mercoledì 27 aprile 2022

Tour nei Sibillini e altre meraviglie marchigiane (23-26 aprile)

Stretta tra monti e mare le Marche regalano scorci sorprendenti, paesaggi mozzafiato e cuori storici. E' un viaggio nel passato, luoghi arroccati in un'altra dimensione dove il rapporto con la natura è talmente forte da scandirne i ritmi e le giornate. Ed è da questi presupposti che parte il nostro viaggio in una terra antica e bellissima.
SABATO 23 APRILE - Arriviamo a Gradara (PU), tra Marche ed Emilia Romagna, in una giornata d'azzurro, dominata dall'imponente Rocca Malatestiana a cui si accede varcando Porta Firau. Il varco conduce nel cuore del borgo dove si affacciano minuscoli negozietti e l'atmosfera intorno è frizzante e vivace. Gradara è una delle strutture medioevali meglio conservate d’Italia le cui due cinte murarie proteggono la fortezza, la più esterna delle quali si estende per quasi ottocento metri, il mastio si innalza per trenta metri dominando l'intera vallata mentre le sale interne ricordano gli splendori delle potenti famiglie che qui hanno governato: i Malatesta, gli Sforza e i Della Rovere. L'impianto originario della Rocca risale attorno al 1150 dalla potente famiglia dei De Griffo: successivamente caduta in disgrazia presso il papato, viene sottratta loro l'investitura della Curte Cretarie e affidata al condottiero dei guelfi di Romagna, Malatesta da Verucchio capostipite e fondatore della dinastia dei Malatesta, i grandi signori di Rimini, Cesena e Pesaro, che fa costruire il mastio, la fortezza e le due cinte di mura tra il XIII ed il XIV secolo dando a Gradara l’aspetto attuale.
In questi frangenti si inserisce la tragica storia d'amore di Paolo e Francesca, resi immortali da Dante, ferocemente uccisi nel settembre 1289 da Giangiotto figlio di Malatesta da Verucchio e sposo di Francesca. Il dominio dei Malatesta finisce nel 1463 quando Federico da Montefeltro espugna la Rocca al comando delle milizie papali. Il Papa affida in vicariato Gradara agli Sforza di Pesaro, fedeli alleati della Chiesa. Nel corso degli secoli Gradara passerà di mano diverse volte e alcune tra le più importanti casate della penisola si contenderanno il suo possesso: oltre ai Malatesta ed agli Sforza, essa diverrà dominio dei Borgia e dei Della Rovere, seguendo le sorti di queste famiglie nel complicato e tumultuoso scacchiere politico dei territori pontifici situati nelle attuali Marche e Romagna. Dal 1641 Gradara passò sotto il diretto controllo dello Stato della Chiesa iniziando la sua lunga agonia. Quando, nel 1920, la famiglia Zanvettori acquista la Rocca di Gradara, il castello e la cinta muraria erano ridotti allo stato di rudere. L'ingegnere Umberto Zanvettori chiama per un accurato recupero collaboratori di fama quali l'architetto Gustavo Giovannoni e, pur intervenendo con un restauro più interpretativo che filologico riporta il borgo fortificato all'originario splendore. Nel 1928 la rocca viene venduta allo Stato italiano. Il territorio marchigiano è ricco d’ulivi e vigneti, e forte di una antica tradizione culinaria ed è da questi gustosi presupposti che raggiunto Mergo (AN), piccolo borgo arroccato nella Vallesina attraversata dal fiume Esino, raggiungiamo la storica Osteria delle Viole in una serata contrassegnata da taglieri di formaggi, salumi e contorni della miglior tradizione locale innaffiati da ottimo Verdicchio.
DOMENICA 24 APRILE
