martedì 25 settembre 2018

Forte Pozzacchio (TN) - domenica 23 settembre

Nel 1906 il generale Conrad von Hotzendorf, capo dello Stato Maggiore austriaco, diede inizio alla costruzione di moderni forti corazzati a ridosso dei confini imperiali articolati in tre sbarramenti: Adige-Vallarsa, Altipiani e Valsugana. Forte Pozzacchio (in lingua tedesca Werk Valmorbia) posto a quota 882 metri, costituiva un elemento importante della linea difensiva austro-ungarica che iniziava da Riva del Garda verso Rovereto, proseguiva con i forti Matassone e Pozzacchio che sbarravano l'accesso dalla Vallarsa per poi salire sul gruppo del Pasubio e verso gli altipiani di Folgaria e Lavarone. La costruzione del forte quasi interamente in caverna, una sorta di costruzione in negativo dove il materiale principale è la stessa roccia in cui è scavata, fu iniziata nel 1912 con la realizzazione della strada militare e successivamente le caserme, l'acquedotto e una teleferica per il trasporto di materiali. Allo scoppio del conflitto erano completi solo il fossato di gola, la galleria centrale a ferro di cavallo e la struttura in calcestruzzo atta ad ospitare l'armamento principale che consisteva in due obici da 100 mm protetti da cupole girevoli in acciaio, due cannoni da 75 mm, numerose mitragliatrici e riflettori posizionati in caverna e protetti da scudi metallici. La carenza di manodopera e appunto l'entrata in guerra dell'Italia impedirono la conclusione dei lavori tanto che su ordine del comando di Innsbruck gli austriaci abbandonarono il forte per attestarsi in maniera difensiva su posizioni più arretrate nei pressi di Rovereto. Il forte fu così preso dagli italiani il 3 giugno 1915. Un anno dopo, il 22 maggio 1916, nell'ambito della cosiddetta Strafexpedition ("Spedizione punitiva" così denominata dalla propaganda italiana ma per gli austro-ungarici conosciuta come la Battaglia degli Altipiani), il forte ritornò in mano austriaca e vi rimase sino al termine del conflitto.
Saliamo lungo la carrareccia militare per una ventina di minuti, dalla parte opposta si intravedono i resti degli acquartieramenti. Oltrepassata una croce si arriva al fossato, prima difesa dagli attacchi della fanteria, largo otto metri con un ponte in mezzo, ponte che nel progetto della fortificazione doveva essere provvisorio, da utilizzare per il passaggio delle cupole corazzate fino alla zona delle batterie, per poi essere abbattuto. Seguendo la nostra guida entriamo nel ventre della montagna, con abbigliamento adeguato visto che lì sotto le temperature scendono rapidamente. Le caverne destinate ad alloggio erano sostenute da volte in calcestruzzo dello spessore di 50 centimetri in modo da assorbire le vibrazioni dovute ad esplosioni ed evitare il distacco di frammenti di roccia. All'interno delle caverne era prevista la realizzazione di baracche in mattoni con copertura in travi di ferro, assi e lamiera, evitando in questo modo l'umidità della montagna ma che non furono mai completate, e un complesso sistema di canali e vasche che permetteva la raccolta dell'acqua piovana. Seguiamo con attenzione la guida lungo i tre piani in cui è articolato il forte tra corridoi, depositi, alloggiamenti, scale e qualche postazione di artiglieria esposta alla splendida vallata circostante, terminando nella parte superiore dove erano presenti le postazioni in cupola. 
Per accedere alla sommità del forte era stato scavato un pozzo di venti metri nella roccia oggi invece attraverso una solida scala metallica raggiungiamo la sommità della fortificazione. "Evitando sia la pura invenzione sia la ricostruzione storicistica o arbitraria, gli architetti Francesco Collotti e Giacomo Pirazzoli, curatori del recupero della fortificazione, hanno disposto all’interno del Forte una serie di strutture metalliche quali scale, piattaforme, passerelle, corrimano, balaustre e panchine. Nella parte centrale del Forte, piattaforme e parapetti illuminati indirettamente lungo il loro perimetro ricordano, senza necessariamente ricostruirlo com’era, lo spazio delle baracche di legno dei dormitori delle truppe all’interno delle grotte, mentre nelle grandi sale sono le tracce a terra – i frammenti di cordolo in cemento che erano base delle strutture in legno – ad essere riusate nella loro funzione. Proseguendo, un’intricata rete di tunnel conduce alle nicchie dell’artiglieria leggera, dove piccoli affacci dalle forme differenti spuntano dal fianco della montagna. In uno di questi spazi è ospitata una singolare macchina ottica che racconta una delle innumerevoli storie di questo luogo: attraverso una piccola scala a pioli si accede infatti a un foro nella roccia, attraverso il quale era possibile comunicare, senza essere visti, con una casa “amica” in fondo alla valle. Elemento di grande importanza per il progetto è infatti il paesaggio, in questo caso fortificato e artificiale, perché oltre a ospitare i segni materiali e non delle sue trasformazioni, esso è elemento fondamentale di protezione e riparo, chiaramente percepibile a Forte Pozzacchio, il cui paesaggio-palinsesto è costituito da strati sovrapposti che rappresentano elementi spesso traumatici della sua storia. Nella parte superiore del grande pozzo, ad esempio, una passerella metallica recupera la forma della struttura sulla quale sarebbero state montate le cupole di tiro, sulla sommità della cresta della montagna. 
È il punto di contatto tra terra e cielo: una esplosione. A partire dalle tracce esistenti, l’intervento lascia dunque supporre ciò che sarebbe potuto essere il luogo. L’uso di un solo materiale, il ferro, conferisce una maggiore forza all'intervento le cui strutture – disposte in modo da determinare una sequenza di punti, superfici e piani più o meno densi e trasparenti, i cui vuoti e pieni si alternano ritmicamente – sono dipinte interamente con il colore rosso minio, che se da un lato ne esalta la materia, dall’altro dichiara la propria appartenenza alla dimensione minerale del luogo (arch. Federico Calabrese). 
Già fortemente danneggiato dai bombardamenti del maggio 1916, nel dopoguerra il forte fu spogliato delle parti metalliche e abbandonato al proprio destino mentre i suoi dintorni furono utilizzati a pascolo. Bisogna aspettare il 2005 quando il comune di Trambileno acquista il manufatto e inizia un importante lavoro di recupero restituendo Forte Pozzacchio alla sua originaria grandiosità.

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