martedì 30 settembre 2014

Il castello di Avio (domenica 28 settembre)

Trentino terra di grandi uve, immense montagne e magnifici castelli. Prendi una domenica di sole, ti butti sulla Brennero e avvicinandoti ad Avio scorgi il bel castello a guardia degli antichi guadi dell'Adige. Le prime notizie del castello risalgono all'epoca longobarda sulle tracce del passaggio di re Autari e della regina Teodolinda. Il maniero è uno splendido esempio di fortificazione medievale che nei secoli successivi si è rafforzato con l'aggiunta di spesse cinte murarie e l'innalzamento di torrioni, trasformandosi in piccola corte feudale come testimonia il Palazzo Baronale con lo splendido ciclo di affreschi trecenteschi riconducibili al signore del luogo, Azzone dei Castelbarco. Tra alterne vicende il castello passò al doge di Venezia, poi sotto il controllo austriaco per ritornare in mani italiane dopo la prima guerra mondiale e successivamente fatto dono al Fai, ente no-profit che da quasi 40 anni agisce per la salvaguardia del patrimonio artistico nazionale, che ha provveduto al suo restauro. Fin qui la storia. Nel frattempo ecco le marmotte percorrere la stradina collinare in ardua salita, le voci concitate e gli scatti fotografici a fermare lo slancio delle mura e delle possenti torri. Oltrepassata la Torre Aperta entriamo nella Casa delle Guardie, una piccola costruzione sulla nostra sinistra decorata da meravigliosi affreschi che nella seconda sala, ci riportano ad antiche battaglie, duelli di spada, scene di cavalieri in armi. A questo punto il gruppo si "disperde"...
Trovi marmotte sulle scalinate che portano alle scuderie, altre le vedi arrampicarsi sui ripidi scalini dell'imponente Mastio, fino al quarto piano dove c'è la Stanza dell'Amore, tratteggi perimetrali di affreschi in cui si inneggia all'amor cortese, poi si continua a salire e la panoramica sulla Vallagarina è impareggiabile. Il gioco delle scale, dei rimandi alla vita castellana, di rumore di zoccoli sul selciato emergono dal nostro immaginario mentre ci divertiamo a girovagare per l'antico maniero. Ora il sole è allo zenit e allora tutte sotto il bel pergolato di uve! Se la pigrizia acchiappa alcune marmotte, un gruppetto preferisce optare per una breve camminata lungo il sentiero 686 che porta verso Bocca d'Ardole. Ovviamente data l'ora pomeridiana meglio non salire molto, il tracciato è sconnesso, entriamo in un aggrovigliato tratto boschivo non particolarmente interessante ma che permette di godere dall'alto della superba visione del castello.

mercoledì 24 settembre 2014

Il forte Wohlgemuth (domenica 21 settembre)

Una calda domenica settembrina ci porta sui percorsi e i luoghi della Grande Guerra. Questa volta ci troviamo a Rivoli Veronese dove sull'altura di Monte Castello domina il forte Wohlgemuth, edificato tra il 1850 e il 1851 al fine di difendere lo sbocco della valle dell'Adige. In seguito all'annessione del Veneto al Regno d'Italia, nel 1866, cambiò il nome in Forte Rivoli e subì una serie di modifiche che ne potenziarono la struttura. La fortezza poco distante dall'allora confine italo-austriaco non fu direttamente coinvolta nel conflitto. All’interno è stato allestito il Museo della Grande Guerra con interessanti reperti bellici, armi, munizioni, elmetti, documenti, cronache giornalistiche e oggetti trovati non solo sui campi di battaglia ma negli angoli più impervi delle montagne trentine e venete, e raccolti con infinita pazienza da Giuseppe Rama, il vero motore di questo museo storico, passione che aveva trasmesso al figlio Walter, scomparso prematuramente in un incidente paracadutistico una decina di anni fa, a cui è dedicato il museo. Il signor Giuseppe si accalora notando il nostro interesse e con entusiasmo ci racconta di quella volta che esplorando la Val Genova, videro affiorare dal terreno due spuntoni di ferro e scavandoci un po' intorno, scoprirono essere una ruota teleferica usata dall'esercito austriaco, riuscendo poi a smobilitare l'intero paese di Strembo, con in testa lo stesso parroco, per riportarla alla luce. Pezzi di artiglieria vivono lungo il tracciato che porta all'entrata del museo, ti affacci sulla vallata che placidamente si arrotonda sulle belle anse del fiume, scorgendo in lontananza i ruderi di forte San Marco. Cito testualmente: "senza memoria storica si rischia di smarrire il significato e il senso profondo della propria identità culturale e civile".
Lasciamo il forte mentre il sole declina sulle colline moreniche....

