto adriatico di Altinun (Quarto d'Altino nel veneziano) con Augusta Vindelicum, l'attuale Augsburg, allora capitale della provincia romana della Rezia. Oggi è un importante percorso ciclabile in mezzo alla natura e ci accorgiamo che la bicicletta più che una passione sportiva è per i tedeschi uno stile di vita. Venerdì 14 giugnoEcco Fussen una graziosa cittadina della Baviera nota per la vicinanza al celeberrimo castello di Ludwig. Una storia millenaria alle spalle e un incantevole centro storico, già nel III secolo la posizione privilegiata di Füssen indusse i Romani ad edificare il loro accampamento militare “Foetibus” proprio sull’altura ora dominata dal castello, lHohes Schloss (Castello alto), la prima residenza estiva dei principi-vescovi di Augsburg e uno dei più antichi e meglio conservati complessi dell'età tardo gotica della Svevia con la sua corte pittoresca e gli splendidi affreschi trompe-l’oeil sulle facciate. Sotto il castello si trova il
Fussen
complesso 
barocco dell'ex monastero benedettino di San Magno (Sankt Mang) la cui storia risale al nono secolo. 
Nel 1562 i liutai di Füssen diedero alla loro corporazione un regolamento ufficiale, il più antico d’Europa, e fecero così della loro città la culla europea della costruzione di violini e liuti. Ora il monastero è diventato il Museum der Stadt Füssen e una significativa raccolta di strumenti musicali è esposta nelle sue sale. Passeggiare lontane dal rumore del traffico immergendoci nell’atmosfera della Reichenstraße, scoprire i pittoreschi vicoli e gustare le specialità gastronomiche nei ristoranti e nei biergärten, le tipiche birrerie all’aperto. Mentre la sera accende le luci della città posiamo un ultimo sguardo dal ponte di Lech verso lo splendido monastero seicentesco dedicato a Santo Stefano. Sabato 15 giugno. Di buon mattino dal Gutshof dove siamo alloggiate immerso nella campagna austriaca di Pinswang, si prende la strada che porta al castello di Neuschwanstein, nella tedesca Schwangau solo una decina di chilomtri a dire il vero. Dal basso il castello svetta in tutta la sua magnificenza, intorno una marea brulicante di...cinesi, nonchè una coda incredibile alle casse che noi evitiamo grazie alla prenotazione online. Saliamo a piedi sino ai 965 metri del favoloso castello fortemente voluto da Ludwig II di Baviera seguendo l'ideale romantico del paladino e ispirato alle saghe della tradizione germanica rivisitata dal genio musicale di Richard Wagner. Nel medioevo tre erano i castelli presenti su queste alture e uno di questi era il castello di Schwanstein.
Castello di Hohenschwangau
Nel 1832, il padre di Ludwig, Massimilian II di Baviera, comprò le rovine del maniero e vi fece costruire il neogotico
 Castello di Hohenschwangau con il suo colore ambrato che spicca tra l'Alpsee e le montagne circostanti. Quando il giovane Ludwig ascese al trono nel 1864 diede inizio alla costruzione del castello di Neuschwanstein sulle rovine degli altri due. Il re amava rimanere isolato dal mondo e questo luogo era diventato per lui un rifugio personale e tale doveva rimanere, ma dopo la sua morte fu aperto al pubblico desideroso di visitare quello che veniva considerato come un progetto fantasioso. Nel corso della visita al castello, dove è vietatissimo fare fotografie, alcuni ambienti si accendono di meraviglia come la Sala del Trono progettata da Julius Hofmann. I gradini di marmo di Carrara portano all'abside che doveva sovrastare un trono d'oro e d'avorio mai realizzato perché dopo la morte del re tutti i lavori previsti e non ancora realizzati non vennero portati a termine. I dipinti, opera di Wilhelm Hauschild, raffigurano fra l'altro i dodici Apostoli, sei re canonizzati ed episodi della loro vita. Al centro dell'abside si vede Cristo con Maria e con l'apostolo prediletto Giovanni mentre all'estremità della sala "La lotta di San Giorgio con il drago". In questo quadro, a sinistra sopra la roccia, si può vedere il quarto castello progettato dal re, la rocca di Falkenstein, la cui edificazione doveva iniziare nel 1886 ma nello stesso anno Ludwig morì e non se ne fece più nulla. Nel grande candelabro a forma di corona bizantina in ottone dorato sono inserite 96 candele. Per sostituirle e per pulire l'enorme candelabro era stato creato un apposito argano. Ludwig aveva una predilezione per le camere da letto sfarzose e quella realizzata a Neuschwanstein in stile tardo gotico è impreziosita da intagli in legno di quercia che si possono ammirare sul baldacchino del letto, sul lavabo, sulla colonna centrale e sulla sedia di lettura. Le tende, le tappezzerie e le coperte in blu bavarese, il colore preferito del re, sono ornate da ricami rappresentanti lo stemma della Baviera, il cigno ed il leone dei Wittelsbach. 
