lunedì 31 agosto 2015

Due marmotte in giro per monti: Passo Maniva-Bivacco Grazzini-Laghi di Ravenola (giovedì 27 agosto)

Il nostro percorso parte dal Passo del Maniva in alta Valle Trompia,provincia di Brescia.
Si raggiunge in auto il Rifugio Bonardi (mt 1760) costruito sui resti di una vecchia caserma risalente alla guerra 15-18,per poi oltrepassarlo percorrendo una bella strada asfaltata chiamata Strada Provinciale 345 delle 3Valli,che all'altezza del Passo Crocedomini unisce le tre valli bresciane: Valtrompia-Val Camonica-Valsabbia.
La storia di questa strada inizia con il primo decennio del 900. In previsione della guerra tra Austria e Italia si sviluppò ai confini dei due stati una serie di strade militari.
Collio ultimo paese verso il Passo del Maniva,in quel periodo era un paese di confine e fu raggiunto dall'insieme di queste strade militari:la Maniva-Crocedomini fu costruita nel 1911 dal Genio e dalle truppe alpine dell'esercito italiano.
A 2196 metri domina il Dosso dei Galli che dal 1969 al 1995 è stato sede di una base NATO e tutt'ora se ne può vedere ancora l'intera struttura,ora il terreno dove sorge la base è stato acquistato da una società e pare che si voglia realizzare un parco eolico che sfrutti le correnti ventose caratteristiche della zona per trasformarle in energia elettrica.
Infatti il consiglio per chi vuole recarsi in Maniva d'inverno è quello di coprirsi veramente bene perché i venti sono forti e freddi e mettono a dura prova sciatori ed escursionisti.
Proseguiamo ora verso il Bivacco Giovanni Grazzini costruito  in memoria di un giovane appassionato di montagna dal quale prende il nome, deceduto nel 1998 in un incidente stradale e dopo circa un'ora e trenta raggiungiamo i Laghi di Ravenola a 1940 metri meta della nostra escursione sulle cui sponde sono stati trovati manufatti preistorici.
Ora passo la parola a Laura che insieme a me ha condiviso questa bella giornata.

(Annalisa Rizzini)


L’aria frizzantina del primo mattino e un nutrito gregge di pecore e capre, con tanto di pargoletti al seguito, sono il lieto benvenuto che preparano l’animo alle innumerevoli sorprese ed emozioni che ci si appresta a vivere. 
Gli occhi si posano su ogni dove. Inizia l’avventura...
I ruderi di un ex rifugio degli Alpini, che primeggia solitario sul brullo manto erboso a pochi metri di distanza dal sentiero che imbocchiamo, cattura prepotentemente lo sguardo, facendo sì che il pensiero compia il suo rituale di viaggio a ritroso nel tempo, quando la struttura era ricettiva e funzionale. Un paio di fotografie e si procede, ammirando, con pupille dilatate, sempre affamate di bellezze paesaggistiche, ciò che ci circonda: i prati, i crinali dei monti, le cime rocciose avvolte da una nebbiolina lattescente che, salendo dalla vallata, rende ancora più suggestivo il panorama, quando di colpo, si scorge la prima marmotta (quella vera!) della giornata, comodamente stesa al sole, in mezzo ai verdi sassi di una pietraia. La gioia per questo graditissimo incontro ci invade, e la speranza di imbatterci nel corso della giornata in altre simpatiche e buffe marmotte, magari vicinissime a solo qualche metro di distanza, si fa largo in noi.
La passeggiata riprende ed in breve si giunge ad un bivio dal quale parte un percorso che conduce al bivacco Grazzini: nostra prima meta.
Lo scenario si appresta a cambiare in fretta. La vallata ci offre una vista splendida per colori e dettagli e sullo sfondo si intravedono le cime innevate delle Alpi Orobie. Il cielo adesso è limpido e terso e con l’occhio delle macchine fotografiche, seguendo gli immancabili suggerimenti del cuore, ci sbizzarriamo con inquadrature varie al fine di poter catturare e immortalare l’indescrivibile bellezza di quell’angolo di terra.
Quando si giunge al bivacco, accompagnate dal fischio delle marmotte che ci osservano da lontano e dal cinguettio degli uccellini, è già ora di pranzo.
Quanta pace suggerisce quel posto! Il silenzio, vero e unico padrone, domina incontrastato, per lasciare libertà di parola esclusivamente alla voce del vento, il cui alito rende l’atmosfera ancora più densa di emozione. E che meraviglia quando, aprendo il chiavistello della porta, curiosiamo all’interno del bivacco. Nuovamente l’immaginazione è libera di spaziare al pensiero di chi si sia aggirato tra quelle piccole e accoglienti pareti, nel breve e fugace passaggio in quel luogo, così stranamente carico di presenza umana, nonostante si fosse solo in due più una cagnolina.
Il tempo di ristorarci un momento e si riprende la marcia. Destinazione “Laghetti di Ravenola”, vero obiettivo della giornata.
Il sentiero è tutto un susseguirsi di tratti in salita e in discesa, e si dipana ora in mezzo alla boscaglia, ora in mezzo a distese di rododendri ormai sfioriti, ma anche abeti, larici, piccoli corsi d’acqua, prati e sterpaglia. Tra una chiacchiera e l’altra, c’è anche modo di porgere un “distinto saluto” ad un serpentello (viperide) che, impaurito dai nostri passi, strisciando a pochi centimetri dai nostri piedi, corre più veloce di noi cercando riparo.
Due ore di camminata baciate dai raggi del sole e poi improvvisamente ecco una bella distesa di acqua scura dai riflessi argentei: il primo dei due laghetti, meta di appassionati di pesca, protetto da un lato dalla fiancata di una montagna, è nostro! Enormi trote e salmerini sono ospiti delle sue acque, mentre una piccola e graziosa baita vi si riflette. Una breve sosta e si decide di cambiare prospettiva. Il secondo laghetto, più piccolo, situato in basso in una conca e maggiormente esposto al sole, ci regala invece un bel colore azzurro, le cui sfumature cambiano repentinamente al passaggio rapido delle nuvole davanti al sole.
E così, proseguendo, ma mai dome di osservare e guardarci intorno, nonostante i primi segni di stanchezza, si guadagna la strada del ritorno, e dopo l’ultimo piccolo tratto in salita, c’è ancora tempo per fermarsi un momento ed ammirare dall’alto, stavolta, i due laghetti di Ravenola che, in perfetta armonia con le morbide linee delle colline dove si trovano dolcemente incastonati e nella luce soffusa del cielo plumbeo di un pomeriggio di fine Agosto, ci regalano l’ultimo e delicato scorcio di un paesaggio bellissimo, in grado di riempire completamente gli occhi e di allargare il cuore, come d’altronde mamma Montagna sa sempre fare…. 

