giovedì 26 marzo 2015

Grandi Donne: JULIE TULLIS, sogno e destino

In questi giorni di stop forzato mi è capitato sottomano il libro del grande alpinista austriaco Kurt Diemberger "K2 - Il nodo infinito, sogno e destino" dove racconta la sua sfida continua con la grande montagna. Ad accompagnarlo negli anni Ottanta c'è la brava alpinista inglese Julie Tullis con cui da qualche anno forma "the highest film team in the world", collaborazione iniziata nel 1981 con la spedizione al Nanga Parbat. E ancora insieme sono ai piedi del K2 in quella terribile estate 1986.
C'è un incredibile affollamento di alpinisti pronti a darsi battaglia nel tentativo di vetta al K2, una ascesa impegnativa e rischiosa rispetto allo stesso Everest ma proprio per questo ha una suggestione molto particolare. Ma già a giugno le salite iniziano ad essere funestate da tragici episodi che danno il via ad una lunga sequenza di incidenti, spesso mortali, sinistre profezie sulle spedizioni successive. Nel mese di luglio si aggiunge la drammatica scomparsa del forte Renato Casarotto, caduto in un profondo crepaccio a causa di uno smottamento di neve a 8600 metri. Nonostante i contatti radio allertati dalla stesso Casarotto alla moglie, ferma al campo base, non basteranno a salvarlo, contatti audio che poi verranno inclusi nel documentario girato da Diemberger e dalla Tullis,  "K2 Sogno e destino". Questa la cronaca di quegli ultimi tragici giorni.
"Il 29 luglio Kurt e Julie partono dal campo base lungo la Magic Line, una nuova via sul lunghissimo spigolo sud-ovest del K2. Nel frattempo anche altre cordate internazionali si muovono. Il 31 luglio arrivano poco sotto campo 3 dove trovano le tende distrutte dalla valanga dei giorni precedenti. Qui si congiungono con le altre cordate. I portatori Hunza dei coreani si rifiutano di proseguire oltre a cui segue un'animata discussione alla fine della quale i portatori vengono convinti a procedere. I coreani salgono fino al campo 3, mentre Diemberger e Tullis rimangono più sotto. Il 1° agosto gli austriaci salgono a campo 4, mentre Kurt e Julie salgono a campo 3, dove si trovano insieme ai coreani che stanno preparando le operazioni del giorno successivo. In giornata le due spedizioni vengono raggiunte dal duo anglo-polacco Rouse-Wolf, partito più tardi. Il 2 agosto i portatori Hunza, dopo aver raggiunto campo 4, iniziano la discesa insieme a due degli alpinisti austriaci. Il 4 agosto il sirdar Muhammad Ali viene colpito da una scarica di pietre poco sotto il campo 1 e muore sul colpo. Nello stesso giorno gli austriaci partono per il tentativo alla vetta, mentre le altre tre spedizioni si spostano dal campo 3 al campo 4. Vengono montate in totale tre tende: quella coreana da tre posti, quella di Diemberger-Tullis da due posti e quella della coppia Rouse e della Wolf da due posti. Gli austriaci non riescono a raggiungere la vetta e ad una quota di circa 8300 metri tornano indietro. Raggiunto il campo 4 gli alpinisti devono adattarsi ad una sistemazione di fortuna in tende assiepate. In un tale sovraffollamento gli alpinisti non riescono a riprendersi dalle fatiche ed il giorno dopo si ritrovano in pessime condizioni fisiche. Alle 16.15 del 3 agosto i coreani raggiungono la vetta e ritornano verso campo 4. Alle 18 la vetta viene raggiunta anche dai tre membri della spedizione polacca - Piesecki, Wroz e Bozik - che sono riusciti a completare la Magic Line, ma sono troppo provati per ridiscendere dalla stessa via e quindi puntano a campo 4 lungo la via normale. Durante la discesa Wojciech Wroz  cade probabilmente a causa della mancanza di un nodo di sicurezza al fondo della corda, e scompare. I suoi compagni di cordata, sotto shock, arrivano al campo verso le due del mattino.
Al campo ci sono ben undici persone: i tre austriaci e i due coreani nella stessa tenda, Kurt e Julie nella loro, Wolf nella sua tenda con Piesecki e Bozik, ospitati da Rouse che passa la notte in una nicchia nella neve sacrificandosi per i due provatissimi polacchi. Il 4 agosto i coreani scendono insieme a Piesecki e Bozik, mentre gli altri partono per la vetta. Il tempo, perfetto sino al giorno precedente, comincia a dare segni di peggioramento. I primi a mettersi in marcia sono Rouse e la Wolf, seguiti dall'austriaco Alfred Imitzer. Partono poi Diemberger e la Tullis, quindi Bauer e Wieser, quest'ultimo si ferma quasi subito a causa di un guanto bagnato e torna indietro, mentre Bauer prosegue superando prima Kurt e Julie, quindi anche la Wolf che pare essersi addormentata nella neve. Circa 100 metri sotto la vetta gli austriaci raggiungono Rouse che ha battuto la pista fino a quel momento, e gli danno il cambio. Alle 15.15 Rouse, Imitzer e Bauer