lunedì 30 ottobre 2017

Le trincee del Monte Nagià-Grom (29 ottobre)

La visita al campo trincerato del Monte Nagia'-Grom ci porta in Val di Gresta, per antonomasia l'orto biologico del Trentino, l'occasione per apprezzare la dolcezza di questa vallata su cui si ergono solitari i ruderi del castello di Gresta. Nel settembre 1914 lo stato maggiore austro-ungarico incarico' il generale Franz Rohr di costruire una linea di difesa, la Tiroler Widerstandslinie, lungo l'intero confine del Tirolo meridionale contro eventuali conflitti con il Regno d'Italia. Per accorciare la linea del fronte e risparmiare truppe e armamenti in quel settore, l'esercito austro-ungarico abbandonò la linea tra lo Zugna e il Baldo e si ritirò sino alla fascia di territorio compresa tra la Val di Gresta e Rovereto. Sul Nagià-Grom venne scavata una trincea perimetrale che garantiva la difesa a 360 gradi. Furono realizzate postazioni d'artiglieria in caverna e in barbetta, cioè all'aperto, osservatori e una piazzola per un riflettore. L'area fu dotata di caverne per il ricovero dei soldati, baracche, magazzini, una cisterna per l'acqua e una cucina da campo. Le diverse postazioni erano collegate da camminamenti che garantivano lo spostamento dei soldati al riparo dal tiro nemico. La linea difensiva rimase operativa sino al 1916 quando venne spostata la linea del fronte.
Come per altre fortificazioni militari, anche queste trincee vennero abbandonate all'incuria del tempo e solo l'attento lavoro di recupero e pulizia da parte del gruppo alpini di Mori ha permesso il ripristino di questo sito storico. Il giro delle trincee ha come base di partenza Manzano ma noi preferiamo partire da un po' più in alto, da Pannone così da apprezzare il cammino tra boschi rosseggianti e letti di foglie restituite alla terra. Dalle fitte fronde boschive si esce alla fine sul sottostante Marzano, tra orti curatissimi e brevi terrazzamenti, e tramite una comoda forestale raggiungiamo la chiesetta dove troviamo le indicazioni per le trincee. Il breve sentiero ci conduce a località Busa delle anime dove si incontrano i primi manufatti militari. Tra avamposti di vedetta e brevi camminamenti il luogo sembra sussurrare le voci rabbiose delle artiglierie con cui si tenevano sotto controllo le linee italiane sulle pendici del Monte Baldo, le stesse piazzole che oggi ci permettono di vedere le cime del Baldo, i  Lessini, il Pasubio, le Piccole Dolomiti che corrono sino al lago di Garda. Saliamo dolcemente verso la cima del Nagià-Grom. Oltre alla presenza di diversi crateri da bombardamento, una croce di ferro domina il paese di Marzano a ricordo dei caduti dei due eserciti. Completato il percorso dell'intero caposaldo si ritorna verso la base di partenza attraverso la vecchia strada che collegava Manzano a Valle San Felice. Un paio di birre, un the caldo e un giro storicamente interessante. (fonte www.trentinograndeguerra.it)



PARTENZA: Pannone (mt 771)
SEGNAVIA: trincee
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 200
LUNGHEZZA: km 5



sabato 28 ottobre 2017

Due marmotte per l'Appennino tosco-emiliano (21-22 ottobre)

