lunedì 24 febbraio 2025

Anello del Monte Ricco e del Monte Castello a Monselice (PD) - domenica 23 febbraio

Il Sentiero del Monte Ricco e del Monte Castello è costituito da un percorso lungo circa sette chilometri privo di tratti in grossa pendenza. Il Monte Ricco, situato tra Monselice ed Arquà Petrarca, è una delle cime sud orientali dei Colli Euganei. Dal parcheggio della stazione ferroviaria di Monselice si attraversano le sbarre del passaggio a livello e mantenendo la sinistra si va a prendere la strada asfaltata (Via Monte Ricco) che segna la partenza del Sentiero numero 6 del Monte Ricco e del Monte Castello. Arrivate in prossimità di una Casa Rossa, proseguendo verso ovest, incontriamo una larga forestale dal fondo sassoso, che sopraggiunge alla meravigliosa terrazza sorvegliata dalla statua di Ercole che regge il mondo. Ad oriente svetta la Rocca di Monselice mentre ad ovest si erge il profilo del campanile di Calaone, situato in una zona pianeggiante tra il monte Cero e il monte Castello di Baone. La posizione isolata del monte rispetto al complesso dei Colli Euganei consente allo sguardo di spaziare in tutte le direzioni. Purtroppo l'attività estrattiva del cementificio, presente ai piedi del colle, ha profondamente segnato il profilo dei suoi versanti e da qualsiasi angolazione lo si guardi, si vedono le ferite causate dall'attività dell'uomo. Alle spalle della terrazza panoramica una lunga scalinata, fiancheggiata da due filari di maestosi cipressi, conduce all'Eremo di Santa Domenica dei frati francescani le cui origini risalgono al 1203, quando il comune di Monselice donò dei terreni per la fondazione di un cenobio dedicato a San Giovanni Evangelista, divenuto nel corso del Duecento monastero benedettino appartenente al vescovado di Padova.
La posizione strategica del colle attirò l’attenzione di Ezzelino III da Romano che allontanò i monaci e fortificò il luogo a scopo di difesa il novum castrum abbattendo il monastero di S. Giovanni. Terminata la tirannide ezzeliniana, nel 1257 i monaci tornarono al loro monastero, rimanendovi fino al 1431. Dopo alterne vicende storiche nel 1920, il conte Vittorio Cini vi costruì una villa, poi donata ai frati Minori Conventuali, chiedendo che venisse denominata Eremo di Santa Domenica. La struttura, ora di proprietà privata, vige in uno stato di semi abbandono ma lascia trasparire un profondo senso di religiosità. Scese nuovamente al  paesaggio polisemico della terrazza, si procede a sinistra imboccando il sentiero boschivo verso Monte Castello avvicendandosi in falsopiano tra querce e castagni. Da qui si diramano diverse tracce di sentieri e al successivo bivio, in corrispondenza di un cambio di versante, si risale a destra e, percorrendo un sentiero a zig-zag, ci si ricongiunge all'anello superiore del monte Ricco. Dopo aver incontrato un primo impluvio con relative staccionate protettive, la vegetazione alterna selve ombrose di castagno a boschi termofili di querce, faggi ed ornielli mentre nei punti più assolati, compare la macchia mediterranea con lecci e corbezzoli. Il sentiero dopo una breve salita diventa una comoda forestale che conduce agilmente alla strada asfaltata, da cui siamo salite, e da qui raggiungere la stazione ferroviaria. Ogni tanto tra la vegetazione si apre un varco da dove è possibile ammirare il panorama verso i Colli, in direzione di Battaglia Terme, Monselice, oppure sulla pianura ad est dove nelle giornate più limpide (non oggi purtroppo) si può intravedere il mare all'orizzonte. 
Conclusione all'Archivio 62, nel cuore storico di Monselice, con salame nostrano (portato da casa), patatine e grissini (non avevano pane!) accompagnate da un ottimo rosso.
PARTENZA: Stazione di Monselice mt 10
SEGNAVIA: 6
DIFFICOLTA': T
DISLIVELLO: mt 315
ALTITUDINE: mt 325
LUNGHEZZA: km 8

martedì 18 febbraio 2025

La splendida mostra "PAESAGGI. Realtà Impressione Simbolo. Da Migliara a Pellizza da Volpedo" al Castello di Novara - domenica 16 febbraio

