lunedì 18 luglio 2022

Splendida terra la Lunigiana - 15-16-17 luglio

"Da Pontremoli entrò Mompensieri nel paese della Lunigiana, della quale una parte ubbidiva a' fiorentini, alcune castella erano de' genovesi, il resto de' marchesi Malespini; i quali, sotto la protezione chi del duca di Milano chi de' fiorentini chi de' genovesi, i loro piccoli stati mantenevano" (Storia d'Italia di Francesco Guicciardini scritta a metà del Cinquecento)

Venerdì 15 luglio - La Lunigiana, terra di confine tra la Liguria e la Toscana, nasce dall’antica diocesi medievale di Luni, antica colonia romana fondata nel II secolo a.C. alla foce del fiume Magra. Terra di borghi medievali e castelli, di affascinanti montagne ricoperte da boschi millenari e solcate da torrenti cristallini, conserva ancora il fascino di una terra di confine, lontana dalla frenesia del turismo di massa. Base di partenza è Comano (MS), nell’alta valle del torrente Taverone, ai confini con le province di Parma e Reggio Emilia e più specificatamente il delizioso alberghetto "Elisa", a 530 metri di altezza lungo la strada che porta alla torre cilindrica, ultimo vestigio del diroccato castello malaspiniano. Da qui che ci si muove verso il Passo del Lagastrello, l'antico Malus Passus, a testimonianza delle pericolosità del viaggio con cui pellegrini e mercanti affrontavano il passaggio fra i due versanti dell’Appennino, non prima di aver incrociato la panchina gigante di Comano, la numero 153 del progetto BIG BENCH di Chris Bangle, inaugurata il 7 agosto 2021, con vista splendida sull'imponenti cime dell'Appennino Tosco-Emiliano e in modo particolare sul Monte Giogo dove sulla sua sommità si intravedono le antenne dell'ex base Nato, che raggiungiamo poco dopo. Posta sulla cima del Monte Giogo, a quota 1518 metri, la base progettata nel 1956 a seguito del Patto di Varsavia, era una stazione Skatter "Livorno Station" che faceva da ponte di comunicazione militare durante la guerra fredda trasmettendo codici criptati diretti alle basi NATO del Mediterraneo, base rimasta attiva sino a metà degli anni '90. Da allora, le due coppie di antenne paraboloidi da 20 metri di diametro ciascuna continuano a scrutare inermi il cielo mentre i locali della base, dove vivevano tecnici e personale vario, sono stati lasciati alla mercé dei vandali. Eppure vale la pena salire per questa strada di circa quattro chilometri, con un fondo estremamente sconnesso, perché il panorama da lassù è pura emozione. Ritorniamo sulla sp74 fiancheggiando i pochi ruderi dell’abbazia di San Bartolomeo che non rendono giustizia alla grandissima importanza acquisita dal cenobio, tra l'anno Mille e l'inizio del Trecento, lungo la Via di Linari, una delle arterie secondarie della Via Francigena.

Andiamo ora a raggiungere il Castello Malaspina di Monti, vicino a Licciana Nardi. Il castello svetta sulla sponda destra del torrente Taverone a controllo della vie appenniniche, lungo la Via di Linari verso l’Emilia e la Via del Volto Santo verso la Garfagnana. Documentato a partire dal 1275, il castello ebbe, come tutto il borgo, una storia travagliata. La sua proprietà passò di mano diverse volte fino a che nel 1638 la popolazione del borgo decise autonomamente di porsi sotto la guida del Granducato di Toscana. Oggi questo castello è l’unico, insieme a quello di Fosdinovo, a essere rimasto di proprietà dei Malaspina. La pianta del castello è un rettangolo irregolare. La torre più massiccia ospita la porta di accesso nella quale sono ancora visibili le feritoie per le armi e gli alloggiamenti per il ponte levatoio. A sovrastare la porta d'ingresso si trova la guardiola di vigilanza. Ci spostiamo ora verso Aulla fermandoci incuriosite davanti ad una struttura abbandonata. Parliamo dell'ex polverificio di Pallerone costruito nel 1918 per la produzione della solenite e della balestite. Con la fine del primo conflitto mondiale lo stabilimento rimase inattivo continuando a funzionare solo come deposito di esplosivi fino al 1924, anche se la documentazione a riguardo è scarsissima probabilmente perché legata al segreto militare. L'entrata in guerra dell’Italia diede nuovo impulso alla fabbricazione di materiale bellico. Dopo l’8 settembre 1943 venne occupato dai Tedeschi che lo controllarono fino alla liberazione. Nel 1977 l'area fu smilitarizzata lasciando il territorio con gravi problemi ambientali. L'intera area oggi è in completo abbandono e la folta vegetazione copre completamente l'intera superficie. Il ritorno all'albergo Elisa prevede aperitivo a bordo piscina...

