lunedì 27 aprile 2020

Uno, nessuno, centomila: il calice giusto!

Come nel famoso romanzo di Luigi Pirandello "Uno, nessuno, centomila" dove il protagonista pone mille interrogativi così i nostri calici da vino rivolgono infiniti quesiti. Ma come dev'essere fatto? Alto o basso, largo o stretto, colorato o trasparente, svasato o racchiuso? E lo stelo? Di cristallo o di vetro?
Come scegliere il bicchiere più adatto al vino che si vuole degustare? Che cosa uso per un Barolo? E per un Verdicchio? Se uso un calice sbagliato posso rovinare la qualità del vino? Naturalmente un vino può essere consumato in qualsiasi bicchiere e questo non lo rovina di sicuro ma uno studio approfondito ha portato ad avere una serie di calici che hanno delle caratteristiche utili a mettere in risalto la specificità del divino nettare. Alcuni semplici fondamenti, per non sbagliare, prevedono che il calice abbia una base sufficientemente larga per mantenerlo stabilmente in piedi, un lungo stelo per tenerlo con le dita ed evitare che la mano appoggi la coppa e possa riscaldare il contenuto. Dovrà essere più ampio alla base per permettere una migliore rotazione del liquido e una sommità più racchiusa allo scopo di raccogliere i profumi che si liberano e convogliarli nelle narici.
Ma andiamo con ordine.
Per vini bianchi giovani e freschi (Vernaccia, Pinot grigio o un Trebbiano) la forma della coppa vede l'apertura leggermente più ampia del corpo. Se i vini aumentano della struttura (Verdicchio, Chardonnay, Lugana) perché più ricchi di profumi e più importanti, la coppa e l'apertura del calice dovranno essere più grandi per permettere una maggiore percezione delle sensazioni. Per vini appena colorati, i rosati tanto per intenderci, si tengono in considerazione gli stessi suggerimenti dati per i vini bianchi giovani e freschi, anche perché sono pochissimi i vini rosé che si lasciano evolvere nel tempo. Il calice avrà un alto stelo, l'ampiezza della coppa sarà contenuta, mentre l'apertura ampia e svasata (un tempo si diceva a forma di tulipano).
La scelta dei calici per i vini rossi è più complessa. Tante le tipologie del vino, dal giovane novello, al corposo e maturo, fino ad arrivare a quelli di estrema esterificazione. Oltre ai consueti capisaldi, nella scelta del bicchiere per i vini rossi dovremmo tener ben presente la sua struttura. Si può usare lo stesso calice per vini bianchi maturi ma se aumenta l'alcol e il tannino si fa percettibile, è necessaria una coppa più tondeggiante e alta per arieggiarlo meglio. Se stappiamo un grande vino rosso, importante sia nella struttura sia nell'evoluzione (Barolo, Chianti classico o un Brunello) la coppa del calice dovrà avere un ampio volume. In questi vini, di solito, il tannino si presenta morbido e con un carattere vellutato: la voluminosa coppa consentirà di ossigenarlo per ridestare il dormiente bouquet che il tempo ha sviluppato. Torniamo al "tulipano" per i vini che non esauriscono la loro penetrante acidità con il tempo (Pinot nero, Nebbiolo, Sangiovese).
Anche la flute, il calice per lo spumante, ha diverse dimensioni e forme per meglio esaltare la varie tipologie di vino con le bollicine. Gli spumanti prodotti con il metodo Charmat/Martinotti hanno bollicine più grossolane e il perlage meno evidente: ecco che la flute si presenta con dimensioni ridotte, più stretta e diritta per meglio esaltare l'effetto dell'anidride carbonica e concentrare i delicati profumi che emanano. Lo spumante ottenuto con il metodo classico (cioè rifermentato in bottiglia) presenta perlage elegante e sottile, con profumi più intensi e complessi. In questo caso la flute da preferire sarà più alta, panciuta e leggermente richiusa nell'apertura tutto per evidenziare i caratteri più importanti del liquido. Se lo spumante metodo classico è "millesimato" (cioè ottenuto da unica annata) o con l'indicazione "riserva" (una più lunga permanenza sulla lisi dei lieviti), la coppa della flute dovrà essere più alta, bombata con l'apertura che si restringe. Questi ci aiutano a godere meglio delle bollicine, dei profumi più evoluti e complessi, oltre la piacevolezza del gusto.
Se lo spumante oltre ad essere dolce è anche aromatico, va servito sulla cosiddetta "coppa Asti", nata probabilmente da un'evoluzione della vecchia coppa Champagne, quello che la leggenda vuole modellata sul seno di una donna. Questo calice è basso e largo per lasciar fuggire l'immensa intensità aromatica di questi vini. I vini dolci, che siano ottenuti da vendemmie tardive, uve passite o attaccate da "botritis", sono serviti in piccoli calici con il corpo più ampio dell'apertura per raccogliere i profumi. Le dimensioni ridotte sono condizionate da una quantità più piccola da servire.
Marsala, Sherry, Porto e Madeira, vini liquorosi, vanno serviti in un calice anch'esso di piccole dimensioni ma più alto. Eccoli, sommariamente, i calici che dovremmo avere per degustare al meglio il nostro prezioso nettare. A questo punto, però, arriva un altro quesito: come pulirli? Ecco alcuni consigli. Dovrebbero essere lavati a mano, con acqua molto calda e, all'occorrenza, detersivo neutro poi lasciateli gocciolare sul piano del lavabo ed infine asciugateli con un canovaccio che non lasci pelucchi. Una volta puliti i calici vanno sistemati in un mobile al riparo da polvere e "odori" intensi che potrebbero condizionarne l'olfatto. Può essere utile, prima di utilizzarli, ripassarli con un panno pulito e inodore.
Le tipologie sono tante e in definitiva si potrebbe scegliere tre di esse: una flute ampia per gli spumanti, un calice capiente per i bianchi e uno più grande per i rossi...vi assicuro che sono degnamente sufficienti. Un brindisi con i vostri calici.

(Stefano Isidori, Presidente AIS Marche)

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