- Il Monte Valmontagnana protegge uno dei luoghi più affascinanti e magici dell’Europa: le Grotte di Frasassi. Le grotte carsiche si trovano a Genga, all'interno del Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa, in provincia di Ancona. E' una delle escursioni sotterranee tra le più spettacolari, un mondo parallelo incontaminato nel quale la natura nel corso di milioni di anni ha creato un ecosistema unico, dove il fiume Sentino si faceva largo all'interno di grandi faglie nella roccia calcarea. Le sue acque fredde incontrando quelle solfuree aumentarono la dissoluzione del calcare creando enormi vuoti e generando tutto il sistema di grotte che possiamo ammirare oggi. La scoperta delle Grotte di Frasassi avviene nel 1971 grazie a Rolando Silvestri che scalando il monte Valmontagnana si accorse di alcuni fori sul terreno. Una spedizione del Gruppo Speleologico Marchigiano CAI di Ancona guidata da Giancarlo Cappanera scoprì la porta d’ingresso della grotta, battezzata Grotta Grande del Vento. Il gruppo non riusci a scendere fino alla base della cavità completamente buia. Lanciando un sasso nell'oscurità calcolarono che l'altezza potesse essere oltre i cento metri in realtà era il doppio! Le scoperte si susseguirono negli anni facendo emergere numerosi ambienti di diverse tipologie e dimensioni: concrezioni straordinarie, laghetti sotterranei, grazie all'opera dell'acqua e della roccia e all'improvviso, si aprono gole impervie mostrando una meraviglia architettonica incastonata nel cuore della terra. Ecco le stalagmiti (colonne che crescono progredendo dal basso verso l’alto) e le stalattiti (che invece scendono dal soffitto delle cavità). Si rimane profondamente colpite dalla bellezza di queste cavità sotterranee seguendo un percorso facilmente accessibile lungo circa un chilometro e mezzo, accompagnate da guide professionali. La prima sala che ci accoglie è quella che videro per prima anche gli scopritori delle grotte e da qui il nome: Abisso Ancona.
Al centro ci sono gli enormi Giganti, un gruppo di stalagmiti millenarie con un diametro di circa cinque metri che svettano per quasi venti metri in altezza. Si esce dalle grotte con il pensiero ancora carico di meraviglie del sottosuolo ma, dopo un breve spuntino, ci si sposta di poco anzi pochissimo, in direzione di Genga e scopri come Natura e Uomo si confrontano, si scontrano, s’intrecciano fino a creare un tutt'uno, una preziosa armonia che dà vita a scenari di sconfinata bellezza e grande intensità, sensazioni provate in questo luogo magico dove trova dimora da quasi duecento anni il Tempio del Valadier, un santuario ottagonale in stile neoclassico fatto costruire nel 1828 da Papa Leone XII su disegno del famoso architetto Giuseppe Valadier. Incastonato fra le pareti rocciose della montagna, la sua bellezza è tale solo se osservata all'interno del quadro naturalistico che l'accoglie: la cupola di piombo sfiora la roccia sovrastante mentre il bianco del marmo travertino con cui è costruita riflette nell'antro della grotta. La statua della Vergine con Bambino in marmo del Canova posta sull'altare è ancora più preziosa perché inserita in un contesto così impervio. Già nel 1029 qui esisteva un oratorio, l'eremo di Santa Maria Infra Saxa visibile ancora oggi, addossato a una parete rocciosa della grotta, dimora delle monache benedettine. 
LUNEDI' 25 APRILE - Ci spostiamo verso il maceratese per raggiungere il lago di Fiastra, all'interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, un bacino artificiale realizzato negli anni Cinquanta allo scopo di fornire energia elettrica nella Vallata del Fiastrone. La siccità di questo periodo ha diminuito in modo considerevole la capacità del bacino ma il panorama dal belvedere emoziona di rimandi cristallini. Da questo punto panoramico - località Frassella - inizia il sentiero 335 che porta alle Lame Rosse.
