lunedì 13 gennaio 2020

La conca delle Viote (Monte Bondone) - domenica 12 gennaio

Accenni di Monte Bondone, ed ecco "la montagna dei trentini" beninteso quella degli abitanti di  Trento, una manciata di chilometri in salita tra stretti tornanti e boschi silenziosi. Un montagna che si è arroccata su memorie antiche e sprazzi di gloria che stemperano l'apatia politica di questi anni recenti. E dire che sulle sue piste nel 1934 fu costruito il primo impianto di risalita in Europa che operava come slittovia e chi non si ricorda il mitico Trofeo Topolino di sci alpino che vide il Bondone sede stabile della manifestazione negli anni Sessanta e Settanta, vera e propria fucina di futuri campioni quali Gustav Thoeni, Marc Girardelli, Lindsey Vonn o Deborah Compagnoni. Dallo storico Hotel Vason, fortemente voluto dalla famiglia Calovi nel lontano 1956, scendiamo per un paio di chilometri direzione le Viote lungo la panoramica che abbraccia visivamente il gruppo del Brenta. Attorniato dal monte Palon (mt 2090), che si affaccia sulla Valle dell'Adige e domina la città di Trento, e dalle tre cime del Bondone, ovvero Monte Cornetto  (mt 2180), Doss d'Abramo (mt 2140) e Cima Verde (mt 2102), con un sole così l'altopiano imbiancato delle Viote regala un paesaggio fantastico. Attraversata la provinciale 85 seguiamo la Perdemontana, un ampio sentiero a lambire boschi rigogliosi che si arrampicano sul Palon. Il sentiero innevato e ben battuto non richiede l'uso delle ciaspole permettendo in questo modo una camminata leggera e piacevole sulla neve sino a raggiungere la Capanna Viote, già vivace e rumorosa, tra festanti discese di slittini e i silenziosi pattini dei sciatori del fondo. Dalla base della Val d'Eva, ai piedi delle tre cime, si sale verso Bocca di Valona a quota 1696 metri e poi ancora più in alto sul sentiero 618, direzione Cima La Rosta (mt 1832) dove si ammira il grandioso spettacolo sulla Valle dei laghi, di fronte a noi l'Adamello con il ghiacciaio del Carè Alto e più a nord il Gruppo del Brenta in tutta la sua maestosità. Ritorniamo sullo stesso percorso abbracciando con lo sguardo la candida conca delle Viote, giriamo intorno alla "Terrazza delle stelle"
una sferica costruzione realizzata in acciaio lucido dal sorprendente effetto specchio e in realtà un osservatorio astronomico gestito dal Muse di Trento, per poi risalire al Vason per un goloso spuntino in chiusura di giornata.

PARTENZA: Viote (mt 1540)
SEGNAVIA: sat 607 - 618
DIFFICOLTA': T
DISLIVELLO: mt 300
ALTITUDINE: mt 1832
LUNGHEZZA: km 12,5

