mercoledì 29 luglio 2015

Al Rifugio Brentei... (sabato 4 luglio)

Finalmente l'attesa è finita,dopo tanti sentieri percorsi durante l'anno è ora di salire lassù,in uno dei posti più amati: le Dolomiti. Sono sempre stata convinta che la montagna "chiama" ed il suo richiamo per chi lo sa ascoltare è irresistibile,la voce delle Dolomiti però ha un suono particolare, oserei dire "magico".
Quando vieni accolta nel grembo di queste maestose rocce e sei al loro cospetto la felicità è totale.
Condivido quest'escursione con Raffaella carissima amica da molti anni, raggiungiamo Madonna di Campiglio e ci dirigiamo verso la Vallesinella,dove in un ampio parcheggio lasciamo l'auto.
E' una giornata molto calda ma il primo tratto di circa 40' lo percorriamo all'ombra di un bellissimo bosco ed arriviamo al rifugio Casinei (1850 m), da lì partono due sentieri:uno in direzione Tuckett e l'altro in direzione Brentei, la nostra meta.
Dopo un breve strappo in salita il paesaggio inizia ad aprirsi e si intravedono le prime cime, io e Raffaella iniziamo ad assumere il tipico sguardo dell'escursionista: occhi lucidi e sguardo stupito ed incantato, i piedi inciampano sul sentiero perché vorremmo non distogliere più gli occhi da ciò che vediamo ma forse è il caso di guardare anche a dove mettiamo i piedi.
Proseguiamo tra mughi e splendidi rododendri su un sentiero panoramico denominato "sentiero Bogani" attraversando anche una suggestiva galleria realizzata dal CAI di Monza.
Il nostro entusiasmo tra una fotografia e l'altra sale alle stelle e dopo circa un'ora e 40 minuti si apre davanti a noi un'ampia terrazza fatta di cime rocciose che fanno girare la testa, ma anche di prati verdi e coloratissimi fiori sulla quale sorge il Rifugio Brentei con le sue caratteristiche finestrelle verdi (2182 metri).
Intravediamo sul percorso che sale al Rifugio Alimonta (che da lì si raggiunge in un'ora e 10 minuti) le punte particolarissime della catena degli Sfulmini,da dove parte anche il famoso sentiero attrezzato delle Bocchette.
Di fronte l'imponente Crozzon di Brenta con accanto il Canalone Neri,una delle classiche arrampicate su ghiaccio del Brenta. Inoltre Cima Tosa, Cima Margherita, Brenta Alta, Torre di Brenta, Campanile Alto, Campanile Basso...
Nel pomeriggio oltrepassiamo il Rifugio Brentei e seguiamo il sentiero 318 che conduce al Rifugio Tosa-Pedrotti attraverso l'innevata Bocca di Brenta, purtroppo però ci dobbiamo fermare prima di giungere alla meta perché si è fatto tardi ma l'obiettivo è solo rimandato.
Ormai il Brenta ci ha catturate e la curiosità di andare ad assaporare cosa c'è oltre non ci abbandona, dobbiamo solo attendere il momento.
La montagna mi ha insegnato a osare, ad andare oltre, a vedere cosa c'è dietro l'angolo e quando l'ho fatto mi ha sempre riservato spettacoli ed emozioni indimenticabili oltre al desiderio di tutelare quest'immensa ricchezza. Certo importante è non scordare mai prudenza e sicurezza.