Ponte Marienbrucke
La finestra del balcone della camera da letto offre una magnifica vista sulla gola di Pöllath con la sua cascata di 45 metri, dietro la gola il massiccio del Säuling (2045 metri). Una delle stanze del castello riproduce, in maniera davvero realistica, una grotta con tanto di stalattiti e stalagmiti, da qui passando davanti al piccolo giardino d'inverno, si accede al Salotto reale costituito da un ampio salone principale e da una saletta, separata da colonne, soprannominata "angolo dei cigni". Il tema delle pareti murali è tratto dalla leggenda del Lohengrin. Ludwig abitò di rado in questa residenza e diverse parti del castello mostrano elementi architettonici incompiuti, poi nella notte del 12 giugno venne dichiarato pazzo dal Consiglio di Stato, arrestato e imprigionato nel castello di Berg e il giorno dopo, 13 giugno 1886, annegò nel lago di Starnberg a soli 41 anni in circostanze mai del tutto chiarite. Uscite dal castello in una ventina di minuti raggiungiamo il ponte Marienbrücke con la sottostante gola di Pöllat da dove si gode una vista spettacolare del complesso castellano. Domenica 16 giugnoSul ritorno in terra austriaca ci fermiamo allo straordinario complesso dei Castelli Ehrenberg (Burgenwelt Ehrenberg) che si innalza ad est della città di Reutte, formato da quattro edifici diversi: la fortezza Klause, le rovine della rocca Ehrenberg, la fortezza Schlosskopf e Fort Claudia e appartengono al più vecchio ed importante bastione storico del Tirolo settentrionale, punto strategico per il commercio tra nord e sud. Questa importantissima fortificazione, costruita nel 1296, custodisce tra mura silenziose ben 700 anni di storia, ruderi che bisbigliano di battaglie, di armi e cavalieri, emersi dall'oblio e dalla foresta per mostrarsi in tutta la sua bellezza eppure la maggior parte dei visitatori viene qui per percorrere l'Highline179 con i suoi 114 metri di altezza e 406 metri di lunghezza sino a dicembre 2014 nel libro dei Guinness come il più lungo ponte tibetano percorribile a piedi.
Highline179
Oggi non lo è più, sorpassato dall'Europe Bridge (494 metri) che si trova nello svizzero Cantone Vallese. Si può obiettare sull'azione impattante che quest'opera di ingegneria moderna può sollevare in un contesto ambientale ma la "passeggiata" sul ponte offre una visione a 360 gradi dello splendido scenario che si apre sulle Alpi tirolesi. Dopotutto l'Highline179, che prende il nome dalla statale che corre a fondovalle, collega semplicemente due parti del complesso storico, le rovine del castello di Ehrenberg con quelle di Fort Claudia quest'ultime raggiungibili con una breve camminata nel bosco. Fatti i primi passi sul ponte svanisce di colpo tutta la visione romantica del luogo impegnate come siamo a camminare diritte su una grata sospesa nel vuoto, che traballa di brutto ed è battuta da raffiche di 
vento! Per chi non ha mai provato a stare "per aria" la passeggiata potrebbe non essere così piacevole e il contesto scenografico lo guarderete con attenzione solo all'arrivo e quando avrete i piedi ben piantati per terra. 

lunedì 3 giugno 2019

Il Sentiero dei Granatieri sul Monte Cengio (VI) - domenica 2 giugno

Il Monte Cengio ha una importantissima valenza naturalistica e storica per comprendere meglio  il territorio in cui viviamo, e in modo particolare il sentiero dei Granatieri ci conduce alla visita di uno dei luoghi più spettacolari e significativi della Prima Guerra Mondiale, lbattaglia degli Altipiani vicentini combattuta tra il 15 maggio e il 27 giugno 1916, tra l'esercito austroungarico e il Regio esercito italiano. La strada che conduce alla partenza del sentiero è una rotabile militare costruita durante la Grande Guerra per consentire alle truppe e agli armamenti l'accesso alla zona sommitale del Monte Cengio partendo dalla Val Canaglia, dove era collocata una stazione della ferrovia che anticamente consentiva l'accesso all'Altopiano. A testimoniare questa origine lungo la strada è già possibile notare resti di baraccamenti e gallerie. Si arriva a piazzale Principe del Piemonte a quota mt 1286 dall'Autostrada Valdastico (uscita Piovene-Rocchette) direzione Cogollo del Cengio, giusto il tempo di infilare gli scarponcini e siamo già sullo sterrato che entra nel bosco dove incrociamo uno dei tanti pannelli informativi installati nell'ambito del progetto "Ecomuseo della Grande Guerra". Il Sentiero dei Granatieri si sviluppa per circa sei chilometri lungo il lato sud-ovest del massiccio montuoso con una serie di trincee, gallerie, postazioni di artiglieria, oltre al famosissimo salto dei granatieri, ed è scavato per lunghi tratti nella roccia viva quindi è consigliabile essere muniti di una torcia elettrica visti i numerosi passaggi all'interno di gallerie. 
