lunedì 24 gennaio 2022

"Donne nell'Arte. Da Tiziano a Boldini" a Palazzo Martinengo - domenica 23 gennaio

La mostra DONNE NELL’ARTE. Da Tiziano a Boldini a Palazzo Martinengo di Brescia documenta quanto la rappresentazione dell’universo femminile abbia giocato un ruolo determinante nella storia dell’arte italiana lungo un periodo di quattro secoli, dagli albori del Rinascimento fino alla Belle Époque. Dopo lo stop imposto dalla diffusione della pandemia nel 2020 la mostra si ripropone presentando oltre novanta capolavori di artisti quali Tiziano, Guercino, Pitocchetto, Appiani, Hayez, Corcos, Zandomeneghi e Boldini che, con le loro opere, hanno saputo rappresentare la personalità, la raffinatezza, il carattere, la sensualità e le più sottili sfumature dell'emisfero femminile. Entrate nel nobile palazzo passando per una volta a botte affrescata si arriva al piccolo cortiletto interno e appena oltre si vanno a visitare le sale adibite alla mostra. Il percorso espositivo  suddiviso in otto sezioni tematiche diventa l'occasione di compiere un emozionante viaggio ricco di sorprese, impreziosito da dipinti inediti scoperti di recente in prestigiose collezioni private, opere mai esposte prima d'ora, e incontri ravvicinati con celebri donne del passato, tra cui la bresciana Francesca (Fanny) Lechi, ritratta nel 1803 dal grande Andrea Appiani in una straordinaria tela che dopo oltre venticinque anni dall'ultima apparizione torna visibile al pubblico. 

Tra i capolavori della mostra la Maddalena penitente di Tiziano proveniente da una collezione privata tedesca ed esposto per la prima volta in Italia, è una variazione su un tema caro al maestro veneto all'altezza delle sue opere più celebrate e famose. Le stanno accanto altre sante ed eroine, tra cui l’ispirata Sant'Agnese del Guercino. A queste si aggiunge Coppia di amanti in piedi, un disegno di Gustav Klimt (1862-1918), principale esponente dell’avanguardia viennese, che anticipa le soluzioni stilistiche de Il bacio e de L’Abbraccio del Fregio Stoclet, due tra i capolavori più conosciuti del maestro austriaco, posto in un disimpegno che acclude ai temi delle sale successive. Da qui ci addentriamo nei territori della mitologia e dell’antichità passando in rassegna divinità statuarie e compiacenti come la Venere di Luca Longhi, amanti risolute e devote come l’Artemisia di Francesco Cairo, e regine orgogliose e disperate come la Cleopatra di Giovanni Andrea De FerrariNella sezione dei ritratti il termometro emozionale varia dalla composta severità neoclassica della Francesca Lechi di Andrea Appiani all'ariosa spensieratezza della fanciulla in Colpo di vento, dipinto da Gaetano Bellei all'inizio del Novecento e immagine-simbolo della mostra, tutto un palpitar di veli attivato da un tratteggio soffuso di filamenti luminosi. A metà del percorso avviene un cambiamento espositivo: frutta, fiori, vasellame, la donna se ne sta fuori dal quadro e si impone alla nostra attenzione come autrice di nature morte. Spiccano le tempere di Giovanna Garzoni, che coniugano grazia eterea e botanica precisione, e un trittico di frutta di Fede Galizia di stile caravaggesco. Oltre alle due "mirabili pittoresse" seicentesche, da notare l’inaspettata presenza di Amanzia Guérrillot Inganni, una delle tante sorprese dell’esposizione, con due tele a pendant di soggetto ornitologico e floreale eseguite nel 1860. 
Chiusa questa parentesi si prosegue con scene di maternità e quotidianità, ora cupe e intristite nella miseria, come nella Madre del Ceruti detto il Pitocchetto, ora allietate da una spensieratezza bambinesca come nell'iperrealismo pittorico de La piccola mamma di Gaetano Chierici. 
Da qui accediamo alla sezione riguardante la sfera del lavoro, quello nelle campagne, nelle manifatture, negli interni domestici con la grande tela di Achille Glisenti La raccolta del granoturco per poi concludere col capitolo più ammiccante e sensuale, il fascino femminile, gli abiti sontuosi e fruscianti, la Belle Époque, insomma il travolgente mondo di Giovanni Boldini, genio della pittura che più di ogni altro ha saputo restituire le atmosfere rarefatte di un’epoca straordinaria. L'uscita dalla mostra è su una soleggiata Piazza del Foro, dominata dal Capitolium, ovvero nel cuore dell'antica Brixia romana. L'incedere lento della passeggiata si sposta nelle sue piazze principali, Piazza della Loggia e la sua torre con l'orologio astronomico del Cinquecento accompagnato dai Macc dè lé ure (i matti delle ore), soprannominati dai bresciani Tone e Batista, che col loro martello scandiscono il tempo battendo contro la campana, o il vecchio Duomo in Piazza Paolo VI di suggestiva sacralità infine per raggiungere Piazza della Vittoria, emblema di architettura e organizzazione urbanistica del ventennio fascista, dove andiamo a concludere la giornata nel caratteristico locale "La prosciutteria", il meglio della salumeria toscana e italiana.

