mercoledì 28 gennaio 2015

"Il cibo nell'Arte" a Brescia (domenica 25 gennaio)

"Un menu artistico in dieci portate" così il curatore Davide Dotti nel presentare la mostra Il cibo nell'Arte che occupa le sale bresciane di Palazzo Martinengo, al cospetto di oltre cento opere degli antichi maestri. Dieci le sezioni considerate tra allegoria, simbolismo e trionfi di vegetali e cacciagione, l'esposizione scandisce figurativamente diversi periodi artistici anche se la maggior parte delle tele va a concentrarsi tra il '600 e il '700, periodo d'oro delle cosiddette nature morte. Nature morte? La definizione appare riduttiva vista l'incredibile perizia pittorica nei particolari della frutta e verdura oppure nei dettagli iperrealistici del corpo squamoso dei prodotti del mare, acquistando così una grande dignità artistica.
Il nostro chiacchiericcio sfuma davanti all'ingresso e il percorso si apre con la sezione dedicata all'allegoria del gusto davanti alla imponente tela di Giacomo Cipper che riunisce idealmente tutti i cinque sensi dell'uomo. Poi di sala in sala il gruppetto si snocciola. Ecco la Dispensa, archetipo del cucinare dei secoli passati, ricolma dei prodotti della terra, ma anche la ricca Cucina dei signorotti rimarcata dai cibi a loro riservati, nel talentuoso manierismo di Marten de Vos. E in successione primizie stagionali su vasellame di pregio o i picchi artistici de "L'allegoria dell'Autunno" di Antonio Rasio, che reinterpreta la pittura dell'Arcimboldo, E poi la sezione dedicata alle Verdure che sembrano più vere del vero, lo stesso esaltante stupore che ritorna nei "Pesci sugli scogli" di Giuseppe Recco di grande impatto visivo, per poi proseguire lungo la sala dedicata alla Carne, base delle mense dei nobili, dove la mano ispirata di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto ferma istantanee di forte impronta realistica tanto che una delle nostre marmotte, impressionata dall'effetto pittorico, si avvicina così tanto al quadro da farsi richiamare dalla maschera.
L'itinerario gastronomico ci accompagna sino all'ultima saletta dove la narrazione naturalistica si interrompe per una reinterpretazione moderna del cibo. Le avanguardie del Novecento giocano sulla contrapposizione tra reale e surreale, come le banane nelle piazze metafisiche di De Chirico, per poi sfociare nell'aspetto prettamente consumistico attraverso il segno grafico di Andy Warhol, presente con le sue celeberrime "Campell Soup" e arrivare alla "Piramide alimentare" realizzata da Paola Nizzoli che riassume il senso della mostra.
E va pure bene il girovagare leggero nel cuore della antica Brixia, prima di infilarci nel caldo di una trattoria...

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