Domenica condizionata dalla pioggia, peccato perché il Castello di Thiene è davvero molto bello, quindi si è considerato di organizzare un piccolo tour al Castello, al bellissimo Duomo, la settecentesca Villa Fabris e al santuario Madonna dell'Olmo ad inizio primavera. Pranzo confermato alla Cà Vecchia dove ieri si è mangiato benissimo!
lunedì 27 gennaio 2025
mercoledì 22 gennaio 2025
"Unseen, le foto mai viste di Vivian Maier" . La splendida mostra alla Villa Reale di Monza - domenica 19 gennaio
Direttamente da New York arriva in Italia la più grande mostra mai dedicata a Vivian Maier. "Unseen, le foto mai viste di Vivian Maier" è il tributo che la Villa Reale di Monza dedica a una delle pioniere e massime esponenti della street photography attraverso 220 fotografie, divise in nove sezioni espositive, che esplorano i temi e i soggetti caratteristici del suo stile, dagli autoritratti alle scene di strada, dalle immagini di bambini alle persone ai margini della società, avventurandosi anche in aspetti sconosciuti o poco noti di una vicenda umana e artistica non convenzionale. La mostra si compone di un nucleo importante di fotografie in bianco e nero e a colori, molto rare e fino a pochi anni fa mai esposte in pubblico, alle quali si aggiungono filmati in formato Super 8, provini a contatto, audio con la sua voce e vari oggetti che le sono appartenuti come le macchine fotografiche Rolleiflex e Leica. "È nel cuore della società americana, a New York dal 1951 e poi a Chicago dal 1956, che Vivian osserva meticolosamente il tessuto urbano che riflette i grandi cambiamenti sociali e politici della sua storia - spiega la curatrice Anne Morin - È il tempo del sogno americano e della modernità sovraesposta, il cui dietro le quinte costituisce l'essenza stessa del lavoro di Vivian Maier"
Con la scatto silenzioso della sua Rolleiflex, Vivian Maier ha immortalato per quasi cinque decenni il mondo che la circondava. Gli oltre 150.000 negativi scattati nel corso della sua esistenza coprono una immensa gamma di soggetti occupandosi di documentare meticolosamente ogni aspetto della vita ovunque andasse. Eppure il suo lavoro è rimasto sconosciuto sino alla casuale scoperta nel 2007 di John Maloof, giovane filmaker, che acquista ad una asta pubblica di Chicago per 380 dollari una scatola contenente centinaia di negativi appartenuto all'artista. Maloof comincia a svilupparne alcuni rendendosi conto di trovarsi di fronte ad una straordinaria fotografa e ne divulga l'eccezionale bravura con il bellissimo documentario "Finding Vivian Maier" (2014), candidato all'Oscar, diretto insieme al regista Charlie Siskel dando a Vivian Maier fama mondiale.Capace di unire l’approccio umanista europeo (in Francia, paese d’origine della madre, dove trascorse l’infanzia) al richiamo moderno della street photography americana, Vivian Maier ha costruito un corpus di opere che la rendono oggi, a tutti gli effetti, una delle più grandi fotografe del XX secolo, al pari di artisti come Robert Frank, Diane Arbus, Robert Doisneau o Henri Cartier-Bresson. Il percorso espositivo è stato allestito al terzo piano della Reggia di Monza, chiamato sontuosamente Piano Belvedere, nonostante fosse uno spazio adibito alla servitù, è stato interessato da opere di riqualificazione e restauro conservativo conferendogli un grande impatto visivo. Le sale, i corridoi, i locali d'angolo e le aree di risulta sono state lasciate il più possibile aperte in un ambiente in cui proprio tutto è a vista, dalle gigantesche capriate in legno del Piermarini alle strutture lignee residuali rispetto ad antichi allestimenti perduti, dai tubi in acciaio degli impianti ai graffiti impressi sui muri ai tempi della Biennale delle Arti decorative e a quelli lasciati dalle famiglie istriane che hanno occupato la Villa Reale durante gli anni dell’abbandono, che conferisce all’ambiente una visione architettonica di ampio respiro e pronta, come in questo caso, ad esposizioni artistiche di rilievo. Ma adesso addentriamoci nei temi della bellissima mostra.
