lunedì 28 febbraio 2022

"Il mito di Venezia. Da Hayez alla Biennale" al Castello Sforzesco di Novara - domenica 27 febbraio

Organizzata in occasione delle celebrazioni dei milleseicento anni della città di Venezia, la mostra "Il mito di Venezia. Da Hayez alla Biennale", curata da Elisabetta Chiodini ed organizzata da Mets Percorsi d’arte, presenta ottanta opere esposte lungo le otto sale nella splendida cornice del Castello Visconteo di Novara partendo dal grande Hayez attraverso una ricca selezione delle opere più importanti (e spesso mai viste perché provenienti da prestigiose collezioni private) dei più noti artisti italiani della seconda metà dell’Ottocento che hanno influenzato significativamente lo svolgersi della pittura veneziana. La prima sala è dunque dedicata alla pittura di storia, considerato il "genere" più nobile: vi si trovano cinque importanti lavori di Francesco Hayez, tra cui la splendida Venere che scherza con due colombe provocatorio ritratto della ballerina Carlotta Chabert, completata in tempo per l'esposizione di Brera del 1830 e il Ritratto di Gentildonna (1835). Accanto opere di Ludovico Lipparini, Michelangelo Grigoletti e Marino Pompeo Molmenti, professore di Elementi di figura all'Accademia che ebbe come allievi Giacomo Favretto, Luigi Nono, Ettore Tito e Guglielmo Ciardi, presenti in mostra, protagonisti della stagione realista.
Nella seconda sala sono esposti quegli autori che più di altri hanno contribuito via via alla trasformazione del genere della veduta in quello del paesaggio: tra questi il grande pittore Ippolito Caffi con due splendide vedute veneziane, Venezia Palazzo Ducale (1858) e Festa notturna a San Pietro di Castello  dove colpisce l’atmosfera notturna, con eccezionali  contrasti di luce: la luce naturale della luna crea un alone di luce che accarezza il mare, mentre quella artificiale dei fuochi illumina le facciate delle case esaltando le ombre create dai personaggi in strada resi con tocchi veloci di pennello, Giuseppe Canella, Federico Moja e Domenico Bresolin quest’ultimo tra i primissimi ad interessarsi anche di fotografia e già nel 1854 indicato tra i soci dell’Accademia come "pittore paesista e fotografo". Titolare dal 1864 della cattedra di Paesaggio, Bresolin fu il primo a condurre i giovani allievi a dipingere all'aperto, in laguna come nell'entroterra, affinché potessero studiare gli effetti di luce e confrontarsi sulla resa del vero in un ambiente nuovo e stimolante, diverso da quello cui erano abituati codificato dai grandi vedutisti del passato come il Canaletto.
Ed alla poesia della laguna è dedicata la terza sala nella quale sono esposte dodici opere di Guglielmo Ciardi. Il pittore, oltre ad immortalarle con la sua luce dai valori illuministici e cromatici variabili, dedica molte delle sue opere anche ai paesaggi della campagna trevigiana, colta senza leziosità, nella sua essenza quotidiana. Sua la magnifica Veduta della laguna veneziana (1882) - immagine della mostra - caratterizzata da una pittura densa, a tratti materica e corsiva, come si può intuire nei dettagli delle vele e nei riflessi della stesse sull'acqua. Il quadro è estremamente luminoso e i riflessi, prima aranciati poi azzurri riassumono la tessitura cromatica della scena. Nelle sale a seguire è possibile ammirare opere che hanno per tema la vita quotidiana, gli affetti e la famiglia dedicate alla "pittura del vero" come Il bagno di Giacomo Favretto, Alle Zattere (1888) di Pietro Fragiacomo e il gioioso Girotondo (1886) di Ettore Tito. Sul mondo del lavoro scorrono altre opere vivaci e ricche di dettagli come le due tele di Favretto La raccolta del riso nelle terre del basso veronese e Il mercato di Campo San Polo a Venezia in giorno di sabato, Lavandaie sul Garda (1888) e Raggi di sole (1892) di Ettore Tito, il cui talento si espresse nel realismo della vita popolaresca. E per chiudere questa triplice sezione di vita quotidiana alcune rappresentazioni pittoriche dedicate agli idilli amorosi, un soggetto molto amato dai pittori del secondo Ottocento: all’Idillio (1884) di Luigi Nono, si aggiungono tele come "Corteggiamento al mercato" di Alessando Milesi.
La settima sala è interamente dedicata a Luigi Nono e offre un focus su una delle opere più celebri del pittore, il Refugium peccatorum. Nella scena del dipinto è raffigurata una giovane ragazza accasciata davanti alla statua della Vergine Maria, ritenuta il rifugio di tutti i peccatori. L’opera è ambientata presso la Fondamenta del Vescovado a Chioggia e Luigi Nono ne realizzò diverse versioni. Oltre alle opere del 1881 e del 1883, sono esposti studi, disegni ed altre significative opere di confronto, come Le due madri (1886). L’ottava e ultima sala della mostra è invece dedicata alle opere realizzate dai medesimi artisti tra l'ultima decade dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, tele di ampio respiro che riflettono il rinnovamento e il cambiamento di gusto indotti nella pittura veneziana dal confronto diretto con la cultura figurativa dei numerosi pittori stranieri che partecipavano alle Biennali Internazionali d'Arte. Spiccano tra gli altri Il Bucintoro (1902-1903 circa) di Guglielmo Ciardi, Piazza San Marco (1900 circa) di Pietro Fragiacomo e Biancheria al vento (1901 circa) di Ettore Tito.

(fonte: finestresull'arte.it)

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