martedì 16 settembre 2014

Le cascate della Val Genova (14 settembre)

La Val Genova, nel cuore del Parco Adamello Brenta, è uno splendido scenario naturale dove si alternano rocce ardite e foreste
rigogliose di abeti, larici, faggi, prati inondati di fiori e tumultuosi torrenti, a buon titolo denominata la Valle delle cascate per la ricchezza delle acque sul suo territorio. Stavolta ce la facciamo. Escursione più volte rinviata per le bizze di un meteo impazzito, questo stralcio d'estate ci regala finalmente una splendida giornata di sole. L'appuntamento per tutte le marmotte è a Tione di Trento, per poi proseguire verso Carisolo lungo la statale 239. Una secca svolta a sinistra e subito la strada si restringe lasciando il passo a scenari incantevoli, mentre la valle si incunea fra strette pareti e ripidi versanti coperti da fitti boschi di conifere. Raggiungiamo Ponte Verde dove barattiamo l'auto per zaini e scarponcini, pochi passi e andiamo a raccogliere le emozioni della cascata del Nardis, un brivido d'energia di oltre centro metri d'altezza, alimentato dal ghiacciaio della Presanella, che si ammira senza parole e col naso all'insù. Seguiamo il sentiero delle cascate. Il tracciato è una intricatissima ragnatela di radici che affiorano sotto i nostri piedi, il bosco profuma di muschio. Il paesaggio sembra quasi rubato a certe scene del profondo Nord in totale sintonia col torrente Sarca che scalpita impetuoso sino a fondovalle. Lungo il cammino s'incontrano tracce importanti di trincee e fortificazioni, la linea degli Honved. Facevano parte del fronte austro-ungarico e qui vi erano dislocati i soldati ungheresi che controllavano le montagne circostanti, mute testimoni delle vicende belliche della Guerra Bianca. Superiamo ponticelli umidi saltando torrentelli borbottanti, poi di colpo il bosco si ferma aprendosi su un'ampia radura che porta ad un successivo strappo in quota verso le cascate di Làres, la prima più bassa, e trenta metri più in alto, quella maggiore, un'immensa montagna d'acqua che si abbatte fragorosa sulle grandi rocce. Le foto si sprecano. Sarebbe bello andare avanti sino al rifugio Bedole a mt 1584, ma il tempo fugge velocemente! Una marmotta chiede il perché del nome Val Genova. Mi informo e leggo che non è del tutto chiara l'origine della denominazione. Il toponimo "Zènua" compare già in documenti datati intorno al 1200 per indicare una regione particolarmente ricca di acque. Ritorniamo sui nostri passi stanche ma emozionate. Doverosa una sosta per un caffè, davanti al rimbombo scintillante del Nardis mentre il pomeriggio volge al termine...

sabato 13 settembre 2014

Una "due giorni" in Germania (10-11 settembre)

