sabato 28 ottobre 2017

Due marmotte per l'Appennino tosco-emiliano (21-22 ottobre)

Il Castello di Formigine
Le sommità dolci e arrotondate dell'Appennino, là dove l'Emilia va ad abbracciare il suolo toscano, rappresentano il tratto poetico del nostro viaggio, appassionano la vista e mettono in moto il pensiero. E se le temperature di sabato 21 ottobre sono un azzardo ai nostri progetti la situazione non ci spaventa, ci completa un percorso di spunti e occasioni, magari di quelli nascosti tra piccole contrade, asserragliati in boschi lontani, trattenuti da rocce possenti ma meravigliosamente carichi di storia. Goito (MN) si veste di giallo con la sua Fiera del grana padano e tra sapori e odori della più autentica mantovanità riprendiamo il cammino mentre il sole ritorna a farsi bello. L'assetto territoriale della pianura emiliana è di fatto una netta concatenazione di fiumi, strade e canali che si alternano a borgate storiche, imponenti fortificazioni e luoghi di preghiera in un susseguirsi di paesaggi rurali, elementi cardine dell'agricoltura che caratterizza anche oggi il territorio emiliano con il grande Po a nord e l'Appennino a sud. Dilatiamo il tempo mentre il panorama circostante si svela nella sua bellezza arrivando sul suolo modenese e laddove nel decimo secolo preesisteva una piccola pieve ora trionfa il Castello di Formigine. Fortificato a difesa dei confini con i vicini reggiani, nel '400 con l'arrivo della casata dei Pio, signori di Carpi, la fortezza assunse l'impianto attuale trasformandosi in residenza signorile. Attraversato il ponte entriamo nel grande parco interno dove il bel palazzo marchionale e le antiche torri fanno da scenografico fondale.
E infatti ci ritroviamo nel bel mezzo di un matrimonio. Poca è la strada prima di alzarci al Santuario della Beata Vergine a Fiorano Modenese, straordinario esempio di architettura barocca e meta di pellegrinaggio. Castel Spezzano ci appare poco dopo arrampicandoci su una bella scalinata che taglia il piccolo bosco. Con il suo mastio, le torri e la cinta muraria la bella rocca svolse sino al XV secolo il suo compito difensivo sotto la casata dei Pio poi, dopo alterne vicende storiche, il castello venne ristrutturato nell'Ottocento dai marchesi Coccapani ed è oggi sede del Museo della Ceramica nelle cui ampie sale sono raccolti reperti originali, ricostruzioni di fornaci e manufatti ceramici che dal Neolitico raccontano l'evoluzione di questo malleabile materiale.
La Sala delle Vedute
Una guida ci accompagna lungo le ali del maniero che ha fra le meraviglie la Sala delle Vedute, la più grande del castello, così chiamata per gli importanti affreschi eseguiti da Cesare Baglione tra il 1595 e il 1596 che rappresentavano appunto i paesaggi delle località dei dintorni. Una delle prigioni poste nella torre pentagonale è stata invece adibita ad acetaia comunale per la produzione dell'Aceto Balsamico Tradizionale, uno dei prodotti d'eccellenza di questa regione. Si è fatto tardi quando ci arrampichiamo ai 1200 metri di Lizzano in Belvedere (BO) tra paesaggi ormai inghiottiti dalla sera per raggiungere il Piccolo Hotel della signora Rita per il nostro pernottamento. La domenica del 22 ottobre ha tratti grigi e piovosi in marcia verso la Toscana e mentre sotto una pioggia battente stiamo attraversando Poggiolino delle Piastre, minuscolo paese pistoiese a 800 metri di altezza sull'antica via Ximenes, una curiosa fontana ci "obbliga" a fermarci. Erano gli anni Trenta e la ditta Campari decise di farsi pubblicità scolpendo il suo marchio su pietra sponsorizzando delle fontane. Linea massiccia in travertino, le grandi teste sulla specchiatura in cemento e colonnine romane ai lati, furono scolpite nel numero di dodici esemplari dall'artista fiorentino Giuseppe Gronchi e questa è una delle due rimaste (l'altra si trova a Chiusi della Verna).
Il Ponte del Diavolo