lunedì 17 gennaio 2022

 Domenica 16 gennaio 2022

ottimo quarto "pranzo itinerante" delle marmotte, questa volta in terra emiliana, nelle sale de "Il Fortino di Don Peppe" a Reggio Emilia. Ottima la qualità e professionalità dello staff

GRAZIE A TUTTE LE MARMOTTE PRESENTI!!

venerdì 7 gennaio 2022

"Tra calli e bacari a Venezia" - giovedì 6 gennaio


Il bacaro è una caratteristica osteria dove si può bere un'ombra di vino accompagnati dai cicchetti ovvero gli stuzzichini. Sparsi per i vari sestieri di Venezia sono caratterizzati da un arredamento rustico dove tavoli di legno, botti, soffitti adornati con pentolame, strumenti di navigazione, gondole si riallacciano alla tradizione veneziana. Secondo la leggenda è stato un gondoliere a coniare il termine quando assaggiando un nuovo vino esclamò “xe proprio un vin de bàcaro”, cioè un vino perfetto per far festa. Il "Tour dei bacari" è sinonimo di due cose fondamentali: bere buon vino (i Rossi: malbech, raboso, cabernet franc, refosco, merlot, bardolino e i Bianchi: malvasia, pinot grigio, ribolla gialla, friulano, soave, gewürztraminer) e mangiare gustosi cicchetti (sarde in saor, baccalà mantecato su crostini di polenta, polpettine, fondi di carciofo, mozzarelle in carrozza, pesce fritto, seppioline grigliate, alici marinate, insalata di pesce, folpetti o moscardini). 
Eccoci arrivate a Venezia! La temperatura è bassa ma un timido sole ci accoglie all'uscita della stazione ferroviaria di Santa Lucia. Attraversato il Ponte degli Scalzi, la nostra guida Rosa ci conduce sulle Fondamenta dei Tolentini, seguendo per un bel tratto il placido Rio de la Cazziola e de Cà Rizzi. Raggiungiamo la seicentesca Chiesa di San Pantaleone, e dopo aver varcato la soglia e alzato lo sguardo in direzione del soffitto, si apre improvviso uno scenario imponente dove la struttura reale della chiesa si prolunga nelle architetture dipinte creando un'illusione visiva assolutamente unica: quello che può apparire come un meraviglioso affresco è in realtà un dipinto mastodontico eseguito ad olio su tela (quaranta tele unite fra loro), una sbalorditiva opera di sorprendente abilità considerata la più grande al mondo.
Il dipinto presenta il "Martirio e la Gloria di San Pantaleone" opera del maestro veneziano Giovanni Antonio Fumiani, pittore specializzato nella realizzazione di scenografie teatrali, che la realizzò tra il 1680 e il 1704. Superato il Rio Cà Foscari ci fermiamo al Bakarò di Campo Santa Margherita, per un primo felice approccio con questa caratteristica "filosofia" veneziana. Ripreso il girovagare tra i caratteristici calli ecco il Ponte dei Pugni, ponte legato ad un'antica tradizione da secoli abbandonata. Infatti gli abitanti di due fazioni avverse, i Castellani di San Pietro di Castello e i Nicolotti di San Nicolò dei Mendicoli, si scontravano a "pugni" sulla parte superiore del ponte per definire le loro contese. Da