(Laura Messina)

domenica 23 agosto 2015

Cena d'Estate (sabato 22 agosto)

Colori, profumi e sapori di tramonti d'estate
lasciano spazio a risate e a fugaci parole. Siamo nel verde dei colli veronesi, dalle parti di Lavagno, immersi tra vitigni già carichi di frutti che vanno a perdersi sulla dorsale che dalla valle di Mezzane va a confondersi con quella dell'Illasi. Le tracce umane tagliano silenti questa zona del Valpolicella quasi distanti anni luci dal caos metropolitano, e colpisce questo stato di assoluto benessere restituendoci il senso delle cose antiche. Il Pepe Verde, location della nostra cena, è parte stessa di questo paesaggio: delizioso, discreto e poi si mangia veramente bene! Festa Festa Festa diventa quindi la parola d'ordine di questa serata. Il cortiletto è tutto per noi, semplice quasi minimale la preparazione della tavola capace di esaltare la percezione dei dettagli. Paola la proprietaria nonchè chef del locale non lesina attenzione e disponibilità, il giardino adiacente ospita il gazebo dell'aperitivo mentre arrivano le prime ospiti direttamente da una breve escursione in zona. Mentre la sfera solare declina dolcemente alla spicciolata si presentano. Tre...cinque...dieci...piano piano la corte si anima in un girandola di saluti e abbracci.
L'ottimo prosecco offre lampi di raffinatezza adatti a palati esigenti ma sa anche alzare i toni divertiti delle invitate. E infatti voci e risate si fondono, iperbole sonore ammutoliscono solo di fronte all'armonia del menu "verde". Quando si giunge al dolce, una buonissima torta cioccolato e menta, la musica prende vita e, sorpresa nelle sorprese, appaiono le Schiappers, sì proprio loro, con un'edizione riveduta e scorretta della storia di Heidi,  per poi concludere con uno scatenato "Anton aus Tirol" tra l'ilarità generale! Giunge la prima notte, si recuperano ritmi sopiti mentre la festa volge al termine...

martedì 18 agosto 2015

I tre giorni di Ferragosto a Monte Bondone (Trento)

