domenica 22 febbraio 2015

Grandi Donne: ELLA MAILLART, una vita vissuta al massimo

Scorrono immagini in bianco e nero, istantanee di luoghi e popoli oltre le soglie del tempo e dello spazio, e le immagini e le voci portano la firma di una donna dalla personalità poliedrica, grande viaggiatrice, scrittrice e fotografa di fama mondiale. Lei è Ella Maillart, ginevrina, figlia di un commerciante di pellicce, nata il 20 febbraio 1903. Ma sono le donne a determinarne il destino prima fra tutte la madre, una danese sportiva che ogni domenica porta Ella in montagna a sciare iniziandola ad uno sport in cui primeggerà partecipando, tra il '31 e il '34. a ben quattro edizioni dei campionati del mondo di sci con la nazionale svizzera. Nel 1913 i suoi genitori si trasferiscono a Creux-de-Genthod a pochi chilometri da Ginevra dove la giovanissima Ella scopre il lago e qui un'altra donna entra in gioco, Hermine de Saussure, l'inseparabile Miette, compagna di regate e di letture avventurose, unite dal sogno di allontanarsi da una Europa lacerata dalla guerra. Insieme vincono alcune gare. A sedici anni Ella crea la prima squadra femminile di hockey su prato in Svizzera, il Champel Hockey Club. Nel 1922 Miette acquista uno sloop di 21 metri, La Perlette, dal noto costruttore Louis Breguet e appena ventenni navigano verso la Corsica accolte con tutti gli onori al loro rientro a Cannes. Ripetono l'esperienza con un equipaggio di quattro ragazze sulla rotta mediterranea di Ulisse e tentano più tardi di seguire la rotta atlantica di Alain Gerbault, autore di una della prime storiche traversate in solitario, ma dopo una settimana di regata Miette si ammala e l'avventura finisce. Con il matrimonio della cara amica d'infanzia si chiude un ciclo ed Ella si arrovella in mille professioni diverse: dattilografa, commessa ma anche stunt woman in un film di montagna prodotto dalla UFA di Berlino. Nel biennio '31-'32 è anche capitano della squadra femminile della Svizzera Hockey Team.
Durante un soggiorno a Berlino è folgorata dal mondo russo e con l'aiuto finanziario della vedova di Jack London parte per Mosca ospite della contessa Tolstoj. Da questo momento ha inizio il suo incessante cammino verso nuovi mondi, nella ricerca della spiritualità e della conoscenza. Viaggia attraverso il Caucaso e scopre la valle nascosta di Svanetia, poi, passando attraverso la Crimea, ritorna a Parigi dove l'editore Charles Fasquelle la incarica di scrivere un libro sul suo viaggio, "Parmi la jeunesse russe"  (1932), che provoca grande scalpore. Ella riprende immediatamente le sue esplorazioni spostandosi verso est e scoprendo le polverose distese del Takla Makan, deserto proibito in Cina e inesistente sulle mappe, e ritornando attraverso le repubbliche sovietiche meridionali, in quegli anni devastate dalle rivolte musulmane soffocate nel sangue dall'esercito sovietico. I rischi e i pericoli corsi in queste zone "calde" del mondo testimoniati da una eccezionale documentazione fotografica, fanno di lei un'eroina al suo rientro a Parigi. Pubblica "Turkestan Solo" ed è un successo immediato. Negli anni successivi Le Petit Parisien, una rivista specializzata in viaggi in luoghi remoti, la invia in Cina per indagare sulla situazione in Manciuria sotto il giogo giapponese. Qui incontra Peter Fleming, brillante giornalista del Times, e insieme si avventurano nel febbraio del '35 verso il Turkestan cinese. Il loro viaggio, durato ben sette mesi e al limite della sopravvivenza, attraversa l'altopiano Tsaidam evitando le strade maestre per sfuggire al controllo delle autorità locali, poi seguendo l'antica Via della Seta riescono a raggiungere il Pamir. "Oasi proibite" è il risultato di questa avventura. "D'improvviso, ecco la sera della partenza. Nel pomeriggio ho detto addio ai palazzi imperiali, meraviglia della Città Proibita; addio e non arrivederci, poichè un ritorno a Pechino potrebbe significare soltanto uno scacco a cui non voglio pensare. Sto per abbandonare la civiltà e tutto ciò che essa comporta quanto a tesori d'arte, raffinatezze, confort, letti, vasche da bagno, giornali pieni di notizie dal mondo intero, poltrone, posta, frutta, medici, biancheria pulita e calze di seta. Parto, io verso il Medioevo..."
Il libro è un grande successo e le permetterà d'ora in poi di godere di una certa agiatezza economica con cui affrontare nuovi itinerari. Nel 1939 un'altra donna entra prepotentemente nella vita di Ella Maillart, la compagna di viaggio di "La via crudele - Due donne in viaggio dall'Europa a Kabul". E' Annemarie Schwarzenbach, giornalista, scrittrice fragile e ribelle morfinomane che Ella chiamerà nel libro con lo pseudonimo di Christina. Il loro viaggio su una Ford V8 verso il Kafiristan è soprattutto ricerca di un equilibrio interiore tra due donne profondamente diverse e ai confini del mondo, ma anche il tentativo di Ella di strappare l'amica dal tunnel della droga. Mentre in Europa infuria la seconda guerra mondiale la Maillart si stabilisce in India. Nel suo libro autobiografico "Crociere e Caravan" (1942) scrive "Ho iniziato un viaggio che, lo so, mi porterà più di prima verso la vita perfetta che stavo cercando istintivamente...". Al suo ritorno alla fine del conflitto, Ella si stabilisce definitivamente a Chandolin nelle Alpi Svizzere e vi costruisce uno chalet che fungerà da base di ritorno dai suoi innumerevoli itinerari. Nel 1951 si reca in Nepal, che ha appena aperto i propri confini, terra himalayana descritta ne "La terra degli sherpa" e negli anni della maturità continuerà a seguire il mai sopito istinto viaggiatore organizzando tour culturali in vari paesi asiatici rinsaldando così il forte legame interiore con queste terre. Alla venerabile età di 83 anni si recherà un'ultima volta in Tibet e nel 1991 darà alle stampe "Le vie immèdiate" una raccolta di oltre 200 fotografie che offrono un importante contributo alla conoscenza etnica e geografica del nostro tempo. Ella Maillart, una vita vissuta al massimo, scompare quasi centenaria il 27 marzo 1997 ed è giustamente considerata tra i più importanti viaggiatori del XX secolo.