La funzione di questa mulattiera di arroccamento, detta granatiera, era quella di consentire l'accesso alla zona sommitale attraverso una via protetta dai tiri dell'artiglieria austriaca (situata a nord). Dopo qualche minuto di cammino vediamo una prima galleria: la galleria Cannoniera lunga 74 metri con quattro uscite laterali per la postazione di quattro cannoni, isolata rispetto al resto delle altre gallerie che salgono sopra al monte Cengio. Arriviamo fino in fondo al tunnel, prestando attenzione al fondo scivoloso, poi appena uscite dalla galleria si riprende il percorso, protetto da cavi metallici, da dove inizia la parte a strapiombo sulla Val d'Astico con un paesaggio che toglie il fiato. Rimane l'ultimo tratto da fare, quello che sale in cima al Monte CengioQuesto è il pezzo più bello di tutta l'escursione: una galleria a forma elicoleidale con finestre per l'osservazione si snoda nel ventre della montagna per poi uscire su un sentiero con tratti a strapiombo che si arrampica fino a piazzale Pennella, dal nome del generale che da qui diresse le operazioni militari. Ancora in altezza e in pochi minuti raggiungiamola cima del Monte Cengio, a 1347 metri
Breve pausa panino poi si continua sulla strada militare che da piazzale Pennella ci porta fino alla chiesetta intitolata ai Granatieri di Sardegna, la brigata che era posta a difesa del monte nel giugno 1916 e che qui si immolò quando l'esercito Imperiale sferrò un imponente attacco nell'ambito della Strafexpedition. Due note storiche sono doverose: il 15 maggio 1916, l'esercito austro-ungarico lanciò un offensiva sugli altipiani vicentini meglio conosciuta come Strafexpedition, al fine di invadere la pianura padana e prendere alle spalle l'esercito italiano schierato sul Carso. Il 28 maggio 1916, dopo aver superato in ripetuti assalti le linee difensive italiane, i fanti imperiali entrarono ad Asiago e si prepararono ad affrontare l'ultimo baluardo montano a guardia della pianura vicentina: il pianoro del Monte Cengio. La Brigata Granatieri di Sardegna, comandata dal Generale Pennella, occupò alcuni rilievi a nord del Cengio, Monte Barco, Monte Belmonte, quota 1152 di Cesuna oltre allo stesso sistema montuoso del Cengio. Su queste posizioni i soldati combatterono per giorni senza cannoni, con poche munizioni e con scarse riserve di viveri ed acqua ma il 3 giugno 1916, dopo aver respinto per giorni i furiosi assalti degli austro-ungarici, i granatieri si trovarono circondati nelle trincee del Monte Cengio e cedettero la montagna. Lasciato il monumento alle nostre spalle percorriamo l'ultimo tratto dell'itinerario su strada asfaltata che ci riporta velocemente a piazzale Principe di Piemonte.



PARTENZA: piazzale Principe di Piemonte
(Cogollo del Cengio-VI)
SEGNAVIA: 651
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 200
ALTITUDINE: mt 1347
LUNGHEZZA: km 6

lunedì 27 maggio 2019

La Val Trebbia e il Castello di Rivalta (PC) - domenica 26 maggio

Castello di Rivalta
La Val Trebbia è una delle vallate più suggestive del piacentino definita da Ernest Hemingway “la più bella valle del mondo”. Il fiume Trebbia che nasce dalle pendici del monte Prelà in Liguria,si incunea dentro profonde gole conferendo al paesaggio un aspetto selvaggio e incantevole al tempo stessoLa Rocca di Rivalta, insieme ai castelli di Lisignano, Rezzanello, Momeliano, Torre di Momeliano, Castel Roveto, Monticelli e Monte Bissago, tutti nel territorio comunale di Gazzola, costituivano una vera e propria catena organica di fortificazione nella vallata. E' tempo di andare a visitare il Castello di Rivalta, o “Ripa Alta” all’imbocco della Val TrebbiaQuesto maniero vanta origine lontane e fu scenario di una delle pagine più sanguinose della seconda guerra punica nel III sec a.c. : qui l’esercito romano si scontrò con quello cartaginese comandato da Annibale. Dopo il crollo dell’impero romano e l’invasione barbarica della penisola italiana, Rivalta divenne territorio prima dei Longobardi e successivamente dei Franchi. Nel 1048 l’imperatore Enrico II ne donò una parte al monastero benedettino di San Savino di Piacenza. Nel XII secolo passa sotto il controllo dei Malaspina, mentre nel secolo successivo furono papato e impero a contendersi il feudo tanto che nel 1255 il marchese Oberto Pallavicino, nemico agguerrito dei guelfi, ordinò la distruzione dei complessi fortificati legati alla Chiesa. 
