lunedì 25 marzo 2024

La mostra "Alphonse Mucha. La seduzione dell’Art Nouveau" e la meravigliosa Firenze - 23 e 24 marzo

Alphonse Mucha. La seduzione dell’Art Nouveau
, in mostra al Museo degli Innocenti di Firenze, non è solo un omaggio all'arte di Alphonse Mucha, è soprattutto una occasione per riflettere su un'epoca caratterizzata da un rinnovato interesse per l'arte, il design e la pubblicità, non solo rivolta a chi conosce l'universo di Mucha, piuttosto a coloro che, incuriositi dai suoi manifesti armonici, floreali e ornamentali, si approssimano per la prima volta al suo mondo. Percorrendo le sale della mostra si è circondati da opere armoniche dove le figure femminili, sempre protagoniste nell'arte di Mucha, sono aggraziate ed eleganti, incorniciate da composizioni floreali e da elementi decorativi che si ispirano alla natura. Nella prima sezione, Donne, Icone e Muse, si dà particolare spazio a Sarah Bernhardt, la grande attrice parigina che Alphonse Mucha conosce verso la fine del 1894. Mucha, illustratore per diverse riviste pubblicitarie, effigia la Divina in una locandina (presente in mostra in una grande litografia a colori) per il dramma Gismonda di Victorien Sardou, manifesti che ricoprono le strade di Parigi il primo gennaio 1895, riscuotendo un successo clamoroso tanto che la Divina Sarah gliene commissiona altre per le messe in scena da lei curate: nel percorso espositivo anche quelle per La dame aux camélias, La Samaritaine e Médée.
La seconda sezione è incentrata sulla cultura bretone. Per Mucha l'arte è espressione dell’identità culturale e ideologica di un popolo, lui stesso si ritrae frequentemente con indosso la camicia ricamata della tradizione nazionale, simbolo dell’unità slava. Negli anni che trascorre in Francia, grazie anche all'incontro con gli artisti della scuola di Pont-Aven, e in particolare con Paul Gauguin con il quale stringe un rapporto di amicizia che durerà fino alla partenza di Gauguin per Tahiti, l’artista riconosce una profonda affinità tra la cultura popolare ceca e quella tradizionale bretone e si avventura spesso in Bretagna per osservarla da vicino. Frutto di questi viaggi sono i molti schizzi e le fotografie di paesaggi, e figure con i tipici costumi popolari (ne sono esempi in mostra la coppia di stampe decorative Erica delle scogliere e Cardo delle sabbie). La terza sezione è invece dedicata ai manifesti pubblicitari e Mucha, nella Parigi di fine secolo, diviene il grafico più richiesto tanto che in venti anni ne realizza circa centoventi. Famosissimi sono quelli per lo champagne Moët & Chandon ma come si può ben vedere nel percorso espositivo, ne esegue per ogni genere di prodotto, dal cioccolato alle sigarette e alla birra, passando per i prodotti alimentari per l'infanzia (Nestlé), per le biciclette, i biscotti (Lefèvre-Utile) e i profumi (particolarissimo il profumo in formato spray Rodo). Disegni e fotografie esposte raccontano anche dell'utilizzo della fotografia come parte importante del suo processo creativo e ne sono esempi in mostra il calendario per i punti vendita Dewez con le raffigurazioni delle stagioni e le figure decorative Éveil du matin, Éclat du jour, Réverie du soir, Repos de la nuit. La mostra prosegue nella sua quarta sezione con il ritorno di Mucha in patria nel 1910, con l'obiettivo di porre la propria arte al servizio della libertà politica della nazione, e lo fa lavorando per quasi vent'anni al monumentale progetto dell'Epopea slava, reso possibile dal sostegno finanziario di un ricco uomo d'affari americano, Charles Richard Crane che condivideva l'impeto patriottico di Mucha. Per eseguire queste venti tele gigantesche l'artista affitta uno studio nel castello Zbiroh, nella Boemia occidentale. L’Epopea slava, presente in mostra solo con una panoramica d'immagini e con una foto che ritrae l'artista al lavoro su una delle tele, è oggi esposta al castello Moravský Krumlov di Praga. La mostra si chiude con un omaggio dei toscani al loro maestro Galileo Chini, colui che in Italia coglie e sperimenta, pur con uno stile personale, lo spirito innovativo e internazionale dell'Art Nouveau.
Uscite dalla mostra, circondate dalla magnificenza architettonica dell'Istituto degli Innocenti custode di eccelse opere d’arte tra cui alcuni capolavori del Botticelli, del Ghirlandaio e di Andrea della Robbia, ci riappropriamo di Firenze, una di quelle città che non finisce mai di meravigliare e l’effetto-sorpresa generato dal nostro stupore è il marchio della “inesauribilità” del reale, un reale che ci supera, suscitando in noi il desiderio di conoscenza. E quale miglior conoscenza di fronte alla cattedrale di Santa Maria dei Fiori con l'enorme cupola del Brunelleschi e il Battistero a pochi passi, gli Uffizi e ciò che contengono di più prezioso, Piazza della Signoria con il magnifico David di Michelangelo (ma l'originale è all'Accademia) e lo splendido Perseo con la testa di Medusa, celebre opera bronzea di Benvenuto Cellini, e continuando i segreti di Palazzo Vecchio, le inebrianti fragranze dell'antichissima Officina Profumo Farmaceutica in via della Scala, nei paraggi di Santa Maria Novella, il celeberrimo Ponte Vecchio con le sue caratteristiche botteghe e Piazzale Michelangelo con la vista più bella su tutta la città. E non dimentichiamoci la cucina toscana...