"Paesaggi. Realtà Impressione Simbolo. Da Migliara a Pellizza da Volpedo" 
è il titolo della mostra che al Castello di Novara esplora l’evoluzione della pittura di paesaggio tra Piemonte e Lombardia, dagli anni venti dell’Ottocento al primo decennio del Novecento.
Superato il vedutismo settecentesco e la visione neoclassica e romantica del paesaggio si approda al paesaggio moderno che non si limita a cogliere la bellezza della natura ma si sofferma sulla trasformazione antropica dei paesi. 
La nascita del paesaggio "moderno" nella pittura italiana del secondo Ottocento si frammenta, in verità, su molteplici correnti nel concorso d'intenti più che nella sostanza di esiti davvero omogenei, schematizzati in convergenze di ricerche, visioni e militanze artistiche e riferite alla geografia dei luoghi che le videro nascere: dalla scuola di Resina a quella macchiaiola (Castiglioncello e Piagentina), dalla scuola piemontese di Rivara a quella genovese di Carcare. Le sale espositive dunque si tramutano in cromatiche sezioni di viaggio che ripercorrono le tappe salienti di questa trasformazione mettendone in risalto i principali temi - la predilezione per la pittura dal vero, le ricerche dedicate alla resa delle atmosfere e agli effetti di luce e colore - riunendo oltre settanta opere straordinarie provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private.
Ad aprire la mostra è Filippo Carcano, con Pianura lombarda (1887), capolavoro assoluto del Naturalismo lombardoche introduce lo spettatore a
lla prima sezione "La Pittura di paese: dalla veduta al paesaggio" dedicata al paesaggio di età romantica rappresentato da alcuni dei più valenti artisti di area settentrionale. Tra le opere presenti in sala La morte del conte Josselin di Montmorency (1825) del torinese Massimo D’Azeglio che ha per soggetto la Crociata del 1187 e per protagonista la bella Matilde, sorella del re Riccardo d'Inghilterra, e la mirabile Veduta della laguna di Venezia presa dal Campo di Marte (1838) di Giuseppe Canella. Nella sala rossa si prosegue con Il naturalismo romantico d’oltralpe e la sua influenza sul paesaggismo italiano che offre il giusto spazio agli apporti fondamentali della pittura di paesaggio romantico naturalistica di area mitteleuropea. Ed ecco il ginevrino Alexandre Calame con Paese con macchia (1850) e il tedesco Julius Lange (Paesaggio nordico con montagne - 1852) presenti fin dai primi anni cinquanta alle esposizioni braidensi che influenzeranno la nuova generazione di paesaggisti operante nel nord ovest italiano, di cui sono esempio Angelo Beccaria (Alla Pesca - 1855) proveniente dalla Collezione del principe Odone di Savoia e Gaetano Fasanotti con il bucolico Strada di montagna (1862). La sezione si chiude con Antonio Fontanesi e lo straordinario Vespero (1859).
Nella successiva sezione Incontri, amicizie e sodalizi artistici. Dallo studio ginevrino di Alexandre Calame a Rivara e Carcare oltre a Fontanesi (Aprile. Sulle rive del lago del Bourget, in Savoia - 1864) e al genovese Tammar Luxoro (La via ferrata - 1870) , tra i fondatori nel 1849 della Società Promotrice di Belle arti di Genova, Alexandre Calame e la sua prestigiosa scuola attirano la maggior parte dei giovani pittori paesaggisti. A parte Carlo Pittara, qui presente con Le imposte anticipate (1865), che si trasferisce a Ginevra e si perfeziona frequentando lo studio del pittore animalista Charles Humbert, per le nuove leve della pittura di paesaggio Ginevra è la Scuola di Calame. Tra i primi a seguire le sue lezioni il portoghese Alfredo de Andrade (Motivo sulla Bormida - 1865), lo spagnolo Serafin de Avendaño (Sulle alture. Primavera - 1881) e il genovese Ernesto Rayper (Sulle rovine dell’antico castello a Volpiano - 1869) tutti presenti nella sala. La quarta sezione espositiva si muove 
