sabato 18 giugno 2022

Friuli Venezia Giulia, semplicemente un luogo magico - 15-17 giugno

Mercoledì 15 giugno 
- Panorami incantevoli, aria pura, una natura
incontaminata, una terra magica che non smette mai di emozionare questo è il Cadore che percorriamo in una bella giornata di sole. A Pieve di Cadore l'arte si respira. Basta visitare la casa natale di Tiziano Vecellio, il celebre pittore rinascimentale e sempre a Pieve c'è il bel museo dell’Occhiale che racconta storia e tecnica di questo prezioso strumento. Ai piedi del maestoso Antelao e delle Marmarole appare il lago di Cadore, specchio d'acqua artificiale posto lungo l'alto corso del fiume Piave frequentatissimo dagli amanti della pesca. Il lago si formò negli anni Cinquanta in seguito alla costruzione della diga che sbarra il Piave all'altezza di Sottocastello. L'infrastruttura faceva parte del complesso di dighe e centrali realizzati dalla SADE, divenuta in seguito ENEL, lungo l'alto bacino del fiume. Ci fermiamo per un primo aperitivo al Bar La Casetta prima di riprendere la statale che più avanti saluta le montagne bellunesi per le terre friulane e raggiungere Sappada (mt 1250), una piccola perla nel panorama dolomitico, abbracciata da una natura incontaminata e dove si ascolta il silenzio delle montagne. Sappada vecchia, caratterizzata dalle antiche abitazioni in legno delle sue borgate e un turismo che affonda le radici alla fine dell'800, si sviluppa nella parte alta dell’abitato sino a Cima Sappada.
Ci fermiamo alla Plodar Kelder - Latteria di Sappada in Borgata Fontana e il tagliere traboccante di stracchino, caciotte erborinate e pancetta, salame, lardo e Senkl, un particolare speck che producono affumicato e stagionato per circa quattro mesi che viene aromatizzato con cumino e bacche di ginepro, è un trionfo di genuinità. Da Cima Sappada si risale lungo la strada provinciale 22 della Val Sesis che porta alle Sorgenti del Piave, ai piedi del massiccio del Monte Peralba (mt 2037) vicino al rifugio omonimo, punto di partenza anche dell’Alta Via delle Dolomiti n°6 che termina a Vittorio Veneto. Ritornando a valle con fare curioso ci si ferma a Venzone, cittadina fortificata alla confluenza di due importanti valli: quella del Tagliamento e il Canal del Ferro. 
Fin dall'epoca dei Celti (500 a.C.) Venzone deve la sua fortuna alla sua posizione di passaggio obbligato verso il nord, successivamente i Romani ne fecero un loro statio lungo il percorso della via Julia Augusta che dal sito di Aquileia portava al Norico (l’attuale Austria centrale). Nel 1258 Glizoio di Mels fece fortificare il paese con una doppia cinta muraria, preceduta da un profondo fossato. La possente cerchia delle mura, con le numerose torri che la caratterizzano racchiudono in ampio esagono irregolare le 14 "insulae" dell’antico borgo abitato elevandosi sull'ampio terrapieno da cui sorgono. Tre le porte, delle quali la più bella ed interessante è la porta di "San Genesio" del 1310. Il complesso monumentale della cittadina contiene il Duomo, il Palazzo Comunale, le alte mura e le antiche case contadine e signorili. Nel 1965 Venzone viene dichiarato Monumento Nazionale perché rappresenta l’unica testimonianza di città fortificata del Duecento in Friuli. Era il 6 maggio 1976, ed era stranamente afoso in Friuli. Anche alle 21 e dodici secondi. Prima ci fu un brusio. Poi un tremore. Poi un boato. Poi venne giù tutto. Teste dure i friulani. Distrutta dal terribile terremoto Venzone venne ricostruita pietra per pietra.
Ora raggiungiamo Arta Terme, dove abbiamo il nostro alberghetto, apprezzata stazione termale che sfrutta gli effetti benefici delle acque della fonte Pudia, già nota in epoca romana.
Giovedì 16 giugno
- Il Forte del Monte Festa è una delle opere militari italiane più importanti di inizio '900 in Friuli Venezia Giulia. Inserito nel sistema difensivo dell'Alto Tagliamento-Val Fella assieme ai forti di Osoppo, Monte Ercole e Chiusaforte, poteva controllare eventuali invasioni dalla confluenza tra i fiumi Fella e Tagliamento nonché dalla Val del Lago. La sua costruzione risale al 1910 ed è collegato da una grande strada militare di otto chilometri che da Interneppo sale fino in cima al monte a quota 1065 metri. A differenza di altri edifici simili, il Forte del Monte Festa non venne mai smantellato e nel novembre del 1917 riuscì a bloccare parte dell'avanzata austro-ungarica. Il 6 novembre, quando il ripiegamento verso il Piave era già iniziato, il Forte terminò le munizioni e fu quindi abbandonato. Nonostante gli inesorabili danni dovuti agli agenti atmosferici ed ai crolli, il Forte del Monte Festa rimane uno dei luoghi più suggestivi legati alla Grande Guerra. Seguiamo la rotabile stretta e asfaltata che ci conduce al vero punto di partenza, un bivio dove sono presenti anche le indicazioni per il Monte San Simeone.
