lunedì 23 maggio 2016

Le bellissime cascate di Vallesinella in Trentino (domenica 22 maggio)

Anche oggi lo splendido Trentino, ma questa volta entriamo nel cuore del parco dell'Adamello-Brenta, puntando alle cascate di Vallesinella. Quasi alla fine del paese di S. Antonio di Mavignola, salendo verso Madonna di Campiglio, troviamo sulla destra il bivio per la Val Brenta. La strada, prima asfaltata poi sterrata, è stretta e tortuosa. Seguendo le scarse indicazioni e dopo aver passato un paio di ponti che superano il Sarca di Campiglio, incrociamo i segnavia della Sat che finalmente indicano il Sentiero delle Cascate. A dire il vero una parte del gruppo senza accorgersene ha oltrepassano le indicazioni sulla provinciale, raggiungendo l'imbocco successivo verso il rifugio Vallesinella e la cascata Alta, dove più tardi ci ritroveremo. Zaini in spalla imbocchiamo la forestale davanti a noi e cominciamo a salire, con decisi cambiamenti di pendenza, circondati da alte conifere e soprattutto dalla quiete del bosco, lontane anni luce dal caos turistico che prenderà d'assalto queste zone amene nella stagione estiva. La lunga salita termina e dopo una curva ci troviamo affiancate dal torrente Sarca di Val Brenta, originato dalla Vedretta dei Camosci, che subito si esibisce nelle cascate Basse di Vallesinella per poi correre veloce in una gola, quasi una forra, precipitando a valle (1265 metri).
Il paesaggio intorno è immaginifico e il Crozzon di Brenta si eleva imponente da dietro gli alberi mentre a sinistra abbiamo la massiccia Cima Brenta. Superiamo una piccola malga dismessa e guadagniamo quota attraverso il bosco avvicinandoci sempre più alle cascate che si sentono rumoreggiare in lontananza. Raggiungiamo altezza 1380 metri e si prosegue in falsopiano, sempre immersi nel bosco, trovando il segnavia per il rifugio delle Cascate e costeggiando il Sarca di Vallesinella che scorre poco sotto di noi. Pochi passi e davanti ai nostri occhi si apre lo spettacolo maestoso delle cascate di Mezzo a 1420 metri, quindi scendiamo al ponticello in legno da dove si gode della sua più roboante visione. Dove acqua e luce si abbracciano riesci a intravedere anche brevi arcobaleni. Dal ponte risaliamo il costone, tra ampi gradoni e brulicare di radici, fiancheggiando le veloci acque della parte alta della rapida e dopo una serie di ponticelli rientriamo nella selva. Raggiungiamo ben presto il rifugio Vallesinella (una gran brutta costruzione a dire il vero), siamo a 1518 metri. La segnaletica Sat indica ancora 30 minuti di strada per le cascate Alte ma prima la nostra sosta panino: intorno solo noi e le montagne. Poco più tardi siamo nuovamente in cammino lungo un tracciato sassoso mentre si susseguono le cascatelle e le fronde boschive mitigano il caldo pomeridiano. Una serie di ponticelli e poi si sfocia alla base della cascata Alta che s'infrange dirompente tra i costoni rocciosi. Qui ci riuniamo con il "disperso" gruppo di marmotte che, nel frattempo, ha raggiunto Malga Vallesinella sul soprastante altopiano, con le cime del Brenta nell'intenso azzurro di questa domenica di maggio. Tra chiacchiere, risate, piedi nell'acqua il tempo scorre velocemente. E' ora di tornare...




PARTENZA: Val Brenta
SEGNAVIA: 382
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 400
ALTITUDINE: mt 1681
LUNGHEZZA: km 5

lunedì 16 maggio 2016

I laghi dell'Altopiano di Pinè (domenica 15 maggio)