martedì 12 novembre 2019

Il Castello di Sabbionara d'Avio (TN) - domenica 10 novembre

Sullo sperone roccioso del Monte Vignola a dominare la bassa Vallagarina, maestoso si erge il Castello di Sabbionara d'Avio. Le prime fonti storiche, il Castellum Ava, sono datate 1053 e la sua posizione sovrasta le lunghe arterie moderne che non fanno che ripercorrere il medesimo tracciato dell'antica via Claudia Augusta che attraversava la valle dal 15 d.C. Nel dodicesimo secolo i signori del castello appartenevano alla famiglia dei Castelbarcovassalli del vescovo di Trento, i quali nel 1411 lo cedettero ai veneziani che lo ampliarono con una cappella in onore di San Michele. Nel 1509 il maniero passò in mano alle truppe imperiali di Massimiliano I che, dopo aver fatto dipingere le proprie insegne araldiche, lo ipotecò ai Conti d'Arco finché, nel diciassettesimo secolo, il castello ritornò ai Castelbarco fino al 1977 quando Emanuela di Castelbarco Pindemonte Rezzonico lo donò al FAI. Raggiungiamo la torre d'ingresso in una frizzante giornata di sole lungo un sentiero acciottolato che si snoda tra vigneti e slanciati cipressi. Il castello è costituito da tre cinte murarie che circondano a guisa di corona l'insieme del sistema difensivo e può vantare cinque torri tra cui quella detta picadora utilizzata fino al XVIII secolo dove venivano eseguite le condanne capitali ben visibili in lontananza a monito dei sudditi.
Si narra che vi sia stata rinchiusa anche Maria Bertolotti Toldini accusata di stregoneria nel 1716. Il suo perimetro irregolare eppure armonioso segue il dislivello della roccia. Dentro le mura le vie sono delimitate da muri, terrazzamenti, passaggi coperti e torri aperte più funzionali agli scopi difensivi. La strada di accesso costeggia un lungo tratto della cinta muraria dove, a mezza altezza, si scorgono le tracce di un antico primo ordine di merli. Attorno al potente mastio, risalente all'anno Mille, si trovano numerosi edifici tra cui la Sala delle Guardie, decorata con splendidi affreschi realizzati tra il 1350 e il 1360, spettacolare testimonianza delle strategie militari dell'epoca, la Cappella, nella parte più antica del castello il Palazzo Baronale fatto scoperchiare nel 1812 da Carlo Ercole Castelbarco per evitare che venisse tassato, e la Camera dell'Amore all'ultimo piano del mastio. Il mastio, dalle pareti spesse quasi due metri, è di pianta trapezoidale con due lati retti e paralleli che si uniscono ad altri tre lati disuguali e curvilinei, una struttura particolarmente rara in edifici simili. Suddiviso in quattro piani, raggiungibili tramite una scala in legno costruita negli anni '50, alla sua sommità è presente la celebre Camera dell'Amore con affreschi trecenteschi che celebrano l'amor cortese. Da una delle sue finestre il colpo d'occhio sulla vallata è eccezionale. A conclusione dell'interessante visita guidata ci aspettano le castagne e il vin brulè offerte dal FAI.

martedì 15 ottobre 2019

Il Sentiero dei Grandi Alberi: semplicemente emozionante (domenica 13 ottobre)

L'autunno è la stagione in cui gli alberi danno spettacolo con la colorazione delle foglie che dal giallo si accende nel rosso e nell'arancio, si perde nelle fantastiche sfumature di prugna e viola per poi imbrunire verso il marrone, mescolandosi alle decise tinte delle conifere sempreverdi e trasformando il panorama in una tavolozza di stupefacenti colori. L'alta valle di Agno, su cui si affacciano le Piccole Dolomiti, ne accresce la bellezza mentre giungiamo a Recoaro Mille in una splendida giornata di sole. Da qui parte il Sentiero dei Grandi Alberi (Cai 120) uno dei più emozionali percorsi escursionistici dell'alto vicentino che si estende per quasi 18 chilometri dal piccolo pianoro delle Montagnole, ai piedi del gruppo delle Tre Croci (mt 1006), sino al Rifugio Battisti a quota 1265 metri. Si procede dal grande parcheggio sottostante il Ristorante Castiglieri, un breve tratto stradale e poi la decisa svolta a sinistra dentro un tracciato boschivo dal forte odore piovigginoso, che sale dolcemente sino a raggiungere il primo dei patriarchi vegetali: un tiglio centenario acciaccato ma fiero.
Accanto uno dei venti interessanti pannelli didattici che incontreremo sul lungo cammino. Si continua in altezza sino ad uscire sulla bella conca di Pizzegoro a 1019 metri che si apre su ampi pascoli e malghe intervallati da frange boschive. In un continuo sali scendi raggiungiamo malga Anghebe a 1060 metri, un pianoro panoramico rosseggiante e intorno la splendida cornice delle Piccole Dolomiti: a semicerchio possiamo ammirare l'intera catena delle Tre Croci, da cima Marana a monte Falcone mentre in alto fa capolino la cima principale del gruppo del Carega. Semplicemente emozionante. Qualche breve sosta mentre superiamo a metri 1080 malga Podeme, poco oltre sulla destra c'è il laghetto Sea del Risso. Si attraversano in piacevole sequenza malga Raute, malga Pace e malga Rove Alta a metri 1180, nel frattempo il meteo è mutato, il sole scomparso lasciando spazio alla nebbia quando arriviamo dopo breve salitella al bivio col sentiero 121 che sale a Passo Ristele e al sentiero di arroccamento costruito in epoca pre bellica per rafforzare le linee difensive italiane. Continuiamo nel bosco seguendo la carrareccia che si riduce ad un sentiero interrotto in due punti da una frana di ghiaia e sassi staccatesi a monte di un vajo lo scorso agosto 2018, attraversandolo con cautela. Si riprende un'ampia mulattiera militare, tra le trincee di guerra e i grandi vaj che scendono dal monte Zevola, sino ad incrociare visivamente la livrea rosa dell'affollato Rifugio Cesare Battisti (mt 1265) che emerge letteralmente dalla nebbia. E' d'obbligo una fermata: polenta, formaggi e dolci della casa sono un piacevole intermezzo mentre fuori l'orchestra della città di Valdagno si esibisce in temi musicali nonostante la bruma riduca di parecchio la visibilità. Da qui il  tranquillo ritorno sullo stesso percorso.