VIVIAN SONO IO
La mostra si apre con il nucleo di lavori forse più iconici dell’artista, quelli con cui ricerca se stessa per mezzo della fotografia. Autoritratti ricavati attraverso diverse soluzioni e processi visivi che raccontano della sua capacità creativa e intuitiva, come gli scatti alla propria silhouette proiettata, alla forma della sua ombra, al riflesso in uno specchio o in un vetro. Un vocabolario di situazioni che utilizza per affermare la sua presenza in un determinato momento e in un determinato luogo. Un lavoro particolarmente rilevante nell'era dei social media, con i suoi autoritratti che risuonano con la cultura del selfie contemporanea.
UNO SGUARDO RAVVICINATO E SINCERO SU UN'EPOCA PASSATA
Prima a New York, tra il 1951 e il 1956, poi a Chicago, Vivian Maier ama perdersi passeggiando nei quartieri popolari della città, avventurandosi nel luogo dove per eccellenza va in scena il quotidiano: la strada. Gli attori sono una serie di soggetti inconsapevoli che Maier segue, osserva e immortala in gesti e reazioni spontanee, suscitando possibili narrazioni. Tra queste molte donne, di estrazione umile o benestanti, di cui Maier riusciva a raccontare la bellezza, la profondità e la saggezza dei loro visi solcati dal tempo.
L'AMERICA DEL DOPOGUERRA E LA FACCIATA DEL SOGNO AMERICANO
Nelle sue frequenti passeggiate lungo la città, accompagnata dai bambini di cui si occupa, lo sguardo di Maier si posa su coloro che vivono ai margini del Sogno americano, la grande utopia da cui sono esclusi. Lontani dai classici ritratti con soggetti in posa e agghindati, l'autrice ritrae i suoi soggetti sorprendendoli, precedendo il momento in cui, accorgendosi di lei, avrebbero perso spontaneità.Concentrandosi spesso su un dettaglio corporeo, sono iconici gli scatti in cui immortala la figura di spalle, un taglio che oggi le si riconosce come distintivo del suo stile.
IL SUPER 8 E LA VIVACE TRAMA UMANA DEGLI SPAZI METROPOLITANI
Negli anni sessanta Vivian Maier affronta più compiutamente il linguaggio cinematografico, filmando frontalmente, senza artifici né montaggio, la realtà che osserva durante le sue peregrinazioni urbane. In un avvicendarsi che diviene stimolo reciproco, Maier alterna la macchina da presa Super 8 e la Rolleiflex, muovendosi e riprendendo inesorabilmente ciò che le si pone davanti e, una volta attratta da un elemento in particolare, immortalandolo in uno scatto.
TUTTI COLORI DELLA STRAORDINARIA VITA ORDINARIA
Se il suo lavoro in bianco e nero è profondamente silenzioso, il colore è per l'autrice il Blues che percorre le strade di Chicago, in particolare quelle dei quartieri operai, che restituisce in un gioco cromatico estremamente ricco. L'utilizzo di una Leica 35 mm, il cui formato rettangolare differisce notevolmente da quello quadrato della Rolleiflex, conferisce un marcato dinamismo alla composizione di queste immagini, esposte pochissime volte in pubblico e tra le più rare della sua produzione.
BAMBINI NEL TEMPO
Istitutrice per quasi quarant'anni, Maier ha spesso documentato la vita dei bambini di cui si è presa cura, scoprendo e rappresentando il modo autentico con cui guardano il mondo. I volti, le espressioni, le mimiche, gli sguardi, le lacrime, i giochi: tutto ciò che costituisce la vita del bambino è passato sotto l’obiettivo della fotografa, che ha saputo restituirne lo spirito più intenso e genuino.