Una delle caratteristiche per cui molti amano questi luoghi sono la pace ed il silenzio, io trovo però che sia un silenzio colmo di vita e se ci poniamo all'ascolto udiamo cose che non potremmo sentire altrove, solo qui lo spazio fra noi e l'infinito assume un significato diverso e si rivela in modo diverso.
Attualmente il Brentei è gestito dalla famiglia Lombardi ma per molti anni questo rifugio è stata la casa del grande alpinista Bruno Detassis meglio conosciuto come " il Custode del Brenta" che oltre ad aprire numerose vie fu ideatore e realizzatore insieme ad altri scalatori, del sentiero in alta quota più bello delle Dolomiti: le Bocchette divise in alte e centrali, costruito nelle cenge naturali della roccia.
La vita al rifugio negli anni passati era dura e comunicare con Campiglio ancora di più e per non rimanere isolato per mesi con la sua famiglia Bruno si era procurato una coppia di telefoni militari in uso durante la seconda guerra mondiale e aveva predisposto il collegamento via cavo.
L'operazione della stesura del cavo era gravosa: ogni primavera all'apertura del rifugio, doveva essere posato per ben 12 chilometri, tale è la distanza tra il rifugio e il fondovalle.
I lavori duravano non meno di 5 giorni impegnando 3 persone: il primo procedeva sfilando il cavo dal rocchetto montato su una portantina di legno mentre gli altri due lo impigliavano tra i rami degli alberi o dei mughi in modo che rimanesse sollevato da terra.
A fine stagione in circa 3 giorni, il cavo veniva arrotolato nuovamente sui rocchetti. Le comunicazioni erano molto disturbate ma si riusciva a sentire una voce flebile e lontana che li teneva in collegamento con il fondovalle.
Con la realizzazione delle Bocchette inoltre aumentò il turismo per cui sempre il nostro Bruno (morto a 98 anni) cercò di ovviare al problema dei rifiuti che si faceva sempre più pressante costruendo dei muretti di pietra dove compostare la parte organica dei rifiuti stessi con la cenere che poi copriva di torba e terra lasciando crescere l'erba.
Ecco spiegata la presenza di quei terrazzini attorno al Brentei dove la gente prende ancora beatamente il sole.
Vi lascio con le parole di Nella, moglie di Bruno "...ricordo quando quasi per un miracolo e per brevi secondi il sole che sorge o tramonta tinge la montagna di un barbaglio rosso che dopo pochi istanti svanisce come un sogno, ricordo che chiamavo a raccolta tutti gli alpinisti presenti al rifugio affinché potessero godersi lo spettacolo...e che dire poi di quelle sere di luna piena in cui le pareti sono bagnate di luce argentea...ricordo i primi tempi duri del rifugio che però avevano la loro bellezza, certe amicizie fatte allora sono durate nel tempo e molte di esse durano ancora...ricordo tanta umanità passata attraverso il rifugio..."
Beh io posso solo dire che ascoltando questi ricordi di Nella un brivido intenso mi ha percorso tutto il corpo e la commozione è stata inevitabile, in montagna si vivono esperienze uniche anche grazie a persone che come la famiglia Detassis dedicano la vita affinché tutti possano godere di tanta bellezza e grandiosità.

