martedì 17 ottobre 2017

Dalla Sacra di San Michele al Castello di Rivoli (29-30 settembre-1° ottobre)

Un breve viaggio in terra piemontese là dove la pianura lascia il passo alla vallata alpina, offre lo spunto per andare a visitare alcune perle di questo splendido angolo di Piemonte. Definito come base un piccolo ma storico bed&breakfast a Giaveno (TO), l'ottocentesco Palazzo Colombino, e costantemente minacciate da un cielo plumbeo, oggi - venerdì 29 settembre - appuntamento con la splendida Sacra di San Michele, arroccata sul monte Pirchiriano a 962 metri e all'imbocco con la val Susa. L'antico sentiero 502 parte dal piazzale antistante la settecentesca chiesa di San Giovanni Vincenzo di Sant'Ambrogio di Torino e, attraverso il bosco, raggiunge in ripida salita l'entrata del meraviglioso complesso architettonico. Notizie del suo insediamento sono presenti già in epoca romana, il castrum, che fu successivamente utilizzato dai Longobardi a difesa dalle invasioni dei vicini Franchi ma l'inizio della costruzione vera e propria è ascrivibile intorno al 983-987 e collegata alla scelta di vita eremitica di San Giovanni Vincenzo, arcivescovo di Ravenna e ad una visione l'Arcangelo Michele, principe degli angeli fedeli a Dio, gli ordinava di erigere un santuario. Dopo l'anno Mille fondamentale fu l'intervento del conte francese Hugon di Montboissier a fronte di un'indulgenza richiesta a Papa Silvestro II, dando così impulso alla costruzione della Sacra di San Michele, un culto quello micaelico fortemente sentito nell'Alto Medioevo, poi successivamente affidata ai monaci benedettini. Da allora l'abbazia ha attraversato mille anni di storia tra splendori e decadenze fino al suo inesorabile abbandono. Solo nel 1836 Carlo Alberto di Savoia, desideroso di far risorgere il prestigio della Chiesa piemontese, offre ad Antonio Rosmini l'amministrazione del monastero riproponendolo come centro della spiritualità.
Sul lato settentrionale, isolata dal resto del complesso, svetta diroccata la Torre della bell'Alda su cui circola una leggenda. Si dice che una fanciulla volendo sfuggire alla cattura di alcuni soldati di ventura si ritrovò sulla sommità della torre. Disperata preferì saltare nel precipizio sottostante piuttosto che farsi prendere. Le vennero in soccorso gli angeli e miracolosamente rimase illesa. Però l'invase la superbia e per dimostrare ai suoi compaesani quanto fosse successo, tentò nuovamente il volo dalla torre ma rimanendo questa volta sfracellata sulle rocce. Le scale, le terrazze, gli androni sono suggestivi e ben si comprende il fascino esercitato anche sullo scrittore Umberto Eco che si inspirò a questo luogo per le ambientazioni del suo famosissimo libro "Il nome della Rosa" e le stesse suggestioni che portarono nel 1985 alla realizzazione in loco dell'omonimo film con Sean Connery, idea poi scartata per gli alti costi produttivi. Ogni angolo della Sacra è una sorpresa architettonica come lo Scalone dei Morti, intagliato nella roccia e che sale ripido fino al portale dell'abbazia. A questa è collegata anche la cosiddetta linea magica di San Michele, ovvero una linea energetica che unisce i tre importanti complessi dedicati all'arcangelo: il Mont-Saint-Michel in Normandia e Monte Sant'Angelo in Puglia. Secondo gli esperti di magia bianca il punto energetico sarebbe situato su una piccola piastrella del pavimento in sasso che è di colore più chiaro, alla sinistra dell'entrata. Uscendo sulla terrazza solo la nebbia ci impedisce di vedere lo splendido panorama delle montagne circostanti. Lasciamo il monastero e direzione Sant'Ambrogio puntiamo al birrificio San Michele, regno della birra artigianale abbinata a sapori forti e sapienti al tempo stesso.
Il giorno successivo - sabato 30 settembre - ci spostiamo verso la Val Chisone,  con la visita guidata al Forte di Fenestrelle ma già che siamo in anticipo aggiungiamo qualche chilometro, direzione Sestriere, fermandoci ad Usseaux. Minuscolo centro piemontese, meno di duecento anime, importanti radici montane, Usseaux è un bellissimo borgo pittoresco di questa vallata. Intorno le Alpi Cozie delimitano splendidamente con le loro cime possenti i cinque villaggi che fanno capo a questo centro e dove si parla ancora il patois antica lingua occitana provenzale simile alla lingua d'Oc usata in passato nella Francia meridionale. L'insieme è un tipico esempio di comunità contadina di alta montagna: case di legno e pietra, strette l'une accanto alle altre, alternate a vecchi mulini, antichi forni, silenziosi lavatoi risalenti al '700 dove il tempo sembra essersi fermato. Camminiamo tra viottoli silenziosi e ogni muro è un incontro con meravigliosi murales: scene di vita quotidiana, paesaggi, animali selvatici, tratteggi pittorici che regalano allegria e solarità anche in una giornata dai toni nebbiosi da cui emerge il bel campanile della chiesa dedicata a San Pietro. Intorno un reticolo infinito di sentieri escursionistici.