Nel 1412 Filippo Maria Visconti, duca di Milano succeduto al fratello Giovanni Maria, confermò a Manfredo Landi l’investitura del feudo di Rivalta. La difficile convivenza nel Ducato di Parma e Piacenza, costituito da Paolo III nel 1543 e il conseguente accentramento del potere nelle mani dei Farnese, significò per molte influenti famiglie la confisca delle loro ricchezze. Con la presunta congiura del 1612 Ranuccio I incamerò diversi castelli del contado e nel 1682 i Landi dovettero cedere a Ranuccio II i feudi di Bardi e Compiano e poco dopo (1687) rinunciare anche al controllo sulle acque del Trebbia ottenendo in cambio il meno redditizio marchesato di Gambaro in Val Nure. Nel Settecento il castello fu anche saccheggiato, dai tedeschi nel 1746 e dai francesi nel 1799. Con la morte nel 1808 del marchese Giuseppe Landi, si estinse il ramo dei Landi di Rivalta. Il castello passò di mano ai Landi delle Caselle, marchesi di Chiavenna. Verso la fine dell’Ottocento il castello e il borgo vennero acquistati dalla famiglia dal Conte Carlo Zanardi Landi di Veano, i cui discendenti ne sono tutt’ora proprietari. Entriamo nel suggestivo borgo medievale dove oggi sono presenti un albergo, un bistrot e due ristoranti. Graziosa l’antica chiesa di San Martino, menzionata in un documento datato 1037 e forse già esistente in epoca longobarda, poco oltre il grande cancello si apre su un bellissimo parco di impianto settecentesco, costituito da alberi secolari e da un giardino all’italiana, che ha spodestato l’antico fossato medievaleLa planimetria del complesso è quadrangolare. Da uno degli angoli spicca l’elegante Torre cilindrica, quattrocentesca.
Q
uesta torre a guglia fu costruita dall’architetto Guiniforte  Solari, torre che rese moderna per l’epoca e all’avanguardia sia sotto il profilo difensivo  sia sotto quello offensivo, con le postazioni d’artiglieria poste a riparo al suo interno. Nella torre, a cui si accede lungo una tortuosa scala a chiocciola, è ben visibile anche il famigerato pozzo del taglio, profondo sessanta metri, dove venivano gettati i prigionieri. Varcando l’ingresso ci si ritrova in un elegante cortile quattrocentesco, costruito per volere del conte Manfredo Landi e scandito dall’intervallo irregolare delle colonne del loggiatoNel cortile sono presenti fregi in cotto, capitelli, cornici e medaglioni che ne accrescono la funzione rappresentativaLe ulteriori modifiche intraprese nel 1780 dal marchese Giuseppe Landi rivestono all’edificio l’eleganza di una villa residenziale. Allo stesso periodo risale lo scalone che porta al piano superiore dove si aprono le numerose stanze arredate con mobili coevi e dove è possibile ammirare splendide collezioni di argenterie, strumenti musicali, armature e armi e tavole apparecchiate con cristalli di Boemia, porcellane inglesi e Richard Ginori . Nella splendida Sala delle Armi vi sono di particolare interesse storico tre bandiere con gli stemmi della casata Landi che sventolarono nel corso della battaglia di Lepanto (1571).
Castello di Rezzanello
Non di meno i magnifici locali delle cucine con le casseruole in rame e i vecchi ferri a carbonella, così come la Camera Verde e la Camera del Falcone e la Sala da biliardo. 