L’ASTRATTO VISTO DA VICINO
L'ultima sezione della mostra raccoglie fotografie di dettagli così piccoli e ravvicinati da perdere il legame con la realtà e sfociare quasi nell'astratto. Sono primi piani di oggetti, dettagli precisi, che Maier guarda così da vicino e con tale intensità da farne talvolta perdere i contorni. Si tratta di scatti poetici e documentaristici che mostrano l'abilità innata di Maier nel comporre rapidamente le sue foto con piccole stranezze e sottili trucchi fotografici.
Con la scatto silenzioso della sua Rolleiflex, Vivian Maier ha immortalato per quasi cinque decenni il mondo che la circondava. Gli oltre 150.000 negativi scattati nel corso della sua esistenza coprono una immensa gamma di soggetti occupandosi di documentare meticolosamente ogni aspetto della vita ovunque andasse. Eppure il suo lavoro è rimasto sconosciuto sino alla casuale scoperta nel 2007 di John Maloof, giovane filmaker, che acquista ad una asta pubblica di Chicago per 380 dollari una scatola contenente centinaia di negativi appartenuto all'artista. Maloof comincia a svilupparne alcuni rendendosi conto di trovarsi di fronte ad una straordinaria fotografa e ne divulga l'eccezionale bravura con il bellissimo documentario "Finding Vivian Maier" (2014), candidato all'Oscar, diretto insieme al regista Charlie Siskel dando a Vivian Maier fama mondiale.Capace di unire l’approccio umanista europeo (in Francia, paese d’origine della madre, dove trascorse l’infanzia) al richiamo moderno della street photography americana, Vivian Maier ha costruito un corpus di opere che la rendono oggi, a tutti gli effetti, una delle più grandi fotografe del XX secolo, al pari di artisti come Robert Frank, Diane Arbus, Robert Doisneau o Henri Cartier-Bresson. Il percorso espositivo è stato allestito al terzo piano della Reggia di Monza, chiamato sontuosamente Piano Belvedere, nonostante fosse uno spazio adibito alla servitù, è stato interessato da opere di riqualificazione e restauro conservativo conferendogli un grande impatto visivo. Le sale, i corridoi, i locali d'angolo e le aree di risulta sono state lasciate il più possibile aperte in un ambiente in cui proprio tutto è a vista, dalle gigantesche capriate in legno del Piermarini alle strutture lignee residuali rispetto ad antichi allestimenti perduti, dai tubi in acciaio degli impianti ai graffiti impressi sui muri ai tempi della Biennale delle Arti decorative e a quelli lasciati dalle famiglie istriane che hanno occupato la Villa Reale durante gli anni dell’abbandono, che conferisce all’ambiente una visione architettonica di ampio respiro e pronta, come in questo caso, ad esposizioni artistiche di rilievo. Ma adesso addentriamoci nei temi della bellissima mostra.
VIVIAN SONO IO
La mostra si apre con il nucleo di lavori forse più iconici dell’artista, quelli con cui ricerca se stessa per mezzo della fotografia. Autoritratti ricavati attraverso diverse soluzioni e processi visivi che raccontano della sua capacità creativa e intuitiva, come gli scatti alla propria silhouette proiettata, alla forma della sua ombra, al riflesso in uno specchio o in un vetro. Un vocabolario di situazioni che utilizza per affermare la sua presenza in un determinato momento e in un determinato luogo. Un lavoro particolarmente rilevante nell'era dei social media, con i suoi autoritratti che risuonano con la cultura del selfie contemporanea.
UNO SGUARDO RAVVICINATO E SINCERO SU UN'EPOCA PASSATA
Prima a New York, tra il 1951 e il 1956, poi a Chicago, Vivian Maier ama perdersi passeggiando nei quartieri popolari della città, avventurandosi nel luogo dove per eccellenza va in scena il quotidiano: la strada. Gli attori sono una serie di soggetti inconsapevoli che Maier segue, osserva e immortala in gesti e reazioni spontanee, suscitando possibili narrazioni. Tra queste molte donne, di estrazione umile o benestanti, di cui Maier riusciva a raccontare la bellezza, la profondità e la saggezza dei loro visi solcati dal tempo.