Il Castello di Formigine
Le sommità dolci e arrotondate dell'Appennino, là dove l'Emilia va ad abbracciare il suolo toscano, rappresentano il tratto poetico del nostro viaggio, appassionano la vista e mettono in moto il pensiero. E se le temperature di sabato 21 ottobre sono un azzardo ai nostri progetti la situazione non ci spaventa, ci completa un percorso di spunti e occasioni, magari di quelli nascosti tra piccole contrade, asserragliati in boschi lontani, trattenuti da rocce possenti ma meravigliosamente carichi di storia. Goito (MN) si veste di giallo con la sua Fiera del grana padano e tra sapori e odori della più autentica mantovanità riprendiamo il cammino mentre il sole ritorna a farsi bello. L'assetto territoriale della pianura emiliana è di fatto una netta concatenazione di fiumi, strade e canali che si alternano a borgate storiche, imponenti fortificazioni e luoghi di preghiera in un susseguirsi di paesaggi rurali, elementi cardine dell'agricoltura che caratterizza anche oggi il territorio emiliano con il grande Po a nord e l'Appennino a sud. Dilatiamo il tempo mentre il panorama circostante si svela nella sua bellezza arrivando sul suolo modenese e laddove nel decimo secolo preesisteva una piccola pieve ora trionfa il Castello di Formigine. Fortificato a difesa dei confini con i vicini reggiani, nel '400 con l'arrivo della casata dei Pio, signori di Carpi, la fortezza assunse l'impianto attuale trasformandosi in residenza signorile. Attraversato il ponte entriamo nel grande parco interno dove il bel palazzo marchionale e le antiche torri fanno da scenografico fondale.
E infatti ci ritroviamo nel bel mezzo di un matrimonio. Poca è la strada prima di alzarci al Santuario della Beata Vergine a Fiorano Modenese, straordinario esempio di architettura barocca e meta di pellegrinaggio. Castel Spezzano ci appare poco dopo arrampicandoci su una bella scalinata che taglia il piccolo bosco. Con il suo mastio, le torri e la cinta muraria la bella rocca svolse sino al XV secolo il suo compito difensivo sotto la casata dei Pio poi, dopo alterne vicende storiche, il castello venne ristrutturato nell'Ottocento dai marchesi Coccapani ed è oggi sede del Museo della Ceramica nelle cui ampie sale sono raccolti reperti originali, ricostruzioni di fornaci e manufatti ceramici che dal Neolitico raccontano l'evoluzione di questo malleabile materiale.
La Sala delle Vedute
Una guida ci accompagna lungo le ali del maniero che ha fra le meraviglie la Sala delle Vedute, la più grande del castello, così chiamata per gli importanti affreschi eseguiti da Cesare Baglione tra il 1595 e il 1596 che rappresentavano appunto i paesaggi delle località dei dintorni. Una delle prigioni poste nella torre pentagonale è stata invece adibita ad acetaia comunale per la produzione dell'Aceto Balsamico Tradizionale, uno dei prodotti d'eccellenza di questa regione. Si è fatto tardi quando ci arrampichiamo ai 1200 metri di Lizzano in Belvedere (BO) tra paesaggi ormai inghiottiti dalla sera per raggiungere il Piccolo Hotel della signora Rita per il nostro pernottamento. La domenica del 22 ottobre ha tratti grigi e piovosi in marcia verso la Toscana e mentre sotto una pioggia battente stiamo attraversando Poggiolino delle Piastre, minuscolo paese pistoiese a 800 metri di altezza sull'antica via Ximenes, una curiosa fontana ci "obbliga" a fermarci. Erano gli anni Trenta e la ditta Campari decise di farsi pubblicità scolpendo il suo marchio su pietra sponsorizzando delle fontane. Linea massiccia in travertino, le grandi teste sulla specchiatura in cemento e colonnine romane ai lati, furono scolpite nel numero di dodici esemplari dall'artista fiorentino Giuseppe Gronchi e questa è una delle due rimaste (l'altra si trova a Chiusi della Verna).
Il Ponte del Diavolo