Addentrandosi nei sotterranei si giunge alla cantina che fino al Quattrocento era utilizzato come scuderia. Grazie al fatto che temperatura e umidità rimangono costanti, in questa immensa stanza sotterranea il vino Gutturnio invecchia attualmente all’interno di botti di rovere. Rimanendo nei sotterranei si trovano anche le prigioni, cinque anguste celle. Dopo un fantastico assaggio di Gutturnio nell'antico borgo, ci muoviamo verso il castello di Rezzanello (mt 374) non prima di fermarci brevemente all'ottocentesca Chiesa di San Savino, dalla lunga scalinata di pietra che porta al sagrato e la facciata in stile neogotico con paramento murario in pietra a fasce bianche e nere alternate. Il Castello di Rezzanello si trova sulle ultime pendici delle colline della val Luretta, castello che però troviamo chiuso. Arrampicandoci sulla Strada delle Rose possiamo vedere dall'alto la ben conservata struttura a pianta trapezoidale con slanciate torrette circolari agli angoliLa stretta strada sale sino ai 540 metri del Castello di MonticelloSituato sul crinale tra le valli del Luretta e del Trebbia, il castello rappresentava un particolare punto strategico. Nel 1372, quando fu occupato dalle truppe papali nella sommossa contro i Visconti, fu difeso dagli Arcelli, successivamente cofeudatari. Nel corso dei secoli, l'edificio passò a diverse casate, ed è noto per essere stato coinvolto nel 1945 in una battaglia tra partigiani e fascisti. La planimetria del castello rispecchia il tradizionale schema quadrato piacentino, con torri angolari: una a base quadrata e tre circolari rastremate verso l'alto, come nel vicino castello di Rezzanello.
Torrione di Bobbiano
Una quinta torre, collocata sul prospetto orientale, ospitava l'ingresso con ponte levatoio, di cui resta testimonianza nelle tracce delle sedi dei bolzoni. 
Il castello è in vendita e attualmente vige in uno stato di semi abbandono. Ora la strada si addentra nell'amena valle di Bobbiano dove andiamo ad ammirare la Chiesa romanica di San Michele e il poderoso Torrione, nel quale la banda del brigante Bertoletto ai primi del '500 aveva il covo. Fortilizio di impianto medioevale, secondo un documento del 1037, venne acquistato insieme alla Chiesa di S.Michele. Nel 1164 passò sotto al feudo dei Malaspina. Nel 1255 subì un attacco e venne in parte distrutto dal marchese Oberto Pallavicino e successivamente passò agli Anguissola. Nel 1311 il forte venne conquistato da Rolando II Scotti che dovette cederlo, a causa dell'intervento di Riccardino Langosco, podestà di Piacenza, agli Anguissola. Nel 1546 con investitura feudale venne assegnato dai Farnese insieme a Caverzago ed altre terre di Travo, a Ettore Maria Anguissola che prestò giuramento di fedeltà. Del primitivo castello rimane solamente la poderosa torre isolata a pianta quadrata, in cui i muri di base sono notevolmente scarpati. Il Torrione e la chiesa versano da anni in situazione di degrado. Alle loro spalle "svettano" la Pietra Perduca (mt 659) e la Madre Pietra Parcellara a metri 836 che emergono dal paesaggio collinare come proiettate dal centro della Terra da un'immane forza centrifuga e che rappresentano gli affioramenti ofiolitici posti più a settentrione dell'intero Appennino.

martedì 14 maggio 2019

La Val d'Orcia, parabola di vigneti e silenti filari di cipressi (10-12 maggio)

San Gimignano
La Val d'Orcia è una terra di rara bellezza dove storia, natura e tradizione si intrecciano: orgogliosi borghi medievali, abbazie e castelli immersi in un paesaggio unico. Un territorio mosso e frastagliato come il mare ma le sue onde sono colline verdi, campi di colza il cui giallo ocra è rotto dai filari dei cipressi, parabole di vigne che affiorano dai sentieri. E' una terra silenziosa e tranquilla come i suoi abitanti che da secoli conservano gelosamente tesori gastronomici e pregiate testimonianze artistiche. Venerdì 10 maggio. I chilometri scappano veloci lungo l'appennino dove l'occhio spazia veloce su orizzonti infiniti, poi incroci la segnaletica direzione San Gimignano e il nostro programma si arricchisce di un nuovo itinerario. Andiamo a scoprire la "città delle torri". Infatti San Gimignano ne contava ben 72 in epoca medievale ma oggi ne restano in piedi quattordici, con altre scapitozzate intravedibili nel tessuto urbano. La più antica è la torre Rognosa, eretta all'inizio del XII secolo, mentre la più alta è la torre del Podestà, detta anche Torre Grossa (54 metri). Un regolamento del 1255 vietava ai privati di erigere torri più alte della torre Rognosa ma le due famiglie più importanti della cittadina senese, i ghibellini Ardinghelli e i guelfi Salvucci, fecero costruire due torri di equale grandezza per dimostrare la propria potenza. La semplicità della facciata romanica del XII secolo della Collegiata di Santa Maria Assunta non anticipa le meraviglie dell'interno. Divisa in tre navate, il duomo conserva alcuni capolavori.