Magico Trentino. Terra di montagne e castelli, di boschi e laghi. E proprio i laghi sono la meta della nostra camminata, direzione l'Altopiano di Pinè e più precisamente il periplo dei laghi della Serraia e delle Piazze, complice anche un inaspettato sole. Il giro dei due bellissimi specchi d'acqua è in fondo una tranquilla passeggiata, con lieve dislivello nella congiunzione tra i due laghi, ed è frequentatissima in ogni stagione dell'anno ma "grazie" al maltempo dei giorni precedenti oggi il percorso è praticamente nostro e intorno regna un silenzio d'attesa rotto solo dalle brevi brezze che increspano le acque smeraldine. Il lago della Serraia è un bacino di origine glaciale dalla caratteristica forma a goccia mentre quello delle Piazze, parzialmente artificiale con la presenza della diga costruita tra il 1922 e il 1925, in tempi antichi era di dimensioni nettamente inferiori e circondato da un'ampia zona paludosa.
Dal centro di Baselga di Pinè, superato il ponticello del torrente Silla, costeggiamo il lago della Serraia, lasciando alle spalle l'abitato, subito immerse dalle frange boschive che discendono dal Dosso di Costalta. Il tracciato segue la costa nell'attraversare le paludi di Sternigo, una torbiera bordata da ampi canneti, e tra lievi chiacchiere e amenità varie ecco il successivo incontro con alcuni splendidi cavalli del centro ippico. Un tratto in salita e si raggiunge la diga del lago delle Piazze che si apre sul sottostante verdissimo prato dove c'è la nostra sosta panino, mentre in lontananza due ragazzi stanno pescando sulle sue rive. Oltrepassata la spiaggia si entra nel percorso pedo-ciclabile avvolte da un'ambientazione boschiva di grande suggestione. Giunti al capolago ci ritroviamo velocemente sulla sponda opposta. Le acque cristalline sono un richiamo ammaliante e qualcuna del gruppo non ci pensa due volte a sfilare calze e scarponcini per lasciarsi accarezzare dalle sue trasparenze. In lontananza le cime ancora innevate del Cros del Cuc (mt 1505) e del Dosso di Segonzano (mt 1542) si stagliano sul cielo azzurro. Per un breve tratto il tracciato corre parallelo alla strada provinciale, poi declina leggermente entrando tra prati brulli e poco dopo nell'abitato di Campolongo, superato questo pugno di case ci troviamo sulla riva opposta del lago della Serraia, allo sterrato si sostituisce il ciottolato pedonale sino a ritornare al punto di partenza...dopo una apprezzatissima sosta gelato! Nel frattempo Baselga si è notevolmente affollata quindi noi ne approfittiamo per scappare via puntando verso Castel Pergine, a pochi chilometri di distanza, che dall'alto del colle Tegazzo a 657 metri domina tutta l'Alta Valsugana. Il maniero è splendido e in parte ben restaurato. Al primo piano, nella cosiddetta Sala Nera rinascimentale, ci fermiamo in zona enoteca. I vini sono discreti ma è la compagnia ad essere fantastica, il modo migliore certamente di concludere la giornata. 



PARTENZA: Baselga di Pinè (mt.964)
DISLIVELLO: mt 100
DIFFICOLTA': T
ALTITUDINE: mt 1067
LUNGHEZZA: km 10
Cartina Kompass 626




venerdì 13 maggio 2016

Grandi Donne: CHANTAL MAUDUIT, abito in Paradiso...