E' il 15 agosto, ti aspetti il sole. E invece no. L'alba chiara appare di buon auspicio nel sabato ferragostano mentre si scivola lungo l'autostrada destinazione Trento. Ma già sui tornanti di Candriai che portano al Bondone, la fisionomia del paesaggio muta velocemente, le nuvole si abbassano avvolgendo i pianori sottostanti e in quota una leggera nebbiolina copre silenziosa le cime con le temperature in vertiginosa caduta. Nell'albergo Vason viceversa il movimento è simpaticamente caldo, chiassoso e allegro, la giornata si sfrangia in mille iniziative nell'attesa della festa. Frementi i preparativi in sala e grande movimento in cucina. E la serata arriva. Un fresco aperitivo riempe la grande stanza in attesa della più gustosa anima trentina, le voci si confondono, echi di risate, divertite verbali e prima che si arrivi in zona dolce ecco apparire le scoppiettanti Schiappers, "direttamente dall'America" recita seriosa la nostra Paola! La loro esibizione coloratissima, esuberante, quasi irriverente viene accolta dagli applausi e dalle risate dei presenti...ovvio che si faccia tardi. La domenica del 16 agosto si annuncia da subito uggiosa e grigia, inevitabile accantonare l'escursione sulle Tre Cime del Bondone. La pioggia è fitta, fastidiosa, senza sosta quindi si opta per la visita ad uno dei più incantevoli castelli del Trentino Alto Adige.
Maestoso ed insieme austero Castel Thun domina dall'alto la Val di Non, esempio perfetto di dimora signorile assunta a fortezza, dal Medioevo al Novecento testimone del potente casato. Complice il maltempo, ma qui fortunatamente ci salviamo dalla pioggia, il castello è stracolmo di turisti. Gli interni del castello odorano di Storia, preziosi mobili intarsiati si avvicendano a dipinti di grande valore pittorico lungo una sensibilità itinerante in cui non servono le parole ma solo sguardi rapiti dalla "bellezza". Una delle nostre marmotte si blocca estasiata davanti ad una immensa stufa a legna d'epoca anzi la divora letteralmente con gli occhi, lei che è grande appassionata di cucina. Segui le tracce esterne del maniero, scendi nel grande giardino e assisti allo spettacolo avvolgente del fronte roccioso dell'Adamello-Brenta, la vallata ai suoi piedi e gli infiniti meleti...Ecco la mela, frutto simbolo del territorio!
Anche il lunedì 17 agosto si apre con meteo incertissimo e speranze di sole praticamente nulle. I nostri timori diventano subito realtà quando lo staff de I Suoni delle Dolomiti ci comunica - doppio sigh! - l'annullamento del concerto di Petra Magoni a Monte Gazza. Altro stravolgimento di programma. Si organizza alla veloce una passeggiata e allora via sulle rive del lago di Molveno, ovviamente con la solita pioggerellina. Acque meravigliose giocate su tonalità smeraldine, lembi di arena chiarissima e le dolomitiche vette che si riflettono silenziose. Un breve tragitto e casualmente scopriamo il lago di Nembia, o meglio un piccolo specchio d'acqua che percorriamo interamente. Ma adesso è ora di tornare...

lunedì 3 agosto 2015

Il lago di Pian Palù (domenica 2 agosto)

La Val di Pejo nasce dall'erosione fluviale del fiume Noce, lo stesso corso d'acqua che forma il lago di Santa Giustina in Val di Non e che, raggiunta la valle dell'Adige, si butta nelle acque del fiume omonimo. E' parte della Val di Sole, all'interno del Parco Nazionale dello Stelvio. Il colpo d'occhio panoramico e' davvero emozionale mentre ci avviciniamo a Peio Fonti, punto di partenza per il lago di Pian Palù, in realtà un bacino artificiale creato negli anni Cinquanta e meravigliosamente incastonato tra le montagne del gruppo dell'Ortles-Cevedale. Il meteo, uggiosissimo il giorno precedente, spolvera un bellissimo sole e siamo pronte per questo morbido tracciato.
La nostra escursione inizia dalla località Fontanino dove nel cielo terso d'estate è ancora possibile scorgere il gipeto, l'avvoltoio delle AlpiSeguendo la segnaletica del sentiero 110, attraversiamo il rio ed iniziamo a camminare nella natura. Il tracciato è in ordine e regala frange boschive interessanti mentre il dislivello di colpo aumenta. Il lago dista solo una ventina di minuti. Il bosco che attraversiamo è dominato da larici e conifere, il silenzio regna al nostro passaggio. Il cielo di colpo si rabbuia ma son solo frangenti nuvolose, poi il ripido tornante si butta sull'altopiano dove le montagne sembrano volersi tuffare nel blu lacustre. Continuiamo il nostro trekking costeggiando il lago che si apre a mille scorci suggestivi, fino a raggiungere Malga Palù (metri 1826) dove sostiamo per il nostro pranzo in compagnia di altri escursionisti. Attraversando un ponticello siamo sulla sponda opposta del Noce e il sentiero si arrampica nella fitta radura. Sotto, il lago è di un meraviglioso verde smeraldo mentre ci avviciniamo alla grande diga... 
Su consenso dello stesso custode, possiamo scendere i ripidi scalini che portano alla base dell'immensa muraglia di cemento. Vista dal basso l'effetto diga ha un che di inquietante... ma rapidamente siamo già sulla comoda forestale che inizia a scendere verso Fontanino. Prima di partire ci si disseta con l'acqua di Pejo che sgorga da una fontanella: il sapore non è propriamente il massimo ma si dice che faccia miracoli... 

Incontri ravvicinati del Terzo Tipo...lago di Pian Palu', Val di Pejo (TN)