Il famoso Brunello
Sulla parte posteriore della controfacciata c'è il Martirio di San Sebastiano di Benozzo Gozzoli mentre nella parte centrale lo straordinario Giudizio Universale di Taddeo di Bartolo. Se il duomo è il simbolo religioso della città, il Palazzo del Popolo è il suo corrispettivo civico e si trova sulla sinistra della piazza, tra la torre Grossa e la Loggia del Comune. Insieme, a pochi metri l'uno dall'altra, formano lo straordinario insieme architettonico di Piazza del Duomo. Lasciato il duomo raggiungiamo Piazza della Cisterna, straordinariamente scenografica e punto di passaggio obbligato della città, per poi risalire una stradina che porta alla Rocca di Montestaffoli. Non resta molto dell'antica rocca ma vale davvero la pena arrampicarsi in questo spazio verde per ammirare una vista magnifica su San Gimignano e la Val d'Elsa. La Rocca è diventata il Centro comunale di documentazione e degustazione del vino Vernaccia che riunisce tutti i produttori di questo splendido bianco DOCG. La Vernaccia, vino bianco asciutto e armonico era particolarmente apprezzato da Dante, Boccaccio, Ludovico il Moro e Lorenzo il Magnifico...e ovviamente anche da noi! Sorseggiarlo davanti ad uno dei paesaggi più suggestivi della Toscana è un'esperienza unica. Il tempo corre e dobbiamo raggiungere Castel del Piano, la porzione grossetana della Val d'Orcia, dove abbiamo posto la nostra base in località Borgo Tepolini sulle propaggini collinari occidentali del Monte Amiata, e da lì proseguire per Santa Fiora, bandiera arancione TCI, al cospetto della più genuina cucina toscana. I pici, tipica pasta fresca simile agli spaghetti ma più larghi, rappresentano appieno il piatto povero della realtà contadina. Gli gnudi, ravioli particolari senza alcuna pasta ad avvolgerli. Vengono preparati con spinaci o tradizionalmente con bietole, borragine e ortica insieme a ricotta e uova, fino a creare delle polpettine da servire con un filo d'olio e infine le pappardelle al cinghiale, piatto tipico della Maremma grossetana, il tutto innaffiato dai rossi locali.
Castello di Poggio alle Mura
Sabato 11 maggio. Il tour inizia di buon mattino deviando verso il Castello di Poggio alle Mura. Il borgo conobbe particolare fortuna durante il Medioevo data la sua posizione che gli permetteva di controllare facilmente il vasto territorio senese compreso tra Montalcino, il monte Amiata e la Maremma, nel punto di confluenza dell'Orcia e l'Ombrone. Il castello, già presente in epoca altomedievale, è strettamente legato alle vicende dei  Conti Placidi, famiglia di nobili senesi con importanti incarichi di governo nella città, che ne entra in possesso nel corso del Quattrocento e con alterne vicende lo governerà sino a metà Novecento. Nel 1983 viene acquistato dalla famiglia Mariani ed entra così a far parte dell'azienda Banfi che riporta il fortilizio all'antico splendore inglobandolo nell'attività vitivinicola. All'interno è ospitato il museo della bottiglia e una straordinaria enoteca dove sorseggiare i celebri rossi di questa importante tenuta. Il tratto stradale è breve sino Sant'Angelo in Colle. La pieve romanica di San Michele Arcangelo, documentata dal 1212, presenta una semplice facciata in pietra con tetto a capanna, portale costruito in travertino e lunghe finestre romaniche. In questa oasi di pace e silenzio ci tiene compagnia un ottimo Orcia bianco "misto" al trebbiano. Ecco Montalcino, famosissima grazie al Brunello, uno dei migliori vini italiani e tra i più apprezzati al mondo.
