lunedì 29 agosto 2022

Il castello di Agazzano e il fantasma del conte "Buso" - domenica 28 agosto

Il castello - parte del circuito Associazione dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli - si affaccia sulla meravigliosa Val Luretta, terra di vigneti, cantine e vini d'eccellenza e si trova sul limitare del centro abitato di Agazzano in un punto di leggero dislivello, dove le ultime propaggini collinari dell'Appennino ligure lasciano il posto alla pianura Padana. E' parte del circuito Associazione dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli. In attesa del percorso di visita assistiamo ai giochi ispirati alla celeberrima saga di Harry Potter e organizzati per la felicità dei più piccoli all'interno del castello. Le origini del complesso fortificato risalgono al tredicesimo secolo per volontà di Giovanni Scotti che fece di Agazzano il centro dei possedimenti familiari ma la ricostruzione vera e propria risale al 1475 quando la nobile famiglia, dopo che un incendio aveva pesantemente danneggiato la fortezza, avvia la realizzazione di un complesso a scopo difensivo formato da due edifici contigui: il castello e la rocca. In questo periodo la famiglia Scotti si unisce ai Gonzaga col matrimonio del conte Giovanni Maria Scotti con Luigia Gonzaga di Novellara, donna di grande capacità a cui si deve la realizzazione del bel loggiato ancora oggi percorribile nella Rocca. Nel 1521 il castello viene conquistato da Pier Maria Scotti detto il Buso, al servizio del condottiero Prospero Colonna, poi ucciso a tradimento nella stessa giornata da Astorre Visconti durante la spartizione del bottino e gettato nel fossato del castello, corpo non venne mai ritrovato. La leggenda vuole che il suo fantasma si aggiri senza pace tra le mura del maniero.
Il complesso rimane tra i beni degli Scotti fino al 1741, quando alla morte dell'ultimo erede Ranuccio, passa alla figlia primogenita Margherita che lo porta in dote al marito, il conte Girolamo Anguissola di Podenzano che decide di aggiungere il cognome Scotti al proprio. Dall'unione delle due famiglie abbiamo la fusione araldica delle stelle (gli Scotti) con l'anguilla (gli Anguissola). La bella rocca duecentesca con torri angolari rotonde, ponte levatoio, mastio con rivellino, si affaccia su un cortile di grande suggestione e rappresenta una felice sintesi tra l'austerità dell'architettura difensiva medievale e l'eleganza della dimora signorile rinascimentale. Accanto troviamo una villa settecentesca che in origine era il borgo della rocca. Il cortile interno, dotato di un pozzo di forma esagonale, presenta in tre lati su quattro al piano rialzato un loggiato con volta a crociera al quale si accede dall'ingresso tramite due rampe di scale. Il quarto lato, realizzato verso la fine del Rinascimento, ospitava gli alloggi della guarnigione militare del castello. Una scala posta nel cortile conduce a un passaggio che, secondo la leggenda, permetteva di raggiungere il castello di Lisignano sull'altra sponda del Luretta, nel territorio del comune di Gazzola. L'interno del castello presenta gli appartamenti privati con i camini dell'epoca e le cucine.
Di notevole pregio, nella sala della musica, una collezione di ceramiche di diversa fattura tra cui l'antica Savona di Albissola e porcellane di Capodimonte, Maissen e Sèvres in bella mostra sulle importanti credenze settecentesche. Anche il giardino alla francese, munito di statue e fontana nasce alla fine del Settecento. Al suo progetto ha partecipato anche Luigi Villoresi, direttore del Parco della Villa Reale di Monza. Esso sorge dove erano originariamente presenti una vigna e il fossato che circondava l'esterno della rocca. Del vigneto rimane una porzione di circa tre ettari che viene utilizzata per la produzione di vini invecchiati successivamente nelle cantine. Sul finire della visita l'incontro piacevolissimo con il principe Scotti Anguissola, foriero di racconti di antenati e fantasmi legati a questo splendido castello.