PARTENZA: Recoaro Mille (mt 1006)
SEGNAVIA: Cai 120
DIFFICOLTA': E
DISLIVELLO: mt 260
ALTITUDINE: mt 1265
LUNGHEZZA: km 18 (a/r)

mercoledì 9 ottobre 2019

La Strada del Prosecco a Valdobbiadene (5-6 ottobre)

E dove non è vino non è amore; né alcun altro diletto hanno i mortali (Euripide)
Preziosa è l'uva con i suoi acini, turgidi e zuccherini, frutto dorato di una terra dolce e sinuosa che rosseggia ai clamori dell'autunno, nettare dolcissimo di questa zona proclamata a giusta ragione Patrimonio Mondiale dell'Umanità Unesco. Valdobbiadene è caratterizzata da una particolare conformazione geomorfologica costituita da una serie di rilievi irti e scoscesi intervallati da piccole valli parallele tra loroNei secoli l'uomo ha modellato le ripide pendenze creando in questo modo un paesaggio "a mosaico" sia nelle forme che nella composizione rimasto sostanzialmente lo stesso nonostante l'evoluzione tecnica e agraria. In questa terra meravigliosa "nasce" il proseccovino a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG) prodotto unicamente sulle colline dell'alta provincia di Treviso tra i 150 ed i 350 metri di altezza mentre la lingua di terra compresa tra San Pietro di Barbozza, Santo Stefano, Follo e Saccol è la zona d'oro del Cartizze, il cui perlage delicato e armonioso al palato lo rende perfetto in ogni occasione. Occasione che diventa anche nostra in questa due giorni che riesce ad abbinare sapientemente cultura estetica e gastronomica.
E miglior sede non poteva essere scelta: l'Hotel Vecchio Municipio (Borgo Berti, 6) dalle storiche origini visto che fu inaugurato nel 1815 come sede comunale di San Pietro di Barbozza e, dopo alterne vicende, trasformato in un delizioso albergo che spazia visivamente sui sottostanti vitigni. Sabato 5 ottobre il nostro viaggio inizia a Cison di Valmarino e con la funicolare dal borgo saliamo allo splendido Castelbrando per cinque secoli assoluto dominio della famiglia Brandolini e oggi riqualificato in lussuoso albergo. La brava guida Angela accompagna i nostri passi tra le molteplici sale del castello attraverso le diverse aree museali, le mostre iconografiche e le esposizioni tematiche. Riprendiamo la Strada del Prosecco non prima della sosta pranzo al Biorka Bar, riportandoci verso Follina e la sua meravigliosa Abbazia di Santa Maria abbracciata da un cielo perfettamente azzurro. I primi documenti risalgono al 1127 ma è con l'ordine cistercense e una serie di ricche donazioni che raggiunge l'apice dello splendore nei tre secoli successivi. Nella navata di destra si erge il pregevole Crocifisso ligneo seicentesco, mentre nella navata opposta l'affresco di Francesco da Milano "Madonna con bambino e due santi". Da una porticina sulla navata destra usciamo nel bellissimo chiostro del Duecento con al centro la tradizionale fontana monolitica. Manteniamo a vista la superba visione collinare mentre ci muoviamo verso Villa Brandolini, elegante residenza settecentesca nel cuore di Solighetto. Bellissimo l'ampio loggiato, la scalinata che fa da ponte alla provinciale e il grande parco con fontana regno incontrastato di una miriade gatti, sembra siano della custode. Da qui si punta in direzione del castello di Collalto, o meglio dei suoi ruderi. Nel 1312 il conte Rambaldo VIII ottiene piena giurisdizione sulle contee di Collalto e San Salvatore legittimando così il casato dei Collalto all'autorità imperiale.
