martedì 26 settembre 2017

La Forra del Lupo (domenica 24 settembre)

La Forra del Lupo (in tedesco Wolfsschlucht) è uno straordinario percorso costituito da una lunga linea di trincea austro-ungarica, costruito nel 1915 per bloccare l'avanzata italiana verso l'altopiano di Folgaria ed è un esempio illuminante di ingegneria militare nell'avvicendamento di gallerie, grotte, appostamenti, scale scavate nella roccia e passaggi a strapiombo sulla Valle del Terragnolo. Rimase operativa sino al 1916 ovvero quando il fronte si spostò verso il Pasubio e il passo della Borcola per poi essere lasciata in totale abbandono sino al suo appassionato recupero nel 2015 e inserito all'interno del "Parco della memoria del Trentino".
Già disperavamo di poterlo percorrere dopo il temporale notturno e l'incertissimo meteo ma visto che il sole sembra volerci onorare della sua presenza, andiamo a raggiungere Serrada, frazione di Folgaria, meta turistica ma anche famosa per aver ospitato il pittore futurista Fortunato Depero e numerose tracce della sua poetica artistica sono disseminate tra le antiche corti. Il percorso Sat 137 parte dal grande parcheggio del ristorante Cogola e dopo una breve rampa sull'asfalto s'inerpica sul pianoro tra continui sali e scendi, attraversa un bel bosco di faggi dai profumi intensi dopo il piovasco notturno e da qui si va a percorrere la trincea vera e propria che si butta sulla sottostante vallata. Lungo il tracciato si incontrano pannelli con le foto di Ludwig Fasser, ufficiale austriaco di Innsbruck e testimone diretto della linea di difesa, fotografie che sono preziose testimonianze di come questi stessi luoghi apparissero cent'anni fa. Raggiungiamo l'inizio della forra del lupo tra alte pareti di roccia, in una piccola grotta troviamo anche il "diario di vetta" dove lasciamo scritte le nostre emozioni. Poi il bosco avvolto dal muschio si riprende i nostri passi tra gradini scolpiti nella roccia e sentore di funghi, e in questo clima quasi magico raggiungiamo località Caserme a 1490 metri dove sorgevano gli edifici che ospitavano la guarnigione del forte e ora ridotte alle sole fondamenta. Lasciamo queste mura solitarie rientrando brevemente nella selva sino a raggiungere località Teze. Qui il sentiero prosegue verso Terragnolo (Sat 138) mentre di fronte a noi il tracciato porta su a Forte Dosso delle Somme (in tedesco Werk Serrada).
Saliamo seccamente poi la rada foresta lascia il posto ad ampie dorsali, intorno nuvole e sole creano un paesaggio surreale avvolto dal silenzio. D'improvviso un camoscio ci osserva da lontano. E' un incontro emozionante, rimaniamo a guardarlo finchè lui esce dalla nostra vista mentre noi riprendiamo la salita. Raggiungiamo i ruderi delle casematte e dopo un centinaio di metri a quota 1670 metri si apre la visione del forte, imponente nonostante sia andato in rovina successivamente al conflitto mondiale. Disposto su tre piani era munito di due obici da 10 cm in cupola corazzata e la difesa affidata a 18 postazioni di mitragliatrice. Era la fortezza più grande e moderna degli altopiani di Folgaria e Lavarone, e come testimoniano i numerosi crateri visibili nei pressi del forte, durante la guerra fu bombordato dalle artiglierie italiane. Vorremmo restare più a lungo e visitarlo ma il pomeriggio sta terminando e bisogna ritornare. Dal forte seguiamo a circolo il sentiero di Sat 136 che porta vero il rifugio Baita Tonda (purtroppo chiuso) e poi seguendo la pista da sci della Martinella iniziamo a scendere verso Serrada, scollinando in direzione della partenza della seggiovia. Anzi è proprio l'occasione migliore, mentre ritorniamo verso il parcheggio, per osservare proprio alcune opere ispirate a Depero...