(fonte: finestresullarte.info)

lunedì 18 marzo 2024

Il monte Colombina fra splendide vedute lacustri e la cornice delle Orobie - domenica 17 marzo

Il paese di Bossico si estende sullo splendido altipiano che domina la Val Borlezza e l'alta Val Cavallina, e si pone morfologicamente come balcone naturale sul lago d'Iseo. Antico paese di agricoltori e pastori, Bossico ha avuto un interessante sviluppo turistico, non quello delle grandi folle piuttosto in profonda connessione con l'ecosistema naturale. Ed è in questa ottica che prendiamo lo spunto per un bell'anello escursionistico toccando anche la cima del monte Colombina, bel rilievo pratoso in posizione aerea su Bossico e il Sebino. Superiamo le case del paese percorrendo via san Fermo fino ad un ampio sterrato ad uso di parcheggio. Siamo a 900 metri di altezza e il sole riverbera piacevolmente mentre si procede in direzione di colle San Fermo (sentiero Cai 553) lungo una forestale che attraversa boschetti, cascine rurali e pascoli sino a raggiungere la Chiesetta dei Caduti (mt 1030) vicino ad un laghetto (la Pozza d'Ast) e a due postazioni per grigliare con diversi tavoli e panchine. La zona è molto bella e rilassante, ma bisogna prestare attenzione alla presenza di motociclisti che, in barba ai divieti, scorrazzano lungo le strade agro-silvo-pastorali del posto e lungo i numerosi sentieri di quello che oltretutto è un territorio protetto. Senza farci distrarre dalla segnaletica dei numerosi percorsi in MTB , il tracciato, dopo una curva sinistrorsa, si fa più ripido e si inoltra sempre di più all’interno di un fitto bosco di abeti e, dopo aver superato un paio di strappetti, sbuchiamo sul suggestivo pianoro del colle San Fermo (mt 1250) delineato dalla graziosa chiesetta e da alcune belle cascine circondate da ampi pascoli ai piedi degli erti pendii erbosi del monte Colombina.
Una parte del gruppo si ferma per uno spuntino all'Agriturismo La Selva, il resto procede per poche centinaia di metri lungo il pianeggiante sentiero Cai 554, che transita sulla sinistra della chiesetta, per poi affrontare con decisone il ripido tratto 554A che raggiunge la cima (mt 1459) seguendo la dorsale sud del monte Colombina. Il crinale degrada dolcemente e nel suo lembo più estremo risalta la grande croce di vetta installata nel 1951 (a ricordo del Giubileo dell'anno precedente), mentre davanti a noi il lago diviene protagonista assoluto. Nonostante alle nostre spalle le cime delle Orobie cerchino di attirare la nostra attenzione, siamo catturate dallo splendore seppur velato del panorama lacustre. Ci soffermiamo a scrutare Montisola, la Corna Trentapassi, il Guglielmo e di fronte ad essi il monte Creò, il Torrezzo e il Bronzone. Nel frattempo il gruppo si è ricomposto, lo sguardo ora si perde sui monti orobici anche divertendoci con il geolabio, una piastra d'orientamento in acciaio che indica la direzione e i nomi delle montagne che si vedono a 360° da quel punto di osservazione. E' ora di scendere. Il tratto è abbastanza ripido e va affrontato con calma e passo fermo fino ai pascoli alle pendici del Colombina a quota 1278 metri dove incontriamo una cornice di legno per fotografie da cartolina. Si riprende la discesa tenendo la sinistra e rientrando nel bosco fino a sbucare su una strada sterrata in corrispondenza di una casupola che attira la nostra curiosità. Si tratta del Cadì de la Pèst , piccola stamberga di recente ristrutturazione, risalente al 1630 quando la famigerata peste di manzoniana memoria raggiunse l'apice epidemico colpendo gran parte del nord Italia senza risparmiare nemmeno questa zona.
Una epigrafe al suo interno, datata 1887, ricorda che in questo tugurio trovarono fortunato rifugio alcuni componenti della famiglia Chiarelli in fuga dalla furia sterminatrice della peste. Proseguiamo lungo la forestale che più in basso piega verso sinistra per raggiungere il Forcellino di Bossico (mt 1174) importante crocevia di sentieri. Seguiamo ora le indicazioni del sentiero Cai 552 con direzione Bossico. La strada scende seccamente nel bosco per fuoriuscire nei pascoli della località Monte di Lovere quasi in corrispondenza con l'Agriturismo 5 abeti (oggi chiuso), intercettiamo il tracciato che rientra nella selva e nel chiudere l'anello escursionistico ci ritroviamo davanti a Placat, un progetto ecosostenibile all'interno di una bellissima pineta, con tende, casette sugli alberi e spazi comuni, per scoprire e vivere la montagna in modo consapevole. Tutto questo grazie a due giovani ragazzi, Elena e Davide, che hanno deciso di dar vita a qualcosa di unico che potesse valorizzare il territorio, la cultura e le tradizioni della loro terra. 

PARTENZA: parcheggio Bossico (mt 900)
SEGNAVIA: Cai 552-553-554-554a
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 550
ALTITUDINE: mt 1459
LUNGHEZZA: km 9