martedì 26 marzo 2013

Lo scaffale: UNA CAMERON

Presentazione
  Quella dell'alpinismo è una storia al maschile. Vi figurano pochissime donne, e sono quasi sempre personaggi eccezionali. Bisogna essere speciali per primeggiare in un universo maschio e maschilista, in cui l'unione della cordata si confonde con il gioco virile e si autentica nella spavalda complicità dei ragazzi a caccia di avventure, nelle spesse allusioni a sfondo sessuale, in quella goliardia intrisa di coraggio e incoscienza che è riservata a chi porta i pantaloni lunghi continuando a comportarsi come quando li aveva corti.
  Tra le ragazze speciali che hanno saputo distinguersi nello strano mondo dell'alpinismo c'è certamente la scozzese Una Cameron, che ha viaggiato in quattro continenti con l'animo dell'esploratrice, ha attraversato con gli sci le Alpi occidentali e ha scalato alcune delle vie più difficili del Monte Bianco negli anni tra le due guerre del Novecento, prima che la tecnologia e il turismo ne addomesticassero i versanti ridimensionando un mito geografico. Prima della Seconda guerra mondiale il Monte Bianco era ancora una frontiera misteriosamente lontana, dove si viveva l'isolamento degli avventurieri e si arrampicava con la consapevolezza di essere soli con il proprio destino. Nessun elicottero veniva in aiuto degli alpinisti in difficoltà e le operazioni di soccorso erano affidate alla buona stella. Leggendo l'avvincente biografia contenuta in queste pagine, in cui lo stile narrativo della biografa si affianca a quello altrettanto colorito e brillante della protagonista, scopriamo almeno due insiemi di motivi per cui, presumibilmente, la signora Una Cameron divenne speciale: uno di nascita e uno di adozione.
  Nacque in una famiglia di gente industriosa, agiata e non convenzionale, per la quale il commercio aveva la stessa dignità dell'arte e il viaggio serviva tanto per vendere whisky quanto per acquisire emozioni. Crebbe in un Paese in cui le donne coraggiose avevano più speranze che altrove di inventarsi una vita e farsi rispettare dall'altra metà del mondo scrivendo, viaggiando, amando e scandalizzando. Scoprì un'isola di montagna, Courmayeur, dove viveva gente disponibile e si respirava il fascino delle cose "primitive", naturali, di una volta. La wilderness dell'alpe e degli alpigiani. Da buona britannica Miss Cameron cercava il suo lembo di terra esotica e lo trovò in cima alla Valle d'Aosta.
E veniamo al motivo di adozione. Miss Una fu in qualche modo adottata dalla comunità locale, costruendo una casa propria ai piedi del Dente del Gigante e diventando amica - non semplicemente cliente - di due guide del Monte Bianco: Edouard Bareux ed Elisée Croux. Qui sta a mio parere una delle grandezze della sua vita instancabile: l'amicizia di una scozzese colta e disinibita con due montanari della Vallée più profonda, la reciproca capacità di parlarsi, capirsi, mettersi in gioco. Anche oggi non sarebbe affatto comune una relazione di questo genere, e meno che mai lo era prima che il turismo portasse sulle montagne la città sovrapponendo le due culture. Nei suoi gustosi diari di alpinismo e di viaggio la Cameron descrive i due compagni d'avventura come dei pari, sia dal punto di vista tecnico che umano, e non si nota alcun atteggiamento di superiorità nel suo essere nata ricca e da famiglia nobile, oppure di inferiorità nell'essere nata donna e cresciuta in pianura.
  Evidentemente si creò un'alchimia positiva tra la visione britannica della forestiera e la cultura francofona degli abitanti, al punto che Miss Cameron lasciò la sua magnifica villa alla gente che l'aveva ospitata purchè "parlasse francese". E' stato un atto conforme a una vita generosa e senza calcoli, che oggi ci consente di ricordarla con un edificio vivo e utile alla collettività degli alpinisti, fascinosa sede della Fondazione Montagna Sicura.