Le Lame Rosse, tra il monte Fiegni e il monte Petrella, sono una stratificazione di roccia privi della loro parte superficiale e per questo motivo il substrato di ferro è in vista. Gli agenti climatici infatti, attraverso una lenta erosione durata milioni di anni, hanno causato la perdita della parte calcarea della montagna che si è frantumata depositandosi sul terreno in lunghi ghiaioni. Impegniamo il facile tracciato, sette chilometri con un dislivello di 200 metri, inizialmente in secca discesa sino ad un bivio per poi svilupparsi in falsopiano nel bosco. Alla fine si sfocia su un canalone di ghiaione molto ripido sino alla base delle lame rosse. Nonostante aliti di vento freddo e brutti nuvoloni prendano a rincorrersi nel cielo, il paesaggio quasi lunare ha un che di magico. Sul percorso a ritroso imbocchiamo il bivio tralasciato all'andata che porta sulla grande diga con visioni spettacolari sul lago. Ripresa la strada ci fermiamo a Camerino, Bandiera arancione del Touring 2009. E' tornato il sole quando entriamo nel borgo. In giro solo una camionetta dei carabinieri che fa la guardia al nulla. Da Piazza Garibaldi controllano che nessuna acceda alla zona rossa, la Camerino ancora inibita al pubblico. Nient'altro, in un centro storico puntellato con le travi in legno. L'Alto Maceratese è l'area dimenticata del terremoto 2016 a partire dall'epicentro di quel 26 ottobre, Castelsantangelo Sul Nera, Ussita e Visso. Una parte dei suoi abitanti è stata trasferita, altri se ne sono andati via. Tutto fermo. Spettrale... Procediamo allungando la strada verso Arcevia e i suoi nove castelli, una passeggiata di circa cinquanta chilometri nel cuore delle Marche anconetane. E in serata nuova sortita all'Osteria delle Viole con i raviolacci al ragù e gli stringhetti con pendolini e basilico con cui la fantastica Viviana ci ha onorati della sua gustosissima cucina casereccia.
MARTEDI' 26 APRILE
- Il silente Castello di Castiglioni si trova ai confini con il territorio di Serra de' Conti. Attestato dal 1289 come castellare, è stato probabilmente fondato dopo l'abbandono del castello di Fossaceca che si trovava nei pressi. E' solo agli inizi del '400 che diventa un vero e proprio castello, fortificato in modo organico ed unitario dal Comune di Rocca Contrada per difenderne gli abitanti dai pericoli delle guerre in corso (il castello fu occupato da Braccio da Montone). Successiva fermata, le Cantine del Cardinale a Serra dè Conti e la "visciolata del Cardinale ", bevanda tipica dei Castelli di Jesi. Nelle parole della titolare della cantina si percepisce una sorta di riconoscenza al mare e al tempo che hanno modellato una regione così bella e creato un terreno molto particolare, vocato alla nascita spontanea delle ciliegie selvatiche. La visciolata è ottenuta, nel rispetto della tradizione contadina, da vino di uve pregiate, visciole e zucchero secondo un’antica ricetta di metà 800 e si consuma in piccoli calici in abbinamento a crostate, dolci a base di cioccolato o vaniglia, panne cotte e, in particolare, a tutta la pasticceria secca. Il colore è rosso cardinalizio, il profumo è di bouquet fruttato, il gusto dolce e avvolgente. La persistenza retro olfattiva è piacevole e prolungata. Le degustazioni e gli assaggi si prolungano piacevolmente. La strada si addossa nella vallata tra colline incantevoli, boschi e vigneti, lentamente ci allontaniamo da questi luoghi storici e in lontananza sentiamo le onde del mare, in un cambio di programma dell'ultimo minuto. Raggiungiamo Senigallia nella Riviera del Conero, tra le più spiagge più belle delle Marche, insignita della Bandiera Blu dal 1997. La sua spiaggia è una lunga striscia di sabbia di granelli piccolissimi che la rendono soffice e morbida, tanto da essere detta "spiaggia di velluto". Ovviamente è quasi desertica, gli stabilimenti balneari ancora chiusi tranne qualche piccolo bar affacciato sul litorale ma la brezza che ti accarezza dolcemente mentre cammini è una sensazione impagabile.