"Conosco già l'odore dei cammelli, il loro alito fetido di ruminanti, conosco la fermata alla sorgente d'acqua, la raccolta dello sterco per il fuoco e la gioia di un tè bollente; non ignoro la ricerca del bestiame che si è disperso pascolando, nè il silenzio delle notti, quando gli occhi bruciano per il vento. Amo questa vita primitiva dove ritrovo la fame, che trasforma in solida gioia ogni boccone, la sana stanchezza, che dà al sonno una voluttà incomparabile, e il desiderio di andare avanti, che ogni passo realizza."

lunedì 2 febbraio 2015

Fantastica CENA DI MEZZO INVERNO delle marmotte (31 gennaio)

I delicati sapori della terra vanno a braccetto con le primizie elaborate dalla mano sapiente della chef Paola, accolti da quaranta splendidi sorrisi. E poi il siparietto comico fra due vecie marmote, memore di antichi canovacci dialettali, per concludere con la coloratissima esuberante esibizione delle Schiappers capaci di alzare spiritosamente i toni della serata.  
Questo in sintesi la Cena di mezzo inverno organizzata dal gruppo marmotte al "Pepe Verde", piccolo ma caratteristico agriturismo all'insegna della cucina vegetariana immerso nei vigneti veronesi di Lavagno, cena con cui ha preso ufficialmente il via il programma duemilaquindici.