L'appuntamento arriva con la recentissima pubblicazione in Francia di "Chantal Mauduit, elle grimpait sur les nuages", un tributo importante ed insieme sensibile che rispecchia la profonda personalità di questa grandissima alpinista che ha segnato il mondo della montagna negli anni Novanta. Assetata di vita e animata da uno spirito vagabondo Chantal Mauduit visse e raccontò con grande intensità ogni sua impresa che poi tratteggiava nei suoi appassionati appunti. Di ciascuna spedizione riportava i preparativi delle scalate, un tè con gli sherpa, le voci delle montagne, gli scorci suggestivi della cultura locale tramutandoli in pura emozione. Paesaggi, persone, cibi, dottrine si trasformavano in resoconti spirituali, in lirismi struggentinello stupito e privilegiato rapporto emotivo che aveva con i tetti del mondo, tratteggi poi raccolti nel suo bellissimo libro "Abito in Paradiso" pubblicato nel 1997. 
Chantal Mauduit nasce il 24 marzo 1964 a Parigi e si trasferisce piccolissima a Chambèry, nell'Alta Savoia rimanendo affascinata dalla bellezza delle Alpi. Appena quindicenne inizia a scalare affrontando col tempo pareti sempre più difficili come la nord delle Grandes Jorasses, una delle grandi classiche alpine, il Drus e il Cervino. Completati gli studi di fisioterapia, si dedica completamente all'alpinismo attaccando le vette più alte del Sud America come l'Urus (mt. 5420) e il Huascaran (mt. 6768), vette della Cordillera Blanca in Perù e cimentandosi anche nella traversata del vulcano Sajama (mt. 6542) in Bolivia, ma è a partire dal 1992 che la sua attenzione si sposta esclusivamente verso l'Himalaya decidendo di affrontare tutti i 14 Ottomila in stile alpino e senza ossigeno supplementare. Prova più di una volta ad attaccare l'Everest raggiungendo solo Cima Sud a 8750 metri (7 maggio 1995) costretta a rinunciare a cento metri dalla vetta a causa del forte vento e delle temperature estreme. Nell'agosto 1992 conquista il K2, considerato da molti alpinisti la montagna più difficile del mondo, ma rischiando tantissimo. 
Resa quasi cieca dalla neve riusce a scendere dalla vetta grazie all'aiuto dei grandi scalatori Ed Viesturs e Scott Fisher, quest'ultimo capo spedizione e una delle vittime più celebri della mortale bufera sull'Everest del 1996. 
Il 4 ottobre 1993 Chantal sale sul Shishapangma (mt. 8046) e il 31 ottobre è la volta del Cho Oyu (mt. 8201) ma sale senza l'autorizzazione delle autorità locali, estremamente rigide nei protocolli, il che potrebbe chiuderle le porte del Nepal. Chantal stessa ammise di non essere in grado di saper gestire le procedure burocratiche. Poi è la volta del Lhotse (mt. 8516) il 10 maggio 1996, prima femminile assoluta, il 24 maggio raggiunge il Manaslu (mt. 8163) mentre il 17 luglio 1997 conquista il suo sesto Ottomila, il Gasherbrum II (mt. 8035) confermandosi tra i più forti alpinisti al mondo. Ma questo giusto riconoscimento non le monta la testa rimanendo fedele alla sua anima quasi bohèmien. Scrive sul suo libro: "Dov'è finita l’estate? Ho scrutato l’orizzonte dalla cresta del K2, aggrappata alla montagna sotto la luce pallida della luna, solo ghiacciai serpeggiano tra le cime che si librano in lontananza". Incontra l’umanità più disparata: "Arrampico con russi e americani, ascolto e chiacchiero con gli iberici: è fantastico". Descrive la perdita di sensibilità alle mani e ai piedi nel gelo intenso delle vette, ma poi conclude ammettendo che "il mio cammino interiore ha sorpassato l’orizzonte in un rigoglioso accenno di fioritura". Nel 1998 Chantal tenta l'attacco ai 8167 metri del Dhaulagiri con il suo fedele sherpa Ang Tshering, sarebbe il suo settimo sigillo himalayano, ma entrambi vengono trovati morti nella loro tenda a Camp II probabilmente a seguito di una caduta di rocce o neve a circa 6500 metri di altezza. E' il 13 maggio.
I lunghi viaggi hanno portato Chantal Mauduit ad inseguire la festa della vita nei mercati multicolori di mezzo mondo, sulle pareti patagonighe e himalayane e sui mari dell'Antartide, pronta a perdersi nella contemplazione di un volo d'uccelli o versare profumo sulle pietre roventi di una sauna improvvisata ai piedi dell'Everest perchè "appena si sale di quota il vissuto diventa un'esperienza sensoriale profonda". Lei che era impegnata per la causa tibetana  e per questo il 10 marzo del 1997 aveva scalato la guglia di Notre-Dame di Parigi per appendere una bandiera tibetana. Lei che aveva incontrato il Dalai Lama nel Dharamsala in India. Lei che la ricerca della saggezza la portava a scoprire la meraviglia ovunque. "Talvolta le immagini delle scalate in montagna si trasfigurano in odori, sapori" come negli immensi altopiani himalayani dove "a volte il vento si placa, i ghiaccia dormono, il tutto non è che calma, contemplazione, meditazione. Importante è scoprire l'arte, l'arte di vivere, di ridere, di sorridere" in totale contrasto con il fondamentalismo islamico dei pakistani che non riuscivano a capire questa strana francese e il suo girovagare da sola per l'Himalaya. Lei che era semplicemente Chantal Mauduit.
Lo stesso pensiero libero e sensibile che ha portato, dopo la sua scomparsa, alla creazione dell'Associazione Chantal Mauduit Namasté per migliorare le condizioni dei bambini nepalesi.










Alexandre Duyck "Chantal Mauduit. Elle grimpait sur le nuages" (aprile 2016, edizioni Paulsen)

domenica 1 maggio 2016

Primo maggio 2010-2016: sesto compleanno delle marmotte!

È il nostro compleanno! 
Nato con lo scopo di promuovere l'amore, il rispetto e la conoscenza della montagna favorendo la valorizzazione del territorio, la difesa dell'ambiente naturale e lo sviluppo dell'attività escursionistica, il gruppo Allegre Marmotte ha maturato in questi anni un pensiero più ampio dell'oggetto "montagna" luogo dove il ritiro è più spirituale, seguendo quella filosofia ascetica che vede nelle vette isolate il posto ideale dove tornare ad ascoltare se stessi.
Sei anni di attività, di percorsi, di allegre cene, di eventi culturali, proposizioni  che richiedono uguale impegno ed entusiasmo, parti integranti di ogni progetto.
Prendendo ad esempio una citazione di Albert Einstein "Quello che facciamo per noi muore con noi, ma quello che facciamo per gli altri diviene immortale".