Verso la pittura di impressione, infatti dalla prima metà degli anni settanta il paesaggio diviene il luogo privilegiato per il confronto con il vero anche per un pittore di scene di genere come era stato considerato fino ad allora Filippo Carcano che si spingerà, in compagnia di Eugenio Gignous qui presente con l'olio Il ruscello (1879), a lavorare en plein air nelle terre dei laghi lombardi, nei dintorni di Stresa, sulle alture del Mottarone, cercando di elaborare un nuovo linguaggio: La quiete del lago (1878) e L’isola dei Pescatori (1880) ne sono due splendidi esempi.
Nella successiva sezione ecco 
Il trionfo del naturalismo lombardo e la diffusione del nuovo linguaggioPartendo proprio da Carcano la sezione presenta alcune tra le opere più significative di Pompeo Mariani Il porto di Genova da Palazzo Doria (1884), di Achille Befami Formis Sulla Strona (1887), di Giorgio Belloni Nei campi (1889) e di Lorenzo Delleani con due deliziosi quadretti Giochi di bimbi e Capitombolo, ambedue del 1885, lavori che documentano anche la vita, gli usi e i costumi dei popolani. La sala successiva, Il naturalismo nel paesaggio urbano: tra i Navigli e il Carrobbio, è dedicata ad alcuni scorci del paesaggio urbano milanese divenuto oggetto di indagine pittorica. Presente colui che diventerà il maestro del Divisionismo, Giovanni Segantini con Il Naviglio al Ponte San Marco (1880) e Nevicata (1880-1881), La prima neve (1890) di Mosè Bianchi e le lavandaie di Emilio Gola (Naviglio a Milano 1890-1895) . Tra vita en plein air e intimità familiare. Leonardo Bazzaro all’Alpino la settima sezione è interamente dedicata a Leonardo Bazzaro e accompagnano il visitatore tra le alture della montagna verbanese, nella campagna nei dintorni di Gignese, tra i fiori del giardino del villino del pittore all'Alpino – costruito proprio sulla strada che da Gignese conduce al Mottarone – luogo amatissimo da Bazzaro e dalla moglie, la nobildonna Corona Douglas Scotti della Scala qui ritratta ne Tra le ortensie (1902). La penultima sala Dalle Prealpi all’alta montagna presenta alcuni dipinti eseguiti negli anni novanta, tra questi la grande tela de il Lago del Mucrone (1890) di Lorenzo Delleani, due straordinari dipinti di un ormai celeberrimo Filippo Carcano, Dall’alto (1895) e Il ghiacciaio di Cambrena (1897), e le raffinate sfumature di Ludovico Cavaleri (Dalle montagne del Lago Maggiore - 1898).
L’ultima sezione della mostra, Il paesaggio divisionista: dal vero al simbolo, è dedicata alle opere di autori che hanno operato in ambito divisionista come Giovanni Segantini con Mezzogiorno sulle Alpi (1891), manifesto ufficiale di questa mostra novarese, Carlo Fornara poesia cromatica della tela Fine d'autunno in Valle Maggia (1908) e soprattutto Giuseppe Pellizza da Volpedo, Sul fienile (1893-1894), il primo quadro in cui Pellizza cerca di applicare meticolosamente il divisionismoLa mostra è parte di un percorso di celebrazione della figura di Pellizza avviato da METS Percorsi d'arte congiuntamente alla GAM di Milano. Proprio a questo itinerario “pellizziano” è dedicata l’ultima sala della mostra di Novara che ospita anche La Clementina (1906-1907) un dipinto che non si vedeva dalla Biennale di Venezia del 1909. Il percorso proseguirà con l’uscita nelle sale del docufilm con Fabrizio Bentivoglio diretto da Francesco Fei, "Pellizza Pittore da Volpedo", prodotto da METS e Apnea Film e si concluderà a Milano nell’autunno del 2025 con un'ambiziosa mostra monografica organizzata congiuntamente da METS e dalla GAM, con l'opera simbolo di Pellizza, Il Quarto StatoQuesto variegato itinerario offrirà al pubblico l'opportunità di conoscere e apprezzare i molteplici volti del pittore che deve essere giustamente collocato tra i più grandi artisti europei del suo tempo. Conclusione di giornata all'ottima Trattoria Risorgimento a Caltignaga!

