venerdì 8 marzo 2013

Grandi Donne: MARY VARALE, giacchetta rossa...

Lei, inseparabile con la sua giacchetta rossa, è considerata insieme alla milanese Ninì Pietrasanta una delle pioniere dell'alpinismo femminile italiano, una di quelle (poche!) signore della montagna cimentatesi sul sesto grado, ovvero la massima difficoltà in parete del tempo, riuscendo a scalare fra il 1924 e il 1935 ben 217 rilievi!
Mary Gennaro Varale nasce a Marsiglia nel 1895 e sin da giovanissima dimostra un carattere forte e indomito tanto da avventurarsi in un mondo, quello alpinistico, estremamente maschilista. I primi attacchi sulla roccia avvengono negli anni Venti sul gruppo altoatesino dell'Ortles e del Disgrazia in Valtellina. Successivamente è presente in cordata con le più importanti guide dell'epoca ( Tita Piaz ed Emilio Comici su tutti) realizzando difficili scalate quasi tutte in prima femminile! Fra le tante la Cima dei Tre nel gruppo Civetta-Maiozza (1930), la Punta Angelina sulle Grigne, lungo la Via Mary, così chiamata in suo onore, con il forte Riccardo Cassin nel 1931, la parete sud-ovest del Cimon della Pala e lo Spigolo Giallo alla Cima Piccola di Lavaredo  con lo stesso Comici e Renato Zanutti (1933) oggi una classicissima delle Dolomiti. Nel 1933 sposa il grande giornalista e scrittore Vittorio Varale.
"Appassionata ed ardimentosa arrampicatrice" Mary affronta molte salite da capocordata e qualcuna in solitaria. Femminista ante litteram la Varale si cimenta anche con la penna e sulle pagine della rivista "Vita Femminile", diretta da Ester Lombardo, scrive alle lettrici promuovendo la propria esperienza alpinistica come importante esempio sportivo per tutte le donne . "Credo che ciò non sia del tutto inutile, se non altro per dimostrare o ricordare a chi finge di non saperlo, che noi donne non siamo poi quegli esseri pavidi e debolucci che i signori uomini vogliono far credere".
Coerente con se stessa e in aperta polemica col Cai di Belluno, nel 1935 firmò le proprie dimissioni per la decisione del club, a suo vedere immotivata, di non voler concedere la medaglia al valore atletico ad Alvise Andrich, reo di essere stato semplicemente suo compagno di cordata sul Cimon. Negli anni andrà diradando la sua attività in montagna anche a causa di una grave forma di artrite che la colpisce ancora giovane sino alla sua scomparsa avvenuta a Bordighera nel 1963.

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