lunedì 15 aprile 2019

Il Castello di Gropparello (domenica 14 aprile)

Un tempo da lupi avvolge il paesaggio circostante mentre si sale la china e tra i rami addomesticati dalla pioggia s'inizia ad intravedere il castello di Gropparello fiero e indomito sopra la roccia. Il castello, infatti, sorge in cima ad uno sperone roccioso di rocce ofiolitiche, sopra uno strapiombo che domina il torrente Vezzeno, formando un orrido di circa 85 metri di altezza, che lo ha reso praticamente inespugnabile nei secoli. Edificato sui resti di un castrum romano del II secolo a.C. era posto a difesa dell' antica via per Velleia, centro di notevole importanza commerciale. Nell’808, Giuliano II, vescovo di Piacenza, ricevette da Carlo Magno la giurisdizione temporale delle corti e del distretto di Gusano e Cagnano (Gropparello), cioè la giurisdizione sugli abitanti con tutti gli introiti di natura pubblica (dazi, gabelle) ivi riscossi. Al centro di una controversia tra il Capitolo della Cattedrale e la Mensa Vescovile, nell'840 fu assegnato a quest'ultima da Seufredo II, allora vescovo di Piacenza
Nel 1255 venne assediato e distrutto dalle truppe ghibelline guidate da Azzo Guidoboi al servizio di Oberto II Pallavicino ma subito riedificato tanto che il Pallavicino lo riassediò nel 1260 senza successo. Il vescovo Filippo Fulgosio attorno al 1300 lasciò il castello ai propri eredi, i quali, quando nel 1335 Piacenza ed il suo territorio passarono ad Alberto Scoto e l'egemonia guelfa terminò, dovettero abbandonare la città e ritirarsi a Gropparello. I Fulgosio tennero il castello fino al 1464 per poi essere ceduto da Francesco Sforza, duca di Milano, a Galeazzo Campofregoso. Nel 1599 Ranuccio I Farnese, signore di Parma e Piacenza, rientrato in possesso del feudo, investe con il titolo ereditario di conte di Gropparello  Marcantonio Anguissola, uomo di fiducia e governatore della val di Taro, che ne terrà il dominio per circa due secoli, fino al 1869 quando viene acquistato dal conte Ludovico Marazzani Visconti il quale lo fece restaurare nelle forme che attualmente si possono ammirare. La nostra guida decanta con passione le vicende storiche del castello introducendoci nel cortile centrale, uno dei luoghi più suggestivi dell’intera struttura, con la sua forma irregolare adattata alle esigenze costruttive del profilo roccioso a picco sul torrente Vezzeno, quindi ben lontana dalla tradizionale pianta quadrata. Pur se composto di parti risalenti a epoche diverse ha l'aspetto compatto della roccaforte con doppia cinta muraria merlata, cortile, torri, torrione d'ingresso con doppio ponte levatoio (uno pedonale e uno carrabile), mastio e camminamenti di ronda scavati nella roccia. 
La parte più antica del castello è la torre, a base quadrata, risalente all'undicesimo secolo costruita proprio sulla sommità della rupe dove lo sguardo può spaziare sul magnifico panorama circostante, mentre alla base della torre era scavata una cisterna per la raccolta dell'acqua, indispensabile per resistere a lunghi assedi. Gli ambienti interni conservano arredi e decorazioni risalenti al cinquecento e non mancano monumentali camini, stucchi e soffitti in stile rococò del ‘700. Molto interessante la sala della musica che contiene alcuni strumenti di grande interesse dal punto di vista dell'organologia ovvero lo studio  dell'evoluzione degli strumenti musicali. Nell'area circostante il castello è stato aperto il primo parco emotivo italiano con animatori vestiti da guerrieri medievali: noi abbiamo incontrato sotto la pioggia il Cavaliere Nero...E come tutti i castelli che si rispettino anche qui s'aggira un fantasma, quello dell’infelice Rosania Fulgosio
Siamo alla fine del 1200 e mentre Pietrone da Cagnano è lontano, il castello viene attaccato da milizie condotte dal giovana Lancillotto Anguissola, antico amore di Rosania. Il castello cade dopo una strenua difesa e il vincitore minaccia severe rappresaglie. La giovane castellana si getta ai suoi piedi intercedendo per la vita dei vinti. I due si riconoscono e l'antico amore si ridesta. Ritorna Pietrone che, informato da una sua fedele fantesca di nome Verzuvia del tradimento della moglie, progetta la terribile punizione: fa scavare un antro nella viva roccia sotto le fondamente del castello poi, una notte addormenta con del vino la giovane moglie e ve la rinchiude murando l'entrata. Da allora la povera Rosania vaga per il maniero e il suo spirito si manifesta in certe notti con lamenti e gemiti sentiti anche da chi ha abitato il castello.