sabato 15 febbraio 2025

il "torneo" di bowling a Brescia - venerdì 14 febbraio

Serata divertente al Bowling Leonessa di Brescia. Altezzosamente denominato "torneo" ha visto fronteggiarsi ben dieci concorrenti su due belle piste. La battaglia a colpi di bocce ha decretato la vittoria di Gabry, un gradino più in basso la mitica Bice e terza Susanna, poi via via tutte le altre. E ora ci aspetta il torneo interregionale con le venete!

mercoledì 5 febbraio 2025

 SONO APERTE LE ISCRIZIONI PER IL TORNEO DI BURRACO!

Date e location verranno comunicate quando si raggiungerà un numero di iscritte pari a 12 o più partecipanti!!
Info e prenotazioni al 347 1527671, sulle nostre pagine Facebook e su questo blog

lunedì 3 febbraio 2025

“La Belle Epoque. L’arte nella Parigi di Boldini e De Nittis” a Brescia - domenica 2 febbraio

Come da tradizione, Palazzo Martinengo a Brescia ha inaugurato l'anno delle grandi mostre in Italia, allestendo nelle sale dello storico palazzo cinquecentesco nel cuore di Brescia la mostra "La Belle Époque. L’arte nella Parigi di Boldini e De Nittis" dedicata ad un periodo durato poco meno di quarant’anni, a cavallo tra Ottocento e Novecento, caratterizzato da un tumultuoso sviluppo e da una incrollabile fede nel progresso, da prodigiose scoperte scientifiche, dalla nascita del turismo di massa e dal grande fulgore artistico. I curatori, Francesca Dini e Davide Dotti, hanno ideato un avvincente percorso espositivo articolato in nove sezioni e ricco di oltre ottanta opere, per lo più provenienti da collezioni private, solitamente inaccessibili, e da importanti istituzioni museali come le Gallerie degli Uffizi di Firenze, il Museo Giovanni Boldini di Ferrara e il Museo Civico di Palazzo Te di Mantova.
Oltre a celebri dipinti quali il Ritratto di signora in bianco di Giovanni Boldini, Accanto al laghetto dei giardini del Lussemburgo di Giuseppe De Nittis e Al Café Nouvelle Athènes di Federico Zandomeneghi, ci siamo ritrovate immerse nel fermento culturale della Belle Époque grazie alla selezione di elegantissimi abiti femminili realizzati negli atelier dei sarti parigini più in voga, 
luoghi di ritrovo esclusivi dell'alta società, e attraverso le opere di celebri illustratori come Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich e Adolfo Hohenstein, che evidenziando l’importanza della grafica nell’arte visiva della Belle Époque. Completano l’esposizione i vetri artistici di Emile Gallé e dei fratelli Daum, realizzati con tecniche raffinate come incisioni, dorature e smalti che adornavano le abitazioni della ricca borghesia parigina e testimoniano l’eccellenza del design dell’epoca. Nel corso del diciannovesimo secolo la Francia è il centro propulsore dell’arte contemporanea e costituisce per molti paesi un modello ineguagliato di civiltà. Les Italiens de Paris - termine coniato dal critico d’arte Diego Martelli - si muovono sulla scena parigina a partire dal 1870  imponendosi all’attenzione internazionale inventando il genere pittorico della “tranche de vie”, è il caso di De Nittis e di Boldini che dipingono momenti della vita parigina lungo i boulevard, nell’intimità di giardini privati e di salotti esclusivi, ora lasciandosi sedurre dal linguaggio impressionista del veneziano Zandomeneghi, che con la sua originalissima tavolozza trasforma la donna parigina in una icona di moderna femminilità. Mentre Mancini con i suoi fanciulli del sud incanta con il suo virtuosismo, il più giovane Corcos infonde nelle sue tele la felicità stessa di un'epoca segnata dal trionfo dell’eleganza e del lusso in una Parigi mitizzata e sognata in ogni angolo del pianeta.
Il percorso espositivo, organizzato per sezioni monografiche dedicate a ciascun autore, si apre con le esperienze di De Nittis e Boldini.