mercoledì 13 aprile 2022

Sulle tracce della storia: le trincee di Nago (TN) - domenica 10 aprile

E' un monte fantasma il Corno di Nago. Non esiste né sulla carta né sul terreno, ma sembra indicare la dorsale rocciosa che sale a nord di Nago dove sventola una bandiera tirolese, piantata là e in altri punti significativi della cresta da qualche associazione irredentista austriaca. La dorsale ha un andamento ad esse che si sviluppa dai 200 metri di Nago, ai 450 della Dorsale 3 Croci, sale sino a raggiungere la vetta del monte Creino (mt 1280) per poi scendere ai 1189 metri di Santa Barbara, frazione di Ronzo-Chienis in Val di Gresta. La dorsale domina tutta la piana che da Nago scende verso Torbole e quindi prosegue fino ad Arco, inoltre ha la vista libera sui versanti Nord del Monte Altissimo e questi fattori furono determinanti per far passare la seconda linea fortificata austro-ungarica, con la funzione di controllo su tutta la zona antistante. Tale linea fortificata che scendeva dal Monte Creino, attraversava tutto il crinale del Monte Corno di Nago, scendeva lungo le sue pendici sfiorando i forti di Nago, proseguiva sempre verso ovest alla Batteria di Mezzo del Monte Brione e qui salendo congiungeva il Forte Sant'Alessandro ai forti del Monte Tombio a circa un chilometro da Varone, attraversando la grande piana tra Arco e Riva del Garda.
Arrivate a Nago sulla rotonda in direzione del sottostante lago, si trova a destra un comodo parcheggio. Nelle vicinanze si ammira imponente il Forte austro-ungarico di Nago e i ruderi di Castel Penede arroccato su uno sperone roccioso, che dominano la parte settentrionale del lago di Garda. Il percorso si snoda appena oltre gli appartamenti Nido d'Aquila lungo una mulattiera bianca in ripida ascesa. Si sale costeggiando la parete del primo tratto di dorsale, caratterizzata da grandi lastre calcaree, salita agevolata dal lungo tondino d'acciaio, verso il Castagneto ma non prima di fare una deviazione a sinistra salendo alla Fuciliera (mt 380), una breve trincea merlata in muratura che si affaccia nel vuoto.
Tornate al tracciato principale, si supera il valico e si entra in un ampio pianoro caratterizzato da grandi castagni - appunto il Castagneto - poi la stradella scende fino ad incrociare il tornante sinistrorso di una strada forestale. Si segue la strada in netta salita fino alla Busa dei Capitani, in realtà un semplice incrocio nei pressi di grandissimi roccioni, e così chiamata per due busti in bassorilievo rinvenuti all'interno dei ruderi del comando militare. Inizialmente non si riconobbe l'identità dei personaggi raffigurati, finché un esperto di storia locale non li identificò con l'imperatore Francesco Giuseppe e il suo successore al trono l'arciduca Carlo d'Asburgo. Di quest'ultimo, che frequentò spesso il fronte trentino in qualità di comandante del Corpo d'Armata, è ben visibile anche una firma, con ogni probabilità autentica. Procedendo ancora di qualche passo si visita la Trincea delle Saline, con deposito annesso e i panorami eccezionali che si aprono sulla valle sottostante. Saliamo su comoda forestale sino a raggiungere località Tre Croci giusto il tempo per una piacevole sosta. Seguendo il cartello Stützpunkt Perlone il cui significato, in tedesco, è semplicemente base, raggiungiamo un cocuzzolo roccioso che domina il lago sino alla penisola di Sirmione e la Val di Loppio e dove troneggia una piccola croce vicina ad una granata. Accanto uno stendardo dal sapore un po' nostalgico che riproduce la bandiera del Tirolo. La vista è splendida, oltre al lago il gruppo roccioso della Rocchetta, il Monte Tremalzo, la Cima Parì, i Corni di Pichea, il Misone e, verso oriente, la creste del Gruppo del Carega. Nelle immediate vicinanze l'inconfondibile profilo del Monte Brione. Sotto la croce, scavate nella viva roccia, una serie di gallerie con feritoie che permettevano agli austriaci di controllare l'intera zona. Riprendiamo la comoda discesa che giunge all'ampio pianoro in località Dorsale Tre Croci e dove parte un tracciato che scende a Nago, passando da dietro l'Hotel Continetal, più corto di quello dell'andata, ma il fondo si presenta molto sconnesso e pietroso il che potrebbe rendere la discesa estremamente difficoltosa quindi si opta per seguire almeno in parte il sentiero dell'andata.
Solo una doverosa annotazione: i numerosi cartelli posti sui sentieri dovrebbero suggerire il percorso migliore, viceversa fanno solo confusione. Il fatto è che ci sono moltissimi sentieri e stradelle, mentre le postazioni sono sparse qua e là con la difficoltà di girarle tutte.

(fonte: trentinograndeguerra.it)

PARTENZA: Nago (mt 215)
SEGNAVIA: Cai 637
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 365
ALTITUDINE: mt 580
LUNGHEZZA: km 6