Acqua, orzo, luppolo e lievito alias birra, è una delle più antiche bevande prodotta dall'uomo e parte integrante della cultura tedesca. Sì, perché ci troviamo a Freising, nel cuore della Baviera a una trentina di chilometri da Monaco. Stavolta siamo solo noi , le capo marmotte, in una due giorni in terra germanica con un occhio professionale all'universo birraio. Andiamo a visitare a Weihenstephan il birrificio più antico del mondo da quando, intorno all'anno 1040, i monaci benedettini iniziarono a fabbricare il biondo nettare nel loro convento. Freising è una città ordinata e pulita. In tutti gli angoli del centro abitato capeggiano le più disparate statue di orso, così come l'orso sellato è il simbolo della città stessa. Secondo la leggenda  il vescovo Arbeo, vissuto intorno all'Ottavo secolo, ordinò ad un orso di portare il suo bagaglio sulle Alpi dopo che il plantigrado gli aveva ucciso il cavallo. Sopraggiunge la sera e la città bavarese si riempie di luci, colori e soprattutto sotto l'enorme tendone, si celebra il rito della birra. Ragazze dagli immensi bicipiti portano spumeggianti boccali da un litro a grappoli di otto, e poi patate e pollo a volontà ed enormi bretzel, il tipico pane tedesco. Intorno è gran festa, gli abitanti abbigliati nei tipici costumi occupano i lunghi tavoloni, l'orchestra sul palco intona canti teutonici per poi passare a ritmi decisamente più moderni, i rapporti diventano amichevoli superando le barriere linguistiche, e poi birra...tanta...bionda...scura...doppio malto...mentre la notte si prende le nostre risate....Al mattino successivo ti aspetti il mal di testa che per fortuna non c'è. Viceversa nella saletta dell'albergo ci troviamo un gran bel buffet dove il caffè - terribile! - yogurt e spremute d'arancio si alternano ad ottimi formaggi da spalmare sul pane di segale. Ci aspetta un'incursione a Monaco. E' bellissima! Rispecchia il gusto tipicamente germanico. L'imponente edificio neogotico del Municipio in Marienplatz è, a giusta ragione, l'orgoglio dell'intera città. Famoso in tutto il mondo è il suo carillon, posto nella sporgenza della torre, che tre volte al giorno si anima meccanicamente. Rimaniamo nel centro di Monaco, tra le sue vetrine alla moda e i suoi angoli caratteristici che richiamano antichi splendori, gustando dolci favolosi, ma ahimè il tempo è tiranno e si deve tornare a casa...

mercoledì 10 settembre 2014

Il Buco del Piombo sul lago di Como (7 settembre)

Domenica 7 settembre, vista la giornata solare, optiamo per un percorso in Alta Brianza. Arrivate ad Albavilla, comune della comunità montana del Triangolo Lariano, porzione di territorio racchiuso fra i due rami del lago di Como, ci inoltriamo lungo un tranquillo percorso nel silenzio del bosco, dirigendoci verso il Buco del Piombo, una delle poche grotte presenti sulle montagne lombarde, in cui la pioggia millenaria ha trovato facile via sulla superficie rocciosa scavando un sistema di grotte ancora oggi non completamente esplorata. E' una giornata di caldo settembre e questo passeggiare in ombra ci rende allegre. Il silenzio è rotto solo dalle nostre risate e dai canti. In breve tempo arriviamo ad una ripida scalinata che in men che non si dica ci proietta in questa grande bocca, è impressionante, sembra una cattedrale scavata nella roccia. Ci incamminiamo in questa grotta enorme, molto umida in cui scorre un ruscello. Le voci si amplificano. La caverna è carsica e il tempo e l'acqua hanno creato uno spettacolo di stalattiti, stalagmiti ed altre incredibili concrezioni. Dopo un breve tratto non osiamo andare oltre, è da speleologi esperti non da marmotte domenicali come noi. Sulla via del ritorno "doverosa" una sosta in un rifugio dove gustare piatti tipici da marmotte domenicali con le gambe sotto il tavolo.

(Santina)

Sabato al Festivaletteratura di Mantova (6 settembre)