L'AMERICA DEL DOPOGUERRA E LA FACCIATA DEL SOGNO AMERICANO
Nelle sue frequenti passeggiate lungo la città, accompagnata dai bambini di cui si occupa, lo sguardo di Maier si posa su coloro che vivono ai margini del Sogno americano, la grande utopia da cui sono esclusi. Lontani dai classici ritratti con soggetti in posa e agghindati, l'autrice ritrae i suoi soggetti sorprendendoli, precedendo il momento in cui, accorgendosi di lei, avrebbero perso spontaneità.Concentrandosi spesso su un dettaglio corporeo, sono iconici gli scatti in cui immortala la figura di spalle, un taglio che oggi le si riconosce come distintivo del suo stile.
IL SUPER 8 E LA VIVACE TRAMA UMANA DEGLI SPAZI METROPOLITANI
Negli anni sessanta Vivian Maier affronta più compiutamente il linguaggio cinematografico, filmando frontalmente, senza artifici né montaggio, la realtà che osserva durante le sue peregrinazioni urbane. In un avvicendarsi che diviene stimolo reciproco, Maier alterna la macchina da presa Super 8 e la Rolleiflex, muovendosi e riprendendo inesorabilmente ciò che le si pone davanti e, una volta attratta da un elemento in particolare, immortalandolo in uno scatto.
TUTTI COLORI DELLA STRAORDINARIA VITA ORDINARIA
Se il suo lavoro in bianco e nero è profondamente silenzioso, il colore è per l'autrice il Blues che percorre le strade di Chicago, in particolare quelle dei quartieri operai, che restituisce in un gioco cromatico estremamente ricco. L'utilizzo di una Leica 35 mm, il cui formato rettangolare differisce notevolmente da quello quadrato della Rolleiflex, conferisce un marcato dinamismo alla composizione di queste immagini, esposte pochissime volte in pubblico e tra le più rare della sua produzione.
BAMBINI NEL TEMPO
Istitutrice per quasi quarant'anni, Maier ha spesso documentato la vita dei bambini di cui si è presa cura, scoprendo e rappresentando il modo autentico con cui guardano il mondo. I volti, le espressioni, le mimiche, gli sguardi, le lacrime, i giochi: tutto ciò che costituisce la vita del bambino è passato sotto l’obiettivo della fotografa, che ha saputo restituirne lo spirito più intenso e genuino.
L’ASTRATTO VISTO DA VICINO
L'ultima sezione della mostra raccoglie fotografie di dettagli così piccoli e ravvicinati da perdere il legame con la realtà e sfociare quasi nell'astratto. Sono primi piani di oggetti, dettagli precisi, che Maier guarda così da vicino e con tale intensità da farne talvolta perdere i contorni. Si tratta di scatti poetici e documentaristici che mostrano l'abilità innata di Maier nel comporre rapidamente le sue foto con piccole stranezze e sottili trucchi fotografici.
La sua storia umana corre su binari differenti e la visione del docu-film "Finding Vivian Maier" offre più interrogativi che risposte. Una cosa, però, è certa. In una delle sue tante registrazioni, si sente Vivian chiedere ad un bambino "E ora dimmi, come si fa a vivere per sempre?" Ecco, adesso avrebbe la risposta.
LA MOSTRA E' STATA PROROGATA SINO AL 21 APRILE
(fonte: Arte.it)
lunedì 13 gennaio 2025
Lo splendido "Grande Anello della Storia " a Montorio (VR) - domenica 12 gennaio
Lasciata l'auto nel grande parcheggio del Castello di Montorio si sale verso il portone d'ingresso
tramite una scalinata contrassegnata dalla sigla AS si svolta sul sentierino di sinistra arrivando
in breve presso una diroccata porta in mattoni e costeggiando il muro
di cinta di Villa Zoppi Pavesi seguiamo la stradella fino ad immergerci sull'ampia carrareccia
sterrata che risale la dorsale della collina. Fatti circa duecento metri intravvediamo sulla destra, invasa da una folta vegetazione, i ruderi
della chiesetta del XIII secolo di San Venerio.