raggiungono la vetta. A circa 8500 metri di quota la Wolf cede definitivamente. Kurt e la Tullis incontrano i tre compagni che provano a convincerli a rientrare, ma i due invece proseguono e raggiungono la vetta intorno le 17.30 mentre il tempo continua a peggiorare. Sulla via del ritorno improvvisamente Julie scivola trascinando con sè anche Diemberger, una scivolata di alcune centinaia di metri ma i due fortunosamente riescono a fermarsi. Si trovano però lontano dal percorso conosciuto, ormai è notte e sono senza illuminazione, quindi devono improvvisare un bivacco a 8400 metri. Il mattino seguente Julie mostra alcuni segni di congelamento alla punta del naso e ad alcune dita, e problemi di vista. Il 5 agosto i due, nonostante la fitta nebbia, riescono a ritrovare la via normale ed a scendere al campo 4. Intanto il tempo è ulteriormente peggiorato ed infuria una tempesta che impedisce al gruppo di scendere. Il 6 agosto Julie lamenta ancora problemi di vista. Inoltre l'ingresso della loro tenda è ostruito da un considerevole accumulo di neve, tanto che i due si trovano costretti ad abbandonarla e trovare rifugio nelle rimanenti tende. Il 7 agosto il tempo ha un parziale miglioramento. Il campo 4 rimane avvolto nella nebbia, ma quasi l'intera montagna al di sotto è libera dalle nubi. Gli alpinisti non hanno però un apparecchio radio per stabilire un collegamento col campo base e quindi non sono al corrente del fatto e sono tutti in cattive condizioni fisiche. 
Nella notte del 7 agosto Julie Tullis si spegne per edema cerebrale e viene messa nella tenda precedentemente abbandonata. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Nei due giorni successivi il tempo non dà segni di miglioramento, mentre le condizioni di Alan Rouse continuano a peggiorare. Quando si placa la tempesta gli alpinisti stremati decidono di tentare la discesa. Alan Rouse è però incosciente ed assolutamente non in grado di muoversi, ed i compagni sono costretti a lasciarlo indietro. Il britannico morirà probabilmente nella giornata stessa. Anche Imitzer e Wieser sono esausti e non vorrebbero lasciare la tenda ma Bauer riesce a smuoverli. Circa cento metri sotto il campo, però, i due crollano incapaci ormai di muoversi oltre. Imitzer muore immediatamente, mentre Wieser, in preda al delirio, morirà più tardi. Bauer, Diemberger e la Wolf riescono a proseguire la discesa tra nuvole e raffiche di vento, raggiungono campo 3, che però è devastato, e proseguono per campo 2 con Bauer in testa, seguito dalla Wolf e Kurt. Sulle corde fisse tra i due campi, l'alpinista austriaco supera la Wolf, visibilmente affaticata, e raggiunge Bauer al campo 2. I due attendono fino al mezzogiorno dell'11 agosto la Wolf che però non raggiungerà mai il campo. La salma di Mròwka ("la formichina" come veniva soprannominata) Wolf verrà ritrovata nel 1987 sulle corde fisse da una spedizione giapponese, in piedi e appoggiata alla parete: le cause precise della morte non saranno mai chiarite. Willi Bauer scende rapidamente al campo base allertando una squadra di soccorso che raggiunge un Kurt Diemberger stremato alla base della parete intorno alla mezzanotte mentre la ricerca della Wolf sarà come detto infruttuosa. I due alpinisti superstiti riporteranno gravi congelamenti e portati via dal campo base il 16 agosto". 
Ma chi era Julie Tullis? Questa britannica del Surrey nata il 15 marzo 1939 segnata da un'infanzia tormentata a causa della seconda guerra mondiale, nel 1956 incontra e poi sposa Terry Tullis ed insieme si dedicano alla gestione di una scuola di roccia dalle parti di Tunbridge Wells, con particolare attenzione ai ragazzi portatori di handicap. All'arrampicata di alto livello si avvicina tardi intorno ai 40 anni accolta da commenti maschilisti sprezzanti ma Julie, per nulla intimidita, possiede un'incredibile tenacia e una preparazione fisica notevole: era cintura nera di karate. E nel 1978 sale la vetta andina di Huascaran con Norman Croucher, scalatore disabile. Ma è l'incontro con la leggenda Kurt Diemberger che si rivela decisivo nella sua carriera di alpinista di alta quota, partecipando come direttore della fotografia alla spedizione del Nanga Parbat. Nel 1984 sopravvive insieme a Kurt ad una valanga nella discesa dal Broad Peak dopo aver conquistato la vetta, prima donna britannica. L'anno successivo documenta una spedizione inglese sulla cresta nord-est dell'Everest. All'inizio dell'86 scrive la sua autobiografia "Nubi da entrambi i lati" che verrà pubblicata postuma. Poi quel tragico agosto... 
Nel 2005 fu ritrovata sul ghiacciaio sotto il K2 un'audiocassetta contenente un suo diario registrato nel 1982.

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