Teniamo la sinistra e dopo una lunga lingua di asfalto, in corrispondenza di tre gradini di pietra, si può imboccare il sentiero Cai 838 che permetterebbe di tagliare di circa quattro chilometri la lunga carrareccia ma noi optiamo per quest'ultima con il percorso che rimane lineare fino alla vetta, con la sagoma del forte già visibile dai primi chilometri alzando il naso all'insù. La vista, fin da subito panoramica sul lago di Cavazzo, offre spettacolari giochi di colore sui monti circostanti, come il Monte Cuar e la sua malga che appaiono inconfondibili nelle belle giornate. A quota 800 metri troviamo una fontana, ancora più in alto usciamo su una ampia radura prativa con i ruderi di alcune casermette e dei magazzini ora invasi dalla vegetazione. Superati questi, la strada prosegue verso la cima dove si trova il vero e proprio forte. Si vedono immediatamente le due batterie corazzate (che potevano ospitare quattro cannoni da 149mm con la copertura metallica) e, sulla sinistra, due caverne utilizzate come montacarichi e deposito per le munizioni. Tra le due batterie sono ancora visibili i resti della teleferica che collegava il Monte Festa ad Amaro, distante circa quattro chilometri in linea d'aria. Superata una galleria si percorre un sentiero panoramico che porta in cima al forte. Da questo punto è possibile scendere nel cuore della fortezza dove, a dispetto dei crolli, sono visibili casematte ed il punto più alto del montacarichi, sempre con molta cautela. Sotto lo spettacolo sul lago di Cavazzo è incredibile. Il più esteso tra i laghi naturali friulani bagna con le sue acque il territorio di tre comuni, Cavazzo Carnico, Bordano e Trasaghis.
La discesa dal forte avviene sullo stesso percorso dell'andata. Torniamo verso Tolmezzo e sulla rotonda della zona industriale sud appare il monumento "in onore degli aviatori d'Italia e della Carnia", realizzato con un aereo F 104, collocato su di un piedistallo e rivolto verso il Monte Amariana. Cena caratteristica alla Antica Trattoria Al Borgat dove troviamo i cjarsons alle erbe, ravioli tipici della Carnia, serviti con la morchia, ovvero burro fuso e farina di mais tostata oppure il frico piatto unico a base di patate, cipolle e formaggio Montasio fuso.
Venerdì 17 giugno - Dopo aver visitato Sutrio, il cui nome appare per la prima volta in un documento del 1300 e tra i primi luoghi abitati dell'alta valle del Bût, raggiungiamo il Freilichtmuseum des Gebirgskrieges 1915-18, un museo della grande guerra a cielo aperto, che si trova subito dopo il confine con l’Austria sul passo di Monte Croce Carnico. Qui gli eserciti si mossero per occupare le cime circostanti ed ottenere dei vantaggi strategici importanti. Per tutta l’estate del 1915 italiani ed austro-ungarici combatterono furiosamente sul Pal Grande, sul Freikofel e sul Pal Piccolo, trasformando queste splendide montagne in terribili scenari di guerra. Una piccola gittata in terra austriaca sino a Kotschach-Mauthen dove nel centro del paese troneggia la Pfarrkirche Kötschach (la Cattedrale della Gailtal), chiesa tardo- gotica e il suo poderoso campanile.
Già che ci siamo compriamo il bretzel, pane che si mangia in Alsazia, Austria e Germania, e il Krustenbrot, pane di segale. Si torna sul suolo nazionale. Percorrendo il torrente Chiarzò si arriva al lago di Redona, bacino artificiale situato in val Tramontina in provincia di Pordenone. A Pecol, frazioncina di Tramonti di Sotto, sono invece visibili i ruderi dell'antico borgo di Movada. 
Nei primi anni ’50 la Società Adriatica Di Elettricità (SADE), la potentissima azienda elettrica che diventò tristemente famosa per il disastro del Vajont una decina di anni più tardi, costruì la diga di Ponte Racli e la centrale di Meduno, modernizzando la valle. L’acqua del fiume Meduna inondò velocemente l'invaso e Movada fu completamente sommersa. Quando vi sono i periodi di secca e l’acqua del lago si ritira si assiste a uno scenario affascinante: i ruderi di ciò che è stato il borgo di Movada riemergono dall'acqua. La diga alta 50,6 metri è situata nella parte meridionale del lago e fa parte dell'impianto della Val Meduna che va ad alimentare la centrale omonima. Interessante è anche il vecchio ponte Racli, una serie di antiche giunzioni in pietra che sorgono a lato del nuovo ponte che attraversa il lago di Redona, spesso sommersi dall'acqua del bacino. Ma ora è tempo di tornare.

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