Scendiamo dai versanti appenninici e sulla piana si apre Pistoia, vasta e luminosa, e poi via verso la meravigliosa Garfagnana. All'altezza di Borgo a Mozzano (Lucca) un cartello accende la nostra curiosità: davanti a noi appare in tutta la sua bellezza il Ponte del Diavolo! Una costruzione affascinante e misteriosa al tempo stesso data dalla sua struttura asimmetrica a "schiena d'asino". Questa incredibile opera ingegneristica medievale è formata da 3 arcate di diverse dimensioni di cui la più alta e appuntita non si trova al centro ma in ultima posizione. Il punto più alto è a venti metri dalla superficie dell'acqua e per arrivarci la salita è ripidissima e sembra quasi impossibile che sia riuscita a resistere sino ad oggi alle piene del fiume Serchio. La storia tramanda che sia stata la potente Matilde di Canossa ad ordinarne la costruzione intorno all'anno Mille in modo da consentire il passaggio a viandanti e pellegrini diretti alla via Franchigena. Come molte altre imprese che in quei tempi remoti apparivano impossibili, la leggenda popolare ne attribuisce la costruzione ovviamente al diavolo...Ora stiamo entrando nel cuore della Garfagnana. Non ci si arriva per caso, non è sbagliando strada che si approda a questa terra verdissima, attraversata dal fiume Serchio e racchiusa come in uno scrigno tra l'Appennino a nord est e le Alpi Apuane ad ovest. Così come non è un caso andare a scoprire l'antico borgo di Isola Santa. Si tratta di un piccolo paese a 550 metri s.l.m. di cui si hanno notizie documentate soltanto nel Tredicesimo secolo quando, attraverso il suo Hospitale di San Jacopo, vi passava la via Clodia secunda che univa la Garfagnana alla costa tirrenica.
Isola Santa
Il borgo si affaccia su un laghetto artificiale costituito dalle acque del torrente Turrite Secca fermato da una diga alla fine degli anni Quaranta il cui innalzamento delle acque ha comportato via via l'abbandono dei suoi abitanti. E in effetti quando si arriva la sensazione è surreale, complice un cielo bigio che va a coprire le poche case, la chiesa cinquecentesca di San Jacopo ora sconsacrata e l'attiguo campanile costruito nel 1899, regalando all'insieme una aurea di mistero. Si scende da un viottolo nel più assoluto silenzio, poi improvvise delle voci rompono quest'aria sospesa nel tempo. Ci sono ospiti a pranzo nella Casa del Pescatore, un ristorantino che si affaccia sulle acque smeraldine del lago circondato da un bellissimo bosco di castagni che segue il limitare dello specchio d'acqua, offrendo anche delle belle postazioni per gli amanti della pesca qui ampiamente praticata. Nel frattempo pioggia e sole si alternano tra splendidi paesaggi, selve rosseggianti, brevi tornanti e mentre risaliamo l'appennino in direzione del Passo delle Radici che ci riporterà in Emilia, appare in tutta la sua bellezza la Rocca di Castiglione Garfagnana. Questo paese fortificato e austero sin dal 1371 è rimasto legato a Lucca senza mai sottomettersi ai potenti Estensi.
La Chiesa di san Michele
Sono del XV secolo le mura con i maestosi torrioni che circondano il centro abitato, noi camminiamo fra le raccolte viuzze ammirando la splendida chiesa quattrocentesca di San Michele (purtroppo chiusa) per poi salire sul Baluardo della Torricella dove Alpi e Appennini si rincorrono meravigliosamente. Riprendendo la strada si rimane colpite da un minuscolo paese arroccato sull'opposto versante a cui ci troviamo. E' l'incantevole borgo di Sassorosso che deve il suo nome al luogo in cui sorge. Il paese si eleva su uno sperone roccioso di marmo rosso che trasmette al borgo questa caratteristica tonalità e persino le poche case che lo compongono sono state realizzate con lo stesso materiale. Ancora una decina di chilometri e raggiungiamo il Passo delle Radici a quota 1529 metri che segna il passaggio dalla provincia di Lucca a quella modenese. Il viaggio di ritorno adesso è un contraddittorio di appunti, di pensieri e di sensazioni a cui dare un seguito emozionale...