Giuseppe De Nittis ha celebrato i riti della vita moderna, esaltando il vivere borghese dei salotti parigini, ma anche ritraendo con un vedutismo nuovo e personale, gli angoli più pittoreschi ed eleganti di Parigi, come quelli dei suoi parchi e giardini  (Accanto al laghetto del giardino del Lussemburgo, 1877) dove si incontrano amazzoni e cavalieri, dame eleganti a passeggio o in conversazione sulle panchine (Sulla panchina agli Champs-Élysées, 1875). La rassegna non manca di dare conto delle opere dedicate all'amata moglie Leontine (Léontine che pattina, 1875) e quelle che evidenziano la sua fugace adesione all’impressionismo con Boulevard Haussmann a Parigi (1877) e Campo di neve (1880). A questi lavori, De Nittis alterna un nuovo slancio creativo che lo porta a sperimentare tecniche pittoriche come l’acquerello e il pastello Ritratto di signora in giardino (1882) e ad indagare con inediti tagli visivi angoli di Parigi. Giovanni Boldini giunge a Parigi nel 1871 con un bagaglio di esperienza decennale trascorsa tra le fila dei macchiaioli. Nel giro di pochi mesi Boldini intraprende una propria strada che lo porta a creare un nuovo genere pittorico fortemente influenzata dal fascino della metropoli che Boldini dipinge con il suo stile nervoso e sensuale. Di questa fase sono esposte alcune opere importanti come L’ultimo sguardo nello specchio (1873), Berthe esce per la passeggiata (1874), o l’acquerello Al parco (1872). Sul finire degli anni Settanta ottocenteschi il linguaggio di Boldini si evolve per appropriarsi di una spazialità più ampia, di una più disinvolta mobilità del segno nel tentativo di cogliere una modernità più attuale e il senso dell’evoluzione stilistica del ferrarese è chiaramente percettibile nelle tele Carro con cavalli alla Porte d’Asnières (1887) e Alle Folies Bergère (1885). Sul finire del secolo Boldini perfeziona il ritratto mondano nel segno di una eleganza estrema che tende ad astrarre il personaggio raffigurato in una dimensione a parte. Ne sono un esempio, tra gli altri, lo splendido ritratto di Miss Bell (1903), La passeggiata al Bois de Boulogne (1909) e Ritratto della principessa Radziwill (1910). Ad arricchire la schiera degli Italiens de Paris, giunge nel 1874 Federico Zandomeneghi con alle spalle l’avanguardia macchiaiola.
Già nel 1876 le sue prove pittoriche rivelano un’apertura verso l’impressionismo che si traduce nei primi anni Ottanta in straordinari capolavori come Al caffè Nouvelle Athènes (1885), Visita in camerino (1886), Place du Tertre (1880), Il tè (1892). Il percorso espositivo si completa ripercorrendo le vicende artistiche di due autori quali Antonio Mancini che con i suoi scugnizzi napoletani commuove e incanta per  l'eccezionale virtuosismo pittorico, Scugnizzo con chitarra (1877) e Il piccolo Savoiardo (1877) ed infine Vittorio Corcos, qui presente con alcuni dei suoi capolavori più famosi, Le istitutrici ai Campi Elisi (1892), Messaggio d’amore (1889) e Neron Blessé (1899) capaci di trasmettere la felicità di un’epoca, segnata dal trionfo dell’eleganza e del lusso, in una Parigi, città mitizzata e sognata in ogni angolo del pianeta. Del resto già i contemporanei erano consci di vivere un periodo di sfarzo e frivolezza. Il critico Jules Claretie, nel suo libro "La Vie à Paris" descrive la Parigi della Belle Époque come un’era in cui la città sembrava essere il centro del mondo, aggiungendo che la Belle Époque c’était l’époque des rêves éveillés, de la foi en l’avenir et de l’amour de la beauté sous toutes ses formes / era l‘epoca dei sogni a occhi aperti, della fede nel futuro e dell’amore per la bellezza in tutte le sue forme
La mostra di Palazzo Martinengo è un invito ad un viaggio affascinante, ispirate dalla ricchezza delle tele e dei manufatti, veri e propri crocevia culturali di un'epoca dove storia, arte moderna, immagine si fondono per offrire ai visitatori esperienze culturali indimenticabili. Conclusione ugualmente importante alla "Locanda dei Guasconi", nel cuore storico di Brescia per assaporare l'autentica brescianità a tavola.

(fonte: Arte.it)