lunedì 25 luglio 2016

Il Sentiero delle Casere in Val Brembana (domenica 24 luglio)

Il cielo minaccia pioggia ma noi non ci facciamo caso e senza troppe esitazioni infiliamo l'autostrada direzione la Val Brembana, nella bergamasca. Oltrepassata Berghem (insomma, Bergamo) lasciamo velocemente la città alle nostre spalle e superato il fondovalle ci si trova immerse nel paesaggio prealpino, poi sempre più su oltre i ripidi tornanti sino a raggiungere Mezzoldo e da qui il rifugio Madonna delle Nevi, a 1336 metri di altitudine, poco prima del passo San Marco. Il Sentiero delle Casere è un'escursione ad anello tra boschi silenziosi e verdeggianti alpeggi. Le casere sono edifici adibiti alla produzione del rinomato “formaggio di monte”, un formaggio ricco di sapori e tradizioni dell’Alta Valle Brembana. Il sentiero ha inizio al Pià dè la rasga  e superato il ponticello che scavalca il torrente Cavizzola, si sale ripidamente attraverso un bellissimo bosco tra giganteschi cumuli di  formica rufa, un insetto protetto per il suo essenziale ruolo di pulizia del sottobosco. La selva termina in val Terzera, una valle alla cui sommità si erge il Monte Cavallo (2323 metri). Tra una parola e l'altra una di noi segnala la presenza di una marmotta!
Ritta in piedi ci osserva curiosa ma forse anche spaventata dalle nostre grida concitate, scompare velocemente nella sua tana. Dopo una manciata di minuti si raggiunge la prima delle quattro casere del sentiero, la Casera Terzera (1600 metri) immersa nei verdi prati. Qui ci accorgiamo che dall'erba alta emerge la sagoma di una mucca. Ci avviciniamo lentamente eludendo, si fa per dire, ortiche gigantesche e notiamo che il povero animale ha una zampa fasciata. Lungo il cammino avviseremo della situazione qualche casaro. Abbandonato il sentiero 115, dopo una breve salita in un bosco rado, raggiungiamo un grande pascolo situato sulla dossale della Piana di Terzera dove stanno placidamente pascolando un gruppetto di mucche di razza bruna alpina. In alto intravediamo una baita e tagliando seccamente il crinale, la raggiungiamo pensando di essere arrivate alla seconda casera.
E invece no. Mentre due grossi cani e due belle bimbette ci guardano incuriositi, gli abitanti della malga ci mettono sul percorso giusto. Proseguendo nella direzione indicateci entriamo in un bosco di larici e dopo una buona mezz’oretta di falsopiano si giunge alla Casera Celtri  a quota 1725 metri. In lontananza ecco anche la terza casera, quindi si procede lungo il sentiero Cai 111 e di buon passo si raggiunge la Casera Cavizzola (metri 1800), ma è chiusa e non riusciamo nemmeno ad individuare le coppelle, incisioni rupestri risalenti al paleolitico, anche perchè siamo accerchiate da un indisciplinato gregge di capre. La pausa panino è d'obbligo, sostiamo sul picco più alto che domina la vallata ascoltando il respiro e la pace di questo luogo meraviglioso... Saltellando i numerosi corsi d’acqua del pianoro si va ad incrociare il biancorosso sentiero 124 che arriva alla quarta e ultima casera. Potremmo fare un salto al bivacco Alberto Zamboni, a trenta minuti di cammino, situato nella bella e silenziosa conca dell'Azzaredo, ma il cielo viene avvolto da nuvoloni grigi quindi meglio raggiungere la Casera Azzaredo a metri 1730 e poi scendere zigzagando attraverso il bosco non prima di una fresca sosta ai piedi di una cascatella del Cavizzola. E al rifugio Madonna della Neve ecco l'arrivo di marmotte stanche ma entusiaste.


PARTENZA: Rifugio Madonna della Neve  (mt 1336)
SEGNAVIA: Cai 115, 111, 124
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 450
ALTITUDINE: mt 1800
LUNGHEZZA: km 5

lunedì 18 luglio 2016

La leggendaria Charly Gaul, una giornata di grande sport (domenica 17 luglio)