(Annalisa)

Grandi Donne: THERESA WALLACH e FLORENCE BLENKIRON. Due donne e una moto, da Londra a Città del Capo

Ottant'anni fa, il 29 luglio del 1935, due ragazze poco più che ventenni dopo otto mesi di viaggio e ben 12.000 chilometri percorsi, raggiunsero Città del Capo in Sudafrica in sella ad una moto P&M Panther 600 cc trasformata in sidecar e con un carrello, dopo aver attraversato l'intero continente africano da Nord a Sud. Le inglesi Theresa Wallach e Florence Blenkiron sono le protagoniste di questo incredibile viaggio e prime fra tutti riuscirono ad attraversare il Sahara in moto oltre lo scetticismo e il pregiudizio dell'epoca, viaggio che la Wallach in seguito riportò con grande successo in un suo bellissimo libro, "The rugged road".
La prima volta che Theresa e Florence si conobbero fu probabilmente a Brooklands nel 1933 in una gara motociclistica. gara esclusivamente maschile, in cui loro furono le sole partecipanti donne. La causalità di quell'incontro fu davvero straordinaria perchè Theresa non si presentò alla linea di partenza e Florence esaurì il carburante all'ultimo giro. La comune passione delle due ragazze per il motociclismo le avvicinò. Blenk, come Florence veniva affettuosamente chiamata, da qualche tempo stava cercando il modo di raggiungere il Sud Africa, ma quando la sua migliore amica Faye decise di emigrare, ne fu sconvolta. Nel momento in cui ne parlò con Theresa, quest'ultima le suggerì di andare in Sud Africa in moto. Florence rispose irritata: "Non essere sciocca!", ma subito dopo proseguì chiedendo "Verresti con me?". Dopo un pò di tempo Theresa ritornò sull'argomento. "Allora che ne dici?...parlo della partenza. Non abbiamo niente da perdere. Al massimo possiamo finire in mano ai cacciatori di teste!". Ci volle un anno di preparativi e pianificazione del viaggio, soprattutto nell'attraversamento del Sahara lungo la linea dei pozzi d'acqua distanti fra loro non più di 250 chilometri. Ovviamente il progetto veniva considerato azzardato e nessuna industria motociclistica si prestò a fornire assistenza e sponsorizzazione ad un progetto del genere e per giunta a due donne! "Non ci arriverete mai!" era il laconico commento. 
Anche gli specialisti sostenevano che un motore raffreddato ad aria non sarebbe mai sopravvissuto alle altissime temperature sahariane. Soltanto una casa motociclistica, la P&M, in aperto contrasto con l'Unione dei produttori e venditori motociclistici britannici che imponevano regole severissime all'interno del settore, mostrò notevole interesse pubblicitario per l'idea di Theresa e Blenk e regalarono loro una Panther 600 cc monocilindrica in modo da testare il modello in situazioni estreme. Successivamente altri sponsor diedero la loro disponibilità. La Watsonian fornì loro il sidecar e il rimorchio lungo quasi due metri. L'11 dicembre 1934 partirono da Londra salutate dalla curiosità di un migliaio di londinesi e dall'appoggio di Lady Astor, prima donna nominata nel parlamento inglese e accesa femminista, poi dal porto di Algeri, allora colonia francese, avevano iniziato il grande viaggio saltellando di oasi in oasi, sfidando mesi di caldo e la stagione delle piogge, gli incontri con animali feroci, le discussioni con un ufficiale della Legione Straniera, rifatto il motore ad Agadez e persino un'incidente con l'unica auto di passaggio dopo giorni di viaggio in solitudine in Tanganica (l'attuale Tanzania), senza contare le innumerevoli forature, Nel libro Theresa presta particolare attenzione alle situazioni geo-politiche dei paesi che si trovarono ad attraversare.
 "Passammo il fiume Vaal su un bel ponte moderno, lasciando la provincia di Transvaal e puntando verso Bloemfontein . La strada di ghiaia attraversava le pianure erbose e non trovammo nulla di interessante da vedere o con cui occupare la mente nei successivi quattrocento chilometri. Per giorni non vedemmo veicoli o segni di vita, umana o animale, e conversammo poco".
E ancora più avanti..."Il 25 luglio 1935 ci lasciammo alle spalle lo stato libero dell'Orange. Si poneva davanti a noi l'ultimo ostacolo: l'attraversata del Grande Karoo. Era lungo circa 1500 chilometri e non ci cresceva nulla se non dopo i rarissimi giorni di pioggia. I ciuffi di vegetazione ricoperti di rugiada diventavano lastre di ghiaccio nel luglio invernale...". Dopo quasi otto mesi dalla partenza londinese Theresa e Blenk avvistano la cima piatta della Table Mountain, simbolo di Città del Capo. "La brezza atlantica soffiava sulla moto logora e malconcia che lentamente si faceva strada verso l'estremo Sud del continente".
Le due donne vengono accolte dal governatore dell'Unione Sudafricana, seguite da una folla festante e dalla stampa internazionale. Più tardi furono ricevute dal conte Clarendon, rappresentante del Regno Unito per festeggiare l'incredibile successo del loro viaggio. Era lunedì 29 luglio 1935Dopo quel fantastico itinerario le due donne tornarono in Inghilterra separatamente e non s'incontrarono mai più. Il motivo non fu mai chiarito. Ognuna di loro intraprese vie diverse. La tremenda avventura africana dimostrò l'estrema affidabilità della P&M Panther entrando negli annali motociclistici come una delle migliori moto per sidecar, e soprattutto la grande tenacia di due giovani donne.