Sabato 16 luglio - Si viaggia in direzione di Fivizzano attraverso boschi rigogliosi. "Perla sperduta tra i monti" di carducciana memoria, Fivizzano è conosciuta anche come "Firenze di Lunigiana", sia per essere stato uno dei primi paesi della zona a sottomettersi ai Medici, sia per l’eleganza delle sue architetture. Conserva un importante centro storico, protetto e racchiuso dalle mura medicee, erette da Cosimo I nel 1540. Appena fuori Fivizzano, si può ammirare il Castello della Verrucola che con la sua mole spettacolare è un prezioso esempio di architettura medievale. Posto tra il torrente Mommio ed il canale di Collegnago, controllava i diversi passi della Lunigiana orientale verso la pianura reggiana e modenese. Ricordato per la prima volta nel 1104, fu un importante possedimento dei Bosi, una delle famiglie discendenti da Rodolfo da Casola, vassallo della Contessa Matilde di Canossa.

Nel 1312 Spinetta Malaspina Il Grande ne ottenne il possesso e lo ampliò, aggiungendo delle possenti torri di fiancheggiamento accanto al mastio originario. Nel 1481, un violento terremoto causò la decadenza del castello, mentre si andava affermando la vicina Fivizzano come centro politico e mercantile. Il castello andò incontro a una lenta decadenza, fino all'acquisto nel 1977 da parte dello scultore Pietro Cascella che lo riportò all'antico splendore. Dopo una fermata al ristorante "La Luna Ripiena" a Castelpoggio, ci muoviamo verso l'Antica Stazione di Ravaccione a Carrara per partecipare al Marmo Tour Michelangelo. Lasciato il mare alle spalle, in località Fantiscritti, si risale la montagna, il verdeggiante paesaggio è rotto da un anfiteatro di candidi gradoni che inseguono venature e bagliori in un susseguirsi di scenari lunari inerpicandosi per strade sterrate, con scorci sulla Versilia. Una galleria dopo l’altra si attraversa la montagna spingendosi nel cuore della cava Galleria Ravaccione n. 84, "luogo prediletto da Michelangelo per la qualità del marmo". Quella che ci si trova dinanzi è una cattedrale di marmo in cui il candore è amplificato dalla luce artificiale. Pareti altissime che si innalzano seguendo il taglio incessante dei blocchi, stanze che si aprono una dopo l’altra in un abbraccio della montagna ove si ode l’eco della storia. E poi, a rompere l’argentea ripetizione, un trionfo di colori che onora l’amore per il marmo di Carrara del Buonarroti: è l’omaggio a Michelangelo di Ozmo, pseudonimo di Gionata Gesi, street artist toscano. E quale opera migliore per celebrare la fusione tra natura e arte se non la Genesi raffigurata nella volta della Cappella Sistina dal genio del Rinascimento. Un dialogo tra due artisti a distanza di secoli! Ritorno all'albergo con l'appuntamento irrinunciabile in piscina.