La sua specialità erano le salite, quelle aspre e impossibili delle Alpi, quelle degli strappi verticali che non permettono di rifiatare. Capace di sfiancare gli avversari sulle salite delle montagne più aspre come fece con il mitico Anquetil nel Giro '59 ma soprattutto le sue imprese sono straordinarie visto che spesso erano solitarie e senza l'appoggio di gregari e di una grande squadra. Eppure il lussemburghese Charly Gaul rimane legato indissolubilmente a una delle tappe più drammatiche del Giro d'Italia, la Merano-Monte Bondone, dell'8 giugno 1956, esattamente sessant'anni fa.
Nove ore, sette minuti e ventotto secondi questo il tempo finale. Nulla di strano se non fosse per le terribili condizioni meteo susseguiti dopo i passi Rolle e Brocon. Sopra il Monte Bondone si scatenò una tremenda bufera con neve, vento e gelo che non diede scampo ai corridori. Più della metà abbandonò quella tappa impossibile e chi giunse al traguardo, compreso lo stesso Charly Gaul, arrivò quasi in stato di assideramento. Gaul diede otto minuti al secondo arrivato, Alessandro Fantini, e dodici a Fiorenzo Magni giunto terzo e con una spalla fratturata. In una sola tappa il lussemburghese salì dal quattordicesimo posto al primo in classifica difendendo il primato e la maglia rosa sino al trionfo di Milano. Erano anni in cui il ciclismo era sinonimo di fatica e di gesta eroiche e quella di Charly Gaul rimase negli annali della storia dello Sport. 
"Il Monte Bondone è una salita che va rispettata. E' una montagna per gente esperta e bisogna prepararla bene, questa non è la salita della domenica. Devi alzarti spesso sui pedali e, quando sotto le ruote, la strada s'impenna del 18%, il rischio di andare in debito di energie è sempre molto alto" afferma Gilberto Simoni, un campione che di salite se ne intende, presente anche in questa edizione, la undicesima, che vede la partecipazione di oltre duemila corridori con partenza da piazza Duomo a Trento ed arrivo sul Monte Bondone in località Vason a 1700 metri. Due i tracciati: la Mediofondo di 57 km e la Granfondo di 141 km con un dislivello di quattromila metri! Un tracciato tecnicamente impegnativo per scalatori abituati alla fatica, insomma. La domenica di oggi ci regala un sole splendido e una brezza leggera, lontana dai caldi torridi delle edizioni precedenti. Intanto a Vason, in attesa dei primi arrivi della mezzofondo, girano degli strani ciclisti in abbigliamento d'epoca: sono i partecipanti della Moserissima, svoltasi sabato 16 luglio, gara fortemente voluta da Francesco Moser con un percorso che da Trento percorre i dolci paesaggi della Val d'Adige e le sue caratteristiche borgate. Curiose ci avviciniamo a questi pezzi di antiquariato sportivo (le bici devono essere rigorosamente precedenti al 1987), vanto dei loro proprietari abbigliati in pendant con la propria bicicletta. Intanto radio corsa, attraverso la voce di Paolo Savoldelli, ciclista di fama e ora commentatore Rai, comunica concitato l'arrivo sul traguardo del vincitore della mediofondo maschile, Andrea Zamboni, e poco più tardi, il trionfo di Barbara Lancioni, già vincitrice quest'anno della Maratona delle Dolomiti che sottolinea un movimento ciclistico femminile sempre più partecipe ed entusiasta. Poi lentamente sfilano gli altri corridori, e sono tanti, tra sudore, fatica e qualche inizio di crampi visto che al mezzodì il caldo ora picchia davvero.
Nel frattempo giunge al traguardo un provato Kristian Ghedina, campione di sci e Franco Cacciatori, un ciclista sui generis visto che scala i picchi dolomitici in sella alla sua "vecchia" ma accessoriatissima Graziella! Noi preferiamo rifugiarsi nella sala ristorante dell'albergo Vason dove la polenta, anche in estate, la fa da padrona! Intanto sul traguardo si susseguono gli arrivi, la piazzetta della chiesetta si riempe di bici e di colori e mettici pure le spiritose canzoni dell'orchestra Avant e 'ndre a rendere l'atmosfera gioiosa. Si avvicina anche l'ora dei protagonisti della granfondo e intorno alle 14 ecco giungere per primo sul traguardo il teutonico Bernd Hornetz che domina la ""Charly Gaul" 2016 precedendo in ordine Luciano Mencaroni ed Enrico Zen. In campo femminile perentoria vittoria della lombarda Simona Parente che, sempre sola al comando, lascia Marina Ilmer a nove minuti mentre per la terza posizione bisogna aspettarne altri undici prima di vedere sul rettilineo del Bondone la sagoma di Gloria Bee. Un'edizione bellissima e una domenica di grande sport.

martedì 12 luglio 2016

Sul Monte Baldo! (domenica 10 luglio)