PARTENZA: Serrada (mt 1250)
SEGNAVIA: Sat 137-136
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 420
ALTITUDINE: Forte Dosso delle Somme (mt 1670)
LUNGHEZZA: km 8

domenica 10 settembre 2017

Il Festivaletteratura di Mantova (sabato 9 e domenica 10 settembre)

La ventunesima edizione del Festivaletteratura di Mantova ha chiuso i battenti e numeri alla mano, pur con meno spettatori rispetto all'edizione del ventennale, il bilancio è sicuramente positivo. Fatto sta che dopo due giorni festivalieri contrassegnati dalla presenza di fior di autori come la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie icona della lotta al sessismo e al razzismo oppure Elizabeth Strout di "Tutto è possibile", dalla penna del Washington Post e due volte premio Pulitzer Joby Warrick a Francisco Lopez Sacha esponente della drammaturgia cubana, anche noi vogliamo lasciare un segno prendendo parte a questo lungo respiro culturale il cui sentore lo avverti da subito, complice l'allegra corsa all'evento, la curiosità degli argomenti della tenda Sordello, l'ascolto sincero di bellissime pagine di lettura, i suoni di improvvisati jazzman lungo le vie cittadine, perchè in questi giorni Mantova è questo e più di questo. Nel cinquecentesco Palazzo San Sebastiano è di scena la montagna anzi Le otto montagne del fresco vincitore del premio Strega Paolo Cognetti, il racconto di un mondo, quello montano, dove i torrenti, i sentieri, le linee dei pendii hanno percezioni sensoriali che vanno oltre i luoghi geografici. Ti sposti in piazza Sordello e nel giardino interno di Palazzo Castiglioni è di scena l'incredibile coppia formata da Syusy Blady e Patrizio Roversi, che dopo tanti chilometri percorsi per "Turisti per caso" proseguono i loro racconti sulla falsariga dei grandi itinerari. E proprio Syusy ha voluto specificare quanto la parola caso sia distante dal suo reale significato perchè "ogni passo dei nostri cammini non è dettato dalla casualità ma dal Fato". I divertenti e divertiti schiamazzi a cui la coppia si è prestata hanno sottolineato il modo sui generis in cui i loro viaggi intorno al mondo sono stati organizzati e vissuti.
Per la ex tap model era anche l'occasione per presentare l'ultima sua fatica letteraria I miei viaggi che raccontano tutta un'altra storia in cui la sua viscerale curiosità storica e antropologica l'ha portata a ridiscutere la Storia così come la conosciamo. Sopra di noi persiste un cielo grigio ma piazza Sordello è sempre bellissima e quindi ce la gustiamo sorseggiando un aperitivo. Dall'altra parte di Mantova intanto, e più precisamente nelle aule dell'Università, la scrittrice tedesca Helena Janeczek messa da parte la sua fantasia narratrice, tra documenti, fotografie ed indizi ha riportato alla luce la figura della fotografa tedesca Gerda Taro che inventò con Andrè Fiedmann il mito di Robert Capa. Il suo romanzo La ragazza con la Leica restituisce alla cronaca una delle prime fotoreporter di guerra morta giovanissima sul fronte del conflitto civile spagnolo. Intanto a Palazzo Ducale, Carlo Lucarelli si confronta appassionatamente con la famosa giallista Elizabeth George. Un pò deludente l'evento "Settanta mi dà tanto" dove la scrittrice Francesca Capossele, in dialogo con Andrea Vitali, ha presentato la sua opera prima 1972 ma senza alcuna emozione narrativa. E mentre il sabato volge al termine noi andiamo ad un'apericena al Cubo dove diritti e integrazione si miscelano all'unisono con la musica.
Della mattinata domenicale possiamo citare che la temperatura è scesa bruscamente, le splendide piazze mantovane si sono svuotate e solo un vento freddo ci fa compagnia. Ma non per molto. Oggi si ritorna a Palazzo Ducale per l'evento Eni Viaggio in Africa e con ospiti d'eccezione quali Jacopo Fo, la scrittrice Ingy Mubiayi, il politico congolese Jean Leonard Touadi e il responsabile medico di Lampedusa Pietro Bartolo e a far da simpaticissimo moderatore l'onnipresente Neri Marcorè. Si parla del rapporto conflittuale dell'Occidente con il continente nero alla luce degli attuali e drammatici flussi migratori, tra mille pagine scure e qualche aneddoto divertente e pieno di speranza. Si chiude, almeno per noi, il Festivaletteratura con "Vent'anni di libri e chiacchiere insieme" tra il cantautore Francesco Guccini (in teleconferenza purtroppo) e lo scrittore Loriano Macchiavelli. Dopo  i "prodigiosi" tagli alla cultura e le allarmanti voci sul futuro del Festivaletteratura ci sembra giusto concludere riportando le parole dello scrittore torinese Davide Longo "Ma il motivo per cui siamo qui - e vorremmo esserci anche l'anno prossimo - è che possiamo essere tutti esattamente quello che siamo: schivi, istrionici, ironici, di successo, sconosciuti, seriosi, viziati, spartani, bisognosi di bagni di folla o eremiti in breve vacanza. Il Festival ti chiede e ti permette di essere quello che sei. Noi chiediamo al Festival di continuare a essere quello che è. Le persone che vengono agli incontri, che li affollano, forse non lo sanno, ma lo sentono. Lo amano e noi con loro".