(brani tratti da "The rugged Road" di Theresa Wallach)



lunedì 27 luglio 2015

Il Parco delle Fucine (domenica 26 luglio)

Prendo spunto da un pensiero di Michel de Mountaigne "Libera la mente e i piedi non tarderanno a seguire..." e senza forzare tempi e tappe lascio che la curiosità  faccia da guida tra i docili sentieri del Parco delle Fucine. Oggi ci troviamo a Casto, piccolo centro valsabbino in provincia di Brescia. Il parco è un gioiellino naturalistico dove i sentieri si alternano a ferrate in taluni casi impegnative, e se alzi lo sguardo osservi ragni umani arrampicarsi sulla roccia mentre i più temerari si lanciano dalle zip line fendendo il cielo. L'area del parco è già affollata sin dal primo mattino e i laghetti presi d'assalto, del resto l'aria è piacevolmente fresca dopo i solleoni dei giorni precedenti. Lasciamo dietro di noi il baccano gioioso dei villeggianti e su suggerimento di Annalisa decidiamo di percorrere il perimetro del parco unendo i sentieri blu e arancio per un totale di una decina di chilometri. Avventurose passerelle magicamente sospese sull'acqua vanno ad incastrarsi tra le strette gole del torrente, ci si  immerge per brevi attimi nell'oscurità di una grotta e poi mille cascatelle si susseguono lungo il percorso. Con passo celere raggiungiamo il rifugio Paradiso e superato, si entra nel bosco che richiama atmosfere fantasy. Una breve sosta e via gli scarponcini: le acque del torrente sono invitanti!
Dopo circa un chilometro un cartello sbiadito indica il Pos de l'Acqà e senza esitazione si va da quella parte. La cascata è davvero suggestiva. Si sale poi lungo una mulattiera che ci fa apprezzare il panorama della sottostante valle Duppo, ancora una ventina di minuti e ci avviciniamo ad Alone. Lungo il tracciato ecco un antico capitello dedicato a Santa Caterina e dopo una buona mezz'ora di cammino giungiamo alla periferia di Alone a ridosso della Chiesetta di san Rocco, oggi purtroppo chiusa, dove sostiamo per un panino. Riprendendo il percorso le viette silenti del paesino seguono i nostri passi sino alla strada principale che collega Alone con Casto. Rimaniamo poco sull'asfalto perchè un sentiero ci riporta nel bosco dove troviamo i ruderi di un vecchio mulino. Un ponticello ancorato nella roccia passa rasente uno strettissimo canyon che crea la cascata della Stretta del Pisot, poi si scende lasciando il Tovere alla nostra sinistra trovando in successione le rovine della vecchia Fucina Furche, le imprese intraprendenti sulle ferrate a pelo d'acqua di quattro ragazzotti, i resti della Calchera Dolcetti e di altre vecchie fucine, mentre il torrente adesso sì che rumoreggia gettandosi nell'invaso naturale. All'uscita del bosco davanti a noi giganteggia la palestra di roccia con un agile arrampicatore in azione, la prima delle 14 ferrate che sono disseminate lungo il parco. Poi una fresca birra e via! 