Scappare dalla soffocante cappa di afa della città diventa il più bel pretesto per una camminata sul Monte Baldo e, a maggior ragione, evitiamo la caotica Gardesana orientale preferendo salire dal versante trentino, lungo la strada che da Avio, in uscita dalla Brennero, risale la Val Aviana per raggiungere a 1518 metri la seggiovia Prà Alpesina. E qui ci dimentichiamo velocemente del caldo. Un buon caffè e poi si sale sulla seggiovia, non prima di aver infilato una felpa, che in una decina di minuti ci consente di arrivare in cima al crinale affacciato sul Garda....che oggi proprio non si vede coperto com'è da grossi nuvoloni che poi nell'arco della giornata si accompagneranno al lontano brontolare del temporale. La catena del Monte Baldo si presenta come un massiccio a forma rettangolare che si allunga dal veronese sino al Trentino per una estensione di 40 chilometri costeggiando il Garda. Dal punto di vista morfologico il Baldo è suddiviso in due settori distinti, quello vero e proprio che da punta San Vigilio sale sino a Bocca Navene (mt 1430) e il monte Altissimo, a quota 2078, che si estende sino alla sella di Loppio in territorio trentino.
Il nome Baldo deriva probabilmente dal longobardo Wald (selva) comparendo per la prima volta in una carta topografica tedesca. Nel frattempo noi siamo arrivate in località Tratto Spino a 1798 metri e decidiamo di seguire l'Alta Via del Monte Baldo (sentiero 651) in direzione sud, sentiero ottimamente segnalato, che porta fino a Punta Telegrafo passando per Cima delle Pozzette (mt 2132), Cima del Longino (mt 2179) e Cima Valdritta (mt 2218), un percorso che ci proponiamo di organizzare in un secondo tempo magari suddiviso in due tappe e con pernottamento in rifugio. Ci fermiamo per un panino in un breve spiazzo a duemila metri, mentre tre marmotte proseguono per Cima delle Pozzette. Anche se le nuvole ci negano la visione del Garda, intorno a noi il respiro della montagna è pura emozione, la flora montana ricolma di colori ed è meraviglioso ritrovare le stelle alpine! Facciamo a ritroso il sentiero per raggiungere l'anfiteatro naturale di Pozza della Stella dove da lì a poco si esibirà il coro dell'Arena di Verona, concerto organizzato dalla Società delle Funivie del Baldo. Il cielo nel frattempo è diventato bigio e le nuvole basse piene di pioggia amplificano l'attesa dei tanti escursionisti presenti. Il coro, diretto dal maestro Vito Lombardi, unitamente al Quintetto di ottoni, si esibisce in una fantasiosa serie di arie musicali, dalla Carmen di Bizet alla Traviata di Verdi, con una incursione nel celeberrimo musical West Side Story. Gli applausi sono strameritati, aspettiamo anche il "Và pensiero" ma l'aria si è fatta pesante e la presentatrice preferisce invitare gli spettatori alla polentata, ripiena di gustosissimo formaggio e accompagnata da un buon rosso della zona, prima che si scateni il finimondo! 


PARTENZA: Tratto Spino
(mt 1798)
SEGNAVIA: Cai 651
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 350
ALTITUDINE: mt 2200
LUNGHEZZA: km 7


lunedì 4 luglio 2016

La Trento-Monte Bondone: ancora Simone Faggioli! (domenica 3 luglio)

Sigillo numero otto per Simone Faggioli. Con la sua Norma M20 il pilota toscano ha fatto sua anche l'edizione numero 66 della cronoscalata "Trento-Monte Bondone", col tempo record di 9.07.66 lasciando alle spalle il rivale di sempre Christian Merli a ben 32 secondi! Gara valida per il Campionato Italiano Velocità Montagna e FIA Hill Climb Cup, la cronoscalata automobilistica ha visto ai nastri di partenza oltre duecento bolidi lungo i ripidi tornanti del Bondone che da località Montevideo sale per 17,3 chilometri sino al passo di Vason a quota 1700 metri. Certo un evento che ha sconquassato i ritmi e la quiete delle montagne circostanti, dove le gomme mordono l'asfalto e i chilometri vengono ingoiati in una manciata di minuti, regalando scariche di adrenalina ai numerosi spettatori presenti lungo il percorso. Ruggiti di motori che spaventano gli animali del bosco, ed anche il gattone dell'albergo Vason in cui siamo ospiti, e residui di olio motore dappertutto. Strappa un ironico sorriso, oltre l'aspetto meramente sportivo, il brulicare umano intorno a questo carosello automobilistico dove si confrontano anche auto di antica foggia, invero solo un involucro memore di remote passeggiate ma con dentro motori scalpitanti. Passa veloce come il vento una "vecchia" 500 e poi una rosseggiante Lancia Fulvia HF, antico desiderio giovanile di chi ha oggi i capelli brizzolati,
ecco le imperiose Porsche ma anche le Lola formula Le Mans dal bassissimo assetto stradale. E poi arriva Simone Faggioli che chiude imperiosamente la gara. Rare le donne nelle vesti di pilota, ne abbiamo contate solo tre tra i partenti, e solo l'agguerritissima trentina Gabriella Pedroni con la sua Mitsubishi Lancer Evo sale sul secondo gradino in classe A3000 e ventisettesima nella classifica finale.
Finalmente i rombanti motori se ne vanno e i monti del Bondone si riprendono i loro silenzi mentre il sole cala ad occidente sulla groppa del Palon.