Domenica 17 luglio - Lasciato non senza rimpianti l'albergo ci dirigiamo verso Fosdinovo, nella Bassa Val di Magra. Nominato in epoca altomedievale come "Faucenova" fu oggetto di scontri tra i Malaspina e i vescovi di Luni. Dal 1340, Spinetta Malaspina divenne unico proprietario del feudo, iniziando un’epoca di relativo splendore e tranquillità fino al XVIII secolo. L'imponente castello domina dalla collina a dominio della piana della Magra. Tuttora appartenente ai discendenti malaspiniani, è al centro di numerose leggende legate ai Malaspina, come il fantasma di Bianca Aloisia o la leggenda della stanza di Dante. Solo per il castello Fosdinovo meriterebbe una visita, ma anche il borgo è un gioiellino. Tra le sue vie lastricate troviamo la chiesa parrocchiale di San Remigio del tredicesimo secolo con all'interno lo splendido sarcofago in marmo di Galeotto Malaspina, e l’oratorio della Compagnia dei Bianchi del Quattrocento con la stupenda facciata marmorea e lo stemma malaspiniano. Rimanendo nel territorio raggiungiamo l'Azienda agricola Pascale Francesca dove ci aspetta la visita in cantina e la degustazione della loro eccellente produzione vinicola. La famiglia Pascale "nasce" sugli ulivi di proprietà ma è la figlia Francesca a dare impulso all'azienda abbracciando il mondo del vino. La bellezza dei poggi di Fosdinovo si unisce alla volontà di valorizzare i terreni sottostanti l’oliveto e dare un impulso alla nascente agricoltura locale senza applicare "spinte" chimiche al normale ciclo della natura. Il terreno è prevalentemente argilloso, minerale, con forte spinta di acidità sul prodotto finale, valorizzato anche dalla rigogliosa macchia mediterranea, dalle ginestre, querce e corbezzoli presenti lungo i sentieri. I vigneti sono collocati quasi integralmente sotto l’uliveto adiacente alla cantina, su un crinale che scende dolcemente verso valle. Viene così impiantato il Vermentino, seguito dal Vermentino Nero, dal Canaiolo e dal Merlot. Dopo l'ottima degustazione e l'assaggio dei prodotti del territorio un breve giro anche tra i vigneti dove ci viene spiegato che "la loro viticoltura sfrutta i principi dell’inerbimento con trifoglio, favette, orzo, dicotiledoni facendo diversi tagli a 10 cm per avere più fioriture e favorire la biologia naturale rimanendo sempre attenti a tutte le varie fasi della crescita della vite che vengono monitorate e assecondate con i trattamenti naturali e i diradamenti atti con la potatura verde allo scopo di dare esposizione e ventilazione. L’attenzione all’innovazione e alla ricerca del miglioramento non tralascia l’importanza dei gesti antichi come la vendemmia che è ancora fatta a mano. La vinificazione è in bianco ed è realizzata secondo un protocollo di una breve macerazione sulle bucce a cui segue una pressatura delicata e infine una fermentazione con prolungata sosta sui lieviti per sei mesi".
Risaliamo la provinciale per raggiungere la Fortezza della Brunella che deve il proprio nome al colore della roccia su cui è edificata. Si erge alla confluenza del fiume Magra e del torrente Aulella, a dominio di entrambi le valli e in corrispondeza visiva con i castelli di Bibola a sud, Podenzana a est, Olivola e Bastia a ovest. Delle diversi ipotesi sulla sua costruzione, una riguarda la committenza di Jacopo Ambrogio Malaspina, signore di Aulla, verso la fine del XV secolo, forse la più accreditata vista la tipologia architettonica legata al periodo. Oggi la fortezza è una possente costruzione quadrangolare progettata in funzione delle armi da fuoco e caratterizzata da scelte architettoniche prettamente militari, come i grossi puntoni triangolari, la cinta muraria esterna e l’ampia scarpa che difendeva la fortezza su due lati, mentre gli altri due erano protetti dalla natura impervia del monte. Tappa successiva il Castello di Bagnone, di proprietà privata e non visitabile, è dominato da un imponente torrione cilindrico in pietra, coronato dai beccatelli del sistema piombante con arciere e bucature più ampie riquadrate da cornici. La torre rimane l’unica struttura superstite del castello, oggi del tutto scomparso e in parte inglobato in edifici minori della villa dei conti Ruschi-Noceti, nata su antiche preesistenze cinquecentesche, ampiamente trasformata da interventi ottocenteschi e da un arioso, imponente porticato che risale ai primi anni del nostro secolo. Perfettamente conservata è invece la struttura medievale del primitivo borgo. Risalendo la Lunigiana sulla via del ritorno, ecco la splendida Pieve di Sorano a Filattiera, ci fermiamo a Pontremoli situata su una striscia di terra tra due corsi d'acqua convergenti, i fiumi Magra e Verde. Per sovrani, monaci, santi e pellegrini questa era l'unica porta di accesso alla Toscana. Questa piccola località è stata divisa tra le regioni di Parma, Liguria e Toscana così tante volte nel corso degli anni da aver acquisito una personalità, un dialetto ed un fascino alquanto particolari. La sua singolare posizione ha fatto sì che la attraversassero fiumi e fiumi di pellegrini diretti verso la Terra Santa e verso Roma. Ecco il Ponte della Cresa che abbraccia il fiume Verde con i suoi quattro archi in pietra, una delle principali entrate della città provenendo da Piacenza.
Originariamente realizzato in legno, il ponte risale al Trecento. E pure il Ponte del Casotto e la sua torre, simboli di Pontremoli. L'entrata ed il ponte erano difesi dalla Torre Seratti, più comunemente conosciuta come "Torre del Casotto": il ponte si apre verso ovest, nel punto in cui i fiumi Verde e Magra si incontrano permettendo lo scambio di comunicazioni con la costa. Nel cuore della città il Duomo di Santa Maria del Popolo, con la sua impressionante facciata bianca. Costruita per rendere omaggio a Santa Maria, che salvò la popolazione dalla peste del 1600, in ricco barocco caratterizzato da molte decorazioni in oro e da una pianta a croce latina. Ecco la Torre del Cacciaguerra. Nemmeno gli angoli più remoti di Toscana furono esclusi dalla infernale battaglia che coinvolse i Guelfi ed i Ghibellini: questa imponente torre, costruita nel 1322, fu pensata per guardare e controllare le due fazioni rivali nella piccola città di Pontremoli. E poi c'è il Castello del Piagnaro. Il nome deriva dall'ardesia estratta dalle montagne limitrofe che si erge in posizione strategica per controllare non solo la città, ma anche le strade e le vie di comunicazione, imponendosi come roccaforte. Con molta probabilità, la struttura originale era una torre della metà del X secolo. Questa bellissima roccaforte, oltre ad offrire una vista panoramica meravigliosa sulla città e sulle montagne che circondano la vallata, ospita anche il Museo delle Statue Stele che rappresenta una delle testimonianze storico-artistiche più antiche e misteriose del territorio. Ma ora è davvero l'ora di tornare...

(fonte: www.terredilunigiana.com)

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