Scendiamo dai versanti appenninici e sulla piana si apre Pistoia, vasta e luminosa, e poi via verso la meravigliosa Garfagnana. All'altezza di Borgo a Mozzano (Lucca) un cartello accende la nostra curiosità: davanti a noi appare in tutta la sua bellezza il Ponte del Diavolo! Una costruzione affascinante e misteriosa al tempo stesso data dalla sua struttura asimmetrica a "schiena d'asino". Questa incredibile opera ingegneristica medievale è formata da 3 arcate di diverse dimensioni di cui la più alta e appuntita non si trova al centro ma in ultima posizione. Il punto più alto è a venti metri dalla superficie dell'acqua e per arrivarci la salita è ripidissima e sembra quasi impossibile che sia riuscita a resistere sino ad oggi alle piene del fiume Serchio. La storia tramanda che sia stata la potente Matilde di Canossa ad ordinarne la costruzione intorno all'anno Mille in modo da consentire il passaggio a viandanti e pellegrini diretti alla via Franchigena. Come molte altre imprese che in quei tempi remoti apparivano impossibili, la leggenda popolare ne attribuisce la costruzione ovviamente al diavolo...Ora stiamo entrando nel cuore della Garfagnana. Non ci si arriva per caso, non è sbagliando strada che si approda a questa terra verdissima, attraversata dal fiume Serchio e racchiusa come in uno scrigno tra l'Appennino a nord est e le Alpi Apuane ad ovest. Così come non è un caso andare a scoprire l'antico borgo di Isola Santa. Si tratta di un piccolo paese a 550 metri s.l.m. di cui si hanno notizie documentate soltanto nel Tredicesimo secolo quando, attraverso il suo Hospitale di San Jacopo, vi passava la via Clodia secunda che univa la Garfagnana alla costa tirrenica.
Isola Santa
Il borgo si affaccia su un laghetto artificiale costituito dalle acque del torrente Turrite Secca fermato da una diga alla fine degli anni Quaranta il cui innalzamento delle acque ha comportato via via l'abbandono dei suoi abitanti. E in effetti quando si arriva la sensazione è surreale, complice un cielo bigio che va a coprire le poche case, la chiesa cinquecentesca di San Jacopo ora sconsacrata e l'attiguo campanile costruito nel 1899, regalando all'insieme una aurea di mistero. Si scende da un viottolo nel più assoluto silenzio, poi improvvise delle voci rompono quest'aria sospesa nel tempo. Ci sono ospiti a pranzo nella Casa del Pescatore, un ristorantino che si affaccia sulle acque smeraldine del lago circondato da un bellissimo bosco di castagni che segue il limitare dello specchio d'acqua, offrendo anche delle belle postazioni per gli amanti della pesca qui ampiamente praticata. Nel frattempo pioggia e sole si alternano tra splendidi paesaggi, selve rosseggianti, brevi tornanti e mentre risaliamo l'appennino in direzione del Passo delle Radici che ci riporterà in Emilia, appare in tutta la sua bellezza la Rocca di Castiglione Garfagnana. Questo paese fortificato e austero sin dal 1371 è rimasto legato a Lucca senza mai sottomettersi ai potenti Estensi.
La Chiesa di san Michele
Sono del XV secolo le mura con i maestosi torrioni che circondano il centro abitato, noi camminiamo fra le raccolte viuzze ammirando la splendida chiesa quattrocentesca di San Michele (purtroppo chiusa) per poi salire sul Baluardo della Torricella dove Alpi e Appennini si rincorrono meravigliosamente. Riprendendo la strada si rimane colpite da un minuscolo paese arroccato sull'opposto versante a cui ci troviamo. E' l'incantevole borgo di Sassorosso che deve il suo nome al luogo in cui sorge. Il paese si eleva su uno sperone roccioso di marmo rosso che trasmette al borgo questa caratteristica tonalità e persino le poche case che lo compongono sono state realizzate con lo stesso materiale. Ancora una decina di chilometri e raggiungiamo il Passo delle Radici a quota 1529 metri che segna il passaggio dalla provincia di Lucca a quella modenese. Il viaggio di ritorno adesso è un contraddittorio di appunti, di pensieri e di sensazioni a cui dare un seguito emozionale...

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