lunedì 22 agosto 2022

Splendido Parco di Sojo (Lusiana - VI) - domenica 21 agosto

Nella piccola contrada di Covolo di Lusiana, una manciata di case silenti e una chiesetta a ridosso dello sperone roccioso del Sojo sul margine meridionale dell'Altopiano dei Sette Comuni, è stato realizzato un museo all'aperto di arte contemporanea davvero unico nel suo genere in Veneto. La prima cosa che si nota è la lunga falesia che taglia obliquamente una parte di monte e che dà il nome al parco, che è anche una delle più note palestre di roccia del vicentino. Il Parco nasce dall'intuizione dell’architetto Diego Morlin e dal suo desiderio di dare nuova vita a un'area di otto ettari di straordinario interesse ambientale e storico, lasciata a lungo in totale stato di abbandono. Il sito ospita attualmente più di settanta opere d'arte di artisti italiani e stranieri, collocate su sentieri ripristinati che si snodano in saliscendi nel bosco, attraversando anche alcuni tratti ripuliti di trincee della Grande Guerra. Non ci sono cancelli o recinzioni, è uno spazio aperto dove la creatività dell’uomo si mescola alla natura in perfetta simbiosi. Si cammina lungo sentieri e di volta in volta si scopre qualcosa di nuovo, si ammirano forme modellate nella roccia o nell'acciaio, volti, mani, animali, strutture di un pensiero astratto. Così ci si scopre ad osservare più attentamente anche le forme naturali che ci circondano e a domandarsi se anche quelle sono opere d'arte. Un ambiente spettacolare proprio sopra la lunga parete del Sojo, composto di boschi di faggi, querce, betulle, carpini, roverelle e grandi paesaggi sulla pedemontana e la pianura vicentina. Sono opere che ci parlano di anguane e antiche leggende, di valori universali, della necessità di ricordare. Ci parlano di noi. Con il tempo queste opere si sono magicamente armonizzate con la natura, hanno preso una patina di ciclica eternità che le ha fatte diventare parte integrante e viva del bosco. La camminata si snoda per circa tre chilometri attraverso sentieri boschivi e prati all'interno dei quali sono disseminate le installazioni. La biglietteria è collocata presso il "Punto giallo" posizionato lungo il percorso dove ci accoglie sorridente Diego Morlin. Per la sua specificità è annoverato tra i più importanti Parchi d'Arte Contemporanea in Italia. 

lunedì 1 agosto 2022

Escursione al Lago Trenta, nel cuore selvaggio delle Maddalene - domenica 31 luglio

La montagna è un luogo puro, genuino, ancestrale, con una potente energia ispiratrice. 
Significa amare il senso di interiorità e quella forma di silenzio meditativo che certi scenari portano con sé, qualcosa di fronte a cui l’animo umano difficilmente rimane indifferente. Niente libera come il sentore dei profumi di bosco e terra bagnata, la linea dei sentieri che si perdono tra i profili acuminati. La salita al suggestivo lago Trenta è tutto questo, una escursione lontana dai soliti canali turistici, situata nella parte ovest della Catena delle Maddalene e raggiungibili sia dalla val di Bresimo, laterale della val di Non, sia dalla altoatesina val d'Ultimo. Si parte da Malga Bordolona di Sotto (mt 1806), otto chilometri oltre l'abitato di Bresimo, imboccando il sentiero 136 accolti dall'alternarsi dei suoni dei campanacci delle mucche all'alpeggio e si sale fino alla Malga Bordolona di Sopra (mt 2084), crocevia col sentiero 133 "Aldo Bonacossa", storico sentiero SAT che da Passo Palade attraversa tutta la catena montuosa delle Maddalene fino ad arrivare alla Val di Rabbi snodandosi in ambienti selvaggi e poco frequentati. Da qui si prosegue verso nord in direzione del Passo Alplaner risalendo i soleggiati pendii erbosi della Valle del Vento, abbracciate da un panorama spettacolare su tutta la parte alta della Val di Non. A metà del percorso si arriva in una valletta dove si odono i fischi delle marmotte ma nascoste ai nostri sguardi. Risaliti gli ultimi valloni si intravvede il Passo Alplaner, caratteristica sella alpina, dove possiamo vedere Cima Trenta a destra e Cima del Lago a sinistra. Dopo un altro strappo guadagniamo i 2424 metri del passo e davanti a noi si apre la meravigliosa conca del Lago Trenta (mt 2387). Il forte vento di valle e un brusco calo della temperatura non impediscono la nostra sosta per assaporare la pace della vallata e ammirare i colori di questi luoghi, tra il blu intenso del lago e il verde dei prati d’alta montagna. Da questo punto è possibile proseguire oltre il lago, aggirare la soprastante Cima Trenta (mt 2636) e ridiscendere in Valle di Bresimo attraverso il Passo di Val Clapa (mt 2296) e le due malghe Scalét chiudendo un interessante itinerario ad anello ma noi preferiamo riprendere il sentiero 136 verso Malga Bordolona di Sotto dove ci fermiamo a gustare i loro prodotti locali. Malga Bordolona, il cui nome deriva dal dialetto "borda", utilizzato per indicare la nebbia che spesso circonda questo luogo, è da sempre una struttura adibita ad alpeggio e caseificazione. Il loro latte è lavorato sul posto per produrre Casolét, formaggi nostrani e gustosissime ricotte tutti utilizzati dalla ottima cucina malgara, un inno ai sapori intensi e tradizionali. E forse è proprio grazie a questo aspetto che la montagna definisce la sua identità più forte,
nello 
sfruttamento intelligente del territorio e di tutela delle tradizioni, la stessa che trova nella sua cucina una delle espressioni più alte.

PARTENZA: Malga Bordolona di Sotto (mt 1806)
SEGNAVIA: Sat 136
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 618
ALTITUDINE: mt 2424    
LUNGHEZZA: km 10