lunedì 1 aprile 2019

Il nostro assordante "NO" al Congresso Mondiale delle Famiglie a Verona (sabato 30 marzo)

Sui numeri c’è stato il consueto “balletto” tra il massimo degli organizzatori, che hanno annunciato 100 mila presenze, e le forze dell’ordine che sono arrivate a una stima massima di 40 mila. Ma il corteo "transfemminista" di sabato 30 marzo a Verona, clou delle iniziative contro il Congresso mondiale della famiglia, ha riscosso un successo al di sopra di ogni aspettativa. Una fiumana con prevalente colore rosa ha attraversato nel pomeriggio la città scaligera, dal piazzale della stazione di Porta Nuova allo scalo ferroviario di Porta Vescovo, per un totale di tre chilometri e mezzo, esaurendosi solo a tarda sera. A lanciare l’iniziativa era stato il collettivo femminista locale aderente alla rete “Non una di meno” già fattosi notare per una clamorosa protesta quando in Consiglio comunale si votò un ordine del giorno contro la legge 194. Allora le attiviste si vestirono come le “ancelle” del romanzo della Atwood e della serie tv distopica «Handmaid’s tale», dove le donne fertili vengono sfruttate come macchine da riproduzione. Un tema, il rifiuto della donna come mero “angelo del focolare”, rilanciato con forza a Verona in una serie di incontri, conferenze, spettacoli e che ha richiamato in strada nel pomeriggio migliaia di persone da tutta Italia.
Il preludio in mattinata, nel piccolo teatro K2 che a malapena contiene trecento persone, e che ha costretto molti ad assistere all’aperto a un dibattito con voci della sinistra, tra cui Livia Turco, Laura Boldrini e Monica Cirinnà. L’ex ministro del welfare ha ringraziato le donne di Verona per ribadire la volontà di libertà femminile che non è libero arbitrio, è la rivendicazione della differenza dei nostri corpi, riconoscendo la fatica di un percorso che tante donne hanno fatto. Troppe volte la politica non ce lo ha riconosciuto.
L’ex presidente della Camera ha posto l’accento su "un’altra idea di società, e per noi tutti devono essere rispettati, non devono esistere discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale e di genere". Cirinnà ha infine invitato a "resistere per esistere. Con questo governo si tenta di cancellare ogni diritto e i diritti sono l’esistenza delle persone, siano donne, eterosessuali, trans, persone di tutti i tipi e tutti gli orientamenti sessuali". Poi dalla sala si è formato un corteo che si è recato al vicino ponte di Castelvecchio, dove è stato messo in scena un flash mob sulle note della canzone "Viva la libertà" di Jovanotti mentre le donne alzavano le mani protette da guanti gialli da cucina.
Per il corteo pomeridiano - che ha visto la partecipazione del segretario Cgil Maurizio Landini, di Susanna Camusso, e di Ivana Veronese, della Uil, oltre che di esponenti del Pd come Emanuele Fiano e di Leu come Nicola Fratoianni - le forze dell’ordine avevano predisposto un piano di sicurezza blindando l’area di piazza Bra e palazzo della Gran Guardia. E il punto di maggiore tensione è avvenuto quando il corteo ha “sfiorato” piazza Bra, con vista sulla sede del Wcf. Da lì sono partiti cori e slogan in particolare contro il vicepremier Salvini, in arrivo al congresso. 
Dietro il cordone di sicurezza, qualcuno ha anche indirizzato un saluto fascista ai manifestanti venendo però dissuaso dalla polizia. È stato l’unico momento di tensione in una kermesse che ha invaso letteralmente la città scaligera in modo pacifico e rumoroso. Sin dalle prime ore del mattino c'è stato un vero assalto ai treni in partenza per Verona. Pensiline interamente occupate da persone che aspettavano i convogli. E' diventato virale il messaggio che il capotreno del convoglio Italo 8973 per Venezia Santa Lucia ha rivolto ai passeggeri una volta arrivato nella stazione Verona Porta Nuova: "Questo week end più che mai Verona è la città dell'amore, buona permanenza dal vostro capotreno, che ricorda: famiglia è dove c'è amore". In alcune carrozze si è levato anche qualche applauso. Dopo la grande manifestazione che a Verona ha riaffermato la centralità dei diritti ora è necessario un coordinamento di tutte le donne elette in Parlamento che vada oltre le appartenenze politiche, per fermare insieme ogni deriva che voglia mettere in discussione le conquiste di civiltà che il nostro Paese ha fatto.

(fonte: l'Adige.it)