Mantova è un gioiellino architettonico e a settembre dimentica la solitudine dei suoi laghi riflettendosi sul riverbero giocoso dei palazzi storici, sulle acciottolate strade del centro, nelle penombre dei maestosi monumenti, in un'atmosfera che trasuda storia. Sabato 6 settembre è la penultima giornata del Festivaletteratura, insolita passerella che unisce autori e lettori, lontana dai salotti buoni ma dall'ampio respiro internazionale. Le proposte editoriali sono molteplici, in continuo interscambio tra argomenti di attualità e orme di antichi eventi come i Cento anni della Grande Guerra a cui la città virgiliana ha dato ampio risalto aprendo al pubblico gli archivi storici e ricavando postazioni sonore dando così voce ai tragici protagonisti di quell'inutile carneficina che insanguinò  il primo Novecento. Spazio rilevante anche alle firme femminili, come Adriana Lisboa, nuova star della letteratura brasiliana, introdotta da Lella Costa, in questa edizione sottile e ironica interlocutrice di molti appuntamenti. Noi la ritroviamo nel tendone installato a Palazzo Ducale alla presentazione de In punta di penna, volumetto patrocinato dall'Eni, che ripropone pagine di memoria de Il gatto selvatico rivista uscita nel 1955, nata per ripercorrere le vicende sportive ed eroiche dell'Italia del dopoguerra. Ospiti un simpaticissimo Adriano Panatta e il giornalista sportivo Federico Buffa a discernere con leggerezza tra letteratura e sport. Inaspettato, a fine evento, un ottimo buffet. Le vie di Mantova si riempiono di voci e passi veloci, tesi a raggiungere non solo gli eventi prenotati ma anche le numerose tende, ad ingresso libero, dove si susseguono a ritmo continuo incontri con ospiti illustri. In piazza Sordello, l'onnipresente Lella Costa e Cecilia Strada, figlia di Gino, raccontano i Vent'anni di Emergency e del loro impegno umanitario nelle guerre dimenticate del mondo, per poi passare alle discussioni sulle cosiddette bufale, capaci di alimentare le nostre più inconsce paure, al microfono la giornalista scientifica Silvia Bencivelli, oppure il dibattito sulle mafie del nuovo secolo con il magistrato Giuseppe Ayala, per anni nel pool antimafia con Falcone e Borsellino. Grande attenzione in questa diciottesima edizione del festival all'alimentazione e al cibo. 
Noi andiamo a sentire Michael Pollan, autore de La cucina dei quattro alimenti. Davvero interessante. Nel tardo pomeriggio lo storico della lingua Giuseppe Antonelli incontrava Anna Marchesini, componente del famoso Trio comico e ora intensa autrice della narrativa italiana. La presentazione della sua ultima fatica, una raccolta di racconti Moscerine, era già sold out ancor prima dell'inizio del festival! Allora ti fermi ad ascoltare "La compagnia della lettura" che ti intrattiene con letture di autori del Novecento. Tra il brulicare di gente e i musicisti che inondano le strade a ritmo di swing, la nostra attenzione si muove verso piazza Broletto apparecchiata di tutto punto, dove ci gustiamo una buona pizza mentre le ombre della sera si appropriano lentamente della città. L'ultimo appuntamento ci riporta a piazza Castello dove la banda Osiris, accompagnata da Federico Taddia e dal filosofo Telmo Pievani "danno vita ad un incontro/scontro/spettacolo tra il sex e il sax", citando testualmente il programma. E' quasi mezzanotte ma nessuno sembra aver voglia di staccarsi dalla magia di questa giornata. In un mondo che appare sempre più standardizzato, la vivacità delle proposte letterarie presentate al Festivaletteratura conferma un approccio vitale e sempre più partecipe delle persone alla cultura. 

martedì 2 settembre 2014

domenica 31 agosto al santuario Madonna della Corona (VR): quanti scalini!

Piove! Uuff anche questa domenica rovinata dalla pioggia. No, non ci sta bene!! Si decide ugualmente di tentare, sperando in una schiarita, con il gruppo delle marmotte irriducibili. Partenza da Brentino (mt. 187), lungo il "sentiero del pellegrino" e arrivo al santuario Madonna della Corona (mt. 773). Il cielo si è aperto e spunta un timido sole, durante il tragitto possiamo godere della vista del lago di Garda. A Brentino, parcheggiate le vetture, guardiamo le magnifiche montagne che ci circondano, giganti che sembra si tengano per mano!! La forza della natura per sollevarle e spostarle!! Ci incamminiamo per il sentiero in mezzo al bosco, composto da gradini scavati nella montagna: sono ben 1400! Si sale sul tracciato piano piano in un silenzio irreale, cullate dalla musica di un torrente che ci accompagna e dal profumo dei ciclamini, ve ne sono ovunque. Il percorso è di circa km. 2,5 ma la salita taglia davvero il fiato! Cominciamo a sentire la fatica, si suda, fortunatamente siamo in ombra e passo dopo passo scorgiamo la basilica incastonata nella roccia, rimanendo stupide nel vedere la nostra meta finalmente così vicina. Dopo una sosta al santuario ci prepariamo alla discesa, soddisfatte di essere riuscite a non stramazzare al suolo dopo tutti quei scalini e di aver trascorso una bella domenica.
(Anna)