mercoledì 6 settembre 2017

La bellezza della Lessinia, da Camposilvano alla Valle delle Sfingi (domenica 3 settembre)

Chiusa a nord dal maestoso gruppo del Carega e a sud delimitata dal solco fluviale dell'Adige, la Lessinia è una straordinaria terra per la dolcezza delle sue cime, teatro antico sospeso tra cielo e terra, lontanissima dagli echi del turismo chiassoso e apprezzata da chi vive la montagna nella sua autentica genuinità, nell'andar per malghe, nella ricerca dei sapori più sinceri. Oggi si sale sui Monti Lessini, nella sua parte più orientale, un'escursione che si sviluppa oltre i mille metri da Camposilvano (mt 1166), frazione di Velo Veronese e antico comune cimbro, e più precisamente dal Museo geopaleontologico  al cui interno sono custoditi  i reperti fossili e archeologici ritrovati in Lessinia. La mattinata risente dei temporali dei giorni precedenti, spira davvero un vento freddo freddo...Manteniamo l'asfalto per circa un centinaio di metri sino ad impegnare l'antica via pastorale, segnalata dalla bella Croce di contrada Kuneck, e superare in successione le contrade Tecchie, Battisteri e Pozze circondate da tranquilli bovini al pascolo che ci osservano con noncurante curiosità.
L'aria ora è mitigata da tiepidi raggi solari, rimettiamo le felpe negli zaini e attraversiamo un cancello, uno dei tanti lungo il percorso, lasciando alla nostra destra il tracciato che porta al Rifugio Lausen non senza aver apprezzato la particolarità dei tetti a doppia spiovenza che caratterizzano molte stalle di questa zona.
Il silenzio è rotto solo dalle nostre voci mentre superiamo la dorsale del Sergio Rosso mantenendo Monte Bellocca alla nostra sinistra, per poi raggiungere il Rifugio Vecchio Parparo (mt 1406) dove sostiamo per una pausa caffè. Poco più in alto, in località Parparo di Sopra, passa il sentiero E5 ovvero il sentiero europeo che dalla costa dell'Atlantico in Bretagna (Francia) attraversa le Alpi e dopo 3200 chilometri dovrebbe raggiungere Venezia, dovrebbe in effetti visto che il sentiero al momento si conclude all'Arena di Verona. Per i nostri panini preferiamo scendere nella sottostante Conca dei Parpari dove ci sono le piste del fondo, in un'area ben attrezzata. Nel frattempo il sole è scomparso di nuovo e soffia un vento gelido mentre riprendiamo la striscia d'asfalto per ritornare a Camposilvano, ma non per molto perchè scolliniamo di traverso scendendo verso contrada Ba mentre in lontananza si apre lo splendido panorama sul Garda color turchino e il sole ritorna trionfante in mezzo al cielo.
La contrada Ba è davvero suggestiva: ristrutturata in tempi recenti ha mantenuto le caratteristiche delle vecchie malghe. Seguendo il tracciato entriamo in un faggeto e all'ennesimo cancello ci ritroviamo sulla provinciale che scende verso la Valpantena. Non ci rimane che seguire la strada per cinquecento metri poi un blocco monolitico dalla curiosa forma a fungo, dall'alto di una collinetta, ci indica che siamo vicine alla Valle delle Sfingi. Si tratta di una valletta dove sono presenti numerosi monoliti di roccia le cui strane forme ricordano appunto le sfingi egizie e sono il risultato di migliaia di anni di erosione degli agenti atmosferici. Il paesaggio è davvero surreale mentre la nostra Mariaelena dall'alto di un blocco roccioso regala alla brezza le note gioiose della sua armonica. Lasciamo alle nostre spalle la ripida dorsale della valle per entrare in un bosco verdeggiante di muschi e licheni da cui si esce vicinissime al covolo di Camposilvano, una voragine carsica della profondità di 70 metri. Ancora pochi passi e ci ritroviamo di fronte al museo, punto di partenza dell'escursione.



PARTENZA: Camposilvano (mt 1166)
SEGNAVIA: 253
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 240
ALTITUDINE: mt 1406
LUNGHEZZA: km 12,2