PARTENZA: Casto
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 200
ALTITUDINE: mt 600
LUNGHEZZA: km 9


lunedì 20 luglio 2015

La Leggendaria Charly Gaul (domenica 19 luglio)

Visi stravolti dalla fatica, muscoli che diventano di legno, corpi al limite della disidratazione. Signori, questa è la Leggendaria Charly Gaul immortalata dalle gesta antiche di un dominatore della montagna e della furiosa tempesta, solo sul traguardo di neve del Vason, Dietro di lui il vuoto. E' il Giro d'Italia 1956. Quasi sessant'anni dopo, nel decennale della prestigiosa gara dedicata all'Angelo della Montagna, unica tappa italiana dell'UCI World Cycling Tour, è invece l'incredibile caldo il primo avversario da battere. Quasi duemila i corridori in partenza da piazza Duomo a Trento che vanno poi a snodarsi lungo i due percorsi, la mediofondo e la granfondo rispettivamente di 57 e 141 chilometri, con dislivelli imperiosi. E qui conta la resistenza mentale e fisica quando si vanno ad affrontare i terribili tornanti che portano al traguardo in località Vason a 1650 metri. Una corsa che attraversa gli splendidi scenari della Valle dei Laghi ma che già dalle battute iniziali sgrana inesorabilmente il gruppo, complice la temperatura in vertiginoso aumento. 
Con un tempo di tutto rispetto arriva il primo affondo vincente di Davide Lombardi nella mediofondo maschile, una ventina di minuti dopo ecco sopraggiungere la trentina Marcellina Dossi - uno scricciolo su due ruote ma che tenacia! - vincitrice della mediofondo femminile, comprova che anche le donne stanno raggiungendo standard qualitativi di assoluto rilievo. In attesa della gara più lunga, passeranno un paio d'ore, si avvicendono gli arrivi del plotone degli appassionati. "E' durissima. Già arrivare fin qui è una vittoria. Eh sì, fa davvero caldo, ma qui è ancora minima, giù invece..." con un filo di voce il corridore n° 2273. La colonnina di mercurio sale inesorabile. Se ne accorgono anche i numerosi spettatori presenti sul traguardo del Bondone, mischiati tra le mille magliette variopinte dei ciclisti. Superato il mezzodì si risolve la granfondo maschile. Ai 500 metri ecco l'allungo vincente del vicentino Davide Zen che regola nettamente Stefano Cecchini, terzo il belga Minnaert. La granfondo femminile è stravinta dalla bresciana Emma Delbono che inferte distacchi abissali alle dirette avversarie. Marina Ilmer, vincitrice lo scorso anno, arriva dieci minuti dopo, terza Manuela Sonzogni. Fra tanti veri corridori anche quest'anno i "soliti" ospiti sulle due ruote, Jury Chechi e Cristian Zorzi. Presenti anche Aldo e Francesco Moser e non dimentichiamoci la moglie e la figlia di Charly Gaul, ormai di casa qui a Monte Bondone. E noi marmotte? Semplicemente spettatrici di una meravigliosa giornata di sport.

domenica 19 luglio 2015

Direttamente dalla "Moserissima" alla Charly Gaul (domenica 19 luglio)

Le divise retrò rimandano al ciclismo storico dei Girardengo. dei Bottecchia e dei Bartali mentre le biciclette con i cinghietti e le camera d'aria sostano gloriose davanti alla chiesetta a poca distanza dalla linea di arrivo della Charly Gaul. Nella hall dell'Albergo Vason s'aggira la gloriosa maglia Bianchi del Campionissimo Fausto Coppi con signora al seguito, giri lo sguardo e sul traguardo osservi "sfrecciare" un velocipede dell'Ottocento. Questo è l'allegro gruppo di appassionati che sabato 18 luglio ha partecipato alla Moserissima, raduno ciclostorico internazionale, cinquanta tranquilli chilometri che da Trento hanno costeggiato l'Adige facendo rivivere lungo le strade trentine l'epoca d'oro delle due ruote cari ai Moser. Eccoli in posa a Monte Bondone!