qui si raggiunge la Chiesa di San Barnaba, riconvertita a spazio espositivo delle macchine di Leonardo Da Vinci e, continuando lungo i calli oltre il ponte sul rio Trovaso, al numero 992 di Dorsoduro si propone un altro famoso bacaro veneziano: le Cantine del Vino già Schiavi oggetto di molti riconoscimenti per la loro creatività e qualità. Sulla riva opposta lo storico Squero di San Trovaso che risale al Seicento ed è uno dei più antichi di Venezia. Nello squero (ossia cantiere dalla parola squara che indica l'attrezzo adoperato per costruire le imbarcazioni) si costruivano e riparavano le imbarcazioni di dimensioni contenute come gondole, pupparini, sandoli, s'ciopóni. È uno dei pochissimi squeri ancora in funzione a Venezia, anche se oggi vi vengono riparate soltanto gondole. Raggiungiamo le Zattere con una splendida veduta sulla laguna, di fronte la Giudecca con la cupola del Santissimo Redentore in bella mostra.
E a questo punto si decide all'unanimità di fare un giro in gondola e nemmeno il freddo invernale sembra preoccuparci! Tornate sulla terraferma si raggiunge il Ponte dell'Accademia, il più meridionale dei quattro ponti di Venezia che attraversano il Canal Grande. Per trecento anni il Ponte di Rialto era stato l'unico punto di attraversamento pedonale sul canale principale quindi a metà dell'Ottocento si sentì l'esigenza di due ulteriori attraversamenti, uno in corrispondenza della nuova stazione ferroviaria e l'altro verso sud, all'estremità opposta del canale. Il nuovo ponte non venne apprezzato dai veneziani per lo stile "industriale" che strideva nel contesto dell'architettura cittadina e comunque da subito si palesarono problemi strutturali. Nella lunga attesa di un nuovo sovrappasso ne venne costruito uno provvisorio in legno progettato da Eugenio Miozzi e aperto al pubblico il 15 febbraio 1933, ponte mai più sostituito. Si continua per calli e rii, superiamo la settecentesca Chiesa di San Vidal raggiungendo l'adiacente Campo Santo Stefano e l'Osteria Ethnos con i suoi ottimi cicchetti consumati sotto un tiepido sole. Raggiunta Calle del Spezier ci si sofferma incuriosite dalla monumentale scultura in resina posta davanti al Bel-Air Fine Art San Marco, mostra di arte contemporanea con sedi prestigiose in tutto il mondo.
Si continua lungo Calle Zaguri e mantenendo la stessa direzione raggiungiamo lo splendido barocco della Chiesa di Santa Maria del Giglio. Procedendo oltre Calle delle Ostreghe si raggiungono i Giardini Reali e, finalmente, la celeberrima Piazza San Marco, cuore della città lagunare e luogo simbolo di Venezia. Il tour, dopo una gustosa sosta in osteria, ci riporta alla stazione ferroviaria. 
Chiudiamo con una frase di Charles Dickens che riassume il nostro pensiero: "Non mi è mai successo prima di aver paura di descrivere quanto mi è capitato di vedere. Ma nel dirti che cos'è Venezia, ebbene, sento che mi è impossibile".