Ritorniamo preparandoci alla scoperta del Forte di Fenestrelle, in realtà un insieme ininterrotto di strutture fortificate che si sviluppa per oltre 3 chilometri su un dislivello di ben 635 metri e che a buona ragione viene definito la grande muraglia piemontese. L'impatto è qualcosa di fortemente emozionale. Progettato nel diciottesimo secolo con funzioni difensive, ci vollero ben 122 anni prima di essere completato con la sua rete di forti, ridotte e scale, funzioni difensive si è detto ma a parte una breve scaramuccia durante il secondo conflitto mondiale il forte non fu mai coinvolto in azioni di guerra ma viceversa utilizzato come prigione militare. Oltrepassando la Porta Reale entriamo all'interno del Forte San Carlo, ovvero il complesso più importante e meglio conservato dell'intera fortificazione, dove si aprono il Palazzo del Governatore, il Padiglione degli Ufficiali in cui è anche allestita una interessante mostra di cimeli d'epoca del III reggimento degli alpini, e la sconsacrata Chiesa dalla bella facciata barocca, oggi diventata sede di mostre ed eventi culturali. La storia di questa fortezza ebbe inizio nel 1690 quando Luigi XIV di Francia, il Re Sole, a protezione dei suoi confini dal ducato di Savoia, allora su fronti opposti nella guerra di successione spagnola, ordinò al proprio generale Nicolas de Catinat la costruzione nel fondovalle di un grande forte (il sottostante Fort Mutin). Dopo un assedio di 15 giorni il baluardo difensivo cadde in mani sabaude e Vittorio Amedeo II diede incarico all'ingegner Ignazio Bertola di costruire intorno al forte preesistente un'insieme di fortificazioni.
Il collegamento tra le varie componenti del complesso, oltre che dalla strada salendo da Fenestrelle raggiunge Forte delle Valli, la Strada dei Cannoni, era garantito dalla Scala Coperta, quasi quattromila scalini (esattamente 3996) che risale tutto il fianco sinistro della valle per circa due chilometri di lunghezza ed è una vera "spaccagambe" perchè i gradini scavati nella roccia erano stati progettati per il passaggio dei muli ed hanno alzate che tolgono davvero il fiato! La nostra visita è affidata a Claudio, uno dei tanti volontari, ed è grazie a loro se è stato possibile il recupero di questo importante manufatto storico. Preparatissimo e mai prolisso, tra mille scalini e arrampicate sui sentieri, ha duettato con la Storia accompagnandoci sino alla Garitta del Diavolo, dal nome inquietante dovuta alle tante leggende che circondano questo luogo, una torretta tozza e bassa che dalla sua posizione sull'impervio roccione a monte del Forte Tre Denti  fungeva da efficace osservatorio sul paesaggio sottostante, ahimè oggi totalmente occultato dalla nebbia. Intanto cala la sera e per rendere onore alle buone tradizioni piemontesi affiniamo il nostro palato con i piatti tipici dell'antica osteria "I tre scalin" a Castel Del Bosco.
Domenica 1 ottobresulla via del ritorno ci fermiamo al Castello di Rivoli sulle cui fondamenta, risalenti al IX secolo, il duca Emanuele Filiberto I di Savoia dopo il trattato di Cateau-Cambrésis del 1559 che sanciva la fine della guerra tra la Francia e la Spagna, ha iniziato la costruzione del castello per obblighi dinastici. Il progetto terminò intorno al 1644 anche con la realizzazione della cosiddetta Manica Lunga, un edificio più basso e distaccato dal castello, connesso da un passaggio pedonale molto stretto e lungo ben 120 metri e abilitato a luogo di rappresentanza, con le scuderie e gli alloggi per la servitù. Dopo varie vicissitudini storiche il castello venne lasciato in uno stato di completo abbandono e solo nel 1984, dopo un importante recupero, viene trasformato nel Museo d'Arte Contemporanea con la prima mostra Ouverture dando così nuovo impulso a questa residenza storica. Purtroppo non sono più presenti gli arredi del tempo, oggetto di saccheggio e distruzione, e nelle grandi sale stazionano le opere contemporanee in felice connubio con bellissimi affreschi. L'arte contemporanea non è di così facile comprensione, lo sappiamo benissimo, e anche la nostra marmotta Michela non è stata di meno: l'opera di Giovanni Anselmo, Respiro, è parsa più che altro una trave poggiata per terra...su cui inciampare con grave disappunto delle addette alla sorveglianza presenti! Un "incidente" di questa portata strappa più di una risata mentre salutiamo il Piemonte...

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