Abbazia di Santa Maria a Follina
Nel 1806 Napoleone Bonaparte abolisce l'organizzazione feudale e per il feudo inizia un declino inesorabile. Collalto durante la Grande Guerra si trova sotto il tiro incrociato delle artiglierie e del maniero rimane ben poco, i resti della torre principale, parti delle mura e la bella porta principale il tutto avvolto in un rispettoso silenzio. Anche la vicina chiesa di San Giovanni è chiusa quindi ci riportiamo sulla provinciale in direzione Villa Maria (Via San Francesco, 15) antica casa di caccia padronale e oggi importante cantina. La famiglia Panigai affonda le radici nel lontano 1080 e viene elevata al rango di Conti con i feudi nella bassa friulana nel 1250. Un ramo della famiglia nobiliare si insedia a Farra di Soligo dove si srotolano filari di viti e fruttifera il futuro prosecco, attività di vignaioli portata avanti dai suoi discendenti.
 E ora fidati del tuo palato: coccolalo il più delle volte, educalo con pazienza e perseveranza e non dimenticarti di dargli, qualche volta, anche delle botte vicine al disgusto. Diventerà la tua guida più influente, l’unica della quale potrai sempre fidarti tra mille meravigliose bollicine che spezzano armoniosamente il nettare dorato racchiuso in quel fragile cristallo tra dita accarezzanti...E mentre l'orizzonte vela di rosso la terra trevigiana la giornata si consuma nelle sale della Trattoria Alla Cima (Via Cima, 13) di San Pietro di Barbozza. Una cucina che propone una rivisitazione moderna delle ricette tipiche, ma sempre con una scelta accurata dei prodotti di eccellenza del territorio. 
Castello di Collalto
Domenica 6 ottobre , dopo il sabato "turistico" la domenica è concentrata sull'escursione dalla lunghezza di nove chilometri che da San Pietro di Barbozza porta a Santo Stefano per poi scendere a San Giovanni risalendo località Saccol attraverso vigneti, spogli sì delle uve ma nell'infinito abbraccio dei tralci. Della bella camminata sono da menzionare il passaggio dal Convento dell'Immacolata di Lourdes, la successiva irta salita boschiva all'Eremo di Sant'Alberto, antico luogo di culto e meta di pellegrinaggi e la secca discesa lungo una traccia sassosa (sentiero 1014) sino alla sottostante provinciale a due passi da Santo Stefano. Da qui attraverso le vigne della tenuta Val d'Oca e un breve asfalto si raggiunge Cà Salina (Via Santo Stefano, 2), dove abbiamo prenotato la visita enologica. Gregorio Bortolin con la sua famiglia porta avanti tra esperienza innovativa e spirito più genuino, la cultura sapiente della vite e del suo territorio.
In escursione...
E dopo la spiegazione tecnica arriva l'attesa degustazione. Intorno tanti rotondi sorrisi. Non sappiamo come ma riusciamo a continuare la camminata tra infiniti vitigni, una breve sosta alla famosa Osteria senza Oste 
di Santo Stefano, scollinando spesso mentre il cielo si trova avvolto da feroci nuvoloni. Infine si risale seccamente  Via Piander, presenti in loco tracce della Grande Guerra, sino a San Pietro di Barbozza dove ci concediamo un ultimo prosecco alla Osteria alla Terrazza soffermandoci ancora una volta sull'impareggiabile bellezza secolare di queste colline di Valdobbiadene.