Montalcino
Il borgo era già rinomato per i suoi vini nel XV secolo, tuttavia la preziosa formula del fantastico rosso fu inventata nel 1888 da Ferruccio Biondi Santi che per primo ebbe l'idea di eliminare i vitigni della tradizionale ricetta del Chianti, come il Canaiolo e il Colorino, usando invece solo la varietà Sangiovese. Prima che il Brunello sia pronto da bere deve essere fatto invecchiare per un minimo di cinque anni, due dei quali in botti di quercia, mentre il rosso di Montalcino è pronto dopo un solo anno di invecchiamento. Tra i più rinomati produttori di questo rosso favoloso menzioniamo Biondi-Santi, Schidione e Banfi. Ma Montalcino non è solo vino, è anche arte e cultura. Il centro storico è dominato dalla possente fortezza costruita nel 1361 a struttura pentagonale. Il panorama che si gode dai bastioni della rocca è davvero spettacolare, va dal Monte Amiata, attraverso le Crete fino a Siena e attraversa tutta la Val d'Orcia fino alle colline della Maremma. Torniamo indietro di qualche chilometro. Dalla sommità di un suggestivo viale di ulivi appare l'imponente complesso dell' Abbazia di Sant'Antimo. La chiesa attuale è databile all'inizio del XII secolo ma le sue origini si perdono nel tempo. La leggenda ne fa risalire la fondazione a Carlo Magno con l'edificazione di una cappella, detta appunto Cappella Carolingia, corrispondente all'attuale sagrestia. Certamente l'Abbazia esisteva nell'anno 814 quando Ludovico il Pio, successore di Carlo Magno, emana un diploma che l'arricchisce di beni e privilegi. Il grande cantiere prende avvio nel dodicesimo secolo, sotto la guida dell'abate Guidone, come testimoniato dalla Charta Lapidaria, un'iscrizione collocata nei gradini dell'altare maggiore che ricorda la donazione elargita dalla famiglia degli Ardengheschi nel 1118.
Abbazia di Sant'Antimo
Questo anno segna l'inizio del periodo di maggior splendore di Sant'Antimo che diviene uno dei più ricchi e importanti monasteri della regione. Ma già nel XV secolo, dopo alterne vicende storiche, l'abbazia si trova in uno stato di abbandono. Solo dal 1870 inizia una lunga campagna di restauri guidata dall'architetto Giuseppe Partini che riporta la chiesa all'aspetto attuale. Risaliamo la collina in direzione di Castiglione d'Orcia. Situato al centro della vallata si trova arroccato su una collina della pendice settentrionale del monte Amiata. Nel cuore del borgo si trova Piazza Vecchietta dedicata al pittore senese Lorenzo di Pietro (1412-1480) detto appunto il Vecchietta. La piazza, si caratterizza per la particolare forma triangolare e l'irregolare pendenza del piano stradale disegnato da un acciottolato di pietre e mattoni rossi. Al centro un pozzo in travertino risalente al 1618 mentre su uno dei lati si affaccia l'antico Palazzo Comunale all'interno del quale è conservato un affresco di scuola senese Madonna con Bambino e due santi. La Rocca Aldobrandesca sorge nel punto più alto della città, a 574 metri, le cui mura, in ampi tratti ancora visibili nonostante vi siano addossate numerose abitazioni, un tempo si raccordavano.
Castiglione d'Orcia
La vicinanza, praticamente a qualche centinaio di metri in linea d'aria, dell'altrettanto possente Rocca di Tintinnano sullo sperone roccioso di Rocca d'Orcia, limitò fortemente il controllo che la Rocca Aldobrandesca poteva esercitare sulla Val d'Orcia e sulla via Francigena che l'attraversava, in quanto la "gemella" sorgeva in posizione strategicamente migliore allo scopo. La zona fu nel medioevo aspramente contesa fra le famiglie degli Aldobrandeschi e Salimbeni e i monaci del Monte Amiata. I resti della fortificazione sono scarsi, sia per lo stato di abbandono in cui è stata lasciata dalla fine della Guerra di Siena del XVI secolo, sia per i gravi danni subiti durante i bombardamenti dell'ultima guerra. Da alcuni anni l'intero complesso della rocca è oggetto di importanti lavori di consolidamento. L'area è stata liberata dalla vegetazione, quindi oggi sono ben leggibili sia la cortina muraria esterna sia l'area del palazzo ma a causa di un crollo l'accesso alla rocca è ora interdetto. Di rimando basta uno sguardo per comprendere i motivi che portarono alla costruzione della Rocca di Tintinnano, dominante sul grande scoglio di roccia calcarea. Nei secoli successivi, non avendo più importanza militare con lo sviluppo delle armi da fuoco, Tintinnano fu abbandonata. La rocca è famosa anche per aver ospitato nel 1377 Santa Caterina da Siena che, secondo la leggenda, imparò a leggere e scrivere grazie ad un miracolo. Rincorriamo le tracce storiche di questa magnifica vallata. Un largo sterrato boschivo conduce al Castello di Ripa d'Orcia, di proprietà della famiglia Piccolomini dal 1484 ed ora trasformato in una rinomata tenuta agricola. Ripresa la Cassia andiamo in cerca dei famosi Cipressi, figura iconografica di questa regione. Alle nostre richieste informative alcuni viaggiatori sulla via Francigena ci rispondono con stupore "Ma che hanno di speciale questi cipressi?". Abbiamo preferito lasciar perdere...