Oltrepassata la chiesetta troviamo la deviazione a sinistra della
breve mulattiera che porta al forte austriaco denominato in origine Forte John,
attualmente conosciuto come Forte Preara (dal nome Preara ovvero cava di pietra).
Aggirato il forte si torna sulla strada della dorsale, che seguiamo verso nord per
raggiungere dopo circa un chilometro la Prèa Fita, comunemente chiamata Piloton, un
monolite di probabile origine preistorica.
Si continua in salita, sempre in direzione nord seguendo le indicazioni del sentiero Cai 264 per
Maroni, che ci accompagna per un buon tratto di cammino. Si risale la dorsale fino ad
incrociare una strada asfaltata, ora giriamo a sinistra seguendo sempre il sentiero lungo la strada che sale verso località S. Fidenzio. Si svolta a destra seguendo la strada in salita fino all'ultimo ampio tornante dal quale si
stacca a sinistra una stradina asfaltata con le indicazioni Cai per Maroni che seguiamo fino
in prossimità di due vecchi pilatri in cemento dove la strada si biforca. Si scende a sinistra
passando in mezzo a delle coltivazioni di lavanda, dopo aver affrontato due tornanti la strada
scende rettilinea fino ad arrivare in prossimità di una curva a gomito. Procediamo a destra sulla carrareccia che si stacca dalla curva e che sale
passando sotto ad una casetta bianca, per poi immergersi su una più comoda sterrata con muretto di sasso. Poco dopo la strada diventa asfaltata e conduce alla località Maroni dalla quale si può godere uno splendido panorama sulla valle sottostante.
Oltrepassata una deliziosa scalinata contornata di cipressi, consigliamo di scendere al belvedere, si passa sotto il muro di alcune abitazioni e dopo una curva si lascia l'asfalto per riprendere a sinistra uno sterrato che scende con una serie infinita di tornarti, tanto da aver acquisito il nome di Piccolo Stelvio, sino a raggiungere la chiesa di Santa Maria in
Stelle, dove accanto alla piazza troviamo l'Ipogeo, comunemente chiamato
Pantheon, ed anche degli splendidi lavatoi in pietra. Attraversiamo il paese seguendo la sua direttrice principale e tralasciando tutte le deviazioni laterali. In prossimità di una semicurva la strada si restringe
costeggiando il muro di cinta di Villa Cà Vendri. Alla curva successiva la strada
si biforca, al capitello si sale a sinistra, per poi girare a destra sulla prima laterale che
incontriamo così da raggiungere la chiesetta di San Zeno.
La chiesetta sorge su un precedente tempio romano del I sec. d.C.
Gravemente danneggiata dai terremoto del 1117 e del 1183, venne ricostruita tra il XII e XIII secolo. Alla sinistra della chiesetta, stretto tra la recinzione di una casa ed il bosco, troviamo un
sentiero che prenderemo per sbucare poco dopo su una stradina asfaltata in prossimità
della fontana di Vendri.
La strada in salita diventa sterrata e poco dopo al bivio si segue il ramo di destra che
sale piacevolmente fino ad incrociare una più ampia carrareccia. Dopo un breve tratto pianeggiante la strada diventa cementata e scende
decisamente, passando davanti all'ingresso di una azienda agricola. Poche centinaia di metri e ci immergiamo nel bosco che passa sotto ad un agriturismo. Poco oltre circa la sterrata si collega con la strada che sale verso San
Fidenzio e che noi prendiamo scendendo alla nostra destra verso
il paesino di Novaglie.
In prossimità dell'abitato la strada si restringe tra le case fino a una piazzetta dove troviamo degli antichi lavatoi. Sulla parete di una casa un grande affresco della Madonna.