sabato 2 luglio 2016

Marmotte sul ponte di Christo (venerdì 1° luglio)

Una lunga striscia arancione solca leggera sul lago d'Iseo, gioiello glaciale incastonato tra le montagne bresciane e bergamasche, un meraviglioso tappeto che si srotola sino a Monte Isola, la più alta isola lacustre d'Europa, a cui fanno da satelliti i due isolotti di Loreto e di San Paolo, quest'ultimo perimetralmente abbracciato dal progetto di Christo. Settanta mila metri quadrati di tessuto arancione sostenuto da un sistema di oltre 200.000 cubi in polietilene, quasi un milione e mezzo di visitatori. Ecco i numeri del progetto "The Floating Piers" dell'artista americano, un vero e proprio evento mediatico, andato oltre le stesse aspettative dell'autore, numeri che ben rappresentano la partecipazione entusiasta della gente. Il "io c'ero" si è trasformato in una coda perenne brulicante di persone che hanno percorso i 4,5 chilometri del tracciato, prendendo letteralmente d'assalto Sulzano, poco meno di duemila abitanti, e catapultandolo all'attenzione del mondo intero per sedici incredibili giorni. Domenica 3 luglio cala il sipario su quest'operazione artistica lasciandoci in eredità la strabiliante sensazione di un'opera tanto geniale quanto folle, probabilmente l'ultima di questo autore che negli ultimi 40 anni con la moglie Jeanne-Claude, scomparsa nel 2009, ha coniato la cosiddetta Land Art ovvero un intervento strutturale sul paesaggio modificandolo, in maniera provvisoria, con imballi tessili sui monumenti oppure sulla distesa di tessuti in luoghi naturali come la celeberrima Running Fence, installata tra il 1972 e il 1976 nelle campagne californiane a nord di San Francisco. Opera effimera sicuramente così come lo è la vita stessa del progetto, concetto affermato dallo stesso Christo "La natura è mutevole, in natura tutto cambia. Essendo la Land Art una forma d'arte in cui l'uomo interviene sulla natura, non può che conseguirne la brevità temporale dell'opera".
Per molti è una arte inutile e i detrattori si sono scagliati contro l'intera operazione artistica per il negativo impatto ambientale. Non entriamo nei motivi della diatriba, i giudizi sono stati frettolosi e in alcuni casi anche superficiali ma in fondo non fanno altro che rispecchiare le contrapposizioni presenti un pò in tutta l'arte contemporanea. Per noi è stata emozione pura. L'attraversamento dello specchio d'acqua, senza legami e costrizioni, ci hanno messo nelle condizioni di osservare la natura e il paesaggio circostante da un punto di vista totalmente diverso, una danza armoniosa amplificata dal breve moto ondoso provocato dalle numerose imbarcazioni di passaggio, quel breve rollio i cui freni le gambe e ascolti l'anima, oltre la marea umana che ti passa accanto, oltre il vociare stupito delle persone. "Siete tutti parte dell'opera" ha affermato l'autore salutando giornalmente il suo progetto a bordo di uno zatterone e contraccambiato dagli applausi. Un bravo va a quanti hanno lavorato con discrezione garantendo la sicurezza, e come da osservazione personale, la tempestività d'intervento degli ausiliari della Croce Rossa per un lieve malore ad una signora. Il caldo ha sicuramente fatto la sua parte ma questo primo luglio ci ha anche regalato, cullate dalle morbide onde sebine sull'isola di san Paolo, un tramonto spettacolare sui monti orobici.