martedì 17 ottobre 2017

Dalla Sacra di San Michele al Castello di Rivoli (29-30 settembre-1° ottobre)

Un breve viaggio in terra piemontese là dove la pianura lascia il passo alla vallata alpina, offre lo spunto per andare a visitare alcune perle di questo splendido angolo di Piemonte. Definito come base un piccolo ma storico bed&breakfast a Giaveno (TO), l'ottocentesco Palazzo Colombino, e costantemente minacciate da un cielo plumbeo, oggi - venerdì 29 settembre - appuntamento con la splendida Sacra di San Michele, arroccata sul monte Pirchiriano a 962 metri e all'imbocco con la val Susa. L'antico sentiero 502 parte dal piazzale antistante la settecentesca chiesa di San Giovanni Vincenzo di Sant'Ambrogio di Torino e, attraverso il bosco, raggiunge in ripida salita l'entrata del meraviglioso complesso architettonico. Notizie del suo insediamento sono presenti già in epoca romana, il castrum, che fu successivamente utilizzato dai Longobardi a difesa dalle invasioni dei vicini Franchi ma l'inizio della costruzione vera e propria è ascrivibile intorno al 983-987 e collegata alla scelta di vita eremitica di San Giovanni Vincenzo, arcivescovo di Ravenna e ad una visione l'Arcangelo Michele, principe degli angeli fedeli a Dio, gli ordinava di erigere un santuario. Dopo l'anno Mille fondamentale fu l'intervento del conte francese Hugon di Montboissier a fronte di un'indulgenza richiesta a Papa Silvestro II, dando così impulso alla costruzione della Sacra di San Michele, un culto quello micaelico fortemente sentito nell'Alto Medioevo, poi successivamente affidata ai monaci benedettini. Da allora l'abbazia ha attraversato mille anni di storia tra splendori e decadenze fino al suo inesorabile abbandono. Solo nel 1836 Carlo Alberto di Savoia, desideroso di far risorgere il prestigio della Chiesa piemontese, offre ad Antonio Rosmini l'amministrazione del monastero riproponendolo come centro della spiritualità.
Sul lato settentrionale, isolata dal resto del complesso, svetta diroccata la Torre della bell'Alda su cui circola una leggenda. Si dice che una fanciulla volendo sfuggire alla cattura di alcuni soldati di ventura si ritrovò sulla sommità della torre. Disperata preferì saltare nel precipizio sottostante piuttosto che farsi prendere. Le vennero in soccorso gli angeli e miracolosamente rimase illesa. Però l'invase la superbia e per dimostrare ai suoi compaesani quanto fosse successo, tentò nuovamente il volo dalla torre ma rimanendo questa volta sfracellata sulle rocce. Le scale, le terrazze, gli androni sono suggestivi e ben si comprende il fascino esercitato anche sullo scrittore Umberto Eco che si inspirò a questo luogo per le ambientazioni del suo famosissimo libro "Il nome della Rosa" e le stesse suggestioni che portarono nel 1985 alla realizzazione in loco dell'omonimo film con Sean Connery, idea poi scartata per gli alti costi produttivi. Ogni angolo della Sacra è una sorpresa architettonica come lo Scalone dei Morti, intagliato nella roccia e che sale ripido fino al portale dell'abbazia. A questa è collegata anche la cosiddetta linea magica di San Michele, ovvero una linea energetica che unisce i tre importanti complessi dedicati all'arcangelo: il Mont-Saint-Michel in Normandia e Monte Sant'Angelo in Puglia. Secondo gli esperti di magia bianca il punto energetico sarebbe situato su una piccola piastrella del pavimento in sasso che è di colore più chiaro, alla sinistra dell'entrata. Uscendo sulla terrazza solo la nebbia ci impedisce di vedere lo splendido panorama delle montagne circostanti. Lasciamo il monastero e direzione Sant'Ambrogio puntiamo al birrificio San Michele, regno della birra artigianale abbinata a sapori forti e sapienti al tempo stesso.
Il giorno successivo - sabato 30 settembre - ci spostiamo verso la Val Chisone,  con la visita guidata al Forte di Fenestrelle ma già che siamo in anticipo aggiungiamo qualche chilometro, direzione Sestriere, fermandoci ad Usseaux. Minuscolo centro piemontese, meno di duecento anime, importanti radici montane, Usseaux è un bellissimo borgo pittoresco di questa vallata. Intorno le Alpi Cozie delimitano splendidamente con le loro cime possenti i cinque villaggi che fanno capo a questo centro e dove si parla ancora il patois antica lingua occitana provenzale simile alla lingua d'Oc usata in passato nella Francia meridionale. L'insieme è un tipico esempio di comunità contadina di alta montagna: case di legno e pietra, strette l'une accanto alle altre, alternate a vecchi mulini, antichi forni, silenziosi lavatoi risalenti al '700 dove il tempo sembra essersi fermato. Camminiamo tra viottoli silenziosi e ogni muro è un incontro con meravigliosi murales: scene di vita quotidiana, paesaggi, animali selvatici, tratteggi pittorici che regalano allegria e solarità anche in una giornata dai toni nebbiosi da cui emerge il bel campanile della chiesa dedicata a San Pietro. Intorno un reticolo infinito di sentieri escursionistici.
