martedì 8 aprile 2014

domenica 6 aprile: CENTO CAPOLAVORI BRESCIANI

Una vivacissima Brescia vestita d'aprile ci accompagna nel nucleo storico dell'antica Brixia romana. Lasciata a sinistra piazza della Loggia, attraversiamo a vista l'imponente Duomo, deviando poi verso via Musei dove, appena oltre il Capitolium riportato all'antica bellezza, si aprono le porte di Palazzo Martinengo. E miglior sede non si poteva scegliere per ospitare "Moretto, Savoldo, Romanino, Ceruti. 100 capolavori delle collezioni private bresciane". La rassegna riunisce per la prima volta un centinaio di antichi dipinti provenienti da importanti collezioni private di tutta la provincia, cogliendo così l'opportunità pressoché irripetibile di visionare con occhi attenti e curiosi tesori di grande valenza storica, pronte a cogliere l'ideale artistico di quello che viene considerato, a ragione, il periodo d'oro dell'arte pittorica bresciana, dal Quattrocento al Settecento, non solo seguendo un percorso cronologico ma sulla maniera del gusto scenografico del soggetto. Le sale, affollatissime, ci obbligano ad un vero e proprio tour de force nella visualizzazione delle tele esposte, meriterebbero sicuramente un respiro diverso ma l'eccezionalità della presenza di questi capolavori mette in secondo piano persino la "nostra fatica" nella prosecuzione del percorso espositivo. Sette le sezioni proposte. Stacchi il biglietto e sei immediatamente in full immersion con l'Arte: un bellissimo polittico di Maestro Paroto si contrappone alle due tavole con i santi Giovanni Battista e Stefano di Vincenzo Foppa. Pochi passi ed entri nella sala traboccante di capolavori di Moretto, Savoldo e Romanino in cui fronteggia un'imponente "Venere con amorino", unico esempio di pittura profana del Moretto. Salendo al piano superiore ecco introdurci di prepotenza nel '600, nei lampi di luce di Andrea Celesti, di Luca Giordano, di Simone Cantarini, una breve saletta e ci ritroviamo nel mondo visionario di nani e pigmei di Faustino Bocchi e di Enrico Albrici, altra sala e vivono le splendide nature morte del Ceruti, le due incredibili vedute di Francesco Battaglioli, e un "Agar e l'angelo" che ha rapito la nostra attenzione, pennellate morbide punteggiate di luce dalla mano ispirata del Celesti. L'ultima camera teatrale emoziona con le tre straordinarie tele di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, famoso per la rappresentazione in chiave realistica dei poveri, i "pitocchi" appunto, e ci congeda con un monumentale ritratto della Contessa Virginia Sacchetti Caprara, opera di Giuseppe Maria Crespi, riemerso dall'oblio in cui giaceva da decenni. Fortissime le sensazioni ed emozioni rivissute nel convivio allegro della cena. 

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