sabato 18 luglio 2015

L'alba delle Dolomiti con Dave Douglas e Mario Brunello (I suoni delle Dolomiti sabato 18 luglio)

Un connubio d'eccezione in uno dei luoghi più incantevoli delle Dolomiti. Dave Douglas trombettista di spicco nel panorama jazz, più volte presente in passato ai Suoni delle Dolomiti da lui definiti "il più bel festival del mondo" e Mario Brunello musicista eclettico, accompagnati dai Cello4Ever, quartetto di violoncelli si presentano puntuali al Col Margherita in Val di Fassa mentre il cielo fiammeggia. Sono le 6 del mattino. Siamo salite con la funivia dal Passo San Pellegrino brancolando letteralmente nel buio con l'aria frizzante del primo mattino ad accompagnarci lungo il sentiero (ci saranno stati cinque-sei gradi) per raggiungere il proscenio dolomitico ad oltre 2500 metri di quota. Nonostante l'ora mattiniera erano presenti tantissimi spettatori con grande partecipazione di giovani escursionisti. Puntualissimo l'inizio del concerto in un crescendo di spunti musicali tra sonorità jazz e virtuosismi classici dai toni, in certi momenti, interiormente cupi. Sarà stata l'alzataccia ma certe cadute di palpebra erano in agguato! Personalmente il concerto non mi ha fatto impazzire ma intorno a noi il contesto naturale era qualcosa di meraviglioso con le Grandi Dolomiti ad abbracciarci. Niente funivia al ritorno, meglio due splendide ore di cammino sulla pista nera di sci che ci riportava alla base. D'obbligo a Moena una sosta con piatti squisitamente trentini.

(Rita)

lunedì 6 luglio 2015

La Trento-Bondone edizione numero 65 (domenica 5 luglio)

Sotto un sole insolitamente infuocato per queste quote, l'edizione numero 65 della cronoscalata automobilistica Trento-Bondone ha riconfermato la classe del toscano Simone Faggioli che alla guida della velocissima Norma M20 ha dominato i 17,3 chilometri di questo splendido tracciato, il più lungo d'Europa, che da Trento si arrampica sino ai 1650 metri della località Vason di Monte Bondone, Il cronometro si è fermato sull'incredibile tempo di 9'10"68 stracciando di ben dieci secondi il suo stesso record stabilito nel 2013. Per dovere di cronaca la seconda piazza è stata conquistata da Domenico Scola della Jonia Corse su Osella PA 2000 e dietro di lui l'idolo di casa Cristian Merli al volante della Osella FA. Non va oltre il sesto posto di gruppo Gabriella Pedroni con la sua Mitsubishi Lancer, La forte trentina quest'anno è stata scelta da Michéle Mouton, indimenticata campionessa di rally, a rappresentare l'Italia nel progetto FIA Women in Motorsport che mira a valorizzare la partecipazione delle donne in tutti gli aspetti dello sport a motore.
Lungo l'intero percorso una folla di appassionati ha seguito con calore il passaggio dei bolidi sugli agili tornanti trentini. Le cifre ufficiali stimano la presenza di ben ventimila spettatori anche se al traguardo del Bondone non c'è stato il bagno di folla atteso a causa anche della decisione, davvero discutibile. degli organizzatori di spostare le premiazioni dalla piazzetta di Vason, come da tradizione, alle Rocce Rosse. Tutti i piloti hanno accusato il grande caldo così come le gomme delle auto che in taluni punti peccavano di aderenza. La curiosità di queste cronoscalate è veder sfrecciare le cosiddette "auto storiche" dove sotto una livrea d'antan rombano veri e propri mostri di potenza! Sicuramente molto più spaventati gli abitanti dei boschi, tra le proteste degli animalisti: per due giorni il silenzio della montagna è stato interrotto dal rombo assordante dei motori multicilindro....