Ritorniamo preparandoci alla scoperta del Forte di Fenestrelle, in realtà un insieme ininterrotto di strutture fortificate che si sviluppa per oltre 3 chilometri su un dislivello di ben 635 metri e che a buona ragione viene definito la grande muraglia piemontese. L'impatto è qualcosa di fortemente emozionale. Progettato nel diciottesimo secolo con funzioni difensive, ci vollero ben 122 anni prima di essere completato con la sua rete di forti, ridotte e scale, funzioni difensive si è detto ma a parte una breve scaramuccia durante il secondo conflitto mondiale il forte non fu mai coinvolto in azioni di guerra ma viceversa utilizzato come prigione militare. Oltrepassando la Porta Reale entriamo all'interno del Forte San Carlo, ovvero il complesso più importante e meglio conservato dell'intera fortificazione, dove si aprono il Palazzo del Governatore, il Padiglione degli Ufficiali in cui è anche allestita una interessante mostra di cimeli d'epoca del III reggimento degli alpini, e la sconsacrata Chiesa dalla bella facciata barocca, oggi diventata sede di mostre ed eventi culturali. La storia di questa fortezza ebbe inizio nel 1690 quando Luigi XIV di Francia, il Re Sole, a protezione dei suoi confini dal ducato di Savoia, allora su fronti opposti nella guerra di successione spagnola, ordinò al proprio generale Nicolas de Catinat la costruzione nel fondovalle di un grande forte (il sottostante Fort Mutin). Dopo un assedio di 15 giorni il baluardo difensivo cadde in mani sabaude e Vittorio Amedeo II diede incarico all'ingegner Ignazio Bertola di costruire intorno al forte preesistente un'insieme di fortificazioni.
Il collegamento tra le varie componenti del complesso, oltre che dalla strada salendo da Fenestrelle raggiunge Forte delle Valli, la Strada dei Cannoni, era garantito dalla Scala Coperta, quasi quattromila scalini (esattamente 3996) che risale tutto il fianco sinistro della valle per circa due chilometri di lunghezza ed è una vera "spaccagambe" perchè i gradini scavati nella roccia erano stati progettati per il passaggio dei muli ed hanno alzate che tolgono davvero il fiato! La nostra visita è affidata a Claudio, uno dei tanti volontari, ed è grazie a loro se è stato possibile il recupero di questo importante manufatto storico. Preparatissimo e mai prolisso, tra mille scalini e arrampicate sui sentieri, ha duettato con la Storia accompagnandoci sino alla Garitta del Diavolo, dal nome inquietante dovuta alle tante leggende che circondano questo luogo, una torretta tozza e bassa che dalla sua posizione sull'impervio roccione a monte del Forte Tre Denti  fungeva da efficace osservatorio sul paesaggio sottostante, ahimè oggi totalmente occultato dalla nebbia. Intanto cala la sera e per rendere onore alle buone tradizioni piemontesi affiniamo il nostro palato con i piatti tipici dell'antica osteria "I tre scalin" a Castel Del Bosco.
Domenica 1 ottobresulla via del ritorno ci fermiamo al Castello di Rivoli sulle cui fondamenta, risalenti al IX secolo, il duca Emanuele Filiberto I di Savoia dopo il trattato di Cateau-Cambrésis del 1559 che sanciva la fine della guerra tra la Francia e la Spagna, ha iniziato la costruzione del castello per obblighi dinastici. Il progetto terminò intorno al 1644 anche con la realizzazione della cosiddetta Manica Lunga, un edificio più basso e distaccato dal castello, connesso da un passaggio pedonale molto stretto e lungo ben 120 metri e abilitato a luogo di rappresentanza, con le scuderie e gli alloggi per la servitù. Dopo varie vicissitudini storiche il castello venne lasciato in uno stato di completo abbandono e solo nel 1984, dopo un importante recupero, viene trasformato nel Museo d'Arte Contemporanea con la prima mostra Ouverture dando così nuovo impulso a questa residenza storica. Purtroppo non sono più presenti gli arredi del tempo, oggetto di saccheggio e distruzione, e nelle grandi sale stazionano le opere contemporanee in felice connubio con bellissimi affreschi. L'arte contemporanea non è di così facile comprensione, lo sappiamo benissimo, e anche la nostra marmotta Michela non è stata di meno: l'opera di Giovanni Anselmo, Respiro, è parsa più che altro una trave poggiata per terra...su cui inciampare con grave disappunto delle addette alla sorveglianza presenti! Un "incidente" di questa portata strappa più di una risata mentre salutiamo il Piemonte...