Enrico Camanni
(alpinista e scrittore)


sabato 23 marzo 2013

K2 - La montagna degli italiani



 

K2 - La montagna degli italiani, la coproduzione italo-austriaca incentrata sulla conquista della seconda vetta del mondo nel lontano luglio 1954, diretta da Robert Dornhelm e andata in onda su Rai 1 in prima serata lunedì 18 e martedì 19 marzo, avrà certamente fatto storcere il naso ai puristi dell'alpinismo e infuriare gli eredi dei grandi protagonisti di quella storica ascensione ma al pubblico è piaciuta molto e coinvolto emotivamente chi è a digiuno "di cose di montagna". Le due serate hanno richiamato quasi cinque milioni di telespettatori decretando il successo della fiction e questo fa presupporre una crescente curiosità e ampio eco popolare verso il mondo della roccia non confinata a mera elite alpinistica, a dispetto anche delle gravi inesattezze sulle vicende personali dei protagonisti e ad un certa approssimazione nel tratteggio dei loro caratteri, nonchè a qualche svarione tecnico d'alta quota come nell'apparizione di zone d'erba impossibili a certe altitudini, oppure mostrare Walter Bonatti come un vero duro visto che sta
spesso con il giaccone aperto quasi non facesse freddo a 8000 metri, e osservare che il Karakorum non sembra affatto il Karakorum! Ma dimenticandosi di queste incongruenze, la trama televisiva appassiona, segnala passi importanti di memorie di montagna, tracciando emozionalmente una pagina forte di orgoglio nazionale, una pagina scritta sulle nevi himalayane di un'Italia che, uscita sconfitta dal conflitto mondiale, vide in quell'impresa motivo di riscatto!
La spedizione italiana del 1954 al campo base

venerdì 8 marzo 2013

Grandi Donne: MARY VARALE, giacchetta rossa...

Lei, inseparabile con la sua giacchetta rossa, è considerata insieme alla milanese Ninì Pietrasanta una delle pioniere dell'alpinismo femminile italiano, una di quelle (poche!) signore della montagna cimentatesi sul sesto grado, ovvero la massima difficoltà in parete del tempo, riuscendo a scalare fra il 1924 e il 1935 ben 217 rilievi!
Mary Gennaro Varale nasce a Marsiglia nel 1895 e sin da giovanissima dimostra un carattere forte e indomito tanto da avventurarsi in un mondo, quello alpinistico, estremamente maschilista. I primi attacchi sulla roccia avvengono negli anni Venti sul gruppo altoatesino dell'Ortles e del Disgrazia in Valtellina. Successivamente è presente in cordata con le più importanti guide dell'epoca ( Tita Piaz ed Emilio Comici su tutti) realizzando difficili scalate quasi tutte in prima femminile! Fra le tante la Cima dei Tre nel gruppo Civetta-Maiozza (1930), la Punta Angelina sulle Grigne, lungo la Via Mary, così chiamata in suo onore, con il forte Riccardo Cassin nel 1931, la parete sud-ovest del Cimon della Pala e lo Spigolo Giallo alla Cima Piccola di Lavaredo  con lo stesso Comici e Renato Zanutti (1933) oggi una classicissima delle Dolomiti. Nel 1933 sposa il grande giornalista e scrittore Vittorio Varale.
"Appassionata ed ardimentosa arrampicatrice" Mary affronta molte salite da capocordata e qualcuna in solitaria. Femminista ante litteram la Varale si cimenta anche con la penna e sulle pagine della rivista "Vita Femminile", diretta da Ester Lombardo, scrive alle lettrici promuovendo la propria esperienza alpinistica come importante esempio sportivo per tutte le donne . "Credo che ciò non sia del tutto inutile, se non altro per dimostrare o ricordare a chi finge di non saperlo, che noi donne non siamo poi quegli esseri pavidi e debolucci che i signori uomini vogliono far credere".
Coerente con se stessa e in aperta polemica col Cai di Belluno, nel 1935 firmò le proprie dimissioni per la decisione del club, a suo vedere immotivata, di non voler concedere la medaglia al valore atletico ad Alvise Andrich, reo di essere stato semplicemente suo compagno di cordata sul Cimon. Negli anni andrà diradando la sua attività in montagna anche a causa di una grave forma di artrite che la colpisce ancora giovane sino alla sua scomparsa avvenuta a Bordighera nel 1963.