San Quirico d'Orcia
Ritorniamo verso San Quirico d'Orcia, dalle origini antichissime, probabilmente etrusche. Una piacevole passeggiata ci fa scoprire la bellissima Collegiata dei Santi Quirico e Giulietta e gli Horti Leonini, ampio giardino all'italiana realizzato alla fine del Cinquecento da Diomede Leoni. La conformazione del terreno ha influenzato la distribuzione del giardino che si divide in due zone. La zona inferiore è recintata da muri e lecci ed è composta da aiuole triangolari bordate da una doppia siepe di bosso. Al centro la statua di Cosimo III dé Medici, scolpita da Bartolomeo Mazzuoli nel 1688, proveniente da palazzo Chigi Zondadari. Il viale di confine con l'abitato, che fiancheggia la parte bassa del bosco, porta invece ad un altro ingresso cinquecentesco e al Giardino delle Rose. Si sta facendo buio e l'Osteria Santa Caterina in località Poggio Rosa ci attende con le sue prelibatezze toscane. Domenica 12 maggio. Dopo un bel temporale notturno il mattino regala un sole sorprendente, e valigie sono subito dimenticate. Il Castello del Potentino si trova nell'omonima località situata nella parte settentrionale di Seggiano. Il maniero costruito attorno all'anno Mille, era antico possedimento dei vescovi di Chiusi, la cui diocesi si estendeva, all'epoca, a tutta l'area del Monte Amiata. Il complesso che presenta ancora oggi l'originario aspetto medievale, appartiene agli eredi dello scrittore britannico Graham Greene che lo hanno trasformato in una importante azienda agricola.
Bagno Vignoni
A una manciata di chilometri si trovano le terme di Bagno Vignoni, elogiate da Santa Caterina da Siena. Al centro del borgo si presenta la Piazza delle Sorgenti, una vasca rettangolare di origine cinquecentesca, che contiene una sorgente di acqua termale calda e fumante che esce dalla falda sotterranea di origine vulcanica mentre il loggiato prominente alla vasca porta il nome della Santa. Le acque erano utilizzate già in epoca romana: re e papi si sono fermati qui! Ai piedi del borgo si trova il Parco dei Mulini, importante area storica che custodisce una bellissima vasca naturale le cui acque sono straordinariamente azzurre in netto contrasto con le rocce calcaree circostanti. Dai campi di grano e silenti uliveti spunta il Castello di Spedaletto trasformato in agriturismo là dove un tempo c'erano granai, stalle e abitazioni. Il complesso venne costruito nel corso del XII secolo e apparteneva allo Spedale di Santa Maria della Scala di Siena. Si prosegue risalendo la vallata sino all'altezza di Monticchiello. Visto da lontano è solo una torre che si innalza tozza e robusta al sommo di un colle. Non è certamente il borgo più famoso della Val d'Orcia ma merita una visita raccolto com'è intorno alla rocca di cui rimangono oggi il cassero senese e il muro di cinta. Il borgo tra viuzze intricate, salite impervie e case in pietra, ha la sua centralità nella Chiesa dei Santi Leonardo e Cristoforo del dodicesimo secolo, al cui interno è custodito la Madonna col Bambino di Pietro Lorenzetti databile al 1315.
Pienza
E ultima meta del nostro viaggio ecco Pienza che è, come tutta la vallata, terra di papi. Pienza è un piccolo gioiello incastonato nelle dolci colline orciane, con la sua splendida piazza, i suoi palazzi intrisi di storia e gli scorci carichi di toscanità. Il nome di papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini, è legato alla nuova struttura urbanistica di Corsignano, suo luogo di nascita, rifondato col nome di Pienza, i cui lavori furono affidati all'architetto Bernardo Rossellino.  La costruzione basata sul modella della città ideale, durò circa quattro anni con la consacrazione della Cattedrale nel 1462. Al centro l'incantevole Palazzo Piccolomini scelto da Zeffirelli per alcune scene del suo famoso "Romeo e Giulietta". Ma uno dei punti forti di questo borgo senese è il pecorino quindi è d'obbligo una sosta alla Trattoria Latte di Luna dove esaltare le papille gustative con questo  formaggio dai sapori decisi innaffiato da generoso Sangiovese. Arrivederci Val d'Orcia.