Dalla piccola piazza ecco la stradella asfaltata che scende in direzione est, il percorso è quasi pianeggiante con un bel panorama sulla
campagna sottostante e la splendida villa settecentesca di Balladoro. Costeggiando il muro di cinta della villa si giunge alla Fontana del Franzago, denominata dalla tradizione popolare
delle Strje, luogo ricco di mistero e di leggende. Continuiamo sul percorso principale ormai in prossimità del Piloton. A questo punto si ripercorre a ritroso il tracciato,
seguendo la strada della dorsale ma questa volta in direzione sud. Transitiamo poco dopo a sinistra del Forte Preara mentre il cielo è un chiasso
di colori al tramonto, rimanendo sulla direttriceprincipale fino a incontrare la strada asfaltata che sale al Castello di Montorio e
che ci riporta in breve al parcheggio da dove siamo partiti.PARTENZA: Castello di Montorio
SEGNAVIA: AS - Cai 264
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 200
ALTITUDINE: mt 310
LUNGHEZZA: km 17.5
SEGNAVIA: AS - Cai 264
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 200
ALTITUDINE: mt 310
LUNGHEZZA: km 17.5
sabato 11 gennaio 2025
domenica 5 gennaio 2025
Passeggiata lungo il Brenta...- sabato 4 gennaio
Una delle più belle passeggiate nel padovano è quella che si snoda lungo il fiume Brenta, dal laghetto Finesso al lago Camazzole, e complice una soleggiata, anche se fredda, giornata invernale, ci ritroviamo al parcheggio Grantorto posto al termine di via Principessa Jolanda dell'omonima località. Entriamo a sinistra nella ciclopedonabile, situata a sud dei laghi, in un contesto paesaggistico di rilevante importanza. Infatti il Parco del Brenta si pone l'obiettivo di tutelare il territorio il sito "Natura 2000 Grave e Zone Umide del Brenta" agendo su fronti diversi, dalla sorveglianza e gestione dei rifiuti agli interventi di conservazione degli habitat del
fiume. Si segue il sentiero della ciclabile raggiungendo in breve tempo il laghetto Finesso. Proseguendo passiamo sotto il ponte della ferrovia e successivamente quello della statale e svoltate a sinistra si raggiunge una stradella asfaltata dove troviamo un pannello informativo del parco. Molti i ciclisti che ci sfrecciano sulla ciclabile. Continuiamo diritto passando accanto ad una impresa di scavi e più avanti giriamo a destra, dove incrociamo un gruppo di cavalieri, proseguendo sullo sterrato in direzione del lago di Camazzole dalle acque smeraldine tanto da meritarsi l'appellativo di "Caraibi del Veneto". Raggiungiamo il lago nel silenzio più assoluto, e utilizzando uno dei tanti sentieri ancora umidi di rugiada, ne facciamo il perimetro fino a rimetterci sulla stessa ciclabile che ora sì accompagnate da un tiepido sole, ci riporta al parcheggio. In totale sedici bellissimi chilometri.
fiume. Si segue il sentiero della ciclabile raggiungendo in breve tempo il laghetto Finesso. Proseguendo passiamo sotto il ponte della ferrovia e successivamente quello della statale e svoltate a sinistra si raggiunge una stradella asfaltata dove troviamo un pannello informativo del parco. Molti i ciclisti che ci sfrecciano sulla ciclabile. Continuiamo diritto passando accanto ad una impresa di scavi e più avanti giriamo a destra, dove incrociamo un gruppo di cavalieri, proseguendo sullo sterrato in direzione del lago di Camazzole dalle acque smeraldine tanto da meritarsi l'appellativo di "Caraibi del Veneto". Raggiungiamo il lago nel silenzio più assoluto, e utilizzando uno dei tanti sentieri ancora umidi di rugiada, ne facciamo il perimetro fino a rimetterci sulla stessa ciclabile che ora sì accompagnate da un tiepido sole, ci riporta al parcheggio. In totale sedici bellissimi chilometri.
Iscriviti a:
Post (Atom)